1c)IL PIANO
Non ne aveva fatto parola a nessuno da quando Lilith glielo aveva suggerito poco meno di una settimana prima, perché anche lui aveva dei dubbi sulla sua riuscita. All'inizio aveva considerato il piano di sua madre avventato, azzardato, impossibile da realizzare, poi poco alla volta, ascoltando le sue argomentazioni, si accorse che quello che stava ascoltando aveva un fondamento di verità.
Quello che inizialmente parve impossibile poteva anche riuscire se avessero saputo mantenere il segreto. Se nessuno a parte loro due avesse saputo fino all'ultimo, avrebbe anche potuto funzionare.
Quando finalmente lo capì, accettò di buon grado l'aiuto che la madre poteva dargli come Signora dei Tumbà, Yaonai e sorella di Flot.
Forse voleva farsi perdonare per averlo abbandonato, forse voleva aiutarlo a tornare a casa, o forse solo perché era sua madre, comunque quando lui accettò la sua proposta, gli occhi le si inumidirono. Passarono quindi una notte intera ad appianare anche i più piccoli dettagli, sapendo comunque che le cose potevano andare in modo sbagliato da un momento all'altro.
Cercarono di prevedere tutti gli imprevisti che avrebbero potuto succedere nei prossimi giorni, scandagliarono a fondo tutte le possibilità, ma poi, quando giunse il momento di mettere in atto il loro piano e vide Lilith partire dal villaggio, fu con un sentimento misto di tristezza, paura e solitudine che la salutò da distante. Ancora una volta la vedeva partire. Erano passati quattro giorni da allora e non ne aveva più saputo nulla. Sorridendogli, comprendendo i suoi pensieri, gli promise che questa volta sarebbe tornata, ma il timore di non vederla più non l'abbandonò mai del tutto.
Eppure doveva fidarsi. Non aveva scelta. Ormai le cose non potevano più essere fermate. Nemmeno avesse voluto, avrebbe potuto farlo. Quelle furono ore di tormento, giorni eterni in cui i dubbi crebbero. Poi vennero notti tremende in cui le paure salirono a galla con tutte le cose che potevano andare male. Più volte provò la tentazione di confidarsi con qualcuno, ma all'ultimo la ragione, o il nonno Aldaberon, sempre gli dissero di tacere. Non fu facile mantenere il segreto per tutto quel tempo con il maestro e con Ranuncolo, eppure lo fece, almeno fino alla sera di due giorni prima, quando avvisò entrambi della riunione che ci sarebbe stata e di cosa si aspettava da loro.
Prima lo disse a Neko, poi assieme andarono da Ranuncolo.
Lui contava molto sul loro aiuto, ne aveva bisogno come il grande fiume dell'acqua che vi scorreva dentro: senza, sarebbe rimasto solo un vuoto contenitore. Era pronto a sentirli lamentarsi per la sua sventatezza. Non importava, potevano dire quello che volevano, però lui aveva bisogno di entrambi, dei loro consigli, della loro esperienza e conoscenza dei luoghi. Doveva averli con sé. A tutti i costi.
Se lo ripeté anche quando attraccò al piccolo molo dell'isola galleggiante di Neko, due sere prima. Era tardi, l'ora della cena era quasi passata. Tutto attorno a lui vedeva le luci ondeggianti dei focolari accesi dentro le capanne. Voci sommesse, qualche risata. La gente Tumbà si era già ritirata per la notte.
Nei canali scuri, improvvisi sciacquii segnavano la presenza di pesci a caccia di insetti. Qualche cane abbaiava distratto, prima di tornare ad arrotolarsi davanti all'entrata della capanna che difendeva: l'aveva riconosciuto, non era un pericolo. Non aveva voluto accendere una torcia per farsi strada nei canali, ma ora che attraccava era contento di essere arrivato. Anche se conosceva alla perfezione la laguna, era quasi buio e perdersi era facilissimo. Mentre faceva un ultimo nodo per fissare la barca, sospirò di sollievo. Ora non avrebbe avuto problemi a raggiungere l'entrata. A tentoni toccò la parete della capanna fatta di canna degli acquitrini: a malapena ne vedeva i contorni, un tetto arrotondato che toccava terra, lungo quasi quanto l'isola artificiale, aperta sul davanti per dare aria all'interno. Dal molo ne seguì il perimetro. Dal foro centrale del tetto saliva del fumo: il maestro era in casa. Dal profumo di carne che ne usciva, stava cucinando. La giornata era passata e lui nemmeno se ne era reso conto. Troppa ansia, troppa tensione per quello che poteva succedere alla madre. Era dalla mattina che non toccava cibo e sentire quei profumi gli risvegliarono l'appetito. Quando comparve davanti all'entrata, portandosi nell'alone del focolare per farsi riconoscere, Neko gli fece cenno di entrare e sedersi accanto a lui.
"Vieni ragazzo, vieni. Quali nuove ti portano a me?".
Non parve troppo sorpreso nel vederlo, nemmeno preoccupato. Continuò a rimestare con un cucchiaio di legno un paiolo appeso sul focolare. Annuì soddisfatto quando vide la consistenza della zuppa: verdure e generosi pezzi di carne cotti assieme. Parlarono del più e del meno per un po', infine vedendo lo sguardo del giovane fisso sul paiolo fumante, il maestro gli chiese se aveva mangiato. Senza aspettarne la risposta, si alzò, andò a prendere due ciotole di legno, un mestolo e un altro cucchiaio. Ne diede uno a Wal, riempì per lui una ciotola con una generosa porzione di stufato fumante, poi ripeté la medesima cosa per sé. Quando si risedette accanto al ragazzo, soffiando per raffreddare il liquido bollente, gli disse:
"Adesso dimmi cosa ti rode, Wal".
Per quanto si aspettasse qualcosa del genere, il ragazzo farfugliò qualche parola sconnessa, ma il maestro lo fermò con un gesto della mano.
"Sappiamo entrambi che non saresti venuto a questa ora se non fosse stato per qualche motivo serio. Il problema è capire quanto serio sia, perciò... " gli fece cenno di proseguire.
In effetti aveva ragione, quindi facendosi coraggio e preparandosi al peggio, tra una cucchiaiata e l'altra di stufato, Wal gli raccontò del piano che lui e sua madre avevano studiato.
A sorpresa Neko seppe stupirlo, non opponendo quasi resistenza. Continuò a mangiare tranquillo, ascoltandolo. Solo annuì a lungo, poi, dopo un tempo che passò perso in chissà quali considerazioni, gli chiese se era sicuro di quello che voleva fare. Quando Wal abbassò lo sguardo e fece di no con la testa, lui sembrò sollevato.
"Bene!" disse soddisfatto "Troppa sicurezza è pericolosa. Suvvia, raccontami tutto, ragazzo. Nei minimi dettagli".
Con Ranuncolo invece fu più difficile.
Finito di cenare, Neko prese una torcia e insieme andarono alla barca di Wal. Attraversarono in silenzio i canali che li dividevano dalla isola galleggiante del Setmin, pensando entrambi a come affrontare la questione.
Lo trovarono in casa e quando li vide e lo salutarono, fu molto sorpreso nel vederli insieme, a quell'ora, per venirlo a trovare.
"Gopanda, Grande Vecchio. Cosa posso fare per voi, signori?" gli chiese mettendosi sul chi va là, facendoli accomodare. Non poteva non ascoltarli, anche se l'ora non era consueta. In fondo lui era pur sempre il Setmin dei Tumbà e loro il Gopanda-Leta e il Grande Vecchio. I suoi occhi di due colori erano puntati su di loro. Inquieti, sospettosi e curiosi al tempo stesso, non persero un solo loro movimento. Wal ancora adesso faceva fatica a credere che fosse lo stesso uomo che l'aveva accompagnato per mesi interi da un villaggio all'altro. Era talmente diverso da allora. Neko tirò fuori dalla sua bisaccia la pipa e il tabacco e l'accese spandendo nella capanna il fumo acre e azzurrognolo che gli uscì dalla bocca.
Senza perdersi in preamboli, Wal espose le sue intenzioni, ma già durante le prime frasi, vide il Setmin scuotere la testa.
"Non può funzionare, è troppo pericoloso!" continuava a ripetere "Troppo, troppo difficile perché tutti... troppe persone saprebbero... saremmo perduti... " ma alla fine cedette sotto le pressioni e l'insistenza degli altri due. Non era convinto, eppure accettò anche lui di fare la sua parte.
Aveva paura per i Tumbà, si giustificò.
"Se qualcosa andasse storto, per i Tumbà sarebbe la fine, lo sapete, vero? Flot di Yasoda da secoli aspetta di fare distruggere questo villaggio. Lo disturba, dice... "
"Flot è cambiato... " lo interruppe Wal, ma Ranuncolo proseguì come se non l'avesse sentito.
"Per non parlare delle Postulanti, poi... i Puri non aspettano altro per farle inchiodare alle loro case. Anche per i Sednor che decidessero di unirsi a noi, sarebbe la morte certa se si venisse a sapere... c'è sempre chi parla... anche tra i nostri, lo sapete. Neko!... Grande Vecchio" aggiunse con deferenza "Almeno tu, cerca di convincerlo ad aspettare ancora. La festa di Rasmet non è molto lontana, ormai. Per allora, forse... ".
"La festa di... Rasmet?" fece Wal sorpreso. Non sapeva nulla di quella festa.
"Non avrò la stessa sorpresa dell'ultima volta, spero!"
Ancora adesso portava i segni di quell'orgia durata tre giorni che era stata la Festa di Omondi. Se non avesse passato le tre settimane successive assieme a Salice che Ride, tutta quella luna avrebbe preferito dimenticarla.
Probabilmente comprendendo il suo stato d'animo, Neko lo rassicurò:
"No, non temere, niente orgie, da ora in avanti. Alla festa di Rasmet, la Grande Madre ti presenterà tuo figlio".
Lo disse con naturalezza, come fosse una cosa ovvia per tutti, poi, incurante dell'effetto che aveva avuto la sua risposta sul giovane, continuò a rispondere a Ranuncolo.
"Per allora potrebbe essere ugualmente troppo tardi per tutti noi" gli disse seccamente Neko : "Come hai detto tu, c'è sempre chi parla, prima o poi. Inoltre la vostra Signora è partita due giorni fa, ormai non sarebbe possibile raggiungerla in tempo per fermarla... "
"Mio figlio?! Vuoi dire il figlio di Salende?" esclamò il ragazzo. Neko solo in quel momento si accorse che il ragazzo non sapeva nulla.
"No, certo che no, ovvio" gli rispose "Che importanza può avere il figlio di una Sorella della Vita per i Ratnor? Parlo del figlio che la Grande Madre avrà da te... dopo Omondi, capisci... la Grande Madre e il Padre di Tutti, insieme... pensavo sapessi ... " guardò severo Ranuncolo che scosse colpevole la testa. Ovviamente non gli aveva detto nulla.
Dopo un momento d'imbarazzo, Neko si riprese. Si schiarì la voce.
"Perché non lo hai informato?" disse sospirando serio a Ranuncolo.
"Perché non è compito mio farlo, lo sai. Per lui mi sono già esposto troppo. Il figlio del Sole doveva comunicarglielo, non io. Flot di Yasoda si è sempre occupato di queste cose. Nessun altro avrebbe osato farlo al posto suo" .
Resosi conto della veridicità della cosa, Neko annuì. Era pensieroso. Tirò quattro o cinque volte di fila dalla sua pipa, restando avvolto dal fumo per qualche istante. Quando poi ne riemerse. Annuì ancora, pareva convinto.
"Ragazzo mio, forse tu hai visto più lontano di tutti noi messi insieme" aggiunse rivolto a Wal "Forse Flot è veramente cambiato, anche se non come pensi tu".
Neko, tra una poppata e l'altra al cannello della pipa, rimase a lungo a meditare, poi infine riprese: "In fondo Salice che Ride era sua moglie. La sua gente lo ha tradito, lasciato solo, messo da parte dopo tutto quello che aveva fatto per loro. Lui è sempre stato vendicativo, avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere se stesso, i suoi e il sistema di vita che avevano messo in piedi. Ma ora Marsal e i Puri lo vogliono fare fuori perché è vecchio, scomodo, puzza di ricordi e passato. Lo hanno privato dell'unico affetto sincero che aveva per poterlo isolare meglio, per fargli capire che ormai non contava più nulla. La sua rabbia deve essere tremenda dopo un affronto simile; estremamente pericolosa, forse molto più di quello che i suoi avversari suppongano. Sì, potrebbe essere... " confermò a se stesso "... ma in realtà, no, lui non è cambiato. Soltanto ha cambiato su chi scaricare la sua rabbia, ecco tutto. Ranuncolo, cosa ne dici... Potrebbe essere?".
Rimasto pensieroso dopo aver ascoltato Neko, il Setmin annuì piano.
"Se non ha informato il Padre di Tutti di Rasmet, qualcosa in lui non come è sempre stato" disse serio "Al suo posto avrebbe potuto farlo Radice, invece nemmeno lui è venuto a cercarti, giusto?" fece al ragazzo. Poi, senza aspettare che gli rispondesse "... la ferita che gli ho curato, sai come se l'è procurata?"
Wal ci pensò un momento, poi scosse le spalle. Anche se aveva dei sospetti, preferì tenerseli.
"Non lo so. Eri presente anche tu quando lo trovammo nella foresta. Era già ferito e anche in seguito non mi disse nulla su come se l'era fatta. Il resto lo sapete anche voi".
"Allora potrebbe essere" disse il Setmin pensando tra di sé "Sai cosa può avergli fatto una ferita come quella?"
Al gesto di diniego del giovane, Ranuncolo proseguì.
"In queste terre c'è una sola creatura che possa infliggere ferite come quella e generalmente non perdona. Quando attacca non c'è scampo. Inoltre, se dopo aver inferto il primo colpo si è fermata, c'è solo una persona che può obbligarla a farlo. E questo, signori, per mio conto vuol dire una cosa sola: Flot, che ha sempre temuto la morte, ha cercato il modo più veloce per ottenerla, ma qualcuno non l'ha permesso. La Grande Madre! È lei che ha fermato Gioturna prima che potesse uccidere Flot. Lui voleva morire e lei lo ha fermato!"
A sentire quel nome, Wal provò un brivido. Ancora si ricordava la fine che aveva fatto il cinghiale che l'aveva inseguito nella foresta. Nella foga di caricarlo si era avvicinato troppo alla siepe e Gioturna se l'era preso in un attimo. Il pensiero che la medesima cosa avrebbe potuta succedere a Flot lo inorridì.
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