15) I SEI REGNI


Una volta sola sul carro poté lasciarsi andare allo sconforto e dagli occhi le uscirono lacrime che caddero a terra, bagnando le mani della amica Tartara, le chiome fronzute di Querculo e tutto quello che si trovava sotto al carro in volo.

Quella fu la prima volta che piovve dal cielo.

Giunti sull'altissimo monte la Luna si rilassò. Non vi era modo di raggiungere quella casa se non in volo e le Ragace avrebbero vigilato. Per il momento erano al sicuro, pensò.

A fatica spostò il Sole all'interno, lo sistemò su di un giaciglio e tentò di farlo riprendere, ma lui non le rispose e non si mosse. Rantolava e dalla ferita perdeva sangue. La sua luce avrebbe pulsato debole e affaticata per chissà quanto tempo. La Luna non sapeva cosa fare, i Soluni decidevano sempre insieme, mai separati. Aveva bisogno di consigli e in fretta.

L'Ordine non aspettava e la giustizia doveva essere amministrata costantemente. Non poteva esitare.

Alla fine si decise, sarebbe andata a cercare il Fato imperscrutabile. Lui solo avrebbe potuto aiutarla, ma se avesse saputo che la Luna lo cercava non si sarebbe fatto trovare. Indossò una maschera, se fosse stato necessario l'avrebbe ingannato. Era disperata. Se anche lui amava l'Ordine come loro due, l'avrebbe certamente aiutata.

Altrimenti, tutto quanto sarebbe stato perduto. Con poche mosse preparò un altro carro con terra e legno, ferro e fuoco. Era un carro più piccolo e agile di quello che usava insieme al Sole, troppo lento e pesante. Lei invece aveva fretta, doveva fare in fretta.

Non ne aveva mai avuto bisogno prima e non la conosceva, perché con il Tempo incatenato la fretta non aveva senso. Solo che per l'agitazione dimenticò di tenerlo a bada e lui ne approfittò. Dopo un'intera Era il Tempo spezzò le catene, fuggì e iniziò a scorrere all'insaputa della Luna. Lento e inesorabile prese il suo corso, dando inizio alla distruzione di tutto quello che era stato prima.

Ignara, al nuovo carro la Luna attaccò solo Sagace, la sua favorita. Rapace, invece, la lasciò di guardia alla casa e al Sole, le raccomandò di fare attenzione e partì alla ricerca del Fato.

Volò veloce, si diresse verso i quattro angoli del cielo senza trovarlo, tornò indietro e poi ancora lontano, senza fiato non sapendo dove cercarlo.

Si sentì persa. Avrebbe avuto bisogno di un consiglio che nessuno avrebbe saputo darle. Mai incontrarono l'Imperscrutabile prima di allora e mai Lui li cercò. Dove poterlo trovare? Nessuno poteva aiutarla.

Poi, all'improvviso, si ricordò che il Sole le parlò di sei Porte che conducevano alla dimora del Fato, una in ogni Regno degli Elementi. Sei Porte di roccia trasparente che si aprivano con un Ramo d'oro. Attraverso le porte sarebbe passata in un mondo destinato alle anime di chi ancora non esisteva: il Mondo degli Antichi Padri.

Per giungere al Fato avrebbe dovuto attraversarlo tutto e trovare una settima porta di trasparente alabastro alla quale avrebbe bussato tre volte.

Solo così si sarebbe aperta. Ma il Fato ha sempre un prezzo, nessuno poteva attraversarla senza perdere qualcosa: una volta entrata, il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo.

Non si poteva disturbare il Fato senza danno, anche ai Soluni era proibito farlo.

Ora sapeva cosa doveva fare. Velocissima voltò il carro e si fece condurre nel Regno del Legno, alla ricerca di Querculo. Solo lui avrebbe potuto dirle dove trovare un Ramo d'oro.

Lo trovò in compagnia di Tartara e furono felici di rivedersi. Dopo essersi salutati, i due chiesero notizie del Sole. La Luna li mise a parte dei suoi timori. Era sola, disperata, doveva pur fidarsi di qualcuno. Mentre Tartara le stava accanto, Querculo ascoltava grave.

Ogni tanto bofonchiava: "Sole... l'Imperscrutabile... Ramo d'Oro" sforzandosi di ricordare. Si grattò la testa facendo cadere una pioggia di foglioline, eppure i ricordi parevano restii a tornare. Infine emise un grugnito soddisfatto.

"Ora ricordo!" esclamò alle due donne che non avevano osato interromperlo per tutto il tempo.

"Ascoltate bene... " iniziò a dire e raccontò di aver sentito parlare delle sei porte e dove poteva trovare quella nel suo regno. Infine le indicò dove prendere il Ramo d'oro, raccomandandole di staccarlo con la mano, non con il ferro. Alla fine la Luna lo abbracciò.

Ringraziandoli ambedue per l'aiuto che le avevano dato, risalì sul suo carro e partì. Preso il Ramo, andò dove Querculo le disse di poter trovare la porta che conduceva al Mondo degli Antichi Padri. Quando vi arrivò non vide che una parete rocciosa non molto alta, di colore rossastro, frastagliata e desolata. Aveva un aspetto duro, aspro. Metteva soggezione solo a guardarla. Non c'era segno di vita. Anche le piante di Querculo se ne tenevano discoste.

Solamente chi l'aveva creato poteva definire bello quel posto. Ma la Luna non era andata là in cerca di bellezza. Andò avanti e indietro lungo la parete rocciosa più volte, la perlustrò in volo il più vicino possibile, però non vide traccia di una porta.

Fu quasi sul punto di dichiararsi sconfitta e tornare indietro, quando il Ramo d'oro che teneva in mano si mise a brillare e le diede uno strattone. Puntava verso un punto della parete dove non vi era nulla, se non una spaccatura alta e stretta che partiva quasi dalla sommità della stessa per arrivarne, allargandosi, alla base. La Luna continuava a non vedere nulla in quella direzione, comunque decise di fidarsi del ramoscello. Fece voltare Sagace e la diresse verso la spaccatura. Il mostro comprese, si impennò e zagramò feroce.

Il suo urlo si udì ripercuotersi a lungo nelle asperità della roccia. Poi, quando anche l'ultima eco tacque, partì a tutta velocità. La parete si avvicinava veloce e la fenditura era stretta, molto stretta. La Luna non sapeva se il carro avrebbe potuto passare o si sarebbe schiantato in mille pezzi, però non le importava. Da quando il Sole era stato ferito non si sentiva più la stessa, era agitata e non vedeva le cose come un tempo.

Qualcosa di grave era successo, qualcosa che sfuggiva al suo controllo e che probabilmente nemmeno il Sole, se fosse rimasto solo come lei in quel momento, avrebbe saputo comprendere. Sentiva che c'era una forza nuova che agiva contro la sua volontà e in qualche modo la dominava, portandola a fare cose che prima non avrebbe fatto. Se fosse stata lucida avrebbe compreso che era il Tempo che, scappato al suo controllo, aveva iniziato il suo cammino sgretolando piano piano le certezze di un mondo che stava lentamente cambiando.

Forse avrebbe compreso che se anche fosse tornata indietro dal suo uomo ferito, tutto sarebbe andato avanti ugualmente, deciso da una forza più grande e che nulla poteva più fermare. Ma lei non era lucida, per la prima volta dacché esistevano i Soluni era sola e temeva di restarlo per sempre. Anche se non comprendeva ancora il significato della parola sempre, già ne provava timore. In cuor suo aveva più paura di quella sensazione nuova che le stringeva il petto che di quella strettoia nella roccia, così sferzò violenta Sagace e si precipitò avanti.

Passò come una furia tra pareti a picco che le si stringevano attorno a velocità folle. Sebbene la vista di Sagace fosse acuta e sicura e la conducesse avanti senza timore e incertezze, più volte il carro sfiorò i dirupi provocando piccole frane al suo passaggio. Andò avanti senza domandarsi più nulla, ma dopo un tempo che le sembrò infinito si trovò la strada sbarrata dalla roccia. La spaccatura nella parete finiva lì, non si poteva continuare oltre.

Sagace interruppe la sua corsa frenetica appena prima di schiantarcisi contro. Delusa la Luna si guardò attorno, faceva fatica a scorgere le cose. Tutto era avvolto in una oscurità che le metteva soggezione. I Soluni non sapevano cosa fosse il buio e i suoi occhi faticarono ad adattarsi. Infine, respirando a fatica e cercando di non cedere allo sconforto, vide un debole bagliore davanti a sé. Proveniva dalla roccia che aveva di fronte e appena appena infrangeva l'oscurità che la circondava. Era opaca, ma si intravedeva qualcosa oltre di essa, forme e luci sconosciute si muovevano.

In un angolo nascosto vide un gancio che sporgeva dalla parete. Vi appese il Ramo d'oro e subito la parete davanti a lei prese a scorrere di lato, provocando un rumore assordante di pietre sgretolate e polvere. Dall'altra parte c'era un luogo luminoso, colorato e ameno. Per quanto non conoscesse i colori e non sapesse come chiamarli, le piacque il blu del cielo, il verde dei prati e i fiori colorati che spuntavano qua e là come macchie. Una brezza profumata la invitò a entrare e lei sferzò ancora Sagace.




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