19) I SOLUNI

"La Luna lo trovò in una stanza simile a questa" disse indicando la grotta in cui si trovavano loro due.

"Era smagrito, debole, a malapena riusciva a muoversi dal suo letto. Eppure si riunirono felici e si amarono. Le loro luci si fusero ancora in una sola, come un tempo, come sempre prima di allora. Erano tornati a essere i Soluni, ma non erano più quelli di prima. Avevano conosciuto la solitudine, la paura, erano già stati separati una volta e poteva capitare ancora. Dovevano essere preparati a questo, la prossima volta.

Parlarono a lungo, si dissero tutto e piansero insieme. Al pari di lei, anche il Sole si sentì perso una volta scopertosi solo. Non vi era abituato, non sapeva risolversi a prendere una decisione. Valutava  pro e  contro, ma non sapeva cosa scegliere: lui, che era stato Giudice Supremo per un'era intera, non sapeva cosa fare.

I dubbi l'assalivano e le certezze svanivano.

La malattia, la degenza nella Montagna prima e nella grotta poi, inseguito, braccato e nascosto come un criminale, avevano sconvolto tutto quello in cui aveva creduto per tanto tempo. L'Ordine era finito, spazzato via in un soffio. In più lei se ne era andata via lasciandolo solo. Si ritrovò senza forze, fisiche e morali.

Ancora gli pareva impossibile che le forze del Nord l'avessero aggredito con quella violenza inaudita, che avessero trovato la forza per rompere il giuramento che li legava al patto e dichiarare guerra agli altri Regni più a Sud. Non riusciva a capacitarsi. Doveva, voleva, riprendere il controllo della situazione prima che fosse troppo tardi, anche se non sapeva come. Provò più volte a reagire, ma era sempre al chiuso, gli mancavano l'aria e gli spazi liberi. Senza non poteva sentirsi meglio, e inoltre gli mancava lei, la Luna.

I Quattro Re lo andavano a trovare quando potevano e lo esortavano ad andare con loro, all'accampamento, però lui temeva il Tempo, ora che sapeva che si era liberato. Sapeva bene quanto odio covasse quell'essere per i Soluni. Se fosse riuscito a prenderlo nelle condizioni in cui si trovava, solo e ferito, avrebbe potuto obbligarlo a danneggiare i suoi amici e questo non poteva permetterlo.

<Insieme i Soluni erano una forza incontenibile, l'unica che avrebbe potuto capovolgere il destino oramai segnato dei loro amici, ma soli> sorrise sardonico <soli non siamo nulla>.

Restarono a lungo in silenzio, ognuno pensando a cosa poteva essere meglio fare, poi presero una decisione. Dovevano tornare indietro insieme e aiutare i superstiti dei Quattro Regni. Con fatica il Sole seguì la Luna, raggiunsero Sagace e il carro, insieme, stretti uno all'altra. A fatica lui riuscì a salire sul carro. Vedendolo in difficoltà Sagace fece inclinare il carro in modo che formasse una salita dolce per le sue malferme gambe e lui ne fu profondamente commosso. Il volo di ritorno fu colmo di dolcezza e di tristezza. Erano ancora insieme eppure entrambi sentivano che le cose non potevano essere come un tempo. Quello che avevano conosciuto non c'era più, il Tempo li odiava e avrebbe fatto di tutto per averli in suo potere. Prima o poi li avrebbe trovati, inseguiti e tormentati. Non c'era nulla che, una volta libero, poteva fermarlo e loro lo sapevano meglio di chiunque altro nel loro mondo.

Per questo lo tenevano prigioniero, per questo il Fato glielo aveva consegnato, incapace lui stesso a controllarlo.

Quando raggiunsero il campo dei superstiti vennero accolti da giubilo e felicità. I feriti si sentirono meglio e i più anziani furono rincuorati dalla loro vista. Era il passato che tornava, la speranza perduta che prendeva forma. Vennero raggiunti subito dai Signori dei Quattro Regni. Tartara, Bipenne, Ardente e anche il dolorante Querculo, gli andarono incontro, festeggiandoli e abbracciandoli. Le formalità di un tempo erano svanite, oramai erano tutti esiliati, dei senza patria a vita. Anche i Giganti più umili si strinsero in un abbraccio collettivo che comprese tutti, giovani e vecchi, legno, terra, ferro e fuoco, con i Signori e i Soluni al centro. Ma dovevano agire presto, prima che il loro acerrimo nemico e le due regine del Nord sapessero che erano nuovamente insieme.

Una volta slacciatasi dal gigantesco abbraccio collettivo, i Soluni si appartarono con i quattro Signori per decidere cosa fare. Non fu facile spezzare l'apatia in cui erano caduti tutti quanti e accettare che potesse esistere un futuro, ma alla fine, poco a poco, abbozzarono un piano.

Per prima cosa stabilirono che dovevano avvisare Orrido e Rapace che il loro sacrificio poteva avere termine. I Soluni erano tornati, grazie a loro.

Decisero che a portare la notizia sarebbe stata Sagace. La Ragasa volò veloce, andò a posarsi sulla cima della montagna sotto assedio. Le sue rauche grida furono dolce nettare per le orecchie di Orrido: finalmente si poteva prendere la vendetta su quegli esseri miserevoli che lo martoriavano incessantemente e la sua ira, quando si sfogò, finalmente libera fu spietata.

Anche a quella sconfinata distanza, nel campo i fuggiaschi udirono la possente forza delle rocce che si alzavano dal nascondiglio che avevano così tenacemente difeso, rovesciandosi sugli assedianti terrorizzati. Un rombo vibrò nell'aria fino all'accampamento, la terra tremò sotto i loro piedi quando la Montagna si scrollò di dosso i Giganti che la massacravano di colpi, liberando Rapace dalla sua prigionia. Quei pochi che sopravvissero alla sua furia, vennero finiti dalle Ragace.

Finalmente libratasi in volo dopo tanto tempo, l'ira di Rapace non fu da meno. Non ci fu Vento in grado di fermarla, non Tifone o Uragano che potessero gareggiare con lei. Le due belve orrende lottarono fino a a quando l'ultimo Ka-ranta fu ridotto in pezzi, poi tornarono a Sud, veloci come solo loro potevano essere. Prima di partire fecero un giro sopra Orrido, la montagna che finalmente libera si ergeva nuovamente ritta, ferita ma non doma, e la salutarono, zagramando nell'aria. Non si fermarono che all'accampamento dei Superstiti, sbattendo le membranose ali nel toccare terra. Nell'immenso cerchio in cui si vennero a trovare si fronteggiarono  felici e si corsero incontro. Sagace fu la più veloce delle due.

Quando raggiunse la sorella intrecciarono i lunghi colli sotto gli occhi increduli dei Giganti dei Quattro Regni, ancora incapaci di credere che anche quelle orrende bestie potessero avere dei sentimenti.

Fatto questo, come seconda cosa i Signori e i Soluni studiarono un piano che potesse mettere in difficoltà Karahì e i suoi eserciti. Il Sole era ancora debole, faticava a camminare per il tremendo colpo ricevuto alla schiena, però poteva volare su un carro guidato dalla Luna e trainato dalle Ragace. Il suo calore e la sua luce li avrebbe portati alla vittoria se avessero potuto farlo volare abbastanza a lungo.

Oramai tutti erano a conoscenza delle nuove leggi stabilite dal Signore del Tempo e nessuno poteva opporvisi. Poiché la vecchia vita non esisteva più, decisero che avrebbero giocato con le sue regole e avrebbero tentato di volgerle a loro vantaggio. Forse non aveva previsto tutto, forse qualcosa gli era sfuggito. Poteva funzionare, convennero tutti, poteva, anzi, doveva funzionare e così fecero.

Attesero l'inizio di quello che il Tempo aveva chiamato Giorno e nel frattempo costruirono un nuovo carro trainato dalle due Ragace.

Era più grande di quello della Luna, ma più piccolo di quello dei Soluni. Più agile, più leggero, più veloce.

Insieme, La Luna e il Sole decisero di chiamarlo Eclissi.

Al momento adatto, la Luna balzò sul carro seguita lentamente dal Sole dolorante e partirono in volo. Da Est si diressero verso Ovest, attraversando tutto il cielo da confine a confine passando al di sopra delle prime lingue esauste dei Giganti della Regina dei Ghiacci. Il chiarore illuminò da lontano quelle lande desolate, gettando lo scompiglio nelle avanguardie di Karahì che lo fissarono avvicinarsi terrorizzate. Il carro dei Soluni le illuminò tutte, oltrepassandole una dopo l'altra seminando il panico.

Ma a causa della ferita, il calore del Sole fu troppo debole per ottenere altro risultato se non la sorpresa nel nemico, eppure per il morale dei fuggiaschi questo fu già molto. Alla fine del primo giorno il Sole, benché sfinito per lo sforzo sostenuto, si sentì meglio, l'ottimismo tornò e con lui le forze per lottare.

Volle riprovarci ancora il giorno dopo. Rifecero il medesimo percorso del giorno precedente e si accorsero che qualcosa, poco alla volta, stava cambiando: le ultime propaggini dei ghiacciai erano al loro posto, parevano immobili, ma alcuni timidi rigagnoli d'acqua scorrevano ai loro piedi. Spavaldamente, questa volta, i Ka-ranta non si fecero cogliere di sorpresa come il giorno precedente. Nella notte si erano preparati e quando lo videro arrivare presero a lanciare enormi blocchi di ghiaccio contro il carro dei Soluni. A spalleggiarli arrivarono anche i venti più temibili di Soffiace, quelli carichi di freddo e gelo del Nord più estremo. Si abbatterono con violenza sulle Ragace e sugli occupanti del carro, ma né gli uni né gli altri poterono fermarli, rallentati come erano dal calore del Sole e dai denti delle Ragace. Le due Regine e il Tempo avevano saputo del loro ritorno e si preparavano al contrattacco. Ormai era di nuovo guerra, i fuggiaschi dovevano aspettarsi di tutto.

Continuarono a ripetere i loro passaggi un giorno dopo l'altro, sempre allo stesso modo, da Est a Ovest; la Luna conduceva il carro, le Ragace addentavano e sbranavano i Venti che si avvicinavano e il Sole illuminava e scaldava i ghiacci. Ogni giorno che passava il Sole pareva sentirsi meglio, la sua luce si faceva più luminosa e il calore più intenso. Decisero di volare più in alto, così da coprire una zona maggiore in una sola volta e funzionò.

I Ka-ranta, non potendoli più raggiungere con i loro proiettili, divennero impotenti. Nulla più poterono nei loro confronti, furono completamente in loro balìa.




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