Chapter 90
Quando sono risalita su per le scale, l'uomo dal torso nudo, era sparito.
La mamma si era leggermente appisolata sul lettino con la vocina della televisione che ronzava nella stanza.
Sono entrata nella vasca, al buio. Ho cosparso il mio corpo di bagnoschiuma sentendomi rinata mentre un effluvio di freschezza volteggiava l'angusto bagno.
E così mi sono abbandonata al materasso che a dirla tutta era scomodo.
Non riuscivo però ad addormentarmi. Il guanciale è diventato presto di fuoco; lo rigiravo per sentire un po' di frescura, e proprio mentre ero tra veglia e sonno, il cellulare della mamma ha preso a vibrare.
Ho tentato di svegliarla, ma lei russava. Corrosa dalla curiosità, ho afferrato lo smartphone. Dalla schermata principiale si poteva distinguere un numero (non memorizzato) e un messaggio criptico che è stato efficacia ad accrescere l'insonnia.
Margeret, non so come ci sia riuscito, ma sei che sei negli Stati Uniti.
Ho rimuginato per un'ora intera ma senza riuscire a trovare neppure una minima soluzione. E così, quando dei remoti pigolio si udivano oltre le finestre, ho ritrovato il sonno.
«Sofy... Sofy...» Sto sognando. Una vocina squillante tenta di risucchiarmi dal mondo onirico. Le dita sottili, ma oblunghe, della mamma battono delicatamente sulla mia spalla.
Mi ridesto stiracchiandomi e nel mentre un interminabile sbadiglio mi fa spalancare la bocca.
«I-ieri ti è arrivato un messaggio.» Le dico recandomi in bagno per sciacquarmi il viso assonnato.
«Davvero?» Fa lei sorpresa. C'è una certa enfasi nella sua domanda.
«Non l'hai notato?» Le chiedo gettandomi dell'acqua gelida sul viso. Ogni radice dei miei capelli pare formare un intreccio di strade dalle curve scoscese.
«Sai come sono un disastro nell'usare questi aggeggi.» Si affretta a ribadire con un tono concitato.
Aggrotto la fronte: sapevo che la mamma fosse una mezza schiappa a familiarizzare con la tecnologia, ma no a tal punto da ignorare i messaggi.
Indosso degli abiti comodi, e delle Adidas dal tessuto liso.
La mamma senza alcuna spiegazione logica si affretta a preparare le valigie come se un demone malvagio stesse per venire a bussare alla porta.
«Dobbiamo sbrigarci!» Afferma infilzando un abito alla rinfusa nella valigia. Poi le sue scarpe e infine gli abiti sporchi. Ziiiippp, chiude la valigia poggiando veemente le rotelle e al suolo.
«Mamma, sei vittima di una crisi d'ansia.» Tento di calmarla, ma pare abbia assunto delle sostanze psicotrope.
Le sue pupille sono dilatate e vistose gocciole di sudore le imperlano la fronte. Il carré è stressato e alcuni capelli si rizzano come se si fossero azzuffati a vicenda.
«Sto bene. Voglio soltanto che mi figlia ritrovi il suo amato fidanzatino.» Fa una scrollata di spalla in tono stizzito a causa delle domande.
«Okay!» Confermo confusa.
Mi trucco alla svelta poiché la mamma è riuscita nel suo intento, ovvero quello di infondermi ansia alla stato primitivo (una sottospecie d'ansia che affligge l'essere umano dall'Avanti Cristo).
Spazzolo i capelli per poi approntarmi a uscire dalla camera. La mamma mi segue, e le sue scarpe ticchettano sul linoleum. Con l'uso congiunto delle nostre forze, alziamo la valigia da un quintale trainandola sino all'auto.
«Mamma, eppure quel messaggio era str-» La osservo mentre cammino spedita; ad un tratto, però, sono costretta a interrompermi poiché la mamma sembra non ascoltare una sola parola.
Le sue iridi perdono tonalità nonostante i tiepidi raggi del sole scaldino il terreno.
Ora si blocca come se si fosse imbattuta in una mummia egiziana di ritorno dall'oltretomba.
Seguo il suo sguardo, inclinando di qualche centimetro il collo. Un ragazzo è poggiato alla portiera dell'auto.
"NY" è intagliato sul suo berretto blu notte, e con la testa china, non riesco a intravedere il suo viso. È slanciato e possiede bicipiti tondeggianti e squadrati.
Gli occhi della mamma si sgranano; guardo lei, poi il ragazzo, che ora ha sollevato il mento.
Il fiato mi si mozza, quando un sguardo insolitamente familiare mi si para davanti.
La sua tonalità di occhi è identica a quella della mamma e un ciuffetto di capelli biondo cenere gli escono fuori dal berretto, svolazzando.
Ha uno sguardo dolce, mentre quello della mamma è annichilito da chissà quale pensiero.
«Tutte le notti mentre guardavo le stelle, cercavo di immaginare che volto avessi. Ti immaginavo con lunghi capelli castani e il volto tipico di un angelo.» Il mio muscolo cardiaco martella forte al sentore del cervello. Il ragazzo si distacca dall'auto e intravedo una barba incolta e a chiazze che popola la sua pelle.
«Ti disegnavo ovunque ci fosse un foglio bianco. Mi dicevano che ero solo, ma io ti aspettavo, ogni pomeriggio, ogni sera. Capii che non saresti venuta quando mio padre mi regalò al mio compleanno una fragranza femminile. Io gli chiese: "Cosa dovrei farci con un profumo femminile?", e lui mi rispose: "Questo non è un profumo femminile, questo era il profumo preferito di tua madre." Così dal mio quattordicesimo compleanno cominciai a spargermi ogni santo giorno quel profumo.
Al diavolo l'etichetta che mi rammentava che la fragranza era femminile e al diavolo i ragazzi che mi prendevano in giro a scuola. Quando quel profumo si posava sulla mia pelle, io sentivo il tuo odore, ed ero felicissimo.»
Avvolta da una nube di interrogativi, noto di sottecchi che la mamma ha cominciato a lacrimare.
«Ma quando conobbi la prima ragazza - te l'avrei presentata volentieri se solo fossi stata presente nella mia vita – smise di usare quel profumo, a lei non piaceva. Ero innamorato e commettevo dello sciocchezze. Poi mi resi conto che avevo scelto lei piuttosto che te. Ma feci la scelta giusta. Potevo toccare la mia ragazza, potevo parlarle, mentre la mia mamma era un'entità che viveva soltanto nella mia mente.» Il ragazzo china il volto e il berretto lo avvolge in un'aura di mistero.
Le guance della mamma sono bagnate dalle lacrime e la sua bocca arricciata e tremolate, ora è spalancata. Chi è questo ragazzo? E perché la mamma sta piangendo?
«Mi dicevano che tu eri morta, che avevi messo le ali ed eri volata in paradiso. Tutte quelle sciocchezze che si raccontano ai bambini; non tutti sanno che i bambini hanno una dote innata nel distinguere i bugiardi. Loro hanno questo senso che gli permette di non farsi influenzare. Ce l'avevo anch'io e... Quando scoprii che tu eri viva, MAMMA...»
Un'ombra scura cala sulla mia mente spenta. Butto occhiate frenetiche sulla mamma, poi sul ragazzo.
Lo faccio di nuovo, senza tregua. TUM-TUM-TUM. La mamma, il ragazzo..., ancora. Ha appena detto la parola "MAMMA"!
Si, Sofia, Posso confermarti quanto hai appena affermato! Si intromette la fastidiosa vocina della coscienza.
Ora la noto: la bocca simile alla mia, e anche il mento, non troppo uguale al mio, ma simile, il suo taglio d'occhi? Un po' mi somiglia.
«...ero la persona più felice del mondo. Alla premiazione del diploma ho sperato che papà, segretamente, si mettesse in contatto con te e che tu mi facessi una sorta di sorpresa, ma non è avvenuto nulla di quanto ho immaginato. Era dura quando andavo a casa dei miei amici e vedevo le mamme preparare biscotti, pranzi o qualsiasi cosa. Ne soffrivo terribilmente.» Il ragazzo si interrompe e il suo pomo d'Adamo sale e scendo come un ascensore malconcia.
I lamenti della mamma giungono alle mie orecchie e un fitta rabbia rode nel mio stomaco. Come ha potuto non dirmelo?
Sofia, avrà avuto le sue buone ragioni. Anche lei ne avrà sofferto. Mostra un minimo di empatia. Ricompare la vocina della coscienza.
La guardo torva mentre la vocina malefica sibilla nella mia mente: ti ha mentito, mia cara dolce stellina! Questa non è un bravata e un atto sconsiderato. Tua madre ti ha tenuta all'oscuro l'esistenza di tuo fratello! Trilla spietata la vocina. Vengo spossate dalle sua parole.
«F-f-furio.» La mamma riesce a parlare a malapena.
«Sì, sono io.» Sorride flebile il ragazzo e la barba biondiccia riflette ai raggi del sole.
«M-mamma, cosa sta succedendo?» Chiedo sconvolta.
Delle ruote sgommano sul terreno sollevando un polverone. Jérémy esce dall'auto raggiungendoci mesto in viso.
La mamma irriconoscibile lascia il manico della valigia e quest'ultima precipita al suolo con un tonfo sconnesso.
Il suo corpo è un organo di nervi. D'improvviso le sue ginocchia manifestano un cenno di cedimento; sorreggo il suo corpo in tempo.
«Mamma, ti senti bene?» Lei annuisce, anche se non sta affatto nella condizione di ragionare.
«Chi è lui?» Domando burbera e chiedendo conferma a Jérémy.
Lui si ficca le mani sul tessuto sudato della camicia bianca e mordicchiandosi le labbra nervosamente esclama: «Tuo fratello.»
[SPAZIO AUTRICE]
Questa rivelazione neanche Merlino la poteva prevedere 🙊🙊
Vi confesso che lo volevo inserire nel primo racconto, ma l'inconscio ha deciso che avrei dovuto inserire il fratello di Sofia nel secondo racconto 😊😊
Ve lo aspettavate? 😈😈
E soprattutto quali saranno le conseguenze di questo colpo di scena? 🤔🤔
Soffra la mancanza di Sofy. Vi comunico che lui sta bene:
Vi aspetto più calorose e agguerrite che mai al prossimo aggiornamento. Vi voglio bene. ❤️❤️
-LaVoceNarrante 💙💙
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top