9b) FUGA PRECIPITOSA
Arrivati alle pendici dei Monti Anunna, iniziò a piovere.
Per la prima volta da giorni fu una pioggia delicata, ma per i superstiti della battaglia del Vulcano, quelle gocce furono come pietre sulle spalle piegate dalla fatica.
Le risalirono lentamente, consci che la salvezza era vicina.
Era già pomeriggio inoltrato quando i fianchi delle montagne, dapprima dolci nel salire, divennero ripidi.
Allora proseguire divenne un supplizio per tutti, per i sani e per quei pochi feriti che ancora marciavano.
Facendosi coraggio l'un l'altro i fuggiaschi si trascinarono come poterono e quando l'acqua si tramutò in neve le loro condizioni divennero pietose.
Eppure continuarono a salire aiutandosi a vicenda, uomini e Yaonai, uniti nell'essere esuli senza terra.
Erano un unico popolo, legati dalla paura e dal disastro.
Fuggivano da qualcosa di più grande di tutti loro messi insieme per salvare l'unica cosa che ancora gli restasse, la vita.
Ormai erano vicini al rifugio, Faggiola, sebbene la neve avesse confuso il paesaggio modificandone i contorni, riconobbe facilmente i paraggi.
Rivide la parete scoscesa della grotta, alcuni alberi grotteschi, rocce accanto alle quali era passata qualche sera prima per accompagnare i soccorritori giunti dal fiume.
Non era molto lontana, ormai.
Dovevano soltanto salire ancora un altro po' e sarebbero arrivati.
"Forza... coraggio, siamo quasi arrivati!" urlò per farsi sentire da tutti quelli che la seguivano e anche se non ottenne risposte, sapeva che l'avevano udita.
Gli ultimi metri furono i più penosi, quando nemmeno un suono uscì dalla bocca se non per gemere di dolore.
Infine i superstiti vennero avvistati da tre Yaonai.
Erano figlie di Neko, mandate a controllare la via della pianura.
Erano mimetizzate nella neve dai loro mantelli bianchi, armate di scudi e ghiande. Erano le più giovani, quasi tre giovinette, eppure riconobbero immediatamente Faggiola, la loro Grande Madre.
Si inginocchiarono davanti a lei e accolsero le Yaonai superstiti della battaglia come Sorelle.
Senza perdere tempo Faggiola le interrogò e le tre giovani Yaonai risposero per quello che sapevano.
Quasi all'unisono dissero che le altre figlie di Neko erano rimaste a proteggere i Tumbà.
Erano tutte distribuite lungo il sentiero che portava al ponte in modo da tenerlo libero e agibile in ogni momento.
Dissero che la strada era aperta e non aspettava che il loro arrivo per essere percorsa.
Quelle parole furono un balsamo per le fatiche e per le ferite di tutti quelli che ascoltarono le loro parole e Faggiola le tradusse per chi non parlava la lingua Yaonai. Fu un momento di gioia generale.
Yaonai, Tumbà, Sednor e Vareghi, si abbracciarono a vicenda per le buone notizie finalmente ricevute.
Per i fuggiaschi sapere che il Grande Vecchio fosse riuscito nel suo intento di costruire un ponte che oltrepassasse il fiume, fu come rivedere la luce dopo una notte buia.
Voleva dire che potevano andare ancora avanti e fuggire ancora più lontano.
Andare via da quel mostro fumante che alle loro spalle non dava tregua.
Però, nell'esultanza incontenibile, Faggiola non era ancora soddisfatta.
Doveva ancora comunicare una cosa a tutti quanti, una cosa che era bene che tutti sapessero.
"Ascoltate..." disse levando una mano, per essere ben certa affinché l'attenzione di tutti fosse su di lei.
Aveva un timore che da ore teneva per sé, non facendone parola con nessuno.
Nel pomeriggio alcune delle sue Yaonai mandate in avanscoperta, avevano trovato nel terreno tracce profonde che puntavano diritte verso i monti.
Erano confuse, mischiate le une alle altre, calpestate e inzuppate da pioggia e fango, eppure le esploratrici non ebbero dubbi nel riconoscerle.
Erano orme lasciate da Ka-ranta.
Probabilmente erano superstiti fuggiti alla Battaglia della Foresta che si rifugiavano sulle montagne, inseguiti dai Giganti dell'Alleanza.
Tracce diverse, inseguiti e inseguitori puntavano da questa parte.
I Ka-Ranta erano pochi, senz'altro spaesati e impauriti dopo la disfatta subita dall'esercito di Karahì, ma il solo sapere della loro presenza nei dintorni, le procurava allarme e voleva che anche loro lo sapessero.
"Ora sapete anche voi" concluse, abbassando la mano.
Ben presto la gioia svanì e i superstiti capirono immediatamente che non tutto era sistemato. Non ancora.
Le tre giovani Yaonai, dopo aver ascoltato le parole della Grande Madre, confermarono i suoi sospetti.
Poche ore prima, da alcune di loro erano stati avvistati tre Giganti di Karahì correre per i monti.
Ma non solo ciò che restava delle orde di Karahì vagava per i monti.
Schegge e altri Giganti dell'Alleanza li inseguivano, incalzandoli senza dargli tregua.
"Nostro padre ne è informato, Grande Madre. Sapendo della vostra fuga dal vulcano, è per questo che ci ha mandate ad attendere il vostro arrivo... ".
Con poche parole spiegarono a Faggiola quello che era successo dopo l'avvistamento dei tre Ka-ranta.
Neko capì subito che con la loro comparsa nei paraggi, il ponte era in pericolo.
Da allora tutti, nessuno escluso, tutti quelli che potevano camminare furono messi in allerta.
Dal punto dove i fuggitivi si trovavano ora fino a oltre il fiume, non c'era passaggio, sentiero o gola che conduceva verso il ponte che non fosse controllata a vista, però dei mostri nessuno seppe più nulla da quando vennero avvistati.
Le orme che si lasciarono dietro, sparirono inoltrandosi sulle cime alte, dove neve e gelo li facevano sentire a casa.
Con loro scomparvero anche gli inseguitori, braccandoli implacabili come fossero animali pericolosi.
"Le Schegge che inseguivano i tre Mostri, Mia Signora, sono loro che vi hanno avvistati per primi" le disse ancora concitata una delle tre giovani Yaonai "Quando trovarono le nostre tracce sui monti, alcune di esse ci raggiunsero. Avvisarono Neko e Pino Argentato del pericolo che correvamo e dissero che altri sopravvissuti sarebbero presto arrivati. Dissero che la vostra era l'ultima colonna di superstiti, dietro c'era soltanto fango e distruzione".
"Attendevamo soltanto voi per andarcene" aggiunse un'altra delle tre, fissando le pietose condizioni dei fuggiaschi.
"Ma per oggi è impossibile" concluse la terza, quella che pareva essere la maggiore delle tre.
"È tardi, ormai. Salite al campo, siete attesi. Al vostro arrivo vi diranno cosa fare. Grande Madre, dovrai fare l'ultimo tratto da sola, la strada la conosci, noi restiamo ancora a fare la guardia" aggiunse.
Faggiola ritenne di saperne abbastanza: ora dovevano pensare ai feriti a prepararsi per la notte.
Si salutarono e le tre giovani si scusarono ancora per non poterli accompagnare oltre.
"Nostro padre è stato perentorio" aggiunse la più grande delle tre "Ci disse che non dovevano abbandonare il sentiero per nessun motivo".
Le altre due annuirono convinte alle parole della maggiore.
Ne andava della sicurezza di tutti quanti e nonostante la giovane età, quelle Yaonai avevano preso molto sul serio quell'ordine dato dal genitore.
Non avrebbero ceduto un solo passo a costo della vita, perché sapevano che il ponte sul fiume era vitale per la salvezza di ognuno di loro.
Faggiola al loro diniego di farle strada non discusse e fece cenno ai suoi di seguirla.
Era fiera dell'attaccamento al dovere dimostrato da quelle tre giovani e inoltre non aveva bisogno di aiuto per arrivare al riparo.
La neve non cessava di cadere, faceva freddo e non mancava molto al buio. Dovevano sbrigarsi.
Da quel punto non era difficile risalire la china e la grotta era soltanto oltre il crinale, ma la stanchezza si faceva sentire e anche quei pochi metri parvero insormontabili.
Eppure, benché tutti fossero esausti e le forze ormai fossero consumate da tempo, la colonna si rimise ancora in cammino e dopo non molto i primi di loro arrivarono alla grotta.
La Grande Madre vide subito che le tre giovani non avevano mentito: erano attesi.
I Tumbà non erano rimasti con le mani in mano.
Nel limite del possibile, avevano pensato a ricoverarli tutti quanti.
Uomini e Yaonai, secondo la loro natura avrebbero trovato riparo.
Neko aveva fatto preparare dei rifugi separati per le donne della foresta appena fuori della grotta, un poco discoste da quelle degli uomini.
Erano rifugi di fortuna, nulla più che semplici coperture fatte di frasche e rami per offrire un minimo di riparo dalla neve.
Non c'erano pareti e giacigli ad attendere i fuggiaschi, ma alle Yaonai quei rami intrecciati parvero confortevoli come alberi casa.
Alla vista di quei semplici ripari, le lacrime salirono agli occhi a molte di loro e fu difficile trattenerle dal gettarsi a terra dalla contentezza.
Dopo quello che avevano passato nelle ultime ore, qualunque cosa era la benvenuta. Fosse stata anche una semplice pietra su cui potersi finalmente sedere, l'avrebbero gradita come un regalo prezioso.
Uomini e Yaonai, si trovavano in condizioni pietose.
Erano ridotti a una massa di straccioni, stanchi e affamati.
I vestiti laceri cadevano a brandelli e le calzature Tumbà erano al limite.
Anche le Yaonai non erano in condizioni migliori e benché patissero meno degli uomini il freddo e la fame, erano liete di potersi riposare.
Era dal giorno prima che nessuno di loro mangiava qualcosa e avevano bevuto solo acqua piovana che sapeva di cenere.
Vennero soccorsi e portati al coperto. A nessuno venne negato quello che fosse disponibile. I feriti più gravi vennero subito portati all'interno e curati, mentre gli altri rimasero fuori e si coprirono come poterono.
A loro pensarono dei Tumbà veloci e accorti che Baliji e Thorball riconobbero ancora prima di arrivare nei pressi dei ripari: facevano parte degli equipaggi che portarono la Grande Madre al Nord e che dal villaggio dei Ratnor fuggirono verso i monti.
Nel riconoscerli, Baliji sospirò soddisfatto.
Scorza era dunque riuscito a portarli in salvo e tutto era andato per il meglio.
Rivederli sani e salvi fu un grande sollievo per lui. Anche loro ce l'avevano fatta.
Tra quegli abitanti della palude, ad aiutare i nuovi arrivati c'era anche il vecchio suonatore di arpa.
Appena Scorza scorse i due Vareghi arrivare tra le Yaonai, gli si fece incontro. Nonostante il fango incrostato e lo sporco, notò subito le condizioni pietose in cui versavano le mani di Baliji.
"Mio Signore, tu sei ferito!" esclamò e subito chiamò un giovane Tumbà a sé.
Lo mandò a prendere fasce pulite e grasso per le piaghe aperte del Gopanda.
Quello ubbidì e andò.
Il vecchio Sednor accompagnò lui e Thorball al coperto sotto uno dei ripari ancora liberi.
Trovò un posto abbastanza riparato dal vento e dalla neve e aiuto Baliji a sedersi contro alla parete di roccia.
Si rammaricò che non ci fosse più posto all'interno, però si prodigò per rendere accettabile la loro posizione.
Baliji chiese di Mirta e del padre e seppe che anche loro erano arrivati il giorno prima alla grotta. Erano sani e salvi.
"Sono al ponte assieme a Neko e al vostro arrivo, sono stati mandati a chiamare. Presto saranno qui, mio signore" gli disse.
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