5)LO SPECCHIO
Wal si riscosse all'improvviso. Un fulmine aveva squassato l'aria, il tuono l'aveva assordato. All'esterno pareva ancora notte, il temporale continuava a infuriare sul villaggio della palude.
Karahì doveva essere ancora molto adirata, pensò.
Si ritrovò seduto con il libro aperto in mano. Spaesato impiegò alcuni istanti per comprendere che lo spirito di Walpurgis si era ritirato nei recessi del suo cervello per lasciare che fosse lui a proseguire. Neko lo fissava e i suoi occhi erano tristi. Flot, Radice, Lilith, tutti i presenti pendevano dalle sue labbra, attendendo di saperne di più. Se non fosse stato per la maschera che gli celava il volto, avrebbero compreso che lui era sbalordito quanto loro, per quello che aveva udito.
Walpurgis gli aveva voluto far sapere che in quel bagliore innocuo che gli aveva avvolto le mani, c'era un potere talmente forte da diventare distruttivo se utilizzato nel modo sbagliato. Ora tutti lo sapevano, non solamente lui. Anche Flot, che se avesse potuto fulminarlo con lo sguardo, in quel momento l'avrebbe fatto. Con lo sguardo deluso e pieno di vergogna di chi aveva perduto tutto, il suo Prim Amis faticava ad accettare di non essere stato lui il prescelto da Walpurgis. Quell'uomo venuto da un paese lontano aveva atteso trecento anni per consegnare a qualcuno quel pesante fardello e aveva deciso di affidarlo proprio a lui.
Ma ora cosa si attendeva che ne facesse?
Guardò Neko e gli venne voglia di domandarglielo, invece: "Gangi" gli chiese "Quando arrivasti nella Terra dei Vitelli, gli Un su chi governavano?".
"Su di un popolo che prendeva il nome dal fiume che attraversava la loro terra. Gli Eridani, i discendenti di coloro che sopravvissero alla slavina della Grande Fuga e riuscirono a tornare indietro. Molti raccontavano ancora di quanto fu magnanimo Singaruk-ba-Balai quando i superstiti si inginocchiarono davanti a lui ".
"Quindi il popolo degli Eridani non è finito!" esclamò Wal.
Neko scosse lentamente la testa.
"I Lagunari, i Riparii di Sopra e di Sotto, i Fluviali, quel giorno si attardarono a partire e rimasero quasi indenni. Alcuni Confinari scamparono al disastro e tornarono ad avvisare chi era rimasto indietro. Degli altri, di quelli che partirono in quel maledetto mattino, si persero le tracce per sempre, ma almeno la metà di coloro che seguivano Walpurgis riuscì a tornare indietro".
Wal fu lieto di apprenderlo, però non sapeva se proseguire a leggere o meno. Al suo fianco Lilith lo precedette.
"Prosegui, Grande Vecchio" gli disse e il Varego non se lo fece ripetere. Attese che anche la maschera che copriva il volto di Wal gli fece cenno di sì, poi riprese da dove aveva lasciato:
"Aldaberon e io giungemmo nella Terra dei Vitelli in primavera, c'era sole in abbondanza e ricchezza ovunque. Era una terra generosa, ricca di acque e di risorse. Ovunque andassimo vi erano campi coltivati, mandrie al pascolo e boschi. Anche se gli Un governavano con pugno di ferro, il popolo degli Eridani pareva felice. Eridani e gli Un prosperavano insieme, gli uni governati saggiamente, gli altri ingentilendosi nei modi e negli agi. Ormai i barbari non erano come li descriveva Walpurgis nel suo manoscritto. Non indossavano più pelli, conoscevano il fuoco e amavano il lusso. Erano severi nel governare, ma giusti nell'applicare le leggi del popolo Eridano. I discendenti di Singaruk- ba- Balai ormai vestivano come gli Eridani e di costoro usavano lingua e tradizioni. Anca-tek, il dio sanguinario che li aveva guidati secoli prima fino a quelle terre, ancora esisteva, ma esigeva meno sangue, da quando gli Un avevano compreso il valore delle mandrie. Sebbene tutti gli Eridani si ricordassero della Grande Fuga e del tempo in cui il loro popolo viveva libero, ne parlavano raramente. La gente desiderava la pace e non rimestava volentieri in quel passato di sofferenza. Non esistevano quasi più Un che non avessero sangue Eridano nelle vene, o Eridani che non avessero sangue delle steppe nelle loro. I matrimoni misti erano all'ordine del giorno e non era più così strano che un Eridano governasse una Marca al fianco degli Un.
I Sarman, gli Elvi, i Fran, oramai non li temevano più come un tempo. Commerciavano insieme e le genti attraversavano liberamente i passi dei monti. Un nuovo popolo stava sorgendo su quelle terre. Quando partimmo dall'antica capitale dei Taurini per seguire le orme di Walpurgis, non lasciammo dolore e sofferenza alle nostre spalle. Dentro di me il suo spirito era felice, però mi fece intendere che la mia missione non era ancora terminata. Ancora mi spinse a partire verso i passi montani. Finalmente avevo incontrato la mia strada e ogni passo che compivo mi portava verso la libertà. Anche io ero contento, sollevato, felice, ma così non era per il mio compagno di viaggio. Aldaberon non era soddisfatto. Lo vedevo, peggiorava ogni giorno che passava. Lo conoscevo come le mie tasche e sapevo che qualcosa lo turbava, ma si rifiutava di parlarmene.
Divenne cupo, ombroso, alle volte ostile. Aveva intuito qualcosa di cui aveva timore, eppure proseguiva a camminare al mio fianco senza farne parola.
Passammo il fiume degli Eridani e cavalcammo attraverso la pianura verso i Monti Bassi. Seguendo le vaghe indicazioni che Walpurgis mi inviava, andammo diritti, puntando verso le loro pendici senza nemmeno guardarci attorno. Avremmo soltanto perso inutilmente giorni preziosi. Ormai il tempo aveva cancellato le orme del grande esodo: i massacri, la fuga, l'orrore, il dolore, tutto era svanito nel passare degli anni. Trovare qualcosa che ci facesse comprendere che eravamo sulla strada giusta era pressoché impossibile. Però sapevamo quale era il passo che aveva seguito Walpurgis per fuggire ed era lì che volevamo arrivare. L'avevo capito studiando vecchie carte Eridane che riportavano i nomi di regni e popoli che ancora esistevano. Trovai i riferimenti al Grande delle Genti che tradì Walpurgis e verso quelle che furono le sue terre mi diressi. Quando arrivammo ai Monti Alti, imboccammo una vallata ampia, seguendo un sentiero che un tempo doveva essere largo e battuto, ma ora era lasciato al degrado più totale. Dopo poche ore di risalita capii che eravamo sulla strada giusta: arrivammo su di un costone quasi in piano da cui si dominava la pianura. Doveva essere quello su cui Walpurgis e i fuggitivi riposarono dopo essere sfuggiti agli Un. La mia felicità aumentò, di pari passo con il mutismo di Aldaberon".
"Comprendesti il motivo che lo portò a cambiare così tanto?" gli domandò Wal.
Neko, annuì. A lungo. Piano. Poi riprese da dove aveva lasciato.
"Risalendo verso il passo per due giorni arrivammo alla gola dove successe il disastro. Attraversarla metteva i brividi. Anche in quella stagione appariva terribile e noi eravamo in due, senza neve a intralciarci il cammino e con cibo in abbondanza. Trovammo i resti di alcuni degli antichi fuggiaschi; fibbie, attrezzi, ossa, teschi. Probabilmente rimasero dove la valanga li trasportò e nessuno andò mai a recuperarli. Giacevano intatti, alcuni ancora vestiti, altri seduti accanto le rocce come se aspettassero che qualcuno andasse a visitarli. Probabilmente eravamo i primi a vederli dopo quasi un secolo e mezzo. Credo che dal tempo della slavina che li seppellì, pochi si fossero avventurati in quella valle, preferendo di gran lunga un'altra strada più sicura e meno infestata di fantasmi e spiacevoli ricordi. Quando arrivammo al colle, avvistammo le mura di cui parlava Walpurgis. Erano ancora là, anche loro quasi intatte, solitarie e abbandonate.
Aveva avuto ragione a sentirsene intimorito, perché, benché incustodite, erano ancora impressionanti anche allora. Chiudevano il passaggio da parte a parte della valle e dubito che gli Un avrebbero mai potuto attraversarle con la forza. Passai venti anni della mia vita a cercare il modo per entrare in costruzioni come quelle e posso assicurarvi che furono ben poche le volte che trovai difese così ben studiate e accurate. Rappresentavano un'opera enorme, eppure quando avvistammo quelle mura apparivano abbandonate, spoglie, nessuno a custodirle o proteggerle. I due battenti del portone giacevano ancora a terra, spezzati e piegati in due come se un gigantesco pugno li avesse abbattuti. I difensori dovettero andarsene in fretta, perché all'interno era come se il tempo si fosse fermato: ogni cosa era rimasta dove era stata abbandonata. Passammo la notte tra quelle mura, io a studiare antiche carte che ero riuscito a portare con me, Aldaberon a fissare il fuoco. Dopo aver passato più di quaranta anni a girovagare per il mondo insieme conoscevo il mio compagno di viaggio come me stesso e non potevo più accettare il suo silenzio. Quella sera quasi litigammo, ma alla fine gli feci dire quello che lo tormentava".
Incapace di trattenere oltre la curiosità, Lilith, lo interruppe:
"Grande Vecchio, puoi dirci il motivo? Era forse gelosia?" gli fece "Era forse geloso di te?".
"No, mia signora" rispose lui sorridendole " Non era gelosia, la sua. Aveva capito che avrebbe fallito nella sua missione, mentre io solo avrei ottenuto quello che desideravo. Era fiero, orgoglioso, avrebbe tentato ugualmente di portarla a termine come ogni vero Sanzara perché questo era il suo destino, ma ormai il dubbio gli aveva minato la sicurezza. La paura di fallire gli aveva tarlato la mente, se ne vergognava e io non potevo fare nulla per aiutarlo. Al contrario di me, lui non era abituato ad averne. Non ammetteva che potesse esserci paura nel suo cuore".
"Come fece a comprenderlo? Cosa gli diede il timore che avrebbe fallito, Gangi" gli domandò ancora Wal. Senza rendersene conto, per la seconda volta usò quel termine colloquiale e intimo che usavano tra allievo e maestro. Nessuno ci badò, a parte Neko che proseguì con maggiore dolcezza.
"Come ho detto, erano quaranta anni che viaggiavamo insieme e lo conoscevo come me stesso. Apparentemente erano poche le cose che sembravano in grado di turbarlo, però il responso che all'inizio del nostro viaggio ricevette dall'Indovina dell'Ovest gli rimase in testa e non lo dimenticò mai, sebbene avesse creduto di lasciarselo alle spalle. Quello poco alla volta gli inculcò il dubbio. Macerò lentamente nella sua mente come una piccola, insignificante ferita, la infettò fino a farla diventare putrida e poi esplose. Quelle parole senza senso continuarono a girargli per la testa fino a quando non ne comprese il significato e da quel momento iniziò a cambiare".
"Non capisco... " gli fece Wal.
"Davvero?" sorrise "Non temere, nemmeno io capii, fino a quando non mi spiegò. Dopodiché a me si aprirono le porte del Paradiso, a lui quelle dell'Inferno. Ricordi le parole che l'Indovina scrisse e noi afferrammo a caso?
Su quella di Aldaberon c'era scritto:
"Di voi, del primo nessuno saprà per ultimo".
Su quella di Bigorn c'era scritto :
"Di voi, del secondo nessuno profumerà la strada".
Infine sulla mia, c'era scritto :
"Di voi, nessuno sopravviverà".
Queste furono le parole che leggemmo sulle foglie, ma solo con quelle forse Aldaberon non sarebbe giunto a nulla. Mancava qualcosa per comprenderle. Unite però a quelle della vecchia pazza dell'Oasi di Benansur:
"Nessuno passa davanti alla mia tenda! Tutti mi evitano, ma nessuno passa di qua! Nessuno è pazzo forse più di me, per passare davanti alla mia tenda? Portatelo via, che Nessuno ritrovi la sua strada, lontano da qui, dove nessuno è mai stato. Perché gli dei non sono contenti che nessuno passi davanti alla mia tenda. Me lo hanno rivelato! Ascoltate tutti : Nessuno dovrà partire da questa oasi, se vorrete continuare a prosperare! Avete capito ? Nessuno dovrà presto partire!".
Fu grazie a quelle, che Aldaberon seppe risolvere il mistero. Inizialmente gli venne il sospetto che con quelle parole la vecchia si riferisse a qualcuno, ma chi, si chiese. Quel Nessuno ripetuto così tante volte, lo ossessionava. Ci rimuginò sopra fino a quando non ricordò che ruppi io il profumo davanti a Bigorn:"Di voi, del secondo nessuno profumerà la strada" e Bigorn fu il secondo a fare la sua domanda all'Indovina. Se nel responso che prese al volo del secondo era riferito a lui, il nessuno della profezia non potevo essere che io. Voi non immaginate la sorpresa quando me lo disse. Fu sempre lui a farmi capire che ambedue le profezie si riferivano a me: Neko! Neko! continuava a ripetere quella vecchia pazza, indicandomi. Quanto mi terrorizzava all'inizio quel nome, non lo volevo nemmeno sentire. Poi fu ancora lui a darmi la certezza che proprio quel nome avrebbe rappresentato la mia salvezza e la sua fine: Io ero Neko, Nessuno.
Una volta comprese le parole della vecchia, le profezie divennero facili da comprendere. Bastò cambiare Neko, Nessuno nella lingua del deserto, con il nessuno della profezia dell'indovina.
Quella di Bigorn quindi divenne: di voi, del secondo Neko profumerà la strada e io ruppi un flacone di olio di mirto davanti a lui.
Così quella di Aldaberon divenne : di voi, Neko del primo saprà per ultimo, cioè di Aldaberon avrei saputo per ultimo.
Ma fu la terza, la mia, che gli fece comprendere che il suo destino era segnato: di voi, Neko sopravviverà.
Bigorn era un uomo normale e da quando ci lasciammo più di venti anni prima non avevamo saputo più nulla di lui. Anche fosse stato ancora in vita avrebbe avuto sessanta inverni e per un Varego erano tanti, forse troppi anche per lui. Ma noi due, come Sanzara continuavamo a dimostrare pochi anni di più di quelli che avevamo quando lasciammo la Varesia. Forse la presunzione ci aveva portati a credere di poter giocare con la morte per un po', perlomeno di poterla ingannare fino a quando avessimo voluto. Invece per lui scoprire che il tempo era contato anche per noi, lo lacerò lentamente.
Questo non poteva accettarlo: Aldaberon non era abituato a perdere":
Il mattino dopo ripartimmo, lasciammo la fortezza scendendo dall'altro versante della montagna e tre giorni dopo arrivammo alle sue pendici. Viaggiavamo ancora insieme, apparentemente tutto era tornato come sempre, ma qualcosa si era rotto tra Aldaberon e me. Il Legame del Disgelo era forte oltre a ogni cosa, però il tarlo che gli rodeva dentro era inarrestabile. Entrambi sapevamo che presto i nostri destini avrebbero preso strade diverse".
Il vecchio Varego si zittì e per far comprendere che non avrebbe continuato oltre aspirò forte dalla pipa circondandosi del suo fumo.
In quel momento Wal avvertì nuovamente la presenza di Walpurgis farsi avanti e toccargli gentilmente i centri nervosi della mente per chiedergli il permesso di proseguire. Glielo concesse. Prese il manoscritto e lo aprì saltando parecchie pagine. Andò dove lo spirito volle che andasse. Scivolando lentamente fece scorrere con le dita i fogli scritti fino a quando Walpurgis non ritenne di essere arrivato dove gli interessava. A quel punto riprese a leggere. Nessuno fiatava, nella capanna non c'era un rumore, all'infuori di quelli del temporale.
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