La promessa del domani

POV Sinan

In qualche modo dovevo esserci riuscito; Belshazzar aveva percepito la mia angoscia senza che proferissi parola. Eppure, sapevo che non bastava: dovevo avvicinarmi, trovare una scusa per parlargli da vicino, per confidargli ciò che avevo scoperto sul complotto. Il pensiero mi scuoteva come una folata improvvisa, e le parole, ancora incerte, sfuggivano al mio controllo prima di formarsi nella mente.

Un ingenuo sprovveduto, ecco cos'ero, con il pestello ancora tra le dita e i pensieri in disordine. "Sì, šarru, sono il vostro servo," iniziai, la voce sommessa era solo un inutile sussurro incerto che si perdeva nell'aria tra di noi. "Ho trovato una tavoletta che potrebbe interessarvi, riguarda..." ma le mie parole sfumarono in una frase incompleta.

La sua espressione allora divenne più acuta, penetrante come una lama di luce che squarcia l'oscurità di un pozzo chiuso. Per un attimo, temetti di aver osato troppo. Ma capii che attendeva solo un mio cenno per collaborare. Eppure, quel mio cenno tardava ad arrivare, così lui lo prese da sé.

"L'interpretazione dei sogni? Grazie! Prendila con te, e seguiamo il nostro cammino verso l'interrogatrice. Ho bisogno del suo saggio consiglio." la sua iniziativa, sicura e decisa, mi diede un temporaneo senso di sollievo; ma avrei dovuto raccogliere molto più coraggio di così, il peggio doveva ancora venire.

[...]

Quella strana vecchia, con le braccia adornate da un tripudio di bracciali colorati, ci scrutava attraverso fessure rugose prive di ciglia. Immobile come una statua. Il silenzio tra noi era denso, e mi trovai a offrire la tavoletta - che non interessava davvero a nessuno dei tre - in un gesto meccanico che cercava di nascondere il tremore delle mie mani.

La stanza privata dell'interrogatrice sembrava un crocevia sospeso tra i mondi, mai visto niente di simile. L'odore acre di erbe bruciate permeava l'aria. Le pareti erano ricoperte da arazzi intricati, scene di caccia, rituali sacri, bestie terrificanti; ma ciò che mi colpiva maggiormente erano le ciotole con dentro un liquido in fiamme, sospese su lunghe catene dorate. Il soffitto, basso, ma tanto lei era una piccola donna curva, era adornato con talmente tante pietre da sembrare stelle in sfumature casuali di verde e oro. Picchiettavo il tallone del sandalo sotto il tavolo per l'irrequietezza. Ma il pavimento era ricoperto da un tappeto spesso, tinto di rosso, che attutiva ogni passo, come se anche il suono dovesse essere ridotto al minimo in quel luogo di segreti e verità nascoste.

Belshazzar mi si avvicinò appena, gomiti sul tavolo e respiro controllato. "Che succede, Sinan?" mi chiamò per nome. Lo avevo forse offeso? "Spero sia abbastanza grave da giustificare la tua presenza qui..." perentorio, autorevole. Ero sicuro di averlo offeso. "Questo è un posto pericoloso, Dašpu."

Ero salvo, invece. Ma non avevo molta voglia di lasciarmi andare di fronte a quella donna inquietante, la cui presenza sembrava invadere ogni angolo della stanza.

"Lei è fedele a me." sono sicuro che lo disse per rassicurarmi, e perché continuavo a guardarla, ma ciò che davvero mi convinse a parlare furono le sue mani che presero le mie.

"Ur-Ninurta... lui sta pianificando qualcosa di terribile" le parole mi uscirono in un soffio, cariche di un'urgenza che non potevo più trattenere. "Vuole prenderti, imprigionarti, annientarti. Non so quando, ma presto."

I suoi occhi si dilatarono appena, un tremito sottile increspò le sue palpebre inferiori, ma il suo dominio su se stesso rimase impeccabile. Io, invece, iniziavo a sudare. Mi fu chiara la distanza tra noi due.

"E come lo sai?" anche la sua voce era calma, ma la tensione strisciava sotto quelle parole.

"È il mio Maestro. Alcune volte... si confida con me," abbassai lo sguardo, incapace di sostenere il suo d'oro e luminoso. "Mi ha preso sotto la sua protezione da quando ero un filo d'erba bagnato dalla pioggia delle prime lune."

Esitai, sentendo un nodo formarsi nella gola.

"Principe, posso suggerirvi di credere al vostro coraggioso amico senza perdere altro tempo?" l'interrogatrice sorrise quando entrambi ci voltammo a guardarla. Belshazzar annuì lentamente, i suoi lineamenti si erano irrigiditi.

"Hai capito che non sono io quello in pericolo?" e questa volta fui io a stringere la presa tra le nostre mani. "Ti prego. Voglio aiutarti, voglio salvarti. Devo portarti via di qui. Babilonia commercia con tanti paesi, andiamo in uno qualsiasi. Ur-Ninurta non può... lui non...io devo..."

L'interrogatrice mi posò una mano nodosa sulla spalla per fermare quel mio farfugliare. A mia discolpa, ero davvero preoccupato e conoscevo bene quel mostro. Ripresi fiato.

"Posso farcela, Belshazzar. Tu dovrai solo uscire da qui come già sai fare. La prossima notte di buio. Ma promettimi che starai attento fino a quel momento."

Uscii da quel palazzo con un fardello pesante sul cuore; ogni passo si faceva più gravoso del precedente, ma una nuova risolutezza mi spingeva avanti. Dovevo stare attento, non destare sospetti con Ur-Ninurta. Essere paziente ed evitare passi falsi. Anche il mio Maestro era nervoso, ma io, a differenza di lui, sapevo riconoscere ogni suo segnale di quella incertezza. Che il suo piano non fosse poi così perfetto? Oppure non riponeva abbastanza fiducia nei complici del complotto. In ogni caso, per noi, la prossima notte di luna nuova sarebbe stata decisiva.

Mentre camminavo tra i vicoli, il peso di ciò che stavo per fare mi opprimeva: quale folle mortale può osare arrogarsi il diritto di stringere a sé un prescelto dalla dea, di trattenerlo al di là del volere divino? Eppure, ogni altra alternativa mi sembrava un incubo.

La notte scese su Babilonia, un manto di silenzio e oscurità che avevo imparato a temere, ma anche a sfruttare. Mi nascosi nelle ombre, muovendomi con cautela. Raggiunsi il mio umile giaciglio, nascosto in un angolo cieco tra un vecchio ponte e una casa dimenticata dal tempo. Speravo che il destino, almeno questa volta, sarebbe stato dalla nostra parte.

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