Chapter 98









Gli elicotteri hanno sorvolato per qualche oretta il pallido oceano; sono rimasta con il viso attaccato la finestrino per tentare di incrociare il suo sguardo, ma ciò non è avvenuto.

La squadriglia guidata da Furio – incluso John che non ha fatto altro che ciarlare di come sua moglie fosse negata per la cucina – ci ha scortati sino all'aeroporto di Panama, dove un jet privato ci attendeva.

Sorpassate le scalinate in acciaio del velivolo, Furio mi si è avvicinato. «Sofy, dovrai sederti lontana da Mathias. In questo momento è sotto il controllo del Governo federale, e gli altri potrebbero insinuare che sono nepotista. Quindi meglio evitare.»

«L'avrai tutta per te, non preoccuparti.» Mathias scortato da John, è apparso alle spalle di Furio e il viso di quest'ultimo è impallidito.

I suoi polsi non erano legati da manette, ma volare nello stesso aereo e restare divisi mi ha inferto un taglio profondo.

Durante l'intero volo – una turbolenza mi ha quasi spinta a correre tra le sue braccia – sono restata in silenzio a scorgere tutto ciò che mi passava sotto agli occhi.

Ho ammirato istmi, cittadine che sembrano puntine e fiumi simili a piccole lacrime. Lui era a qualche sediolino più avanti di spalle e con il capo dritto. Al suo fianco c'era John, che non gli ha permesso neppure di alzarsi per andare in bagno. 

Di sottecchi, intravedevo Furio che mi adocchiava cercando di instaurare una conversazione, ma ho tenuto il mento inclinato per la durata esatta di due ore comunicandogli implicitamente che la discussione poteva essere rinviata. 

Quando siamo atterrati all'aeroporto di Phoenix, un déjà vu mi ha colta alla sprovvista.

Mi sono chiesta se Christine, la dolce donna ultraottantenne, abbia raggiunto le sua Cascate Paradiso e una vocina ha contraccambiato con un Sì.

Una volta usciti dalla struttura, la stessa in cui la mamma litigò per la questione della valigia, Mathias è stato costretto a entrare in uno spocchioso fuoristrada nervo corvino.

Furio mi ha ribadito ancora una volta che dovevamo essere divisi. Io ho annuito sforzandomi a reprimere l'ira.

La vocina della coscienza però mi ha suggerito che Furio stava soltanto svolgendo degli ordini superiore e che non dovevo prendermela con lui; le ho dato atto. 

Il condizionatore della sala d'attesa, posto ad angolo dalla parete antracite, alita aria tiepida e un lieve brivido tremola sulla mia pelle.

Il bancone su cui è poggiata una cornetta squillante è vuoto, nessuno è seduto sulla sedia d'ufficio in pelle. E così mi alzo dalla poltrona, divenuta ormai bollente, e seguo il filo che collega l'apparecchio alla corrente; stacco la spina dalla presa e lo strepitio fastidioso scema.

Serro le palpebre massaggiandomi le tempie; maledetta emicrania!

Sono qui ormai da ore e Mathias altrettante, però sotto interrogatorio guidato dal mio fratellino.

Furio sta facendo di tutto purché i miei sentimenti non affiorino nei suoi confronti.

Poteva anche interrogarlo senza questa messa in scena, ma gli ordini sono ordini, giusto? E chi diserta potrebbe essere licenziato, o addirittura arrestato, chissà come funziona qui negli Stati Uniti. 

A sua discolpa possa accreditargli che è venuto spesso a controllare il mio stato d'animo.

Mi ha assillato purché andassi a casa a riposare - ha esplicitamente affermato che verso in una condizione penosa - ma ho respinto decisa la sua commiserazione.

In realtà lotto ormai da ore contro la stanchezza, ma per ora sto riuscendo a reprimere l'avanzata del sonno.

Mi lascio andare sulla sedia in pelle, che accoglia il mio peso ballonzolando un po'.

Quali saranno le domande cui Mathias è tenuto a rispondere? E lo starà facendo? La mia psiche crollerà se da qui a pochi minuti, Furio non verrà ad aggiornarmi.

I vetri della angusta saletta odorante sono oscurati da soffici tendine bluastre e ora la manopola della porta ruota con un click.

Mi ridesto aspettandomi di ricevere notizie anche dal più infimo agente dell'FBI, ma il carré liscio della mamma si sporge nella sala. 

«MAMMA!» Le corro incontro privandola del tempo di comprendere la situazione. Rimango aggrappata alla sua spalla; è come un soffice guanciale, ci farei un pisolino.

«Sofy, Furio mi ha spiegato ma... Non ho capito bene cose volesse intendere.» Dice dandomi una fugace occhiata come fa sempre. Se avesse visto una piccola ferita avrebbe urlato. 

«Mathias è in quella sala da ore ormai. Furio ci ha raggiunti sulla nave e costretti a ritornare in Arizona. E so che tu non hai detto nulla. Ti chiedo scusa per averlo pensato.» La informo e lei in risposta entra nella sala d'attesa chiudendo dolcemente la porta alle sue spalle.

Svuota la sua borsa, che nascondeva una dispensa di cibo, tra cui anche una Fanta Lemon. La mamma è l'unica persona a conoscere i miei gusti.

«Dovresti mangiare qualcosa. In questo istante.» Fa imperturbabile. Il torpore non mi permette di ribattere e così comincio a sgranocchiare uno spuntino formato da crakers, formaggio e salame.

Passo poi a un piatto caldo: pasta al sugo con tanto di basilico; la mamma è appagata dal mio "piccolo" spuntino. Infine metto le mani su una Chiquita un po' ammaccata.

E lei nel frattempo scatta una fotografia dimenticandosi ovviamente di disattivare il suono.

«Ops!» Fa ponendosi ingenuamente una mano sulle labbra. «Ho fatto un selfie.» Continua la messa in scena.

Ma nonostante le guance dilatate a causa dei pezzi di banana, so riconoscere quando la mamma mente. Deglutisco.

«Siamo in una struttura dell'FBI, potrei denunciarti per violazione di privacy in questo momento.» Riprendo infastidita.

E lei sorride infilando lo smartphone nel taschino posteriore della borsa. 

«Vuoi che ti faccia fare il ruttino come quando eri bambina? Hai mangiato come Un piccolo maialino.» Rido non potendo fare l'altro di fronte al suo lampante squilibrio mentale.

«Quello sguardo significa: "Ho una mamma squilibrata".» Recita la mia voce quando metto su il mogio. 

«Hai centrato il pensiero.» Elargisco un debole sorrisetto.

La mamma si raschia la voce. Mi sa che il tempo di raggirare l'argomento è scaduto.

«Furio non ti ha detto nulla?» Chiede riluttante. 

Scuoto la testa. Sfilo una fazzoletto dal pacchetto colorato con protagonista uno scoiattolino dai denti sporgenti e mi pulisco ai lati della labbra.

Toc toc, il riverbero dei passi supera le pareti; una porta si spalanca, giusto un po', poi si richiude. Un altro toc toc, ma questa volta è il rumore di nocche che vanno in collisione con l'acciaio.

Furio sorpassa la soglia, e guarda prima la mamma (un secondo) poi me (interminabili secondi). 

«Cosa c'è?» Mi alzo precipitosa. Colpi secchi come mazze da baseball che picchiano una palla, si espandono nel mio torace.

Ingurgito aria, e lo sguardo perso di Furio, mi fa comprendere cosa sia accaduto in quella sala per ore e ore. 

«Non ho altra scelta che mettermi in contatto con le autorità italiane.» Constata lui a braccia conserte. La mamma lo osserva e nei suoi occhi appare sintomo di rammarico.

«No, non puoi farlo davvero.» Protesta smarrendo volutamente la calma. 

«Sofy, so già cos'è accaduto in Italia e so già che il ragazzo li dentro è accusato di doppio omicidio. E anche se è innocente, la sua fedina penale parla a chiare lettere.»

«Insistete un altro po', forse parlerà.» Mi precipito a dire ma so già che Mathias non lo farà. Deve esserci un altro modo...

Furio non può mettersi in contatto con le autorità italiane, no! Non può farlo. Se scopriranno che Mathias è vivo, verranno a prelevarlo portandolo in carcere di massima sicurezza. Riceverà un ergastolo o magari due e sarà messo in una cella di isolamento.

Le visite gli saranno vietate e io non potrò più vederlo per il resto della mia vita. No, la sola idea mi prosciuga l'energia vitale. 

Sofy, piantagli un ceffone a questo presuntuoso. La età spesso non combacia con la maturità e Furio si merita una bella lezioncina. Magari un sedativo che lo tenga addormentato per qualche ora... Facciamo anche un'intera giornata. Magari corrompere gli altri agenti che non sono patriottici quanto lui, e magari far uscire Mathias da questo dannato posto e diventare sua complice. Oh... Questa sì che sarebbe la definizione esatta di adrenalina. La vocina malefica  tenta di corrompermi, e devo ammettere che l'idea di far uscire Mathias da quella sala, mi sfiora alla mente.

Ma aziono la razionalità e i neuroni estrapolano un'ultima estrema decisione. «Tenterò di farlo parlare io.»

So che ai suoi occhi potrebbe apparire come un tradimento, ma non esiste un bivio, soltanto un binario e sono costretta a percorrere l'unico percorso.

Furio esita, poi osserva gli angoli delle pareti, si squadra in dettaglio il condizionatore e incontra lo sguardo della mamma. 

«Va bene, è l'ultima opportunità. Digli che se non confesserà sarò costretto a chiamare le autorità.» Decide indulgente Furio dopo un paio di minuti di profonda ansia.

Annuisco mentre la mia mente rimugina su quale dei tanti discorsi potrei cominciare. 

«Una nuova detective.» Mi incoraggia la mamma. Questa volta però il suo tono è falsamente ironico, è l'espressione di chi corroso dai rimorsi non può esprimere il proprio parare.

Le sorrido attraversando il breve corridoio. Furia stringe le sua dita sul mio polso e sento la coagulazione interrompersi.

«H-ha una guancia percossa...» Mormora con il capo chino.

Serro le mascelle urlando con gli occhi a Furio di alzare lo sguardo, ma quest'ultimo non lo fa.

Mi divincolo bruscamente dalla sua presa lasciandomelo alle spalle.

L'ha colpito! È stato lui. Anche scazzottare persone rientra nel suo alto grado di patriottismo? Oppure nel suo ossequioso rispetto nei confronti della giustizia?

Uno scatto secco dalla serratura, mi avvisa che la porta è aperta.

Ruoto la manopola e la luce candida mi illustra l'ematoma sulla guancia di Mathias.

È violacea e occupa buona parte del viso. Ha avvertito la mia presenza e adesso china il volto affondando gli incisivi nelle labbra. Lo fa con tanta forza che le sue mascelle tremano.

Il ciuffo, anch'esso sfiancato, è posato sulla fronte imperlata di stille cangianti.

Il riflesso dei suoi occhi giace ferito sull'ombra scura del tavolo. Perché è arrivato a tanto? Doveva confessare, doveva farlo!

Avanzo timorosa e l'eco indistinto rimbalza sulla pareti come una pallina di ping pong. Ora gli sono accanto e sento il suo fiato pesante e angosciato.

«Ti ha mandato lui, qui?» Chiede biascicando.

Quando levo lo sguardo verso di me, il grigioverde è attorniato da palle di sangue carminio. I miei organi diventano sabbia in una clessidra. Ma non compio alcuna azione eclatante: mi inginocchio sul pavimento rubando le sue mani impaurite.

Mathias osserva la nostra unione. «Quando ci siamo rincontrati, hai detto che le nostre anime sono indivisibili. Devono esserlo, Mathias, ma se tu ti opponi, qualcuno potrebbe dividerci. Cosa vogliono sapere? Perché ti hanno ridotto in questo stato?» Chiedo e lui distoglie lo sguardo andando a scrutare il vetro riflettente, oltre il quale qualcuno ci starà osservando. 

«Vogliono sapere quello che non gli è consentito sapere. Riferisci a quel bastardo di tuo fratello, che può contattare anche i cinesi e infliggermi le famose torture orientali, ma da questa bocca non uscirà un cazzo!» L'ostinazione lo spinge a essere irrazionale. 

«Contatterà le autorità  italiane e quando loro sapranno che sei vivo verranno a prenderti.» Le lacrime mi dichiarano guerra. 

Lui scuote la testa come in segno di resa. La mia mente comprende che ormai l'inevitabile non può essere evitato, ma la mia anima lotta solitaria contro un oceano di pensieri negativi. 

«Guardami!» Mi ordina. Perché mi ha ordinato di farlo? Non ho il coraggio. Vederlo ridotto in queste condizioni mi leva il fiato, le sue ferita appartengono a me. «Sofy.»

Incontro le sue iridi deboli. «Tu sai il motivo e anche tuo fratello l'ha compreso. Ma non lo vuole accettare perché soffre di manie di protagonismo.» Ora ridacchia.

Ecco che la sua frase compare limpida davanti ai miei occhi: Se lo facessi perderei la cosa più preziosa della mia vita. Cosa perderebbe, cosa?

«Non ti posso dire cosa perderò, come non posso dirti cosa so.» Furio irrompe spavaldo nella sala. 

«FUORIIIII!» Con gli occhi iniettati di sangue urlo di andarsene e lui, sconvolto, china la testa tra le gambe richiudendo la porta dietro di sé. 

«Ho una ragazza che incute timore.» Non perde l'occasione per prendermi in giro.

Rido debolmente per poi afferrare le sue guance e stampargli un bacio sulle labbra sudaticce.

Profumano della sua fragranza, quella soffice e unica che mi fece innamorare un tempo e che permette all'incantesimo di perdurare. 

«Hai chiesto il permesso?» Dischiude gli occhi. Io tremo. 

«No, p-perché q-quelle labbra appartengono a me.» Mormoro memorizzando le sofferenze del grigioverde. 

«Q-quanto sei sexy p-prepotente.» Le sue fossette accendono una fiaccola, che cura il mio tremolio. 

Perché questa lotta contro di noi? Perché il caos della vita ci ha dichiarato guerra?

Desideravo una vita trascorsa insieme lui, una sola nulla di più. Non importava se in America oppure sulla più remota isola del Pacifico, io volevo trascorrere la mia esistenza insieme a lui.

L'agonizzante cigolio della porta mi fa voltare, ma questa volta è il volto afflitto della mamma.

Un cenno di terrore spazio nei suoi occhi quando si accorge delle condizioni di Mathias, poi combattuta distoglie lo sguardo. 

«Sofy, Furio si è messo in contatto con le autorità. Noi dobbiamo andarcene, altrimenti risulteremo essere complici.» Si pronuncia la mamma ponderando le parole. 

«Va'.» Sibila Mathias freddo.

La sua voce fa scattare il semaforo verde per il passaggio pedonale delle lacrime, e queste ultime accorrono a circolare sulle guance. «Sofy, devi andare, ADESSO.» Sbotta lui allontanandomi.

Le sue mani mi respingono, e tento di strappagli un ultimo bacio, ma la mamma legge la situazione braccandomi e costringendomi a uscire dalla sala lugubre. 

«Lo odio! Tuo figlio, lo odio!» Mi sgolo aggredendo la mamma.

Lei è poggiata al manopola della porta. Due agenti mi prendono di spalle, e ancora una volta la materia oscura di questo universo si frappone tra me e lui. Non mi arrenderò, lotterò per amore e non per potere!

PDV Mathias 

Stringo i pugni; il mio cervello reagisce così agli strilli di Sofia. Margaret è sulla soglia della porta; improvvisamente mi rivolge uno sguardo aspettandosi che le dica qualcosa.

Le guance infuocate lanciano segnali d'allarme e la percosse distribuite sul mio corpo pulsano.

«È lei... la cosa più preziosa della mia vita.» La mia voce risuona tetra tra le pareti schizzate dal mio sudore. Il sorriso materno di Margaret mi coglie alla sprovvista. 

«Lo sapevo già, dal modo in cui la guardi. E ti ringrazio per qualunque cosa tua stia facendo. Ti sei fatto perdonare. La stai proteggendo, solo io posso capirti.» Ci intendiamo con un cenno; poi lei è costretta a lasciarmi solo con i demoni che banchettano al mio fianco.

[SPAZIO AUTRICE]

... Sempre contro di loro, ma ci sarà qualcuno che li salverà. 🙊🙊🙊

Il breve punto di vista di Mathias era necessario a fini della suspense 😂😂.

Cosa ne pensate di questo capitolo? Teorie cosmiche a raffica... 😈😈

Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento.  Vi voglio bene ❤️❤️.

-LaVoceNarrante 💙💙

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