11) TURBINI

La sua voce era roca e aspra come sabbia, ma si vedeva che era contento di rivederlo:

"Karahì non ti ha preso, ma c'è mancato poco, questa volta!" gli disse.

Per quanto poté Wal si voltò verso di lui, ma per ogni movimento erano spilli e fitte. Con sorpresa si accorse che la voce non voleva saperne di uscire dalla bocca. Quando provò a parlare uscì solo uno sgraziato rantolo. Aveva la gola secca e la lingua gonfia.

Dovette deglutire più e più volte e attendere che un po' di saliva tornasse a umettare sia l'una che l'altra, prima di provare ancora. Nel frattempo era riuscito ad allungare una mano sul petto di Radice, che, a sua volta, aveva avvicinato la sua e gliela stringeva. Senza bisogno d'altro tra i due ragazzi si instaurò una comprensione che andava al di là delle sole parole. Entrambi sorridevano felici, seppur doloranti e stanchi. Erano di nuovo insieme e solo questo contava. Dirlo a parole non sarebbe servito a nulla, non avrebbe potuto aggiungere niente di più a quello che entrambi avevano già capito.

Anche Radice si mise a sedere. La sua attenzione era stata attirata da qualcosa in alto, nella direzione da dove Wal era tornato. Sembrava turbato dalle nuvole scure da cui il suo amico era uscito come un fulmine e che sovrastavano minacciose il vulcano. Erano così da prima che ricomparisse, ma ora andavano rapidamente cambiando.

Rombi di tuono assordavano l'aria in continuazione e un forte vento si sollevò improvviso, formando mulinelli di polvere e sabbia tutt'attorno.

Arrivava da Ovest, da dove ora Wal sapeva esserci un lontanissimo, immenso deserto. Era tiepido, impetuoso e squassò anche le nubi più basse nel cielo. Le vedevano correre, contorcersi e tornare indietro come cose vive, sbattute su e giù da correnti alterne e contrastanti, a seconda del caso e dell'impetuosità del momento. Improvvisi bagliori squarciavano le scure coltri, illuminandole per poi lasciarle ripiombare nell'oscurità. Anche Wal le notò, ma non disse nulla.

Anche avessero voluto parlare ancora, il vento, la sabbia e i tuoni assordanti glielo avrebbero impedito. A gesti Radice indicò un ripido sentiero che iniziava lì vicino e si infilava nel cono del cratere. Era stretto e pietroso e scendeva a ridosso della parete del vulcano. In alcuni punti a malapena c'era lo spazio per appoggiare entrambi i piedi, eppure il Sednor non ebbe dubbi. Seguito da presso da Wal lo imboccò.

Il fondo era scivoloso e instabile e rischiarono più volte di cadere per decine di metri prima di arrivare al fondo. Wal vide le pietre cadute rimbalzare da rocca a rocca e si strinse per quanto poté alla parete, usando ogni appiglio utile per aiutarsi nella discesa. Faceva ancora fatica a muovere nel modo adeguato il corpo e a ogni passo temeva di cadere. Le gambe faticavano a sorreggerlo e le braccia non avevano solidità. Le dita, poi, erano insensibili e parevano rivestite di spesso sughero.

Camminava rigido e a disagio, invidiando una volta di più l'agilità dimostrata da Radice anche in quel frangente. Comunque in breve raggiunsero un piccolo spiazzo rientrante nel fianco del vulcano. Non era molto grande, però era pianeggiante e si allontanava un poco dal ciglio del precipizio. Scavato da mano umana, creava una nicchia nella dura roccia appena sufficiente a due persone che, appiattite alla parete, potevano trovare un po' di riparo.

Una grossa pietra a sbalzo proprio sopra allo scavo ne aumentava la copertura alle intemperie. Non era molto, però al suo interno la violenza del vento si avvertiva appena. Erano scesi pochi metri al di sotto della cima del vulcano e vedevano i turbini di polvere agitarsi a poca distanza da loro. Vorticavano selvaggi, andando insoddisfatti ora di qua ora di là, come se cercassero qualcosa da portare via con sé, dissolvendosi poi rabbiosi per non averla trovata.

Alcuni si spingevano fin al bordo del precipizio del cratere e parevano scrutare al suo interno prima di ritrarsi impotenti. Nel vederli Wal provò un brivido nella schiena. Fu solamente quando anche l'ultimo di loro si dissolse che trovò il coraggio di tirare un sospiro di sollievo. Ma durò poco. Il fragore dei tuoni era amplificato dall'eco sulle pareti del cratere. Era assordante.

I due ragazzi dovettero coprirsi le orecchie con le mani per sopportarli. Un fulmine cadde nel cratere a pochi passi dal loro riparo e l'aria si fece subito elettrizzante. Wal sentì i capelli sollevarsi, così come vide la lunga coda di Radice muoversi come fosse un serpente arrotolato alla sua vita. L'improvviso bagliore che seguì l'esplosione sulle rocce lo lasciò per qualche istante senza la vista. L'aria si riempì di un odore forte e penetrante che gli tolse il respiro. Schegge di pietra si sparsero tutt'attorno, schioccando ogni volta che ricadevano a terra. Rimbalzarono ovunque, contro ai due ragazzi oppure in giù, fino al fondo. Alcune entrarono nel buco del cratere e scomparvero in esso; altre, in bilico su incerti appoggi, temendo il momento fatale, rimanevano sospese bilanciandosi avanti e indietro.

Quando anche questo parve finalmente placarsi, un colpo secco colpì la roccia sopra ai due ragazzi, proiettando verso il cratere pezzi di ghiaccio grandi come il pugno che si infransero su altre rocce, esplodendo in pezzi più piccoli. Alcuni si appoggiarono sulle schegge rimaste in bilico, condannando entrambi a un ultimo volo verso il vuoto.

Al primo colpo isolato ne seguirono altri, prima sparsi e radi poi sempre più frequenti. I tuoni cessarono all'improvviso, mentre la grandine giungeva al suo culmine; in quel preciso momento Wal udì Radice urlare con rabbia:

"Ka-ranta!".

Non se lo sarebbe aspettato da quel ragazzo tranquillo e taciturno, sempre sereno e disponibile. Quando poi la grandinata divenne così violenta da minacciarli anche sotto il loro precario riparo, Wal lo vide mormorare a fil di labbra, sollevando le mani raccolte a coppa verso il cielo. Continuò fino a quando non smise la grandinata.

Per tre volte parve terminare lo scroscio e per altrettante riprese furioso prima di placarsi in pioggia che prese a scendere lungo le pareti del vulcano. Wal vide Radice incidere con una pietra un segno nella roccia per ogni ripresa della grandine. Lo fece con violenza, colpendo con rabbia la parete dove già molti altri segni erano stati scavati in precedenza.

Passando dentro una scanalatura l'acqua piovana scivolò all'interno, raccogliendosi dentro una conchetta scavata nella roccia dietro a Radice. Quando fu piena, il giovane sacerdote abbassò le mani a coppa, le riempì d'acqua per lavarsi il sangue dal volto e dal collo, poi bevve a lungo. Lasciò posto a Wal che bevve a sua volta. L'acqua nella gola era fresca e dolce, appagava la sete e l'arsura. Fu con puro godimento che se ne saziò a sua volta.

Quando ebbe finito, si voltò verso Radice e vide che aveva un'espressione triste sul volto. Fissava la pioggia che cadeva nel cratere davanti a loro. Poco alla volta aveva assunto una colorazione rossastra e nei punti dove poteva raccogliersi assomigliava a sangue.

Prima che avesse modo di chiedere qualunque cosa, Radice mormorò una parola che Wal già conosceva:

"Sanzara " disse mestamente.

Lentamente l'acqua passò di roccia in roccia, di scanalatura in scanalatura, fino ad arrivare nella conchetta del riparo. Si mischiò a quella presente e poco alla volta la colorò fino a che non sembrò anche lei sangue. Allora Radice vi immerse la mano destra dentro e, tenendola ben aperta, l'appoggiò alla parete di roccia lasciandone un'impronta. Nel farlo salmodiò una breve preghiera:

"Uno ancora è caduto" disse triste "Per tre volte ancora per Te, Padre del Cielo. In Tua e nostra difesa un eroe non c'è più. Li onoriamo in attesa di poterci unire nella lotta, per la Tua e nostra comune salvezza".

La solennità con la quale la recitò, fece rabbrividire Wal. Nonostante fosse più giovane di lui e fosse ancora un apprendista nel suo mestiere, quello che lo guidava non era desiderio di potere, ma fede. Assoluta, totale fede in quello che diceva e faceva. Non era ancora un Ratnor e non lo sarebbe stato per molti mesi ancora, ma certamente era già un sacerdote, nello spirito e nell'anima più profonda.

Dopo non molto il temporale perse forza, l'acqua che cadde ritornò normale, lavando via il colore sinistro di quella che l'aveva preceduta. Il vento calò quasi del tutto con la stessa rapidità con cui era arrivato. La tempesta era finita. I due amici poterono affacciarsi dal loro riparo. Erano fradici, ma salvi.

Quando anche la pioggia smise di cadere e le nuvole si placarono lasciando intravedere un raggio di sole, nel cielo si dipinse un arcobaleno che riempì i confini del cratere. Radice lo accolse con un sorriso radioso.

"Il sacrificio non è stato inutile, allora" disse gioioso "Grazie Padre, per la tua generosità!".

Lasciarono il riparo e risalirono velocemente sulla cima del cratere. Arrivando accanto all'altare ancora zuppo d'acqua, Wal vide che erano comparsi dei segni che prima non aveva notato nella lastra. Qua e là vi erano ancora chiazze d'acqua sporca, ma questo non gli impedì di sentirsene attratto. Erano incisioni leggere, molto consumate dal tempo, antiche a vedersi. Facendo attenzione a non toccare nulla, le guardò da vicino per quanto poté.

Una, disposta a Nord rispetto le incisioni del Sole, era dipinta di bianco ed aveva una vaga somiglianza con una forma umana. L'altra si trovava a Sud ed era una striscia dipinta di blu che attraversava l'intera larghezza della pietra da Est a Ovest. Anche Radice si avvicinò e prese a passare le mani sopra la lastra, ripulendola completamente. Quello che Wal aveva supposto era vero. Indovinando la sua curiosità, Radice indicò la figura situata a Nord e commentò brevemente :

"Ka-Ranta!".

Lo disse con rabbia. Era chiaro che detestava con tutte le sue forze quello che quelle linee rappresentavano. Quando invece passò la mano sulla striscia blu posta a Sud, lo fece delicatamente, con rispetto e timore.

"Il grande fiume. Per noi molto pericoloso" disse, poi si voltò verso il sole che già declinava e aggiunse: "Dobbiamo scendere. Si fa tardi".





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