10b)CORRENTI
La sera avanzava, il sole estivo lento scendeva dietro gli alberi e dall'altra parte del fiume la baia diventava scura. Seduti con le schiene appoggiate al legno, si chiesero se al villaggio già avessero notato la loro assenza, oppure se, non trovandoli da nessuna parte, se ne sarebbero accorti soltanto il giorno dopo. Non seppero rispondersi e quell'incertezza li disturbava.
Scrutarono a lungo verso la baia in attesa di qualcosa, però nelle calme acque dell'ansa del fiume non videro movimenti di legni, nulla che segnalasse agitazione o pericolo. Poi, dalle isole mobili quasi nascoste dall'ombra della sera, videro il bagliore di una luce accendersi.
Capirono subito quello che significava: la gente si riuniva per cenare e se i Tumbà cenavano era perché nessuno aveva lanciato l'allarme. In genere erano cene tranquille, semplici e pacifiche, tra persone che si amavano e rispettavano. Anche loro le conoscevano bene e le amavano. Solo che ora li feriva pensare a quella gente tranquillamente seduta attorno ai focolari, perché se cenavano nessuno si era ancora accorto della loro assenza. Nessuno li stava cercando. Avrebbero già potuto essere morti e nessuno se ne sarebbe accorto fino all'indomani.
Una profonda nostalgia si impossessò di tutti e quattro e ognuno di essi fu felice di non essere solo, quella sera. Perché per ognuno di loro cambiò solo il nome, ma non la tristezza.
Fredrik e Thorball pensarono alle famiglie lontane di cui non sapevano più nulla da mesi; al villaggio che avevano abbandonato in fretta e furia e a quello che avevano perduto. Erano felici di aiutare il loro Compagno di Disgelo, ma si chiedevano se mai, un giorno, avrebbero potuto tornare ai loro cari.
Mirta invece ripensò a quando la Signora la portò via dal Villaggio dei Mandi e a Wal, che, a lungo desiderato e appena trovato, presto sarebbe ancora andato via lasciandola sola.
Infine Wal, che con tutto quello che c'era in ballo, pensò a cosa avrebbe perso, se non fosse riuscito a tornare da Mirta.
Grati l'un l'altro della compagnia che reciprocamente si davano, mangiarono in silenzio, ma a un certo punto Wal notò che il fuoco nel focolare si muoveva in modo diverso da prima. Incuriosito rimase a osservarlo per un po', poi capì. Il vento aveva cambiato direzione: quel che prima correva da valle al monte, ora dal monte scendeva a valle.
A conferma dei suoi pensieri, per quanto fosse quasi del tutto buio vedeva ancora il fiume e le increspature dell'acqua erano sparite. Inoltre anche il fruscio sommesso del fiume era cambiato: niente più onde. Non avendo più il vento contrario a contrastarlo, ora scorreva liscio e placido. Ringraziò tutti gli dei delle acque che conosceva, per non aver deciso di tentare la traversata durante la notte. Avrebbero potuto trovarsi in seri guai, se il vento avesse cambiato direzione mentre stavano navigando.
Discretamente lo fece notare ai suoi amici che annuirono silenziosi. Lo avevano già visto anche loro, come d'altronde avrebbe fatto qualunque Varego.
Solo Mirta sembrò non accorgersi di nulla e Wal preferì non preoccuparla inutilmente. Avrebbero atteso il mattino per occuparsi di quel problema. Per il momento avevano già avuto fin troppe emozioni per desiderarne altre. Era stata una lunga giornata.
Prima il libro di Walpurgis, poi il terremoto, infine quel colpo di testa improvviso che per poco non era costato la vita a lui e Mirta.
Era stato uno sciocco. Pensava di trovare qualcosa di nuovo su quella riva del fiume, invece non aveva trovato che nuovi problemi.
Quella sera, quando si stesero per dormire, preoccupato come non mai per il futuro, si avvicinò a lei e la tenne stretta come se temesse che il vento potesse portargliela via. Lei capì e gli strinse la mano, ben sapendo che il destino presto li avrebbe ancora separati.
Dormirono poco, quella notte. L'eccitazione del giorno precedente e l'incertezza per quello che doveva avvenire da lì a poche ore, impedì ai quattro di chiudere occhio. Inoltre Wal era preoccupato per il vento: se non avesse di nuovo cambiato direzione sarebbero rimasti bloccati in quel punto per chissà quanto tempo e forse alla fine sarebbero stati obbligati a discendere il fiume, anziché risalirlo. Non gli piaceva l'idea, sarebbe stato troppo pericoloso. Avrebbero rischiato di essere trascinati a valle per miglia e miglia prima di trovare un altro approdo sicuro e lui non voleva allontanarsi troppo dal villaggio perché temeva Gioturna. Dopo quello che avevano saputo di quella creatura era meglio essere prudenti. Se quell'essere immondo avesse scoperto le loro intenzioni, avrebbe potuto aggredire i Tumbà durante la fuga e questo non poteva permetterlo. Non era quello che aveva sperato per il suo piano e quell'inconveniente avrebbe rischiato di rendere vano ogni sforzo se il vento non avesse girato ancora. Flot aveva detto che solo la laguna era al sicuro da Gioturna e lui gli credeva. Solamente da lì avrebbero dovuto partire le barche.
Restò con le orecchie tese per tutta la notte nella speranza che tornasse il fruscio delle increspature. A ogni minimo sussulto dalla superficie era pronto a cogliere ogni indizio che potesse segnalarglielo, ma le ore della notte passarono lente e senza novità. Il vento continuò a discendere da monte a valle per tutto il tempo.
Fu soltanto quando il cielo si schiarì a Est che avvenne il cambiamento tanto atteso. Per un certo tempo percepì il vento andare e venire, avanti e indietro, girare in tondo contrastato come fosse incerto su quale direzione prendere. Poi, al sorgere del sole, la direzione del vento cambiò definitivamente e riprese a correre da valle verso il monte come il giorno precedente.
Quando la luce divenne sufficiente, gli bastò un solo sguardo scambiato con i suoi amici per capire che anche loro, al pari suo, erano sollevati. Solo Mirta non si era accorta di niente e dirglielo ora non avrebbe avuto senso.
Dopo una veloce colazione, tutto era pronto.
"Andiamo " mormorò Wal e tutti si misero all'opera senza dire una parola.
Spensero il fuoco e raccolsero le poche cose che avevano. Spinsero la barca lungo la ghiaia fino all'acqua e quando questa fu sufficientemente profonda per sostenerne il peso, fecero salire per prima Mirta e la fecero sedere a metà. Essendo la meno esperta di navigazione avrebbe tenuto d'occhio le assi e avrebbe sgottato l'acqua fuori bordo se fosse stato necessario. Con il legname avanzato i Vareghi avevano ricavato dei banchi su cui sedersi e lei si mise al suo posto. In mano aveva una palla di pece e resina che lei stessa aveva ricavato il giorno prima e la impastava costantemente per mantenerla morbida. All'occorrenza le sarebbe servita per tappare piccole infiltrazioni tra un asse e un altro, inoltre impastarla la faceva sentire meno tesa. Guardava ansiosa tutto attorno a sé. Nessuno parlava. Guardavano il loro lavoro come se potesse andare in tanti pezzi da un momento all'altro. Erano lì, fermi, proprio al centro della piccola caletta ottenuta dalla caduta dell'albero in attesa che succedesse qualcosa. Onde non ce n' erano e il vento ancora non si sentiva sulle vele raccolte, perché le alte sponde di terra li riparavano sia dalla sua spinta che dalla corrente del fiume.
La ragazza scrutò accuratamente ogni centimetro di legname nuovo, ma, nonostante la barca fosse molto più pesante di prima, galleggiava bene. Incredibilmente tutto andava per il meglio. Diede il segnale ai ragazzi di farla proseguire. Spingendo avanti la barca con l'acqua alle ginocchia, il prossimo a salire fu Wal che le passò accanto e si portò a prua, verso la vele ancora legate. Erano due, disposte ad ali di farfalla, pronte a spiccare il volo appena lui avesse stabilito che fosse giunto il momento giusto. Fredrik e Thorball avevano fatto miracoli con quel poco che avevano e a lui era stato assegnato il compito di manovrarle per tutta la traversata. Era lui a capo di quella sgangherata spedizione e quella era l'operazione più delicata di tutto il viaggio. Richiedeva sensibilità nel comprendere il vento e delicatezza nel tendere le cime. Quindi a lui sarebbe spettato l'onore di portarli tutti in salvo. Quando raggiunse il suo posto verificò che ogni corda, ogni nodo fosse al posto giusto e scrutò con timore la corrente che vedeva scorrere a pochi metri di distanza. Era teso come le corde che serravano le vele.
Se anche in quel punto il fiume li avesse respinti come all'andata, dubitava che il legno avrebbe retto allo sforzo. Aveva paura, per Mirta e per i suoi amici che l'avevano seguito in quella folle avventura solo per l'amore e per il rispetto che gli portavano. Se fosse successo qualcosa a uno qualunque di loro tre, non avrebbe potuto perdonarselo per tutto il resto della vita.
Eppure, nonostante sentisse su di sé tutto il peso di quella responsabilità, si obbligò a sorridere a Mirta che lo guardava fiduciosa. Non voleva deluderla. Guardò i suoi due amici che erano ancora in acqua e spingevano il legno. Fredrik aveva l'acqua ai fianchi, Thorball già arrivava al petto, annaspava, avanzava a fatica.
Sarebbe stato lui a salire adesso, perché presto non avrebbe più toccato il fondo e una volta a bordo, per bilanciarne il peso, si sarebbe portato al suo fianco, a prua con un remo. Per ultimo, infine, sarebbe salito Fredrik e si sarebbe sistemato a poppa come timoniere, con l'altro remo.
Tutti sapevano che quello dello spilungone sarebbe stato il compito più rischioso, perché se avesse tardato a saltare a bordo avrebbe potuto restare a terra, ma si era ugualmente offerto di farlo, perché nessuno degli altri era adatto quanto lui per quel compito. Era teso, attento, concentrato in quello che faceva, eppure sorrideva brevemente a tutti quando ne incrociava gli sguardi. Quando Thorball gli fece cenno che sarebbe salito a bordo, Fredrik gli tenne la barca ferma e quando fu sopra si salutarono con un sorriso e un gesto veloce prima di tornare ognuno al proprio compito. Da lì in avanti nessuno avrebbe potuto dire cosa sarebbe successo.
In fondo il piano era semplice: sarebbero entrati nel fiume e si sarebbero lasciati trasportare a valle per il tempo che sarebbe servito a Fredrik e Thorball per voltare la prua contro corrente, poi Wal avrebbe slegato un poco per volta le vele e avrebbe cercato di stringere al massimo il vento. Se tutto fosse andato come speravano, con l'aiuto dei remi a stabilizzare il legno, avrebbero risalito la corrente. Se invece le vele si fossero strappate o qualcosa fosse andata storta, beh, avrebbero dovuto improvvisare, come tante volte avevano fatto da bambini nel loro fiordo.
Con un ultima, violenta, spinta, Fredrik saltò a bordo giusto in tempo prima che il legno virasse improvvisamente a babordo. La corrente si era impossessata del legno e lo trascinava a valle. Wal si aspettò di venire scaraventato indietro e si tenne forte alle corde, invece non successe nulla. Ballarono un po' quando si scontrarono con due piccoli mulinelli, ma Fredrik e Thorball, dopo aver bilanciato meglio che poterono il peso, presero a remare forsennatamente per stabilizzare la barca e allontanarla il prima possibile dalla riva e dagli scogli. Il legno sembrava rispondere bene. Anche con quattro persone a bordo, non imbarcava acqua. Il maggiore peso era compensato dalla nuova forma più allungata. La prua affusolata tagliava molto meglio di prima la corrente e le sponde alte reggevano talmente bene i colpi della corrente che non una sola goccia d'acqua filtrava tra un'asse e l'altra. Mirta era fiera del suo lavoro e non le perdeva di vista nemmeno per un secondo. Lentamente i due rematori riuscirono a portare il legno nella posizione giusta e quando la prua fu completamente controcorrente, Wal slacciò i legacci della prima vela. Non appena questa si aprì del tutto, il vento la riempì facendola scricchiolare pericolosamente: il tessuto si tese allo spasimo, alcuni punti si allentarono, altri cedettero, ma le cuciture ressero all'impatto violento e la fibra di canna non si strappò. Le pertiche da palude, intrecciate a capriata e sottoposte a un sforzo esagerato, si curvarono pericolosamente in avanti minacciando di rompersi, ma Wal strinse le corde che le reggevano tendendole al massimo. La barca smise di colpo di scendere lungo la corrente. Il contraccolpo fu violento. Il legno ondeggiò paurosamente per un attimo. Scricchiolò in ogni giuntura e ogni asse quasi fosse sul punto di distruggersi, eppure resse. Poi lentamente, impercettibilmente, prese a risalire la corrente. Wal, con il fiato sospeso, strinse la vela per sfruttare al massimo la spinta del vento e Fredrik e Thorball fecero il possibile perché non si ribaltasse. Nessuno parlava, troppo intenti a guardare le sue mosse mentre legava e slegava nodi e corde: era abile in questo, lo era sempre stato.
Quando fu certo che la barca fosse abbastanza stabile, lentamente slacciò anche la seconda vela e non appena anche questa prese il vento, il legno prese a risalire dolcemente la corrente come se volasse. Con le due vele spiegate, gonfie una per parte della barca, pareva una farfalla che planasse delicatamente sull'acqua. Mirta si trattenne a stento dal gridare dalla felicità. Incredibilmente nessuna delle assi aggiunte la sera prima aveva ceduto e lei osservava meravigliata il risultato del loro lavoro. Non c'era acqua da sgottare, ne asse da riparare, così con le mani impastava nervosamente la palla di mastice spostando lo sguardo verso ogni fessura che avrebbe potuto aprirsi.
Assecondando i movimenti dell'acqua e delle onde, cercarono di fenderle il più delicatamente possibile spostandosi verso il centro della corrente. Wal, a prua, scrutava ansioso controcorrente nel timore di vedere un altro gigante della foresta venirgli incontro. Gli era bastato una volta farsi sorprendere come un pivello e non poteva permettersi il lusso che succedesse una seconda. Fortunatamente davanti a sé non vedeva che acqua fino al promontorio dove il fiume curvava, proprio di fronte alla laguna. Tutto sembrava andare bene, eppure non si fidava. Suo padre gli aveva insegnato che in mare non si poteva mai essere sicuri di nulla. Da un momento all'altro si aspettava di vedere un groviglio di radici minacciose spuntare da quella parte e puntare diritte verso di loro, ma nulla di questo successe. La giornata sembrava promettere bene.
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