18)LA BATTAGLIA DELL'ESTATE

I Quattro Re si riunirono di nuovo in consiglio e si interrogarono a vicenda. Dovevano capire cosa aveva fermato Karahì e Soffiace. Esploratori arditi scoprirono che anche le due malvagie regine non ne conoscevano il motivo ed erano su tutte le furie. Anche loro volevano trovarne la causa, al punto che non si fecero scrupolo di inviare battaglioni interi di Ka-ranta oltre il limite solo per vederli sciogliere miseramente in poco tempo.

Il sapere dei Quattro Regni venne messo in comune, il tempo della diffidenza era finito.

Le domande si incrociarono.

Era risaputo che il Fuoco era nemico giurato del Gelo, così come uno spesso strato di terra impediva al freddo del Nord di passare, però sia l'uno che l'altra non erano sufficienti a fermare gli eserciti di Karahì.

Allora, che cos'era stato?

Dopo tanto parlare e lungo pensare, ad Ardente venne un'idea improvvisa. Divenne muto e cupo. Un pensiero carico di speranze gli frullò nel cervello e gli diede una sferzata. Doveva controllare. Salutò tutti e se ne andò di corsa, portando con sé pochi dei suoi Giganti di Lava. Aveva fretta e voleva viaggiare veloce.

"Tornerò presto e con buone notizie, spero" disse bloccando le loro domande.

Come aveva promesso tornò presto, ma le notizie che portò, per quanto promettenti, migliorarono di poco la loro situazione.

Ricordandosi di un'antica leggenda del tempo in cui anche gli Dei dei Sei elementi erano giovani, era andato a cercare il Mago del Fuoco.

Costui era un suo lontano parente. Acerbo e scorbutico con chiunque, da tempi immemorabili viveva sotto terra, solo e senza avere contatti con altri della famiglia se non in casi di tremenda gravità. Nessuno ricordava che aspetto avesse e dove fosse la sua dimora. Nessuno era mai stato invitato ad andarci, anche se i più saggi sapevano che si trovava in terre ostili e mai visitate, vicino al Vuoto Eterno. Era poco, molto poco, ma Ardente volle provare lo stesso.

Cercò un passaggio che lo conducesse nelle profondità della terra, lo trovò, lo seguì per tutta la sua lunghezza e incontrò il Mago. Come aveva supposto, sotto la stretta striscia di terra libera dai ghiacci, si trovavano la sua dimora e il suo laboratorio, dove faceva esperimenti e studiava.

Sotto i superstiti c'era un immenso bacino di roccia fusa che il Mago utilizzava come laboratorio e il suo calore attraversava gli strati di roccia che lo separavano dall'esterno.

E se era abbastanza in profondità perché dall'accampamento non ne sospettassero l'esistenza, non lo era troppo da riuscire a fondere i Ka-ranta quando lo attraversavano.

Era questo ad averli salvati al momento. Lo scontroso Mago fu contrariato nel vedere Ardente invadere il suo spazio, ma riconobbe in lui il segno del Fuoco e alla fine, anche se a malincuore, accettò di ascoltare cosa aveva da dirgli.

Riconoscendo come sufficientemente grave il motivo che aveva condotto così tanti sconosciuti a calpestargli la testa, permise loro di fermarsi dove si trovavano anche per sempre, se lo desideravano, a patto che non lo importunassero con la loro presenza nella sua dimora. A lui interessavano i suoi esperimenti, non le vicende dei Signori. Al ché gli diede il permesso di andarsene e Ardente non se lo fece ripetere una seconda volta. Corse via seguito dai suoi e quanto prima tornò all'accampamento.

Al sentire la sua storia tutti quanti si rallegrarono, anche se riconobbero che non li avrebbe portati via da dove erano. Il Fuoco li aveva salvati, ma erano ancora in trappola.

Lì erano e lì sarebbero rimasti per l'eternità, assediati da Karahì e Soffiace, se non avessero trovato il modo per andarsene.

In fondo non si trovavano così male, concluse Tartara:

"I feriti lentamente riprendono le forze" affermò con dolcezza guardando Querculo steso accanto a loro "mentre i giovani crescono sani e diventano forti. Al momento siamo salvi e possiamo ritenerci fortunati".

Querculo grugnì a quelle parole, ma rimase pensieroso. Per quanto fosse contento i suoi occhi rimasero mesti.

Tutto sembrava andare per il meglio, solo che agli occhi attenti della Luna non sfuggì una piccola lacrima inespressa ai bordi degli occhi dell'amica. Quando gliene chiese la ragione, Tartara le disse:

"Mia cara, con il dominio del Tempo è comparsa anche una strana Signora, dominatrice sui Pensieri e sui Sogni. Sconosciuta prima, il suo nome è diventato tristemente famoso nell'accampamento. Molti lutti sono successi per colpa sua. Se la chiami Nostalgia lei ti cerca. Il suo potere è grande. Colpisce tutti, giovani e vecchi. Giunge all'improvviso, ovunque e nonostante tutto. Niente può fermarla. Si insinua nel cervello poco a poco, scende in profondità scordate e quando le trova, te le rammenta tanto da farti stare male. Lavora come un tarlo nel legno molle e distrugge i più deboli poco alla volta".

La Luna, sbigottita e incredula, guardò Querculo. Dai suoi occhi mesti capì che Tartara diceva il vero.

"Alcuni tra i sopravvissuti..." seguitò a dire l'amica "... particolarmente i più anziani, sono già morti per i malefici della triste Signora. Quando sono in suo potere vogliono tornare a casa e nessuno può farli ragionare. Partono all'improvviso e muoiono congelati per strada o abbattuti senza pietà dai Ka-ranta. Solo i più giovani paiono immuni al suo potere. Forse perché non hanno molto da ricordare, o forse perché conoscono meglio questa realtà che quella precedente. Comunque..." sospirò penosamente scrollando le spalle "... c'è già chi parla di insediarsi stabilmente in queste terre remote e lasciare il resto al Gelo, se proprio lo vuole. Dobbiamo fare qualche cosa in fretta, se non vogliamo che tutto il nostro mondo vada in pezzi sotto i nostri occhi" concluse, quasi rassegnata suo malgrado a lasciare che le cose andassero come dovevano.

Al sentire quanto dolore l'amica covasse nel profondo del suo cuore, la Luna le chiese cosa potevano fare in quella situazione disperata e la risposta di Querculo fu immediata, come se da tempo la tenesse serrata tra le labbra e non aspettasse che il momento giusto per pronunciarla:

"Devi convincere il Sole ad agire!" disse con veemenza. Questa volta fu Tartara ad assentire.

"Fino a che sei rimasta lontana nessuno vi è riuscito" disse alla Luna "Ora che sei tornata, forse, per te e con te, lo farà".

Nella voce della Signora della Terra non vi era rimprovero o ammonimento, eppure al sentire parlare del suo amato la Luna si vergognò. Per un momento abbassò lo sguardo.

Era rimasta così presa dal racconto di Tartara, che nemmeno si era ricordata di lui e del pericolo che correva, rinchiuso nella montagna e assediato dai Ka-ranta.

Raccontò in modo concitato quello che aveva incontrato al Nord.

Tartara e Querculo l'ascoltarono in silenzio, senza mai arrestarla una volta.

A metà del suo racconto arrivarono anche Bipenne e Ardente. Avevano appena saputo del suo arrivo e le erano venuti subito incontro. La Luna li incontrò volentieri, per quanto in passato avessero avuto degli screzi. Si salutarono energicamente, più come vecchi camerati che si rivedono dopo tanto tempo che con le antiche formalità. Anche questo era un segno che i tempi erano cambiati. L'antica Signora dell'Ordine l'accettò con un sospiro, anche se vide che Bipenne zoppicava un poco e Ardente non era spavaldo come se lo ricordava. Quindi nessuno era passato indenne attraverso i terribili combattimenti che avevano sopportato. Quando i due si furono seduti accanto agli altri, la Luna ricominciò da capo a raccontare della montagna assediata, dei Giganti di Ghiaccio che la demolivano colpo su colpo e della necessità di fare presto e andare a salvare il Sole intrappolato.

Quando ebbe finito, vide che i tre Signori rimasero attoniti, voltandosi a guardare Tartara che arrossì fino alle orecchie. Stupita,  sul punto di esplodere dalla rabbia per la loro inerzia, la Luna fece per parlare ancora, ma venne interrotta da Tartara.

"Ti chiedo di perdonare la mia dimenticanza, amica mia" le disse mortificata "Come vedi la Nostalgia ha fatto presa anche su di me, ma ora vedrò di rimediare. Il tuo uomo non è più al Nord, è qui con noi, ben nascosto a tutti a eccezione di noi quattro. Cinque, ora che lo sai anche tu".

Per poco la Luna non vacillò sotto il peso di quella rivelazione. Incapace di formulare una parola, attese che Tartara proseguisse, con tanta ansia addosso che probabilmente gli altri quattro gliela lessero in volto. Fecero a gara per rincuorarla e tranquillizzarla. Perfino Querculo, benché dolorante al minimo sforzo fisico, si premurò di alzarsi per andarle vicino. Quando videro che si era ripresa a sufficienza, Tartara le spiegò che quando partì, in poco tempo la notizia del ferimento del Sole si sparse per i Sei Regni.

"Io e Querculo non abbiamo tradito la sua fiducia divulgandolo ad altri, ma ugualmente la verità venne risaputa" disse "Da quel momento non passò molto prima che Karahì e Soffiace mettessero in atto il loro piano. Era stato ideato nei minimi dettagli. Ogni cosa era stata pianificata e studiata. Non attendevano che l'occasione giusta per poterlo attuare e la fuga del Tempo dalla Montagna dei Soluni gliela fornì. Fu lui a cercarle e fece alle due Signore una proposta che difficilmente  avrebbero rifiutato: loro avrebbero avuto il dominio dei Sei Regni, lui dei Soluni".

Quando sentirono la proposta che il Tempo aveva per loro, le due Signore rimasero incredule. Era troppo. Si scrutarono sospettose, possibile che il Tempo si accontentasse di così poco?

Per un momento rimasero dubbiose, poi la bramosia a lungo trattenuta ebbe il sopravvento. Era l'occasione che attendevano da così tanto. Furono liete di stringere il patto scellerato, in fondo il Sole e la Luna erano più d'impaccio che altro, che se li tenesse pure se gli faceva piacere. Alle due Dee non importava nulla, anzi.

Karahì inviò subito i suoi Giganti a scalare la Montagna e Soffiace i suoi venti migliori per demolirla, ma il Sole venne a saper del pericolo che correva. Pensò a te, temette che non sapessi nulla e volle avvisarti. Ti cercò disperato, ma non ti trovò. Era ferito, debole, quasi impossibilitato a muoversi, in compagnia della sola Rapace che faceva quello che poteva per rincuorarlo. Si trovava solo per la prima volta da che esisteva e non sapeva cosa fare. Proprio come avevi fatto tu cercò Querculo e me. Ci inviò la Ragacia con un messaggio :"Venitemi a prendere, portatemi via!" diceva e ci mettemmo all'opera il più in fretta possibile. Come Signora della Terra chiesi alla Montagna di chiudersi su di lui.  Orrido, per quanto provato e ferito, lo fece.

Poi chiesi alla Terra di aprirsi per lasciarlo passare non visto e la Terra lo fece.

Rapace volando sottoterra lo portò lontano, oltre i confini dei Sei Regni, in terre sconosciute a tutti, queste, presso il Vuoto Eterno, prima di fare ritorno nella montagna ad attendere i Ka-ranta. Ancora è là ad attenderli" aggiunse Tartara quasi vergognandosi di quello che stava per dire "Come la Montagna ancora si sacrifica a difendere qualcuno che neppure c'è più, anche lei lo fa pur di tenere i nemici lontano da lui. Lo fanno per voi due, i Soluni, perché vi amano e rispettano".

Profondamente commossa da quello che aveva udito, la Luna rimase silenziosa davanti al sacrificio di quei due esseri che senza chiedere nulla li stavano aiutando così tanto, poi si riscosse. Chiese di essere subito portata dal Sole. Doveva rivederlo, parlargli, consigliarsi con lui, consigliarlo, come avevano fatto per un'era intera. Dopo aver chiesto ragguagli ai Quattro Re, partì nel più assoluto segreto, ancora una volta verso Sud, avvicinandosi verso il Vuoto Eterno. Sagace l'attendeva attaccata al carro. Fu lieta di vederla. Volò velocissima fino a una catena di basse colline che si stendevano da confine a confine, coprendo tutto l'orizzonte davanti a lei. Le riconobbe subito, erano come Tartara gliele aveva descritte, eppure ancora una volta si accorse di essere stata troppo avventata nel partire.

"Lo troverai dentro alla grotta più nascosta e profonda" le disse l'amica, ma non pensò a farsi dare quali segni cercare.

Man mano che si avvicinò alle colline, le vide traforate da centinaia di gole profonde e migliaia di grotte molto simili tra loro. Le indicazioni che si era fatta dare erano troppo generiche per indicarle quale fosse quella giusta. Il Sole si trovava nascosto all'interno di una di quelle, nei recessi più profondi da dove la sua luce non potesse essere vista, ma quale?

Non volle pensarci, seguì solo l'impulso del cuore che batteva forte dall'emozione. Lasciò che l'amore la guidasse verso la grotta giusta e quando Sagace entrò in una di esse non si domandò se fosse quella o meno. Scese dal carro e corse senza pensare, illuminandosi la via con la sua pallida luce. Corse a perdifiato fino a che non giunse nelle profondità nascoste della roccia, allora capì di aver fatto la scelta giusta. In lontananza vide un bagliore più forte del suo, una luce pulsante che ben conosceva... "

A questo punto la Grande Madre si fermò un momento, tanto emozionata da lasciare sgorgare una lacrima sul viso. Wal si sporse in avanti e le sfiorò un braccio. A quel tocco lei lo guardò riservandogli un sottile sorriso, poi ricominciò la sua storia...

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