4a) IL TEMPO STRINGE
Nel sentirlo armeggiare attorno al fuoco, il primo a muoversi fu Neko, stupito di vederlo già sveglio.
Il fuoco fumava, dalla pentola già si levava del vapore e il profumo della tisana si spandeva nella caverna.
Senza troppa gentilezza il vecchio scosse il Tumbà più vicino a lui, poi quello lo fece al suo vicino. A ripetizione si svegliarono l'un l'altro.
Faceva freddo e se ne resero ben presto conto. Il fuoco era scarso, eppure era tutto quello che avevano.
Si strinsero attorno alla pentola bollente e attesero che Wal facesse le parti.
Quando fece per portare della bevanda calda anche a Faggiola, vide che non c'era più.
Approfittando della confusione attorno al focolare, la donna se ne era andata.
In fondo doveva aspettarselo, visto che le Yaonai temevano la luce del sole quasi quanto il buio sotterraneo. Gli dispiaceva che se ne fosse andata in quel modo, ma era certo che l'avrebbe rivista ben presto.
Quando ritornò accanto ai Tumbà riuniti attorno al fuoco, strinse forte le else dei due pugnali che portava alla cinta, quasi potessero sorreggerlo in quello che voleva dire.
Aveva bisogno di coraggio e non sapeva dove altro andarlo a prendere in quel momento.
Neko lo vide, vedendolo teso e nervoso alzò un sopracciglio.
Baliji trasse un forte sospiro:
"Da oggi non mi chiamerete più Wal, Aldaberon, Leta o altro ancora" disse ponendosi davanti ai suoi uomini. Il cuore gli batteva forte nel petto, le dita gli tremavano, eppure si impose di mantenere la voce salda.
"Da oggi per voi sarò soltanto Baliji, che nella mia lingua vuol dire Farfalla".
Tutti gli uomini lo guardarono.
Alcuni annuirono, altri ripeterono il suo nome, altri ancora gli sfiorarono le mani in gesto di sottomissione, ma nessuno ebbe nulla da ridire.
Non mostrarono di essere sorpresi, quasi che quel nome già lo sapessero da tempo. Piuttosto fu come se avessero avuto una conferma, anziché una notizia.
Una conferma che attendevano da tempo, con la pazienza che il fiume e la laguna gli aveva insegnato da secoli ad avere.
Baliji, rendendosi conto che era stato molto più semplice di quello che aveva temuto, sentì la tensione allontanarsi.
Tirò un sospiro di sollievo e allentò la presa attorno alle else dei pugnali.
Le dita gli dolevano per lo sforzo.
Ma se la reazione che ebbe dai Tumbà davanti a quella notizia così importante per lui fu quasi di condiscendenza, altra cosa fu quella che ebbe Neko e Baliji se ne accorse subito.
Vide disegnarsi un sorriso commosso sul suo volto grinzoso.
Era soddisfatto, per lui e per se stesso.
L'anziano maestro e l'allievo ancora una volta si compresero al volo. Un cenno tra loro fu sufficiente, perché senza dire nulla afferrò molte più cose dei Tumbà che osservavano stupiti.
Neko conosceva l'emozione che il pupillo stava vivendo in quel momento, perché era la medesima che visse lui tanto tempo prima.
Davanti a sé si era risvegliato un Gopanda-Leta, un uomo che aveva saputo sconfiggere il destino.
Era fiero di lui, di quel giovane forte e sicuro che aveva saputo andare lontano, molto lontano da quel ragazzino spaurito e rannicchiato sotto le coperte che aveva conosciuto anni prima.
Era fiero anche di sé, perché era stato un po' merito suo se quel giovane era arrivato fino a quel punto.
"Ora mangiate" aggiunse Baliji ai suoi uomini.
"Mettetevi vestiti pesanti e preparatevi. Oggi ci sarà molto da fare".
Non seppe dire altro, bevve un sorso di tisana calda e mangiò un po' di pane e formaggio. Neko gli andò accanto. Stava mangiando anche lui.
Discretamente prese Wal per un braccio e lo fece allontanare dagli altri. Arrivarono all'imboccatura della caverna. Fuori il sole si stava alzando, illuminava la caverna e l'aria poco alla volta si scaldava.
Sopra di loro le cime dei Monti Anunna erano sgombre di nuvole; a Sud il vulcano eruttava nel cielo la sua nube mortale e a Ovest i primi alberi della foresta delle Yaonai non distavano che poche ore di cammino.
"Baliji?" gli disse quando fu sicuro che gli altri non lo potessero ascoltare.
"Bel nome. Questa notte hai viaggiato, vero?".
Il ragazzo annuì e sorrise.
"Molto, molto lontano, sì. Hai conosciuto il Mondo degli Antichi Padri?".
Il vecchio annuì.
"Una volta, sì. Un posto meraviglioso" rispose.
Il giovane confermò, poi aggiunse:
"Ho visto migliaia di Sanzara disposti ad aiutarci. Lotteranno al nostro fianco contro Karahì. Erano già pronti a partire e mio nonno, Aldaberon l' Antico, li guiderà".
"Fantastico, questa sì che è una bella notizia!".
Alcune rughe del suo volto si distesero. Neko era entusiasta delle novità.
"I Sanzara sanno come combattere quei mostri!" esclamò battendo assieme le mani "Bene! Bene".
Baliji vide balenare una luce di speranza nei suoi occhi e lo capiva.
In fondo, per quanto molto tempo prima fosse stato deluso dalla sua gente, nell'animo più profondo anche Neko era rimasto un Varego.
Inoltre la sua vera famiglia era lassù, al Nord.
Benché non ne parlasse mai, Baliji sapeva che gli mancavano la moglie e le figlie e che era in apprensione per loro.
L'entusiasmo dell'anziano non si era ancora spento, che Baliji disse quello che più gli stava a cuore:
"Tra di loro vi sarà anche Alfons, mio padre".
Neko rimase sbalordito e senza parole. Non era facile vederlo rimanere a bocca aperta.
"L'hai visto?" domandò infine.
"Pochi minuti soltanto, ma, sì, l'ho visto. Abbiamo anche parlato".
Neko farfugliò annaspando con le mani nell'aria, con fare tra l'impacciato e il confuso, finché riuscì a dire:
"Un grande onore ti è stato concesso, ragazzo mio. In passato non ho mai saputo di altri come noi che lo abbiano avuto. Siine degno".
Baliji si sentì imbarazzato dal suo sguardo penetrante.
Nel suo animo non si sentiva così degno di considerazione. Non aveva scelto lui di essere quello che era, ma per non ferire il suo Maestro preferì non rispondere.
Si voltò, sentì i Tumbà scherzare.
Erano allegri, alcuni caricavano gli zaini sulle spalle, pronti a partire. Avrebbe voluto avere ancora un po' di tempo da passare con Neko, ma il sole già rischiarava gli alberi della foresta.
Mirta era là, Gioturna era là, nascosta da qualche parte ad attenderlo.
Ora basta, era ora di farla finita.
"Gangi, dici che Gioturna sa che siamo arrivati?".
"Da come parlava Faggiola, direi proprio di sì. Fa qualche differenza?".
Guardando fisso verso Ovest, Baliji annuì.
"Ho paura, Neko".
"Beh, saresti un folle a non averne. Per questo non dobbiamo farci sorprendere".
"Allora dobbiamo decidere cosa è meglio fare. Cosa consigli?".
Il vecchio si fece serio.
"Credo" fece dopo un po', addentando un boccone di pane "Che sia meglio dividere la nostre forze. Un gruppo verrà con te verso il villaggio di Mandi e l'altro con me, sui monti".
"Sui monti?" Baliji era stupito, non capiva.
Eppure il vecchio sembrava convinto di quello che diceva. La sua conoscenza di quella foresta, l'averla percorsa in lungo e in largo per molto tempo, ora diventava una risorsa preziosa per tutti loro. Lo lasciò proseguire senza interromperlo.
"Non subito ovviamente, ma questa è la mia intenzione. Ascolta, non bisogna farsi illusioni: anche se ora è sereno, prima di notte pioverà. Probabilmente qui dove siamo nevicherà ancora. Sugli Anunna l'inverno è arrivato prima quest'anno. Karahì si avvicina e con lei porta il gelo, lo sai. Se Faggiola ha detto il vero, e io le credo, non passeranno molti giorni prima che al Nord la nostra gente lotterà per la vita. Loro, le Yaonai, le Schegge, i Sanzara, sono la nostra speranza di vincere. L'unica, il nostro ultimo baluardo prima della rovina. Se riusciranno a fermarla, Gioturna resterà sola e potrà essere distrutta. In caso contrario ci vorrà poco perché le due sorelle si ricongiungano e sarà la fine di tutto quello che conoscevamo. Ma da parte nostra non dobbiamo restare inermi, ci restano ancora alcuni giorni per fare qualcosa. Tu e io abbiamo responsabilità grandi e complesse nei confronti di questa gente. I Tumbà non conoscono come noi le insidie della neve e del ghiaccio e non possiamo lasciarli soli. Lo sai anche tu che questo non sarà un inverno normale, quindi servono un riparo stabile, viveri, vestiti pesanti e legna. Questo diventerà il nostro rifugio, anche se solo per pochi giorni. Sarà un punto a cui tornare in caso di necessità. Viveri, legna, vestiti asciutti, lasceremo qui tutto quello che non potremo portare con noi".
Baliji annuì: "Capisco e sono d'accordo. Ma ... e i monti?".
Neko gli sorrise:
"Ora ci arrivo. Prima che avvenga lo scontro al Nord, tu dovrai affrontare l'Immonda e distruggerla. Tolta di mezzo lei, anche Karahì sarà più debole e facile da fermare. Se avrai successo con Gioturna, ci servirà una possibilità di fuga, dovremo passare oltre al fiume in piena".
Baliji impallidì.
"Se? Solo, se? Non mi dai molte speranze, allora" fece sforzandosi di sorridere.
Rendendosi conto di quello che aveva detto, Neko si riprese. Si schiarì la voce. Era imbarazzato:
"Volevo dire quando... quando avrai ucciso l'Immonda, tornerai sui monti con chi è sopravvissuto alla strage. A quel punto dovremo partire, andarcene via prima che queste terre saltino in aria e per farlo dovremo avere un passaggio pronto. Non potremo permetterci il lusso di cercarlo all'ultimo momento e improvvisare. Sarebbe troppo pericoloso. Ricorda le parole di tua madre".
Baliji annuì e guardò nuovamente i Tumbà. Erano pronti. Alcuni si stringevano nel mantello di fibre intrecciate per ripararsi dal freddo. Scosse la testa.
"Se quello che dici si avvererà, per loro sarà dura. Un inverno Varego non perdona e non si può affrontarlo con addosso vestiti fatti d'erba".
"Ce la faremo, non temere" replicò Neko. I suoi occhi non mentivano: credeva in quello che diceva.
Baliji avrebbe voluto avere il suo stesso ottimismo.
"Pensi di trovare il passaggio di Aldaberon?".
"Sì, voglio cercare la strettoia di cui parlava tua madre. Seguiremo il corso del fiume fino a che non la incontreremo. Non credo sia molto lontana da qui e proveremo a costruire un ponte per attraversarla".
"Non avrete molto tempo" fece Baliji perplesso "Anche Aldaberon mi ha confermato che al massimo ci resta una settimana, forse meno. Inoltre dovrete restare vicini al rifugio, altrimenti questo posto diventerà inutile".
Neko confermò. Sospirò a fondo.
"Non sarà facile per nessuno, credo. Ma faremo del nostro meglio".
"Allora, porterò con me soltanto Scorza" concluse il ragazzo "gli altri resteranno con te. Lui mi serve, conosce bene Mandi. Potrebbe essermi molto utile e non faremo correre inutili rischi agli altri. Ti lascerò l'arco e le frecce, potrebbero servire più a te che a me".
Neko confermò.
"Credo sia la scelta migliore, anche se i rischi maggiori saranno vostri. Intesi, allora. Un giorno ad andare e uno per tornare. Poi Gioturna..." Neko abbassò la testa prima di continuare "Credi possa bastarti una settimana per tornare?".
Baliji si schernì:"Ho forse scelta?".
Neko scosse la testa.
Nessuno di loro in realtà ne aveva e lo sapevano entrambi.
Non sapendo cosa altro dire, i due tornarono verso i Tumbà.
Li chiamarono e spiegarono le loro intenzioni. Ognuno doveva decidere per sé.
Sia restare sui monti che andare nella foresta era pericoloso e ognuno doveva essere libero di andarsene se non se la sentiva.
Restarono tutti e Scorza accettò subito di andare con Baliji.
Nonostante il grande pericolo che lui e il ragazzo avrebbero corso, non ebbe un solo attimo di ripensamento. Anzi, sembrò entusiasta della proposta e per la prima volta da molti giorni, il volto del vecchio Tumbà accennò a distendersi in un sorriso.
Gli altri sarebbero rimasti con il Grande Vecchio a preparare la fuga e se tutto fosse andato bene, si sarebbero rivisti dopo pochi giorni e sarebbero partiti insieme.
Non ci furono parole inutili, i saluti, ridotti al minimo, si risolvettero in energiche strette di mano.
Gli uomini vennero divisi rapidamente in piccoli gruppi, così come i compiti per ognuno.
Dopo pochi convenevoli i due si misero in movimento.
Presi mantelli e zaini, Baliji e Scorza partirono.
La giornata era lucente, la neve iniziava ad ammollarsi e il freddo non era così pungente.
Erano condizioni ideali per viaggiare per chi aveva pochi bagagli come loro e tennero fin da subito un'andatura sostenuta.
Nonostante l'età, Scorza si muoveva bene sulla neve. Senza fatica si lasciava scivolare per brevi tratti dove serviva e, all'occorrenza, spiccava piccoli salti per mantenersi in equilibrio da un masso all'altro.
In breve superarono la fascia innevata e arrivarono ai margini pietrosi delle pendici, subito prima che queste si tuffassero a capofitto sottoterra, immergendosi sotto di essa.
Le costeggiarono e si mantennero sempre a una distanza di sicurezza dalla cenere melmosa, in modo di avere tempo di reagire in caso spuntassero all'improvviso delle liane acuminate dal terreno che tentassero di arpionarli.
Baliji si fidava di quello che aveva detto Faggiola, però Gioturna era un avversario che non doveva sottovalutare ed era meglio essere prudenti.
Camminarono veloci, senza indecisioni. Entrambi si voltarono indietro una volta sola, poco prima di passare oltre a un costone che li avrebbe nascosti alla vista dei loro compagni e all'anfratto che li aveva ospitati per la notte.
Davanti all'imboccatura della caverna scorsero i Tumbà e Neko dove li avevano lasciati, fermi e intenti a osservarli.
Si scambiarono brevemente un gesto della mano, poi entrambi scomparvero dalla vista gli uni dagli altri.
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