14) L'INIZIO
Tenendosi per mano, le parole faticarono a trovare la strada, poi poco alla volta Wal le raccontò tutto dall'inizio.
Si ricordò di tutto, di ogni immagine, suono e profumo avvertito. L'avvisò del pericolo che cresceva sotto di loro e le narrò di chi incontrò; il ritorno spaventoso, il temporale e il momento angosciante che lo portò a ricordare il proprio nome. Di come seppe leggere le parole scritte dagli Antichi Padri e poi, per ultimo, che forse lei avrebbe potuto aiutarlo a ricordare il suo passato.
Quando terminò, fissò la donna in silenzio, speranzoso.
Lei parve un poco sorpresa da tutte quelle parole. Durante il racconto non staccò mai lo sguardo dal bracciale di capelli di Flot e a tratti, pensierosa, lo sfiorò con le dita. Lo stava facendo anche ora. Quando si accorse che Wal aveva terminato, si riebbe. Negli occhi aveva una profonda tristezza.
"Molte cose ti sono successe in questi giorni, marito mio. Alcune buone, altre no" iniziò a dirgli "Come Grande Madre ti devo rispetto e desidero aiutarti, però come Yaonai temo le conseguenze per il mio popolo. Quello che tu mi chiedi potrebbe portare molto dolore a moltissime persone".
"Il mio desiderio è salvarle, se posso. Ma senza la mia memoria non saprò farlo. Senza sono inerme, se non mi aiuti: Grande Madre, dovete andarvene, subito!".
Invece di essere turbata da quelle parole, la Yaonai ritornò ad accarezzare piano il bracciale di capelli.
"Il mio nome è Salice che ride" gli disse piano "O perlomeno lo era. Puoi chiamarmi così per questa notte, se ti fa piacere, marito mio".
Wal faticò a capire quell'indifferenza, poi una luce si accese nella sua testa e capì.
"Tu lo sapevi, vero?" le disse, certo che fosse così "La lava... il fuoco, tutto!".
Un leggero cenno della testa glielo confermò. La Yaonai tentennò, incerta.
"Sei certo di voler sapere cose di un passato tanto lontano, che anche noi Yaonai fatichiamo a separare il vero dal sogno? Alcune potrebbero non piacerti, farti ricadere nel malore che per poco non ti uccise. Ci sono cose che non possono essere spiegate, solo accettate. Cose lontane e segrete: sapere delle Yaonai e di pochi Ratnor. Già una volta rifiutasti le tue, cosa ti fa credere che potresti sopportare il peso delle nostre?".
Wal riconobbe sensate quelle parole. Però ricordò la disperazione negli occhi dell'Antico, del Timido e dello Sfrontato.
Voleva liberarli e con essi la propria anima dalle loro e lo disse alla donna che la giudicò una buona cosa.
"Se è così che desideri..." gli disse "...preparati perché sarà una lunga storia".
Separò la sua mano da quella di lui, prese una postura solenne e chiuse gli occhi. Per qualche momento parve non essere presente, poi iniziò dicendo:
"Ci fu un tempo in cui su queste terre gli Elementi dominarono incontrastati. Le cose seguivano un corso diverso, allora. Gli Elementi erano vivi e dominavano ognuno il proprio regno. Erano potenti come divinità, ma fragili come gli uomini. Capricciosi e invidiosi gli uni degli altri, dovettero essere sorretti per mantenere l'Ordine. Al di sopra di loro il Fato pose i Soluni, giudici sublimi e infallibili.
I Soluni non dimoravano nel Regno degli Antichi Padri e il giorno non inseguiva la notte. Il Sole e la Luna erano alleati, si amavano e condividevano ogni cosa. A quell'epoca luce o ombra non esistevano, così come il giorno non era luminoso o la notte scura. L'era degli uomini e delle Yaonai era ancora lontana, forse soltanto nella fantasia del Fato che tutto stabilisce e decide. Solamente lui, il Fato Imponderabile, sapeva il corso degli eventi, nessun altro. Persino gli Elementi non conoscevano i suoi desideri e solo con fatiche immense potevano influenzare, ma non evitare, il suo volere.
I Regni erano sei.
Il primo era il Regno della Terra, dominato da Tartara.
Il secondo era il Regno del Vento, dominato da Soffiace.
Il terzo era il Regno del Ghiaccio, dominato da Karahì.
Il quarto era il Regno del Fuoco, dominato da Ardente.
Il quinto era il Regno del Ferro, dominato da Bipenne.
Il sesto era il Regno del Legno, dominato da Querculo.
Tutti e Sei sottostavano a un giuramento che li obbligava a mantenere la pace fino a quando il Sole e la Luna avessero continuato a restare uniti. Per chi avesse trasgredito, la pena sarebbe stata la morte e l'oblio.
Per moltissimo tempo il giuramento resse, ogni regnante regnò e ogni reame prosperò. Per quanto capricciosi, gli Elementi accettarono il giuramento come la cosa migliore per tutti, però rimasero in attesa del momento adatto per sopraffarsi a vicenda. Tutti sapevano che prima o poi sarebbe giunto e si preparavano per quel momento. Solo un controllo serrato e costante dei Soluni li tenne soggiogati.
Il Sole e la Luna non avevano un Regno tutto loro. Possedevano solo un rifugio in cima a una montagna; era alta, aspra e inaccessibile, era sia riparo che prigione e vi tenevano incatenato il Tempo. Questa montagna si chiamava Orrido, tanto erano spaventose, irte e ripide le sue pareti. I Soluni viaggiavano su di un carro trainato da creature volanti, le Ragace, orrende bestie a vedersi quanto miti cuccioloni con i loro padroni. Erano tre.
Rapace, Sagace e Capace erano i loro nomi. Erano le loro Guardiane, temutissime da tutti.
Non mangiavano, non dormivano mai, erano sempre pronte a spiccare il volo al primo cenno di pericolo. Mai nessuno le avvicinava tanto orrendo era il loro aspetto e feroce il temperamento. Potevano sbranare chiunque avesse l'ardire di avvicinarsi al carro senza il loro permesso. Elementi o Giganti, nessuno si fidava a trasgredire.
I Soluni con Terra, Fuoco, Ghiaccio, Vento, Legno e Ferro le costruirono e dagli elementi, di ognuno presero il meglio. Della Terra presero le rocce più dure, del Fuoco l'ardore. Dal Ghiaccio l'assenza di dolore, dal Vento la rapidità. Dal Legno la fedeltà e dal Ferro le mascelle e le quattro fila di denti che posero nelle loro bocche immense. Il Sole e la Luna lavorarono insieme e insieme le pensarono potenti e feroci. Sei gambe per correre più veloce di chiunque, ali possenti per affrontare i venti più impetuosi, una coda lunga e dura come la roccia e denti feroci per distruggere chi le contrastava, così le avevano pensate. Fedeli e inattaccabili, li servivano in tutto. Ma come ogni altra cosa sotto il cielo, anche loro avevano un punto debole, un nemico mortale che avrebbe potuto distruggerle se solo fosse stato libero di agire.
Il Tempo.
Con il Ghiaccio, il Tempo avrebbe arrugginito le mascelle e fatto marcire il legno delle gambe. Con l'impeto del Vento, il Tempo avrebbe sgretolato la roccia della coda e lacerato le ali.
Ma il Tempo, per quanto temuto da tutti, era prigioniero, i Soluni ne erano i guardiani e mai gli avrebbero permesso di interferire.
Solo i Soluni potevano tenere uniti i Sei elementi; solamente i Soluni incatenavano il Tempo, che non potendo scorrere, non arrecava danni all'Ordine deciso dal Fato.
L'Ordine era equilibrio e pace; l'Ordine era la vita.
Ordine del quale i Soluni erano custodi e fervidi sostenitori, perché sapevano che senza l'Ordine avrebbe governato il Caos e con esso il Tempo implacabile.
Assieme alle loro Ragace, i Soluni erano giudici indiscutibili: dirimevano le discordie tra i sei Regni con equità e pazienza. Mantenevano la pace con giudizi che trovavano i contendenti equamente scontenti. Non pendevano mai per l'una o per l'altra parte. Si mantenevano equidistanti da tutti, con pari affetto e rispetto.
Non seguivano un piano prestabilito nelle visite ai sei Regni. Andavano dove dettava la fantasia e la necessità. Anche la durata delle visite non era data sapere. Potevano venire e andare a piacimento, come tornare e rimanere se gradivano.
Loro sapevano che solo così avrebbero potuto far rispettare il Patto e mantenere la pace. Gli Elementi sapevano che il Fato così aveva deciso e che i Soluni erano inattaccabili finché rimanevano uniti. L'equilibrio tra queste consapevolezze manteneva la convivenza tra così differenti elementi e con essa la prosperità di tutti. I Giganti potevano dedicarsi ai loro signori e padroni, mentre questi commerciavano tra loro e tramavano, aspettando il momento giusto.
Tra i sei regnanti i più pacifici erano Tartara, signora del Regno della Terra e Querculo, signore del Regno del Legno. Si trovavano a Sud, erano confinanti e conducevano una vita lenta e tranquilla. Parlavano di sposarsi da sempre, tanto che ormai nessuno più li prendeva sul serio quando lo dicevano. Erano soddisfatti di quello che avevano, lavoravano per il bene di entrambi e non vedevano di buon occhio le trame segrete che sapevano esserci tra gli altri quattro Regni. Rispettavano rispettati i Soluni, a cui li univa una solida amicizia. I loro Regni prosperavano e vivevano felici.
Ardente, sovrano del Regno del Fuoco, signore delle Terre dell'Ovest e Bipenne, sovrano del Regno del Ferro, signore delle Terre dell'Est, avevano i territori vicini e a dividerli c'era soltanto una stretta striscia di terreno sulla quale passava una strada che permetteva ai territori del Sud di commerciare con i territori del Nord, divisi tra il Regno del Vento, la cui signora era Soffiace, e il regno del Ghiaccio, la cui signora era Karahì.
Regine ugualmente ambiziose, regnavano su elementi duri e inquieti e spesso bramavano i tepori del Sud.
Ardente e Bipenne, che avevano i territori separati e non confinanti per colpa di quella strada in comune, erano i signori più potenti. Non potendola attraversare direttamente, sostenevano entrambi che quel territorio vuoto li penalizzasse rispetto agli altri. Per commerciare tra loro dovevano risalire a Nord o scendere a Sud, attraversando i territori degli altri regni e pagando in pedaggio parte delle merci che trasportavano. Il traffico del Ferro e del Fuoco era ricco e fiorente e prometteva di diventarlo ancora di più se i due regni avessero potuto unirsi. Chiedevano, da sempre inascoltati, di costruire con le loro sole forze un ponte che, attraversando la zona franca, scavalcasse la strada e li unisse.
Ma gli altri quattro regni non erano d'accordo perché, sostenevano a ragione, erano già troppo potenti separati, insieme avrebbero distrutto l'Ordine.
I Soluni mai diedero il permesso di costruire il ponte. Per l'Ordine lavoravano e sull'Ordine ragionavano. Terra e Legno uniti valevano quanto il Ferro, altrettanto erano Vento e Ghiaccio riguardo al Fuoco. Uniti questi, valevano quanto i più forti; separati quelli, l'Ordine era assicurato.
Tutto era semplice, tutto era stabilito.
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