17) LA RESISTENZA
Poi, da dietro un gruppo di rocce, vide rizzarsi in piedi due esseri che parevano rocce anch'essi.
Li riconobbe subito e la felicità le salì alle labbra.
"LICHENE! MUSCHIO!" urlò al colmo della gioia, senza pensare che potesse essere pericoloso per sé e per gli altri due, ma fu troppo contenta di rivederli per potersi contenere e gli corse incontro, saltando giù dal carro. Si dimenticò di tutto, di chi era e di chi fosse stata un tempo : lei la Luna, la divina, Supremo Giudice della Giustizia dell'Ordine e loro due semplici esploratori di Querculo, il suo amico, tutto questo non esisteva più.
In quel momento le parvero la cosa più bella che avesse mai visto. Non le importò nemmeno che fossero zuppi d'acqua e sporchi di fango. Li strinse entrambi al collo, baciandogli le guance e lasciandosi andare a lacrime che finalmente poterono sgorgare libere dopo tanta tensione. I due esploratori, più abituati alla solitudine dei luoghi impervi che a quelle manifestazioni d'affetto, sulle prime restarono immobili, paralizzati dalla sorpresa e dal timore. Così immensa era la distanza che li separava, lei in cielo e loro attaccati alla terra.
Di un albero maestoso lei sarebbe stata la foglia più alta e bella e loro le radici più nascoste e profonde.
In fondo, per loro natura gli esploratori passavano più tempo all'aria aperta che nei palazzi di re, regine e Signori. E ora questo, venuto a sconvolgere le già poche certezze rimaste a chi, per un' Era intera seppe quale fosse il suo posto e mai desiderò di più.
A entrambi ci volle un po' per comprendere che quelle effusioni della Luna fossero genuine, ma alla fine si rilassarono. Lentamente osarono abbassare le mani e sfiorarle la schiena con le dita. Era veramente contenta di rivederli e non faceva nulla per nasconderlo.
Erano ambedue giovani, alti di una spanna più di lei e coriacei di fisico come tutti i sudditi del Regno del Legno. Di tutti i Giganti dei sei Regni, quelli di Querculo erano i più piccoli di statura: misuravano poco più di un faggio e meno di un noce. Li aveva creati così perché li voleva veloci, scattanti, flessibili come il salice e resistenti come il frassino, dovevano potersi aggrappare ai monti e reggersi nei dirupi.
Gli esploratori poi, dovendo vivere per lunghi periodi in ambienti impossibili per altri, erano i più piccoli: rododendro, erica, pini odorosi e abeti, legno forte, legno duro, odore caratteristico impossibile da confondere, odore intenso, resistente come la vita stessa.
La Luna non aveva mai amato gli odori troppo forti, eppure in quel momento di disperazione e solitudine, quegli aromi selvaggi e aspri le parvero i migliori al mondo. Li respirò a fondo, ambedue, inebriandosi del loro aroma, mettendoli entrambi in un imbarazzo tale, da farli arretrare d'un balzo.
Lichene era più screziato di scorza e Muschio di colore verde scuro uniforme, eppure dalla vergogna ambedue si confusero con il paesaggio fino a scomparire dalla vista.
"Madonna Luna, siamo così contenti di rivedervi" le disse Lichene "Temevamo che ci aveste abbandonati per sempre!".
"No, amici miei, ero andata a cercare aiuto e ora sono tornata" rispose loro. Un'espressione speranzosa si disegnò sul volto dei due esploratori.
"L'avete trovato? L'aiuto, intendo" le fece Muschio, pendendo dalle sue labbra mentre attendeva la risposta. Avvampando di un bel verde brillante, l'esploratore ridivenne visibile e fu con vero dispiacere che la Luna vide la speranza spegnersi nei suoi occhi, quando, con un cenno della testa, rispose di no.
"Peccato... " riprese Lichene "Presumo vogliate incontrare la nostra signora, vero?".
"E' qui ?" fece lei "Certo che lo voglio, portatemi da lei, vi prego".
I due esploratori si guardarono perplessi.
I Soluni erano sempre stati corretti con tutti e mai rifiutarono il saluto anche al più umile dei servitori dei Signori, ma sentire che la Luna li pregava era troppo per la loro immaginazione.
"Se mi è concesso, siete molto cambiata dall'ultima volta, Madonna", le fece Muschio.
E lei di rimando:
"Molte cose sono cambiate da allora e altre cambieranno ancora, temo. Portatemi subito da Tartara. Devo incontrarla il prima possibile. Presto!".
" Seguitemi con il vostro carro, Madonna" le fece ancora Muschio " Lichene rimarrà di guardia al ghiacciaio, io vi guiderò da terra".
Dopo aver scambiato un silenzioso saluto con il suo compagno, Muschio partì verso Sud con lunghe falcate e salti prodigiosi. Quando la Luna arrivò al carro e fece cenno a Sagace di partire, lui era già lontano, un puntolino che rimbalzava nella landa. Il sapere di avere ritrovato la sua amica l'aveva riempita di gioia. Moriva dalla voglia di incontrarla per raccontarle e per farsi raccontare tutto, anche se temeva che il Tempo non glielo avrebbe concesso. Comunque la felicità che provò fu troppa e non volle rovinarsi quel momento con pensieri negativi.
Dopo non molto arrivarono a quella che riconobbe come l'avamposto, la prima linea fatta di poche piante, sopratutto resinose e betulle, piccole e storte, logorate dai venti del Nord, eppure tenacemente attaccate alla terra sui cui avevano posto il confine di ciò che rimaneva del loro regno. Erano vive, erano ancora vive. Quando videro passare la Luna con il suo carro la salutarono con grida gioiose che le riempirono il cuore di felicità. Quelle urla la fecero sentire a casa, desiderata e amata.
Più a Sud ancora vide le prime foreste compatte, la seconda linea dell'esercito di Querculo. Le si strinse il cuore a contarle. Misere vestigia di un passato glorioso, giacevano decimate. Oltrepassandole la Luna si compiacque di vederle ordinate a ranghi serrati, occupando tutto il confine da bordo a bordo, anche se lo spessore esiguo del loro schieramento le smorzò l'entusiasmo.
Dove erano finite le foreste immense abitate da Giganti legnosi, fieri e impavidi difensori del loro Regno?
Era dunque così grave la situazione e così grande il potere delle due Signore del Nord?
Arrivando a Sud doveva aver attraversato quelli che un tempo erano stati i territori di Bipenne e Ardente, eppure nemmeno se ne era accorta. Erano forse spariti nel nulla mentre lei era stata lontana, seguendo più l'emotività che la ragione, abbandonando tutti al nuovo dominio del Tempo?
Aveva agito in buona fede ma lasciandosi guidare dalla Fretta, cattiva consigliera che sempre agisce in nome del nuovo Signore.
L'avevano ingannata, sia l'uno che l'altra, sapendola sola e disorientata. Avevano atteso il momento giusto e ora lo capiva.
Il Tempo non attendeva che il momento giusto per poter scorrere libero al primo tentennamento dei Soluni.
La Fretta agiva, ora lo sapeva, subdolamente, portando con sé il più fedele dei suoi collaboratori, il Dubbio.
Tutti nuovi Signori a cui anche i più potenti delle sei Nazioni avevano dovuto piegarsi, a quanto vedeva.
Forse tutto questo era successo perché lei aveva scelto di andarsene invece di restare al suo posto?
Ancora una volta si rese conto che stava per cadere preda del Dubbio, allora si concentrò sui salti prodigiosi di Muschio, che balzo dopo balzo stava rallentando, studiando attentamente dove posarsi.
Erano giunti alle essenze dei climi più miti, cuore pulsante del regno di Querculo. Foglie larghe si agitavano lungo le flessibili dita dei Giganti del legno, a salutarla festosi nel vederla arrivare. A perdita d'occhio si stendeva ancora il cuore del potere del Signore del Legno. Una moltitudine passava sotto al suo carro però, per chi sapeva vederle, erano molte le ragioni per non essere allegri davanti a quella potenza.
Dove erano finiti i potenti tronchi dei Faggi che nemmeno il terribile vento del Nord poteva piegare?
Che fine avevano fatto le mirabili Querce così care al loro Signore, con le chiome così vaste da tenere lontane anche le peggiori bufere di Karahì?
Quella che vedeva attorno alla figura familiare di Querculo, ritto in mezzo agli altri ad attenderla, era forse la famigerata e temuta brigata delle Sequoie?
Che fine avevano fatto le loro infinite schiene ritte, così alte che, unici tra i sudditi di Querculo, potevano guardare negli occhi i Giganti degli altri Signori?
Quelli che vedeva erano forse validi e fieri, ma poco più che ragazzi, il più grande dei quali difficilmente avrebbe impensierito i poderosi Ka-ranta che aveva visto al Nord.
Facendo atterrare velocemente Sagace, balzò dal carro correndo ad abbracciare il suo caro amico.
Finalmente si sentiva a casa, al sicuro, tra persone che l'attendevano a braccia aperte. Era salva! Salva! Il Sole era salvo!
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