Capitolo Sei - Per questo

Più o meno un mese dopo la Prima Grande Vacanza, come Victoire si rifiutava di smettere di chiamare il viaggio di famiglia, Harry si alzò di buon ora per andare a prendere il suo figlioccio. Era il primo giorno di scuola di Teddy, che aveva "dormito" a Casa Uno con la nonna Andromeda semplicemente perché la ritenevano l'unica ingrado di costringerlo a svegliarsi presto e soprattutto ad indossare l'uniforme. Mentre si Smaterializzava per poi apparire con un piccolopop sul marciapiede di HanmonStreet, il mago già si figurava le scenate del bambino e le lamentele a proposito di ogni singolo capo del vestiario che avrebbe avuto indosso quella mattina.

Andromeda e Teddy lo stavano aspettando davanti alla porta di casa, evidentemente già discutendo per qualcosa, e non si accorsero subito del suo arrivo. L'anziana strega indossava uno dei suoi lunghi vestiti scuri che evidenziavano il suo portamento regale e avevaraccolto i capelli ormai grigi in un alta acconciatura di trecce,arrotolate in una sorta di chignon. Harry non era molto esperto al riguardo. Con un sorriso esasperato, Andromeda stava aggiustando ilcravattino al nipote, che si agitava come se gli avessero messo nella divisa la Polvere Pruritosa dei Tiri Vispi Weasley. Teddy era chiaramente a disagio nei pantaloni neri lisci, la camicia bianca eil maglioncino che costituivano la divisa della scuola elementaredove lo avevano iscritto. Per non parlare del cravattino. Purtroppoper lui aveva già ricevuto il severo divieto di anche solo provare a togliersi qualcosa, così non poteva fare altro che divincolarsi e lamentarsi.

<<Mi pizzica, nonna!>> sentì Harry mentre apriva il cancello del giardino <<E poi ho caldo, non posso toglierlo?>>
<<Come può pizzicarti se hai sotto la camicia, Ted? Ti ho già detto dino>>
<<E allora mi pizzica la camicia!>>

Lanonna si voltò con gli occhi al cielo. Era tutta la mattina che il bambino faceva così.

<<Oh,guarda, è arrivato zio Harry!>> esclamò con evidente sollievo, notando il mago avvicinarsi. Questo interruppe Teddy mentre cominciava una lamentela sulla cravatta troppo stretta. Alquanto divertito, il mago agitò un dito ammonitore davanti al naso delfiglioccio.
<<Obbedisci a tua nonna, Teddy. Bastacapricci!>> lo esortò, senza però riuscire a nascondere unsorriso. Andromeda lo guardò truce da sotto le palpebre truccate esbuffò.
Poi, senza celare un sorrisino di soddisfazione, fece:<<Ridi pure finché sei in tempo, Harry Potter. Voglio proprio vedere quando sarà cresciuto tuo figlio, con il nome e le parentele che si ritrova! Come minimo sarà peggio di suo nonno, suo padre e mio cugino messi assieme!>
A quel pronostico Harry le lanciòun'occhiata esasperata, sorridendo, e tirò in piedi il figliocciosenza tante cerimonie.

<<Forza ometto, o ti faccio arrivare a scuola a colpi di bacchetta. E tu,Sibilla, vieni o vuoi continuare con le predizioni nefaste?>>

La strega rise e li seguì lungo il vialetto, per poi chiudere il cancello e sporgere sulla strada il braccio con cui impugnava la bacchetta, dato che Harry era impegnato a trattenere Ted e fargli ripassare esattamente cosa poteva e cosa non poteva fare a scuola...a partire dai capelli color lapislazzuli. Con un BANG assordante apparve il Nottetempo, sincronizzato sulla mattina: sedie di legno e panche rovesciate affollavano tutti e tre i piani del bus, anche piùinstabili dei letti che vi si trovavano la sera. Difatti la maggiorparte erano cadute oppure si erano ribaltate quando il folle veicoloera apparso di fronte a Casa Uno.
I tre salirono ed Harry pagò i biglietti, cercando di ignorare gli sguardi fissi su di lui.

Fortunatamente il Nottetempo era quasi vuoto, così, solo dopo un paio di BANG e di rovinose cadute dalle sedie, Ernie li portò dritti di fronte alla Scuola Elementare Regina Vittoria, riuscendo per un pelo a nonprendere sotto un branco di ragazzini che attraversavano di corsa lastrada.
La strada e il cortile di fronte al complesso scolastico erano affollati di famigliole, venute ad accompagnare i piccoli per il primo giorno di scuola. Si distinguevano facilmente le famiglie dei bambini più grandi da quelle dei primini: mentre questi ultimistavano tutti attaccati alle gonne delle mamme o ai pantaloni deipadri, gli alunni più grandi scorrazzavano in giro tentando disfuggire all'imbarazzante esperienza delle raccomandazioni genitoriali.
Teddy osservava affascinato la marea di bimbi eragazzi di età diverse, tutti così diversi fra loro, che sembravano egualmente divisi fra a gioia per aver ritrovato i compagni dopol'estate e lo scontento tradizionale per l'inizio della scuola. Seguì con lo sguardo i più grandi, di quinta, più audaci, che siarrampicavano sugli alberi sparsi per il grande cortile o sullarecinzione o anche sul cancello spalancato, mentre quelli di secondae di terza li fissavano ammirati. Notò due insegnanti acciuffare unragazzino, che a quanto pareva doveva essere un incallito combinaguai- <<Non è neppure cominciata la scuola, signor Peterson,andiamo, si contenga!>> - e portarlo poi da sua madre, senzache il ghigno sparisse mai dalle sue labbra. Alcuni collaboratoristavano montando sulla scalinata di fronte all'ingresso un banchettoe degli strani strumenti. Una specie di bastone con una palla in cimae delle scatole nere bucherellate che sembravano collegati da fili. Lo zio gli spiegò piano che si trattava di un microfono con delle casse per amplificare la voce. A Teddy venne da pensare che un incantesimo sarebbe stato molto più pratico, poi si ricordò di trovarsi traBabbani. Per la barba di Merlino, doveva stare più attento! Cioè, accipicchia, si corresse mentalmente. Sarebbe stato difficile. Ma ne vale la pena, pensò, quando vide quattro ragazzini corrersi incontro e scambiarsi pacche sulle spalle, gridando entusiasti di essersiritrovati.

Sulla scalinata gli uomini avevano finito di montare il microfono e un signore distinto sulla cinquantina, con indosso un completo gessato,stava sistemandosi dietro il banchetto.
Improvvisamente Teddy cominciò a sentire una morsa allo stomaco, l'impulso di tormentars le dita, e percepì le radici dei suoi capelli virare al porpora.Harry se ne accorse e si accucciò di fronte a lui.

<<Okay Ometto, adesso respira profondamente>> gli disse << Un bel respiro, così, bravo>>

Il bambino si concentrò sull'aria che entrava e usciva di suoi polmoni, immaginò il suo cuore tornare a battere al suo ritmo consueto , i suoi capelli tornare e stabilizzarsi sull'azzurro. Mentre si calmava,lo zio gli mise le mani sulle spalle.

<<Allora Ted?>> chiese il mago quando lo vide riaprire gli occhi <<Che ti prende?>>

Lui arrossì e si fissò quelle stupide scarpe eleganti, ma riuscì a non far arrivare il rosso fuoco anche ai capelli. Lo zio Harry era fantastico, certo, ma non gli impediva di sentirsi comunque in imbarazzo.

<<Io...>>cominciò << Zio, ma se io vado a scuola, e tutto...>>

Harry annuì incoraggiante, guardandolo negli occhi da dietro gli occhiali rotondi. <<Sì?>>

L'asfalto non era mai stato così interessante, per Ted.

Si morse l'interno della guancia, cercando di trovare le parole giuste mentre tutti intorno erano voltati verso l'uomo al microfono, chestava iniziando un nonsocosa discorso di inizio anno.

<<Se vado a scuola e non sto più sempre con loro...Non è che poi Vi,e le altre, e gli altri, non vogliono più giocare con me, vero?>>

L'unica cosa di cui non si era preoccupato, era che Harry non lo prendesse sul serio. Il mago infatti gli sorrise, si aggiustò gli occhiali sul naso e gli scompigliò la chioma azzurra.

<<Certo che no, Ted, ti vorranno bene ugualmente. Potrai insegnar loro cose e giocherai comunque con loro... per di più, da quel che so Vic verrà qui anche lei, fra due anni>>

Harry sapeva esattamente come tranquillizzare il figlioccio. Non appena sentì che la sua eterna compagna lo avrebbe raggiunto, infatti, il ragazzino si aprì in un sorriso radioso ed esultò, facendo ridere il padrino. Poi tornarono ad ascoltare il preside, che nel frattempo stava combattendo la sua battaglia contro il microfono.

<<Quindi ora, per comi-squeeek cominciare! Cominciare l'anno scolastico, chiamerò tutte le classe seconde,terze e squeek -arte, emh emh, poi potremo cominciare con l'appello delle classi prime che squeek verranno accolte dai nostri ragazzi della quinta corrispondente>>

Il pover' uomo sembrava in terribile imbarazzo, e l'intero cortile ridacchiava sotto i baffi. Perfino Andromeda, che con molto tatto aveva finto di non sentire la conversazione fra il nipote e il padrino, mostrava un sorrisetto beffardo. Fra molti altri numerosi stridii, il preside convocò una per una le classi dalla seconda alla quarta, i cui alunni salutavano frettolosamente i genitori e seguivano gli insegnanti all'interno della scuola.

Osservando tutti quei bambini baciare le mamme e ricevere ai papà pacche e carezze, Teddy sentì di nuovo un groppo in gola, e gli occhi presero a pizzicargli. Non c'erano genitori con lui. Il suo adorato padrino e la nonna, a cui voleva tanto bene, ma non la mamma e non il papà. D'un tratto tutti quei bambini eccitati, quelli che piangevano, con la cartella sulle spalle aspettando di essere chiamati per salutare i genitori, dirgli ''A dopo'' per la prima volta in vita loro lo spaventarono. Come avrebbero potuto considerarlo uno dei loro?
Come faceva quando era solo un bimbetto, e vergognandosene un poco, si attaccò stretto ai pantaloni dello zio, così stretto che non avrebbero potuto staccarlo mai.

Harry si voltò a guardarlo perplesso, ma non appena vide l'espressione sul viso del figlioccio si abbassò per avere gli occhi verdi allo stesso piano con quelli multicolore, e arrossati, del bambino.

<<Ehi, ehi, Ted, che succede?>> fece, un po' preoccupato, stringendo le spalle del piccolo con le mani. Andromeda si girò per un attimo a fissarli, lo sguardo serio, ma comprendendo come sempre quel che affliggeva il nipote, li lasciò parlare da soli.

Il mago osservava preoccupato il figlioccio evitare il suo sguardo e mordersi il labbro inferiore, coni capelli improvvisamente afflosciati sulla fronte e come sbiaditi.Nonostante la preoccupazione però, non lo pressò: rimase in silenzio, con una mano sulla sua spalla, ad aspettare che parlasse.
Quando sentì di non poter più evitare gli occhi del padrino, Teddy alzò lo sguardo e tirò su colnaso. Non era un bambino che piangesse facilmente, lui, e nemmenoquella volta lo fece. Però sentiva comunque gli occhi pizzicargliper le lacrime, e il groppo in gola che non accennava ad allentarsi.

<<Zio...>> fece alla fine, sottotono rispetto al suo solito, cercando di non distogliere il viso e scappare da quello che voleva dire. Ma la presenza di Harry gli diede un po' di forza per continuare; in fondo anche lo zio era orfano, ed era cresciuto comunque ed era diventato grande e coraggioso, e aveva salvato tutti, quello almeno Teddy lo sapeva. Improvvisamente si rese conto di non voler avere paura, e trovò tutto il coraggio che gli serviva per parlare.

<< Ho paura che gli altribambini non mi vorranno con loro perché loro hanno una mamma e un papà e i miei non ci sono più e allora io non potrò fare come loro, e allora pensavo che magari a loro non piacerò, e poi ho i capelli colorati come la mamma e magari se lo dico poi loro pensano che io sono sempre triste e non è vero>> una volta iniziato, gli sembrava di non potersi fermare neppure per riprendere fiato<<Ogni tanto sì, però non sempre, e ho pensato che loro forse non vorranno essere miei amici perché sono->>

Si interruppe, con l'ultima parola bloccata in gola con quel maledetto groppo che non voleva andar via.

<<Perché sono orfano>>

Negli occhi di Harry comparve comprensione e malinconia, e un sorriso dolce gli si formò sulle labbra mentre scompigliava i capelli di quel piccolo, grande bambino. Non lo aveva mai detto così, prima.
Scosse la testa. <<No, Ted, no. Spero proprio di no, perché allora sarebbero brutte persone e mi dispiacerebbe molto per loro. Non c'è niente di diverso fra te e loro, e loro lo sanno, non gli importerà>>

Fissò gli occhi in quelli del figlioccio, così colorati e cangianti che diceva sempre ''mi fanno venire il mal di testa'', prima di continuare.

<<Anzi Ted, siete un po'diversi. Tu hai qualcosa qui >> e gli picchiettò con un dito sul petto, sopra il cuore << che loro non hanno ancora. Non prendertela se qualcuno ti sembra un po' sciocco a volte, aiutalo a capire. Magari avete la stessa età, ma tu sei più adulto di loro>>
E gli posò la punta dell'indice sul naso, senza distogliere lo sguardo finché un piccolo sorriso riapparve in faccia a Teddy.

<<Perché mamma e papà non ci sono più?>> sussurrò.

<<Perché loro ti amavano e per te hanno lottato, per farti vivere, tu e con te anche gli altri, in un mondo più felice loro hanno lottato e sono caduti e hanno vinto. Perché tu sai che ti amavano e per te hanno combattuto e vinto, sai cosa significa dolore, e paura, e amore. Per questo>> gli rispose Harry, ormai un po' commosso, e gli scostò i capelli per mostrare la ciocca rosa acceso che Teddy, qualsiasi fosse il colore della sua testa quel giorno, lasciava sempre uguale dietro l'orecchio.

Finalmente Teddy ruppe in un singhiozzo e poi rise, radioso, riaccendendosi di luce. Gettò le braccia al collo del padrino e lo strinse per un bel po', ricambiato, prima di correre dalla nonna Andromeda e abbracciare anche lei, che faceva finta di non capirne il motivo.
Con più calma, il ragazzino tornò da Harry, che nel frattempo si era rialzato imprecando sottovoce per il mal di schiena. Andromeda scoccò ad entrambi un'occhiata obliqua.

<<Fareste meglio a stare attenti, voi due>> li avvertì <<Il preside sta facendo l'appello della prima sezione del primo anno>>

La scuola elementare Regina Vittoria, scelta da Hermione per l'alto livello e la qualità, era un istituto non molto grande e il numero di sezioni per ogni anno variava fra cinque e sette. Quell'anno le classi prime sarebbero state sei, e come sempre ognuna aveva il nome di un personaggio storico inglese. Harry sinceramente non aveva idea del criterio con cui li avessero scelti ed era piuttosto certo che fosse stato il gusto del fondatore della scuola. In ogni caso, le sezioni che si erano formate quel settembre erano Churchill, Nelson, Darwin,Einstein, Woolf e Austen. Ascoltando uno spezzone del discorso del preside gli pareva di aver capito che un'altra sezione era Shakespeare, e un'altra ancora - formatasi solo in un caso speciale, qualche anno prima, quando le classi prime erano state otto- Brontë. Davvero gli sfuggiva il criterio.
Mentre l'appello per la sezione Churchill finiva, Harry lanciò un'occhiata a Ted, che stava in piedia ccanto alle sue gambe e si guardava intorno. Il padrino gli batté con la mano sulla spalla e lui alzò gli occhi.

<<Sono sicuro che ti farai un sacco di amici, Teddy>> disse <<Guarda quel bambino lì, ad esempio, non sembra simpatico?>> propose, indicando un ragazzino a caso poco davanti a loro.
Teddy lo scrutò un momento con occhio critico, poi tornò a guardare il mago.

<<Mica tanto>>

Harry non poté dargli torto. Il bambino che aveva indicato se ne stava stretto alla distinta madre e sembrava la copia esatta di Dudley alla sua età: grosso, a dir poco robusto e circondato da galoppini cicalanti. Forse notando il suo imbarazzo, il bambino gli sorrise e lo prese per una manica per farlo voltare nella direzione opposta.

<<Quel bambino laggiù sembra fantastico, però, zio!>> ridacchiò e gli indicò con la testa un primino in attesa, con la pelle scura e la testa piena di treccine, che saltellava intorno alla mamma e a quella che poteva essere sua nonna in evidente stato d'eccitazione. Ad Harry venne da ridere.

<<Oh sì, scommetto che andrete pienamente d'accordo>>

Anche l'appello delle sezioni Nelson, Einstein e Woolf passò senza che Teddy venisse chiamato, e il bambino cominciò a diventare sempre più nervoso e a saltellare con quelle stupide scomode scarpe eleganti. Finalmente, mentre il preside chiamava i piccoli studenti della sezione Austen, sentì il suo nome.

<<Ted Remus Lupin!>>

Era così agitato che per poco non se ne rese conto, ma fortunatamente nonna Andromeda lo acchiappò per il colletto - storto-, gli sistemò velocemente il cravattino -allentato- e gli scoccò un rapido bacio sulla fronte, incitandolo ad andare. Lo zio Harry gli spettinò i capelli, gli diede una pacca sulla spalla e un augurio di buona fortuna, e poi fu spinto attraverso la folla verso la scalinata, ancora molto confuso su cosa stesse succedendo.
Una ragazzina di quinta mora,dall'aria latina, lo attendeva sorridendo in fondo alla scalinata,con in mano un cartoncino e qualcos'altro che Ted non vedeva bene.Qualche secondo dopo, quando la sua testolina colorata elaborò ifatti, si voltò a salutare un'ultima volta la nonna e lo zio e poicorse verso le scale, con lo zaino che gli sbatacchiava sulle spalle.

Gabriela Arellano, così sichiamava la ragazzina, gli spiegò che lei era la sua alunna di riferimento, gli avrebbe fatto da guida quel primo giorno e poi le avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa durante il corso dell'anno. Sempre con un sorriso smagliante, gli appuntò sul petto del maglione una specie di distintivo che riportava nome, cognome e classe di appartenenza e cominciò a guidarlo su per la scalinata dove la sua classe si stava radunando.
Gli aveva anche consegnato il cartoncino blu e bordeaux che recitava - Teddy poté leggerlo grazie alle lezioni di lettura e scrittura pre-scolastiche della ziaHerm- " Ti troverai benissimo, vedrai! Benvenuto alla ReginaVittoria!" con un sacco di disegni intorno. In cima alle scale, Gabriela si voltò di nuovo, sorridente come un bambino a Natale, e dopo aver lanciato - per la diecimilionesima volta- un'occhiata ai suoi capelli declamò:

<<Ti troverai benissimo,vedrai! Benvenuto alla Regina Vittoria!>>

Teddy annuì e sorrise in risposta, per senso del dovere più che altro, anche se in realtà trovava il sorriso mummificato della ragazza e le parole identiche a quelle del cartoncino un tantino inquietanti. Lei sembrava piuttosto simpatica, comunque.

Quando il signor Wilson, il preside, terminò l'appello con Marianne Zebilah l'insegnante che li aveva accolti tutti annunciò che stavano per cominciare uno stupendo anno scolastico, di non preoccuparsi, che si sarebbero trovati benissimo e benvenuti alla Regina Vittoria!
Poi aprì le porte eli guidò dentro, accompagnati dai ragazzi della quinta Austen, eTeddy cominciò a rilassarsi. Non era poi così male, lì, sarebbe sicuramente stato benone.
E poi gli sembrava di aver visto una testa piena di treccine nere nella massa dei suoi compagni. Si avvicinò al bambino e presero subito a chiacchierare, mentre l'insegnante li guidava in giro per la scuola, con Ted che si sentiva sempre più a suo agio.

Anche se avrebbe dovuto fare qualcosa per quella maledetta divisa.



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Ehi genteeeeee!!! Ormai le scuse per averci messo tanto sono una tradizione... SORRYyy <3<3<3

Umh, questo capitolo credo sia tipo un terzo di quello prima... a c'è anche da dire che quello era verameente lungo (almeno per me)!!! Anyway, spero tanto vi sia piaciuto e grazie di leggere, ancora!

A sproposito, ho tentato, nello scorso capitolo mi pare, di utilizzare le virgolette vere e proprie e non << >> queste, ma devo andare ogni volta sui caratteri speciali e fare incolla ed è una tortura, perciò spero mi perdonerete per i segni maggiore e minore.

BACISSIMI E ABBRACCISSIMI <3

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