10c)FARFALLA
Il sole, ancora oltre il promontorio, illuminava un cielo terso di fine estate e non minacciava pioggia.
Wal vedeva la laguna avvicinarsi rapidamente e il vento di poppa era teso, costante: non avrebbe potuto desiderare di meglio. Inoltre la conformazione stessa del tratto di sponda che risalivano li favoriva. In quel punto il Sardon curvava per formare l'ansa e spostava verso il centro del letto parte della corrente che non li investiva in pieno con la sua forza. Probabilmente era stato grazie a quel protendersi in avanti della riva che si era formato il deposito di ghiaia su cui avevano passato la notte. Forse avrebbero avuto maggiori problemi quando avessero superato l'ansa e si fossero trovati a dover combattere con tutte la violenza del fiume, ma lui non poteva saperlo. Tanto valeva aspettare e vedere cosa sarebbe successo in seguito.
Da dove si trovavano intravedeva già le prime isole mobili del villaggio, giù in fondo alla laguna. Tutto pareva tranquillo, ancora non vedevano movimenti. Tutto era calmo. Eppure sapeva che era tardi per gli abitanti della laguna. Ormai i Tumbà si erano levati, iniziavano a lavorare il mattino presto e terminavano tardi, al tramonto e alle volte anche oltre. Eppure non vedeva ancora segni di attività: niente legni nella laguna, niente movimenti strani. Nessuno li cercava.
Quando arrivarono al centro del fiume era teso e concentrato, ma non fu il Sardon a sorprenderlo, bensì il sole che all'improvviso fece capolino da dietro l'ansa. Per qualche attimo rimase accecato e non vide più nulla. Dovette pararsi gli occhi con la mano e guardare la corrente tra le dita, ma il luccichio delle acque era così insopportabile che faticava a tenere gli occhi aperti. Gli lacrimarono nello sforzo di tenere lo sguardo fisso sulle acque che sbucavano da oltre il promontorio e quando vide qualcosa sobbalzare sulla superficie non molto distante da loro, per quanto non capisse cosa fosse, urlò appena in tempo ai rematori di spostarsi sulla sinistra. Un tronco piccolo e affusolato, ormai corroso dal lungo viaggio nell'acqua, senza più rami e radici a rallentarlo, passò accanto al loro legno rapido come una freccia puntata a valle. Se avesse cozzato contro lo scafo l'avrebbe facilmente sfondato e li avrebbe ribaltati in mezzo al fiume. Sbuffando di sollievo, Wal sorrise ai suoi compagni e si rilassò un poco quando il sole venne coperto dalle chiome degli alberi che si sporgevano oltre l'ansa. Finalmente poteva vedere chiaramente e fu lieto di constatare che poca distanza ancora li separava dalla laguna. Filavano veloci, diritti verso il centro della grande ansa dove il timoniere li stava conducendo. Il vento li spingeva che era una bellezza e le vele torreggiavano alte sopra di loro gonfie d'aria. In quel momento, Wal vide del movimento spuntare da oltre le ultime isole mobili. Lo disse agli altri.
Fu Mirta che per prima riconobbe i legni dei Tumbà, poi Fredrik e Thorball: stavano partendo per cercarli. Quando li videro, i quattro ragazzi urlarono di gioia e si alzarono in piedi per salutare. Anche Wal si fece prendere dall'entusiasmo e urlò per essere riuscito a tornare indietro. Quando il loro legno superò l'ansa, la corrente del fiume li spinse dolcemente dentro la laguna e il vento li fece filare veloci verso l'interno. Le due vele torreggiavano ancora alte e fiere sul legno. Superarono facilmente le increspature che separavano le acque del fiume da quelle più interne della laguna e quando i quattro videro che il colore rosso del fiume svaniva gradualmente in quello verde, capirono di essere arrivati veramente a casa.
Nel frattempo, dall'altra estremità della laguna centinaia di legni Tumbà uscivano dai canali tra le isole artificiali, spingendosi oltre il molo lungo. A bordo portavano asce, picche e lunghi bastoni, il necessario per cercarli lungo la laguna. Erano usciti per loro, si erano riuniti per partire alla loro ricerca, anche se erano stati preceduti dal loro ritorno. Passavano in fretta sotto il molo, incessantemente uno dopo l'altro, spingendo forte sulle pertiche.
I più animosi, Dan con il suo orso e Scorza il suonatore di arpa, spingendo come forsennati davanti a tutti, li videro arrivare per primi. Rimasero perplessi, ammutoliti da quello che scorgevano. Era la prima volta che vedevano delle vele montate su una delle loro imbarcazioni e rimasero stupefatti nel vedersele venire incontro.
Anche i quattro naufraghi li videro. Navigavano sulla laguna su quello strano legno con le vele spiegate e urlarono di gioia quando li riconobbero.
Dan diede una voce, avvisando chi seguiva. Di bocca in bocca la notizia risalì i canali, fino in fondo. Il passaparola fu veloce come il fulmine. In breve i legni Tumbà riempirono tutta la laguna di persone festanti che li salutava arrivare. Molti di loro indossavano maschere funebri e quando li videro le tolsero veloci. Li davano per scomparsi, sicuramente morti nel grande fiume, invece loro erano tornati.
Da qualche parte, in fondo, qualcuno iniziò a urlare un nome e tutti, poco alla volta, festanti lo ripeterono all'unisono:
Ba-li-ji, Ba-li-ji... ripetevano ... Ba-li-ji, Ba-li-ji... finché tutta la laguna non fu piena di quel nome. Wal lo riconobbe, era una parola del suo popolo.
Voleva dire Farfalla, in lingua Varega.
Anche Thorball e Fredrik la riconobbero e indicarono le due vele davanti a Wal. Erano a quelle a cui si riferivano i Tumbà. I quattro ragazzi erano assordati da tutte quelle feste, eppure erano felici. Felici di essere tornati, di essere accolti in quel modo dalla loro gente. Non li avevano dimenticati, allora. Si erano organizzati, li davano per dispersi, stavano partendo alla loro ricerca e questo li fece sentire meglio.
Una a una le barche lagunari li circondarono e loro videro volti deformi e conosciuti farsi avanti; mani sgraziate li sfiorarono in segno di benvenuto e sorrisi sdentati o deturpati in modo orribile li accolsero a casa.
Quel nome... Baliji, Baliji... ripetuto ancora e ancora senza mai smettere. La laguna ne era piena.
Mirta, Fredrik e Thorball si sentirono toccati da tanto affetto, mentre Wal ascoltava quel nome che aleggiava per la laguna come una farfalla su di un fiore. L'aveva già sentito il giorno prima da sua madre e sentirlo rimbombare in quel modo attorno a sé, lo fece sentire bene. A casa.
Raccolse una vela, poi l'altra. Lasciò che il loro legno si trascinasse lento verso il centro della laguna insieme alla marea umana che li circondava. Nemmeno avessero voluto avrebbero potuto avanzare più veloci. Erano chiusi, stretti da ogni parte. Thorball e Fredrik lasciarono andare i remi e si lasciarono coinvolgere in quella massa di mani che si sporgevano per salutarli e toccarli. Anche loro erano felici: toccavano e salutavano tutti. Mai e poi mai avrebbero creduto di ricevere un'accoglienza del genere, loro così diversi ed estranei a quella gente.
Lassù al Nord mai in nessun villaggio Varego avrebbero avuto dei saluti così calorosi, nemmeno se fossero tornati dopo mesi di missione oltremare.
A un certo punto videro del movimento, un fermento accompagnato da un brusio. Giù in fondo, verso il villaggio, i legni Tumbà più esterni si scontrarono, si mossero, ondeggiarono spostandosi di lato, lasciando a fatica un passaggio aperto. Un legno avanzava diritto verso i nuovi arrivati e i Tumbà si facevano da parte per farlo passare. Dopo non molto Wal vide che ritto alla prua c'era Neko che lo salutava con la mano alzata. Era felice il vecchio Varego, sorrideva, ma nel suo aspetto qualcosa non funzionava. Al suo fianco vide sua madre Lilith, seria e compunta come doveva essere la Signora del Villaggio. Anche lei aveva lo sguardo grave nonostante il sorriso di benvenuto. Dietro a loro, con la pertica stretta in mano a manovrare il legno, c'era Ranuncolo. Sorrideva. Aveva le lacrime agli occhi alla vista della figlia sana e salva. Quando il loro legno fu accanto a quello dei ragazzi, Neko disse a Wal:
"Ragazzo, quel coso dove l'avete preso!" sorrise, rivolgendosi alla barca su cui si trovavano "Per tutti gli dei, è la cosa più bizzarra che abbia mai vista".
Wal, nonostante fossero vicini, faceva fatica a sentirlo. Neko se ne accorse e con un gesto fece cenno a quelli che li circondavano di tacere. Poco alla volta il frastuono passò. Wal saltò sul legno dei nuovi venuti nello stesso istante che Ranuncolo passava sulla loro barca per andare ad abbracciare Mirta. A sua volta abbracciò la madre e l'anziano maestro come se fossero tornati dall'inferno.
Poi, tenendoseli entrambi accanto, disse in modo che sentissero solamente loro tre: "Siamo passati dall'altra parte! Siamo passati dall'altra parte! È possibile, capite?". Con poche, concitate parole, spiegò loro quello che avevano fatto, ma non ottenne la reazione sperata.
Lilith lo guardò incredula mentre lo stringeva a sé, ma non disse nulla; Neko l'ascoltò, poi si voltò verso Ranuncolo e vide che il Setmin aveva avuto la medesima notizia dalla figlia sull'altra imbarcazione.
Solo che la fretta non fu buona consigliera, loro due non erano stati altrettanto attenti: i Tumbà più vicini avevano sentito le parole che si erano detti e già lo dicevano ad altri. Ormai non era più un segreto. D'altronde tutto il villaggio li aveva visti arrivare da oltre la laguna e non sarebbe comunque stato possibile nasconderlo. Entrambi si guardarono perplessi. Scrollarono le spalle. Facendo finta di nulla Neko lo prese tra le braccia.
"Eravamo preoccupati per voi. Non trovandovi questa mattina abbiamo temuto il peggio" gli disse l'anziano maestro abbracciandolo forte "Stavamo per venirvi a cercare, tutti e quattro".
Wal fu toccato da quelle parole e non fu il solo.
Vedendo il maestro e l'allievo ancora riuniti i Tumbà ripresero a ripetere come una cantilena quel nome: Ba-li-ji ... Ba-li-ji.
Incuriosito Wal si rivolse a Lilith. La domanda gli era scritta in volto.
"Gliel'ho insegnata io. Baliji, farfalla nella tua lingua, non ricordi?" rispose lei
"Certo che ricordo, ma perché, madre?".
"Per questa" fece lei accennando alla imbarcazione e alle vele raccolte "Sembravate una grossa farfalla in volo sulle acque del Sardon. Loro vi hanno visti arrivare e ora sono felici. Hanno capito quello che avete fatto e per loro siete diventati degli eroi. Baliji è per te, figlio mio, in tuo onore, dopo che ti hanno visto donare il movimento alle ali della farfalla".
Wal rimase stupito, i suoi amici avevano ragione, allora. Ma prima che potesse rispondere alla madre, fu bloccato da Ranuncolo. Il sorriso era scomparso dal volto del Setmin. Si separò da Mirta e saltò lesto sul suo legno.
"Gopanda, sono lieto di vedere che stiate tutti bene, ma devi venire subito con noi" gli disse senza giri di parole "Solo tu, nessun altro".
Neko si voltò verso il Setmin e lo guardò come se avesse interrotto troppo presto una festa a lungo attesa, poi anche il suo volto si fece serio. Per quanto dispiaciuto, annuì grave.
"È vero, allontaniamoci, presto. Cose urgenti ti attendono" affermò..
Senza perdere altro tempo prese anche lui una pertica e aiutò il Setmin a manovrare il legno tra tutte le barche Tumbà. Erano stretti da tutte le parti. Facevano fatica ad arretrare. Vedendoli bloccati, anche Dan si diede da fare e mentre Scorza manovrava, fece in modo che le altre barche si spostassero di lato. Benché lo spazio fosse tutto ostruito, poco alla volta si districarono e voltarono il legno. Mentre si allontanavano, Wal si voltò a guardare Mirta che era rimasta sull'altra barca. Anche lei lo fissava preoccupata.
La felicità che aveva avuto breve durata sul suo viso, già lo vedeva andare via.
Lo salutò con la mano prima che sparisse inghiottito in quella moltitudine di barche. In breve una miriade di braccia e mantelli Tumbà li separò. Lui non aveva nemmeno avuto il tempo di rispondere al suo saluto, che già erano troppo lontani per farlo. Wal cominciava a non poterne più di quel compito che non aveva mai voluto. Si rabbuiò e si voltò verso il villaggio. Lilith lo vide, lo raggiunse e gli cinse le spalle da dietro.
Superate le barche, il loro legno si allontanò in fretta, lasciando alle loro spalle la laguna. Si inoltrarono nei canali rimasti deserti e silenziosi. Solo poche persone erano rimaste sulle isole e quando lo riconobbero, vedendolo passare lo salutarono felici in modo semplice: alle volte un sorriso, altre solo un gesto.
Perché i Tumbà erano così, semplici ed essenziali. Quell'affetto così sincero e disinteressato lo fece sentire in colpa per quello che aveva pensato. Lui era il Gopanda-Leta: che lo volesse o meno aveva delle responsabilità verso quella gente e tutto il resto non aveva importanza.
Si chiese cosa fosse successo in quel giorno di distanza, ma si trattenne dal chiedere. Si assaporava l'abbraccio della madre e voleva gustarselo ancora un po'.
Benché incuriosito e preoccupato, Wal attese di essere abbastanza lontano dalla laguna per domandare la ragione di tutta quella fretta. Quando lo fece, fu il Setmin a rispondergli.
"Radice" gli disse Ranuncolo "È arrivato ieri con un messaggio di tuo zio Flot e non ti ha trovato. È urgente e ti aspetta per avere una risposta".
Wal fu sorpreso, si era dimenticato che aspettava notizie da Flot.
"Dov'è?".
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