3e) L'ANFRATTO


Subito dopo il primo urlo lanciato da Lepro, anche altri Tumbà si fermarono e, tornando indietro, gli andarono vicino.

Fecero capannello, mormorarono l'un l'altro quasi vi fosse qualcosa d'interessante da commentare.

Dalla cima della fila non si capiva cosa stesse succedendo, allora Wal e Neko tornarono indietro.

Quando riuscirono a passare in mezzo ai Tumbà, videro che tra le betulle vi era una figura immobile. Indossava un mantello come i loro.

Nello scorgerla a Wal corse un brivido nella schiena. Assomigliava molto alla Gioturna che aveva visto in sogno.

Per nascondere la paura che gli attanagliava il cuore:"Chi sei?" domandò brusco, facendo al contempo un passo in avanti.

Alla sua domanda, una mano lunga e affusolata comparve da sotto il mantello.

Nonostante il freddo intenso tirò indietro il cappuccio e lo abbassò.

Un lontano fulmine le illuminò il volto, era Faggiola.

Il volto della Yaonai era teso e spaventato.

"Signora, Reverenda Madre. Tu qui?" fece Neko sorpreso al pari degli altri, ma prima che qualcuno potesse aggiungere altro, la Yaonai si risollevò il cappuccio e fece cenno al gruppo di seguirla.

S'inerpicò veloce sul fianco della montagna allontanandosi dalla foresta di betulle. Per quanto i Tumbà non sapessero dove volesse condurli, nessuno obiettò. Speravano soltanto che ovunque volesse portarli, fosse un posto caldo e asciutto perché di pioggia ne avevano abbastanza per quel giorno.

Inoltre con l'approssimarsi della notte le gocce andavano solidificandosi e i primi fiocchi di neve già si schiantavano in terra e sui loro volti intirizziti.

Proseguirono in silenzio fino a quando non fu notte inoltrata.

Alla luce di radi fulmini camminarono uno dietro l'altro senza sapere dove andavano, ma si fidarono della Yaonai.

Vedevano soltanto avvicinarsi un'altissima parete di roccia verso cui si dirigevano. Raggiuntola e scalatane in primi contrafforti, dopo non molto Faggiola li fece entrare in un antro scuro, una profonda spaccatura nella roccia della parete a picco. Lei si fermò sulla soglia e li spinse dentro, spingendoli uno a uno quando tentennavano. La sua decisione era sufficiente a convincerli.

La timida ed evanescente Yaonai che Wal aveva conosciuto pochi mesi prima pareva cambiata, quella che vedeva ora era più decisa e autoritaria.

A ognuno di loro continuava a ripetere:

"Andate avanti, andate avanti! Fino in fondo, fino in fondo! Non vi fermate!".

 Tuttavia dentro, benché asciutto, era buio e freddo.

Wal venne preso subito dall'angoscia.

Il buio, il chiuso, le rocce, l'odore di stantio, l'ossessione di non rivedere più la luce, i ricordi di Gioturna lo serrarono alla gola e gli tolsero il fiato.

Aveva già provato quella sensazione.

Aveva ancora ben impresso nella mente il terrore che aveva vissuto nella galleria sotto al vulcano ciononostante, sebbene ne fosse uscito vivo, quell'esperienza aveva lasciato profonde cicatrici nel suo animo..

Si arrestò subito dopo l'ingresso. Non pensava di avere tanta paura addosso, invece non riuscì ad andare avanti.

Era il primo della fila e quelli che lo seguivano da presso, si ammucchiarono e lo spinsero.

Neko era subito dietro di lui.

I due si scontrarono, si tastarono incerti, poi avanzarono a tentoni, spinti dentro da quelli che seguivano.

Appena poté Wal si fermò e si spostò di lato: lasciò passare i compagni e respirò a fondo.

Ferma sulla soglia, la Yaonai seguitava a incitare i Tumbà a non fermarsi e a fare presto.

Voleva raggiungerla, parlarle.

Disse a Neko di badare agli altri e di accendere quanto prima un fuoco.

Nell'aria non si avvertiva odore di selvatico e non dovevano esserci orsi nei paraggi, ma il pericolo di cadere in qualche buco era alto e potevano esserci anche altri animali selvatici dentro quella caverna.

Man mano che i Tumbà passavano davanti a lui li contava. Quando anche l'ultimo della fila passò, sospirò di sollievo. C'erano tutti.

Faggiola era ancora lì dove l'avevano lasciata, una forma appena più chiara dell'oscurità sulla soglia dell'antro, immobile a fissare verso il buio.

Nemmeno lei sembrava decisa a entrare nell'anfratto.

Quando lo sentì avvicinarsi, gli intimò di fermarsi.

"Torna dentro!" ordinò.

La sua voce era forte e sicura, era quella di una Grande Madre e tra le Yaonai c'era posto per una sola Grande Madre alla volta.

Wal temette che fosse successo il peggio. Voleva sapere. Nonostante l'ordine della Yaonai non si fermò.

Ricordandosi quanto le donne della foresta detestassero entrare sottoterra ed essere toccate con la forza, si tenne a distanza.

"Reverenda Madre" le disse gentilmente e quando Faggiola riconobbe la sua voce, parlò in modo meno brusco.

"Gopanda, sei tu!" esclamò " Temevo fossero i Tumbà che volevano uscire".

Lui non perse tempo, le domandò subito quello che gli premeva sapere:

"Mirta e i miei amici! Dove sono!".

In quella, dal fondo della caverna videro scoccare delle scintille.

A lungo e ripetutamente un acciarino sfregò sul metallo fino a quando le prime timide fiammelle accesero l'esca.

Con mille cautele un Tumbà vi soffiò sopra aggiungendo fini scaglie di legno che altri preparavano per lui con i coltelli. Poco alla volta l'oscurità scomparve.

Quella che sembrava una galleria senza fine venne illuminata dal fuoco e si rivelò un cunicolo che avanzava non più di quindici passi nella montagna, asciutto e abbastanza alto e ampio per contenere tutti. Non c'erano altri passaggi nella roccia e il fondo su cui camminavano era abbastanza liscio e compatto.

Wal fissò con sollievo quelle fiamme incerte e ondeggianti e sentì l'angoscia venire meno. Avvicinandosi piano alla donna, invitò la Yaonai a entrare.

Lei si scostò, ma non fuggì e nemmeno si fece evanescente. Tremava. Oltre alla paura del buio e del fuoco, anche lei doveva avere freddo.

Wal insistette.

"Entra, ti prego. Fuori fa freddo e se vuoi resterò con te. Noi due siederemo lontani dal fuoco. Qui, appena oltre all'entrata se non desidererai andare oltre. Io rimarrò con te, non temere".

Si sedette per primo, restando in attesa. La Yaonai pareva dibattuta, lo guardava incerta a quale delle sue paure dare ascolto per prima.

Wal ricordava bene lo sforzo che aveva fatto Salice che Ride per accompagnarlo nella galleria del vulcano.

Ricordava quanta paura fosse disegnata sul volto della Grande Madre a ogni passo che compiva e quanto forte, fredda, determinata fosse, la volontà di controllarla.

La medesima emozione che allora vide sul volto di sua moglie, la leggeva ora sul volto di Faggiola, che lottava ferocemente per non lasciarsi travolgere dalla paura del chiuso e andarsene.

Li aveva condotti in salvo mettendo a rischio la propria stessa vita, ma ora non si decideva a mettersi a sua volta in salvo.

Wal si pentì di non essersene ricordato prima e cercò di rimediare come meglio poteva.

Ora era inutile farle altre domande, per prima cosa bisognava convincerla a mettersi in salvo.

In fondo alla grotta si levò più alta la luce del fuoco, Faggiola la vide, si voltò e fece per fuggire, ma si trovò accerchiata con il buio in fronte e il freddo attorno.

Titubò, emise un bizzarro suono molto simile al ronfare dei gatti, rischiando di perdersi nell'indecisione.

Wal, vedendola incerta, tentò ancora, la chiamò quasi sussurrando:

"Dolce signora, Reverenda Madre, non ci lasciare, ti prego. Fallo per l'amore che porti alla Grande Madre e alla vostra Madre Celeste".

Lei parve riscuotersi, alzò lo sguardo su di lui, si guardò attorno.

Lui allungò una mano, porgendogliela.

La donna fece un primo incerto passo in avanti, rabbrividì, si strinse addosso il mantello.

Un fulmine alle sue spalle la prese alla sprovvista e la fece andare avanti come se una potente mano l'avesse spinta.

Timidamente si sedette accanto a Wal senza guardarlo. Si calcò meglio il cappuccio sul volto e fissò per terra.

Rimase immobile e in silenzio, nell'indifferenza dei Tumbà che fingevano di non vedere lei e il suo turbamento.

Tutti sapevano quanto fosse stata dura per quelle donne perdere la foresta in cui erano sempre vissute e comprendevano il loro stato d'animo, rispettandone la ritrosia a cercare compagnia.

Wal era certo che se avesse ancora avuto la sua Scheggia, Faggiola sarebbe divenuta evanescente e sarebbe sparita dalla loro vista, ma purtroppo per lei l'aveva perduta nell'incendio.

Era bruciata come il resto della foresta, era divenuta cenere e aveva portato per sempre con sé metà di quella Yaonai.

Come poteva essere stato così insensibile a non ricordarselo prima?

Gli uomini si erano seduti in circolo attorno al fuoco. Neko faceva piccoli gesti ora all'uno, ora all'altro e faceva vedere loro come fare un focolare alla maniera Varega.

A turno lo alimentavano con piccoli pezzi di legno che altri tagliavano.

Tolti i mantelli, parlando sommessamente tirarono fuori del cibo dagli zaini.

Senza badare a quello che stava succedendo alle loro spalle, iniziarono a distribuirlo.

A Wal parve di essere tornato indietro nel tempo, di trovarsi ancora in un accampamento Varego. Poi capì. Neko li distraeva perché non avessero modo di fissare la Yaonai. Gliene fu grato.

Dopo un poco il Grande Vecchio si alzò con due pacchi in una mano e una borraccia nell'altra. Li porse a Wal senza dire una parola e senza rivolgere uno sguardo alla donna.

Rimasti nuovamente soli, Wal mise un pacco davanti a Faggiola, bevve un sorso d'acqua e posò la borraccia tra loro. Dal focolare giunse un lieve tepore.

Il legno che avevano a disposizione non era molto, ma tra tutti lo avrebbero fatto bastare fino al mattino. Il debole mormorare dei Tumbà sapeva di calma e condivisione e lentamente, poco alla volta, Faggiola si rilassò.

Wal aprì il suo pacco e iniziò a mangiare. Pane duro e formaggio stagionato. Sperava fossero graditi alla Yaonai, perché non avevano altro. Forse un poco di frutta secca, se non avesse mangiato.

Invece Faggiola allungò una mano e iniziò a mangiare.

Incoraggiato, Wal non seppe più trattenersi. Aveva bisogno di sapere.

"Faggiola, dimmi, cosa ne è stato della Grande Madre e dei miei amici?" le chiese e si accorse che il brusio attorno al fuoco diminuì fino a scomparire del tutto.

Non era il solo a voler ascoltare la risposta.

"Ti prego, Reverenda Madre" insistette "sono in ansia dal momento che siete partiti e temevo fosse successo il peggio. Raccontaci quello che vi è successo".

La Yaonai si mise in bocca un pezzo di pane e di formaggio. Masticò lenta. Wal non osò muoversi.

Dal focolare non giunse più altro suono che il crepitare del legno.

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