8a) LA TRECCIA


"Mio signore!" esclamò Faggiola dalla soglia della camera sotterranea, terrorizzata dal terremoto che fece improvvisamente tremare il pavimento e le rocce delle pareti.

"Non temere, presto cesserà" le rispose lui, svegliandosi di soprassalto e sperando di non averle mentito.

In effetti il tremore per fortuna non proseguì molto a lungo, fu breve quanto improvviso, ma in seguito alle vibrazioni, nella volta di solida roccia si aprirono delle piccole crepe da cui caddero ciottoli e polvere.

Per alcuni istanti i ragazzi e la Yaonai credettero fosse giunta la loro fine, poi poco per volta la scossa si placò e tutti e tre poterono rimettere in ordine le idee.

"Quanto manca all'alba, Faggiola?" domandò Baliji a Faggiola e la vide scuotere la testa.

"E tu, lo sai?" domandò anche al cugino ancora steso nella branda accanto alla sua, quasi che il terremoto non l'avesse scosso più di tanto.

Radice scosse piano la testa.

Isolati dal resto del mondo, nemmeno lui sapeva quanto tempo fosse passato all'esterno.

Che potesse essere quella scossa di terremoto, il segnale che attendeva dalla Grande Madre? Si domandò, Baliji.

Non credeva, ultimamente le scosse di terremoto si ripetevano troppo di sovente per essere un segnale attendibile.

Inoltre il silenzio della Yaonai che era sempre rimasta sveglia, fu eloquente più di tante parole: nemmeno lei sapeva cosa dire.

In quel momento sentirono giungere delle urla dall'ingresso della galleria.

Erano urla concitate, colme di terrore e di sorpresa.

"Le Yaonai di guardia!" esclamò Radice, mettendosi finalmente a sedere sul letto.

"Sta succedendo qualcosa laggiù!".

Il primo pensiero che passò per la mente di tutti e tre corse a Gioturna.

Era forse lei? Con quel terremoto, era forse riuscita a fuggire sotto il loro naso?

Nel dubbio di essere colti di sorpresa, Baliji e il cugino si misero immediatamente in piedi.

Il Padre di Tutti sfilò dalla guaina lo spadone di Alfons mentre Radice, anche lui pronto a difendersi e a vendere cara la pelle, con una mano raccolse dal pavimento l'ampolla piena di liquido luminoso e nell'altra strinse la sacra ascia bipenne.

Fecero per lanciarsi nella galleria, ma a quel punto Faggiola, ferma sulla soglia, cogliendoli di sorpresa, arretrò violentemente andandogli a sbattere contro.

Sul volto la donna portava disegnato l'orrore di chi aveva visto un fantasma.

Indicava verso la galleria, farfugliando: "È qui... Mio Signore, è qui!".

La Yaonai arretrò ancora fin contro la parete opposta, fermandosi contro la roccia della stanza.

Avesse potuto sparire confondendosi in essa dal terrore che provava, l'avrebbe fatto, ma non poté. La pietra non era il suo elemento.

Dovette farsi forza. Indicando verso la porta con l'ampolla stretta in pugno, la Reverenda Madre farfugliò confusa:

"È lui, mio Signore! È lui!".

Prima che Baliji e Radice potessero comprendere cosa la donna volesse dire, videro entrare nella stanza un uomo, un Ratnor.

Era veloce, etereo, fluttuava sollevato dal pavimento, come se non appartenesse a quel mondo e alle leggi della natura.

Galleggiava per aria e pareva senza peso. Si muoveva leggero e rapido, quasi a scatti.

Lo riconobbero immediatamente.

"Padre!" esclamò Radice.

"Flot!" fece Baliji sbalordito. Istintivamente si abbassò sul volto la maschera di sua madre, in modo che lo zio non ne leggesse lo stupore.

Entrambi i ragazzi non credevano ai propri occhi.

Flot di Yasoda era lì, davanti a loro, apparentemente in buona salute.

Poche ore prima l'avevano lasciato moribondo sul letto della Grande Madre febbricitante e quasi incapace di muoversi e ora sembrava perfettamente guarito.

Tuttavia, lo stupore della meraviglia lasciò ben presto il posto al dubbio e alla ragione.

Qualcosa in quello che stavano vedendo, stava sussurrando a un recesso del cervello di Baliji che non tutto era come sembrava.

Poi c'era lo stomaco, quel formicolio che oramai ben conosceva e che soltanto suo nonno sapeva scatenare così all'improvviso: era Aldaberon, si era risvegliato e gli voleva dire qualcosa!

Forse aveva riconosciuto il figlio, forse voleva metterlo sull'avviso che quello che vedeva era solo un trucco per ingannarlo, forse l'avvisava che era ancora Karahì che tentava di raggirarlo con l'inganno?

"Chi sei!" fece mettendosi sulla difensiva.

Strinse la lunga spada tra le mani, pronto a usarla.

Attraverso la maschera, le sue parole parvero un sibilo incomprensibile.

Radice, al pari suo, non capiva come il padre potesse trovarsi al loro cospetto e lo illuminava con la bottiglietta.

Flot di Yasoda venne lentamente verso il Varego tenendo bene in vista le mani.

"Sono chi vedi, amico mio" gli disse con tono dolce e suadente.

Sembrava sincero, ma come esserne certi?

Baliji non gli credeva. Qualcosa non tornava.

Il braccio, il braccio infetto era guarito. Non era più gonfio e nero come il giorno prima e sotto la tunica, l'arto si muoveva senza dolore.

Inoltre la figura, il volto di Flot era tornato giovane come quando lo aveva conosciuto.

I capelli intrisi dal marciume colato dalla ferita erano pettinati accuratamente e arrotolati attorno alla vita. Non c'era traccia di pus a imbrattarli e luccicavano alla luce dell'ampolla.

"Non ci credo. Provamelo!".

"La Grande Madre mi ha inviato per avvisarti che l'ora è giunta. Gioturna adesso è libera, anche se non lo ha ancora capito. Eppure anche lei tra poco se ne renderà conto e allora risalirà lungo questa galleria".

Il giovane non era ancora convinto.

Poteva essere un inganno di Karahì che tentava di beffarlo nuovamente.

"Provamelo!" ripeté.

Flot parve rattristarsi, poi annuì.

"È giusto che tu non possa fidarti di me" gli disse "Eppure tu e io abbiamo qualcosa che ci lega. Ricordi, mio Prim Amis, il nostro giuramento?".

Baliji guardò Radice. Come faceva a saperlo?

Se non era chi diceva di essere, come poteva sapere dello scambio che si erano fatti a vicenda quasi un anno prima?

A quel tempo Karahì era lontana, Gioturna era prigioniera nel vulcano e lui giaceva da mesi ferito in un letto.

La Signora delle Nevi non poteva sapere dei doni che si erano fatti allora, a suggello di un patto proposto da Flot stesso.

In quel momento si ricordò di avere l'anello che anni prima gli diede sua madre appeso al polso. Lo fece vedere a Flot.

"Io ti diedi questo, e tu? Cosa mi donasti? Se sei chi dici di essere, dimmelo ora!" lo ammonì.

Senza incertezze Flot gli indicò il braccio dove gli aveva legato la sua ciocca di capelli.

"Se non l'hai tolta, porti una parte di me proprio lì, legata sotto la tua ascella. Lanciamela contro e vedrai se dico il vero".

Non comprendendo, il Varego si rivolse ancora verso Radice.

"Cosa sta dicendo?" gli domandò in quanto il cugino sapeva, era l'unico a sapere tutto, aveva assistito allo scambio.

Questi parve comprendere cosa volesse dire suo padre. Annuì.

"Quello che vediamo non è di questo mondo" disse al cugino abbassando l'ascia sacra e rilassandosi.

"Anche tu , Faggiola, rilassati e non temere. Non ci farà nessun male, vero padre?".

Flot assentì.

Per quanto ancora non capisse, lentamente Baliji abbassò lo spadone.

Fissò interrogativo e stupito Radice.

"Ci sono cose del Mondo degli Antichi Padri che appena conosco e che tu nemmeno sospetti che esistano" gli rispose il Sednor sollevandogli la manica fino a scoprire la treccia di capelli del padre.

Con poche mosse la slacciò e la mise in mano al cugino.

"Ma di una cosa sono certo. Se è chi dice di essere, questi ritorneranno a lui, altrimenti lo attraverseranno da parte a parte e cadranno in terra senza fare effetto. Fa come ti ha detto, lanciali".

Incredulo Baliji guardò Radice e poi la ciocca di capelli che teneva stretta nel pugno.

Ci fu un tempo in cui Flot gli disse che quel legame aveva un grande significato tra la sua gente, ma a chi si riferiva: ai Ratnor oppure agli Antichi Padri?

Era pur sempre stato un alto sacerdote del Sole Invitto e a modo suo, forse ci fu un tempo in cui credette sinceramente di essere nel giusto in quel che faceva.

Facendo come gli aveva detto Radice, lanciò la treccia verso Flot che la prese al volo, lo ringraziò, poi portò la ciocca verso la lunga coda che portava arrotolata a vita.

I capelli del ciuffo si snodarono da soli dalla treccia in cui erano stati stretti e, quasi fossero mossi da vita propria, si gettarono uno a uno alla ricerca del capello da cui erano stati tagliati.

Frusciarono nell'aria come un volo di uccelli prima di scomparire nella coda e ridiventare ancora un tutt'uno con essa. Flot sorrise soddisfatto.

"Mi credi ora?" chiese a Baliji.

Lui, lentamente, annuì. Gli credeva. Era lui il segnale che attendeva per agire.

"Dimmi, devo sapere altro? La Grande Madre... Mia... Tua... Nostra moglie... Salice che Ride, come sta?".

Flot scosse la testa.

"Ragazzo" disse riferendosi a Radice.

Era la prima volta che Baliji sentiva nella voce di Flot qualcosa che assomigliasse a un sentimento verso il figlio.

"Tua madre non è più con noi. Volevo che tu lo sapessi da me, tuo padre".

Radice annuì.

Se soffrì alla notizia della morte della madre, Baliji non lo seppe mai.

Vide solo che il volto del cugino si rabbuiò per un istante prima di tornare quello di sempre, calmo e impassibile.

Compiuto il suo dovere di padre, Flot proseguì con Baliji:

"Il destino che molto tempo fa ti venne assegnato, tra poco incontrerà la tua strada. Non posso fare nulla per quello, però posso fare altro per pagare almeno una parte dei miei debiti con te. Dammi la sacca che tieni in mano. A quello per cui serviva, penserò io, se per te va bene".

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