Chapter 132
Resto impalata sotto il getto d'acqua calda per qualche ora. La pioggia non si è presa un attimo di pausa: ha picchiato contro ogni cosa incontrasse.
La mamma mi ha mentito...
L'ha fatto per il tuo bene. Loro l'hanno fatto per te. Ma rifiuto la dosa di razionalità offertami gentilmente dalla vocina della coscienza.
Loro non hanno compreso che non sono più una bambina, che non ho più bisogno di protezione. Nessuno può decidere per me ciò che sia giusto da vivere o ciò che sia meglio rimanersi alle spalle. Nessuno può farlo, mi dico fra le lacrime.
Eccome se l'hanno fatto! Il belloccio ti ha abbandonata per difenderti e la tua mammina ti ha mentito per lo stesso motivo. Ora basta, mia cara. Sembra un processo. È arrivato il momento di far vedere al mondo il tuo essere suuperdonna. Prendi quella stronza tossica a calci in culo e va' a riprendere il belloccio. Questa è la tua vita, e nessuno ha il diritto di violarla. La grinta della vocina malefica, mi fa abbandonare l'ultima spicco di razionalità.
Celeste si è piombata nella mia vita come una grossa piovra che annebbia la vista con dell'inchiostro. È riuscita nel suo intento di convincere Mathias a schierarsi dalla sua parte, e per lo più ha messo me e la mamma contro.
Papà... Chissà dove sei. Ti chiedo soltanto una cosa... Non giudicarmi per quello che sto per fare. Sei sempre stata una persona buona e so che mi perdonerai; non ho scelta.
La sua stanza è a pochi passi da me, ingurgitata dalla penombra. Distinguo quella cornice, la stessa in cui lui teneva nascosta quella poesia.
Se penso che l'autore sia lui, mi scappa un sorriso. Non è mai stato interessato all'arte. Ma forse mi sono sbagliata, forse nel suo piccolo scriveva, o magari leggeva vecchi brani del Seicento. Nah... Papà non l'avrebbe mai fatto. Aveva una fissa per quei tomi scritti dai più brillanti economisti.
Nella mia testa c'è un affollamento di ricordi: questi ultimi si susseguono spietati davanti ai miei occhi. Il campanello però mi fa destare l'attenzione.
Sarà Serena. L'ho chiamata poco dopo essere uscita dalla doccia. Non ho intenzione di partire con l'idea di averle urlato in faccia che lei non è in grado di comprendere la mancanza di una persona.
Quando faccio ruotare il pomolo della porta, compare il viso rabbuiato di Serena.
«Ciao, Sere.» Dico spezzando l'aria tesa. Lei mi fissa, poi si guarda intorno con le mani ficcate nella felpa larga, ma sempre nei raffinati canoni stilistici di Serena.
Dalla sua bocca fuoriescono nuvolette di condensa. La colonna sonora è scritta dal rumore della pioggia.
«Se vuoi puoi entrare.» Mi discosto. Sento un qualcosa di fastidioso che si dimena nel mio stomaco, come un parassita rivoltoso che si scatena. Devo rigettarlo dal mio organismo.
«Sono stata una stronza. Lo so.» È a quel punto che Serena volta lo sguardo verso di me.
«L'ho saputo... di tua mamma.» Le labbra si dischiudono automaticamente. Quanto dolore patisco al pronunciare della parola "mamma".
«Sì, sei stata una vera stronza, ma sei pur sempre la mia amica sporcacciona.» Prende una breve rincorsa, e trattenendo le lacrime si getta fra le mie braccia. Io la stringo forte per non so quanto tempo.
«Hai delle tette niente male. Non le avevo mai notate.» Mi palpa le mammelle con aria da intenditrice di Lato A. Strozzo una risata per poi chiudere la porta.
Bern è in un angolo del soggiorno, rannicchiato e completamente rapito dal sonno.
«Che cucciolo. Lo devo svegliare.» Fa Serena alzando il tono di voce. Le faville emesse dal camino le attizzano le iridi peculiari.
«No, Sere!» Interrompo la sua intenzione. «Devo dirti una cosa.» Le afferro la mano.
«In verità anch'io devo confessarti una cosa...» Inizia lei chinando il capo per poi sfilacciare la sua sciarpa Gucci dal collo. «Furio... ecco...» - so già cosa devi dirmi. Zeno si è insediato nei miei pensieri - «... L'FBI ha scoperto i suoi problemini nervosi. In verità è stata una soffiata anonima, a quanto pare. L'hanno espulso. Stasera sono andata a raccoglierlo in un locale. Puzzava in una maniera schifosa, Sofia.»
Dolore su dolore. La mia anima offre pass free entry alle frecce acuminate e velenose.
Sofia, è il momento di pensare a te stessa. È l'ora di decidere la tua vita. Sussurra la vocina malefica.
«Cavolo!» Le rispondo distaccandomi da lei. Una vampata di calore proveniente dal camino in mattoni grezzi, mi sfiora un lato della guancia. È così caldo, che la folata copre l'intero corpo.
«Okay, considerando che siamo in tema "notizie bombe", è il tuo turno. Mi raccomando non deludermi.» Fa Serena con la sua solita vocina ironica.
«Questa sera partirò con Zeno!» Sono costretta a voltarmi per verificare se Serena sia ancora seduta sul divano.
Quando lo faccio, il suo viso è come se fosse in procinto di entrare in un sarcofago egizio. Non risponde più agli impulsi vitali che la circondano, come il calore o il gelo.
«Mi sta prendendo per il culo?» Fa lei dopo un lungo periodo di letargo.
Pensavo le si fossero paralizzati i nervi facciali. Non c'è alcun bisogno di rispondere alla sua domanda. Serena deduce la risposta dal mio atteggiamento deciso.
«Tu sei folle, cara mia. Ma non ti lascerò compiere questa stronzata. No, no. Non lo farai. So che adesso sei scossa e-» Si alza di scatto dal divano con l'intento di smorzare le mie intenzioni.
«Lui sa dove si trova Celeste!» Esclamo gelida. Il calore ha già abbandonato il mio corpo.
Serena è interdetta. Forse pensa alla risposta; poi si reca in cucina appoggiandosi al tavolo americano che spunta nel bel mezzo del locale.
«Sofy, santo Dio! Quello non ci sta con la testa. Può sparare qualsiasi cazzata voglia. Vuoi comprenderlo? E poi hai visto con i tuoi stessi occhi, quello che ha fatto a tuo padre. È lui l'assassino, è quel fottuto bastardo.» Serena si ostina a non capire.
«Sere, tutto ha avuto inizio a causa sua. Celeste è la vipera. Noi due siamo state spintonate da un precipizio di venti metri e siamo quasi morte. A mio padre invece non è stato riservato lo stesso trattamento. L'hanno ucciso. E se anche fosse stato Zeno, in realtà non è lui il vero assassino. Per quanto la sua mente sia folle, Zeno amava mio padre. Lo so, l'amava in un modo contorto. Ma chi siamo noi per dire come si ama. Ognuno lo fa come il proprio cuore gli impone. Il mio di cuore mi ha imposto di rincorrere Mathias. Non posso pensare di addormentarmi sapendo che lui è con quella stronza. Non ci riesco. Devo fare qualcosa. La nostra storia ha bisogno di una miccia e se sarò costretta a piazzare una bomba lo farò, Sere. Chiamami pazza, squilibrata o qualsiasi altro nome tu voglia. Ma tutto ciò di cui ho bisogno per vivere è là fuori, in qualche posto che io troverò.»
La mia caparbietà porta Serena a comprendere che infondo non potrà fare nulla per convincermi a dimenticare Mathias. Questa concezione di rassegnazione però le fa sbatacchiare il capo.
Il suo busto è inclinato e le mani le permettono di tenersi ferma al tavolo. Ora mi fissa, e lo fa con uno sguardo infuriato. I suoi lunghi capelli dipinti di un castano chiaro e biondo scuro, impennano per poi riposarsi sul corpicino.
«Questa volta farò io la stronza, Sofy. Da questo casa tu non te ne andrai. Non permetterò a quel coglione di Zeno di farti del male. Non lo farò.» Compie il giro del tavolo per poi piazzarsi davanti alla porta.
Il suo tono di voce squillante ha fatto destare Bern dal sonno, che ora avanza inverto per il soggiorno.
«Non farlo, Sere, ti prego. Ho bisogno del tuo appoggio in questo.» Le dico.
Incontro il flaconcino dei sonniferi: è sulla mensola di fianco agli sfarzosi contenitori del sale e dello zucchero. Dopo che la mamma se n'è andata, sono corsa in auto a recuperare la boccetta.
Avevo intenzione di somministrarmi una dose. Sono arrivata al punto di riempire del liquido nella siringa, ma alla fine ci ho ripensato. Ora lo scintillante ago è in linea d'area con il mio petto.
«Non lo avrai, Sofy.» Bern prende ad abbaiare avanzando minaccioso verso Serena. È cresciuto dalla prima volta che l'ho incontrato. Essendo un cucciolo di San Bernardo, ora mia arriva quasi alle ginocchia.
«Siete diventati due folli, tu e la tua padrona.» Nell'attimo in cui Serena si rivolge a Bern, sgattaiolo in direzione della mensola, raccatto la siringa e me la ficco nella tasca dei jeans. «Finiamola con questa storia, Sofy, Sto soffrendo anch'io.»
«Sere, scostati dalla porta.» Il mio tono diviene stentoreo. Bern abbaia più forte. Ora mi affianca.
«Non lo farò, Sofy. Non aprirò la porta per farti squartare dal quello psicopatico di Zeno. Scordatelo!» Un altro passo. Lentamente, afferro lo stantuffo della siringa.
«Piantala, Bern. PIANTALA!» Bern le ringhia contro.
«Levati, Sere. Fallo per quello che ci lega da quando eravamo delle bambine.» Ma fallisco nell'ultimo tentativo di convincerla a cambiare posizione.
«Sto facendo questo per quello che ci ha sempre legate. Noi due non siamo mai state semplici amiche. Abbiamo sempre litigato, ma poco dopo fatto pace. Abbiamo condiviso un'esistenza insieme e spero lo faremo finché non diventeremo vecchie e brutte da fare schifo.»
I gnaulii di Bern pompano nelle mie orecchie. Un velo di preoccupazione si affaccia dagli occhi di Serena.
La plastica dello stantuffo è tenuta ferma dalla mia presa. Estraggo la siringa dalla tasca. Serena osserva i miei momenti.
«Cosa diavolo stai...» La sua voce si innalza in un urlo di spavento.
Dal suo braccio sinistro spunta una siringa conficcata nella pelle; ora pende e lei la estrae emettendo smorfie di dolore.
«Sofy...» E il suo sguardo tradito a suggerire alla mia mente, che forse ho già sorpassato la linea che separa la normalità dalla follia. Sono la discepola di Zeno, o magari diventerò una psicopatica che cerca persone mai vissute.
«Perdonami.» Le gambe di Serena hanno un mancamento.
Tengo il suo corpo fra le mie braccia, mentre le farnetica forte, poi scema lentamente sino a sussurrare un continuo mormorio. Dice: «Non andare, non andar, non anda...»
A quel punto è di nuovo il crepitio del camino a riprendere il podio dei suoni più alti. Bern osserva la scena chinando il capo in quel modo in cui i cani si chiedono cosa diavolo stia succedendo.
Trascino Serena sino al divano; l'adagio lì davanti al camino e le bacio la fronte. Poi, con le lacrime agli occhi, raccolgo una penna nera e scrivo su un pezzo di carta strappata dal frigo:
MI ODIERAI, MA SAPPI CHE IL CUORE ME L'HA IMPOSTO. IO HO SOLO UBBIDITO. SE PER TE NON SARÀ ABBASTANZA, ALLORA SONO STATA LA RAGAZZA PIÙ FORTUNATA AL MONDO AD AVERE UN'AMICA PAZZA COME TE. QUEL GIURAMENTO CHE ABBIAMO FATTO DA BAMBINE, NON LO VIOLERÒ MAI. PER ME SARAI L'ETERNO COME IL SEGNO CHE ABBIAMO CALCATO SULL'ALBERO. TI VOGLIO BENE, SERE.
P.S. PRENDITI CURA DI FURIO. SE DOVRAI SEGUIRLO SINO IN AMERICA, FALLO. SI VIVE BENE A INSEGUIRE I PROPRI DESIDERI. SE NON LO SI FA, SI RISCHIA DI VIVERE PER MORIRE.
LA TUA SOFY
Una lacrima bagna la carta.
Raccolgo la mia borsa, salgo le scale, per poi fermarmi davanti alla foto che ritrae me e mio padre in versione "hakuna matata"; la sradico dalla cornice e la proteggo nella mia giacca.
Bern è davanti alla porta con le zampe posteriori piegate.
«Non potrai venire, Bern. Non fare quella faccia.» Delle piccole lacrime gli bagnano il viso. I suoi abbai sono striduli, come se mi implorasse di non abbandonarlo. Conosco quella sensazione. L'ho provata.
«Okay, verrai con me. Ma dovrai fare il bravo.» Gli sorrido e lui lancia un abbaio di conferma. Nei suoi occhi leggo: "Ci sarò io al tuo fianco, Sofia. Andremo ad affrontare il mondo." Questa frase mi ricorda tanto papà.
[SPAZIO AUTRICE]
La cosa che più mi preoccupa è che non so quanti capitoli manchino alla fine. Prima o poi lo scoprirò. Sono in ansia quanto voi. 😱😱😱
Okay... Commenti a raffica sull'azione di Sofia 😂😂😂😂. Scatenatevi. Il gran finale sta per andare in scena 😈😈.
Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento. Non mancate. Vi voglio bene. ❤️❤️.
-LaVoceNarrante 💙💙
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