Chapter 131
Fuori dall'auto lo stillicidio si tramuta in una bufera. I vetri sembrano essere sul punto di cedere alla forza della pioggia, che percuote con veemenza le fiancate dell'auto.
Stringo le dita sulla coperta di nylon cercando di nascondermi all'interno.
«La tua testolina starà ruotando come una trottola. Lo so! Le mie parole sono in grado di squilibrare le vostre menti normali. È questo uno dei pregi di essere psicopatici. Sorprendere! Far rimanere a bocca aperte le persone.» Il ghigno di Zeno è agghiacciante.
Il video, Sofia. Ritraeva lui mentre sfregiava il volto di tuo padre. L'assassino di tuo padre sta guidando la sua auto. È un paradosso. Svegliati! La vocina della coscienza strilla furiosa, ma la mia mente non recepisce più alcun ordine.
Zeno sa; Zeno può indicarmi la strada. Lei non può vincere, non può ancora una volta distruggere la vita di Mathias.
«Pensi, pensi... Non fai altro che pensare. Sai... è un difetto dei soggetti della vostra specie. Non accettate l'idea che all'interno di ognuno di voi ci sia nascosta la follia. Ne siete affetti tutti. Siete marchiati come animali da macello.» Le sue frasi sono vacue. Rimandano a concetti astratti.
«Cosa diavolo vuoi?» Ribatto brusca e la coperta scivola sulle mie spalle. La pelle mi si accappona e sono costretta a ritirarmi nel calore emanato dal nylon. Zeno aziona i tergicristalli, che stridono.
«Io ti rivelo i risultati del mio duro lavoro e tu reagisci in questo modo?» Le sue palpebre sono talmente spalancate che le due grosse pupille sono sul punto di rotolare fuori. Poi volta lo sguardo assumendo un'aria compiaciuta, quasi come se la mia risposta lui l'avesse preveduta nella sua mente bislacca.
«Siamo arrivati nella tua casetta...» Zeno ha un attimo di esitazione. È attratto dalle luci dell'abitazione; poi distoglie lo sguardo concentrandosi sul fenomeno delle fitte gocce cadenti. «Lo sai vero?» Mi punta e le sue iridi nella penombra disturbata da un lampione, assumano sembianze aliene.
«A questo punto del gioco fidarsi è la cosa più sbagliata da fare. Ora bisogna soltanto raggiungere l'obiettivo. Chi l'avrebbe detto...» La pausa è dedita al riempirsi lo stomaco di risate fuori dal comune. «Le nostre strade si sono accavallate, ci siamo scontrati a un incrocio e il fato cosa ha voluto? Nah, nessun fato. Io odio il fato. La casualità... Sì questa va meglio... La causalità ha voluto che stessimo nella medesima auto. Io e te. Due persone che si odiavano a morte. Accadono cose strane nella vita, cose strane...»
Le sue sopracciglia impennano per poi afflosciarsi come se fossero un palloncino che viene gonfiato da un bambino privo di fiato.
«Dio, ma che razza di problemi hai?»
«Io? Diversi disturbi della personalità, un paio di patologie di schizofrenie e...» Il suo pollice forma un semicerchio che funge d'appoggio al mento. «Ma cosa più importante, non ho possiedo i neuroni carcerari. Una lunga storia.»
«Lei dov'è?» Chiedo risoluta. Zeno preme in maniera brusca il pedale del freno. Gli pneumatici stridono sull'asfalto reso sdrucciolevole dagli agenti atmosferici e le mie mani si infrangono sul cassettone della BMW.
«Cosa cavolo...»
«Le tue risorse finanziarie servono a questo piano. Abbiamo bisogno di un bel po' di contanti. I soldi sono il veleno dell'umanità e noi li sfrutteremo. Identità false, radiotrasmittenti e microspie professionali. Dovrà essere studiato ogni minimo dettaglio. Se ciò non avverrà, verremmo mangiati dal leone. E cosa sono un paio di centinaia di bigliettoni in cambio del tuo ragazzaccio?» La domanda provocatoria dovrebbe sortirmi un effetto contrario, e invece spalanca i portoni della mia mente.
«Non credo tu sia un'avida, o sbaglio?» Mi scruta inquisitorio socchiudendo le palpebre.
Affondo i canini nelle labbra per poi torcermi i pollici.
No! Non osare farlo, Sof... Ruoto la manopola dedicata alla sezione "VOLUME COSCIENZA".
Ha ragione "Mente equilibrata": a questo punto del gioco devi concentrarti a raggiungere l'obiettivo, Sofia, con ogni mezzo. Soggiunge la vocina malefica.
«Quanto ti serve?» La domanda prorompe forte dalla mia bocca.
Zeno stacca lo sguardo, sorride per poi ritornare a fissarmi. «Molto, meglio se cominciassi a prelevare. Credo che tu sia una miliardaria attualmente e-»
«Non me ne frega un cazzo dei soldi.» Negli occhi di Zeno è possibile ammirare milioni di stelle luccicare.
Anche il suo modo di risultare sorpreso non è registrato nel glossario "COMUNI ESPRESSIONI DEGLI ESSEREI UMANI".
Un fuoco arde al mio interno. È come un vulcano sul punto di eruttare. La lava ribolle a una temperatura che potrebbe sciogliere un umano in un secondo.
Il freddo scompare e il mio collo è una macchina da presa che mi offre il primo piano del viso Zeno. «Stanotte partiremo!» Lui rimane qualche secondo a contemplarmi con aria mite e senza chiudere una sola volta gli occhi.
Poi le sue labbra vengono tirate su con dei fili manovrati da un mastro burattinaio.
«La tua tenacia mi affascina, solo a tratti però.» Precisa come se fosse il punto più importante di questa pericolosa collaborazione. «Credo debba farti una doccia.» L'indice macilento di Zeno pigia il bottone delle sicure. Si sente una presenza meccanica. La maniglia viene aperta e la pioggia invadente bagna il sediolino.
Zeno è di fianco alla portiera con una mano sull'asse metallico.
«Questa confessione forse farà aumentare il tuo livello di fiducia nei miei confronti: tua madre sapeva delle intenzioni di Mathias, ma non ti ha detto nulla.» Le arterie vengono pervase da un freddo polare, che si fa spazio nelle vene sino a salire nel quartier generale dei pensieri.
«T-tu n-non p-» Non posso accettare quest'idea. Sta mentendo. NO! Non deve dilaniare la mia mente.
«Non l'ho ucciso io. Non l'ho fatto!» Una pausa. «Forse questi sedativi potranno servirti.» La portiera si chiude, prima però un flaconcino dall'etichetta consumata si accomoda sul sediolino.
È la pioggia in sottofondo che pulsa. La mamma... Ho mutato la vocina della coscienza e ora quest'ultima non può esprimere il suo giudizio.
Siamo Io e la vocina malefica, solo io e lei, nessuno più.
È bello sguazzare senza quella stupida della mia collega. Ritornando al discorso... Faresti meglio ad appurarti della verità, Sofia. Non ti verrà mai servita su un piatto forgiato di diamanti. Rincorrila, afferrala... Ma afferro una ciocca; premo una mano sulle labbra; tento di frenare le lacrime; lotto contro l'idea di "MAMMA SAPEVA TUTTO, MAMMA POTEVA EVITARE CHE MATHIAS PARTISSE".
Sento come se milioni di cobra Reali avessero affondando i loro denti nella mia pelle e vi avessero espulso tonnellate di tossine velenose.
Globuli rossi non lottate contro il veleno, l'esito è scontato. Arrendetevi, fatevi annientare! Sono stanca di combattere.
Lento, lo stillicidio è lento. Una goccia, poi l'altra si stagliano sul parabrezza.
«Non è possibile.» Ho perso! Mi sono fatta corrompere dall'idea "MAMMA SAPEVA TUTTO, MAMMA POTEVA EVITARE CHE MATHIAS PARTISSE".
Spalanco la portiera dirigendomi verso il cortile; la pioggia imperversa. I capelli mi oscurano la vista.
Sfianco il pulsante del campanello e la mamma dice pacata "Sto arrivando!", ma quando apre la porta la sua espressione rilassata, precipitata nello sbigottimento.
«Sof...» Compie un passo indietro e la vestaglia che indossa si slaccia.
Bern corre goffamente verso di me, ma come se avesse avvertito la mia furia frena la sua maratona. Il mio corpo è un vibrare imperterrito.
«C-cielo, sei bagnata fradi-»
La interrompo. «Dimmi che non è vero...» Il dolore mi pugnala alle spalle facendo tremare le mie labbra. Non dirmelo, mamma! Ti prego, non confessarmi la tua colpevolezza.
«Cosa non è-» Ma di colpo la mamma si interrompe come se un esserino dispettoso le avesse staccato la spina che collega le corde vocali al generatore cervello.
Quell'espressione... Non è la fottuta realtà. Mia mamma non ha potuto farlo. Lei me l'avrebbe detto. La conosco, io...
«S-Sofia...» Fa un passo afferrando la un mio arto, poi l'altra. Sento i fremiti ondeggiare sulla sua pelle.
È colpevole. L'ha fatto!
«M-mamma tu non sapevi nulla, vero? Non sapevi c-che Mathias avesse intenzione di a-andare da C-celeste?» Quello che segue è un lungo silenzio costellato da uno sguardo silenzio (quello della mamma), che mi infilza dritto al cuore la lama più letale costruita dall'umanità.
Rifiuto il suo tocco, respingendo le mani arrossate.
«Dovevo-»
«COSA DOVEVI?» Sbraito. Bern lancia un gnaulio di timore. «Oh Gesù. Non ci credo. Non voglio crederci.» Mi volto; affondo le mani nei capelli; li comprimo, poi mi rigiro verso di lei.
In un frangente sul viso della mamma sono comparsi dieci anni di età; le due borse al di sotto degli occhi sono un scavo archeologico. Piange, ora, ma le sue lacrime non fanno altro che uccidermi di più.
Quanto può essere dolorosa la verità. A volte lascia secche le persone, mentre altre le rigenera. Sibila la vocina malefica.
«Ascoltami...» La mamma ritenta di avvicinarsi. La sua capigliatura sembra essere stata "acconciata" da un professionista nel giro delle pellicole horror.
Mi schivo al suo tentativo di agganciarmi.
«CAZZO! Dimmelo, mamma. Tu lo sapevi?» Ancora quel dannato silenzio che annienta gli ultimi sprazzi di normalità. "Non accettate l'idea che all'interno di ognuno di voi ci sia nascosta la follia." Zeno ronza nella mia testa.
«MAMMA!» Le corde vocali sono al limite dello sforzo. Lei dopo un imprecisato arco di tempo, fa un lieve cenno di assenso con il capo.
«COME HA POTUTO? COME? SPIEGAMELO? Sapevi che vivevo di lui. Lo sapevi!» Sono un'arpia che si fionda sulla preda. La mamma reprime le sue lacrime, poi esplode anche lei.
«Celeste mi ha mandato un messaggio di morte sul cellulare. Mathias l'ha letto, e così si è sacrificato per te. Tu non avresti mai dovuto saperlo, MAI!» La sua reazione rasenta i canoni della schizofrenia.
Ma la rabbia lascia terra bruciata dentro di me. «Tu, non mi ha mai insegnato questo. Qualcosa ti ha cambiata.»
«Sì, mi ha cambiata la morte di tuo padre, Sofia. Quella psicopatica avrebbe potuto uccidermi in qualunque momento.»
«Che senso ha vivere fuggendo dalla vita? Svegliarsi la mattina e aspettare soltanto che arrivi la notte? Dimmelo, mamma! Spiegami il dannato significato di una vita vissuta lontano dalle persone che ami. Tu che hai sempre fatto la moralista dicendo che ne abbiamo soltanto una di vita a disposizione e che dobbiamo usufruirne.»
È un colpo basso quello che ho inferto alla mamma, ma non sento i sensi di colpa. Sono insensibile. L'insania la sento esplodere come una nebulosa intrinseca di luce assuefacente. Mi ha tradita!
«Io-»
«Immagino che tu non sappia cosa rispondere. Io invece ho da dirti una cosa molto diretta: in questo momento sei la persona che detesto più al mondo.»
La sua pelle pare mummificarsi; le labbra diventano cineree e gli occhi vacui come se la loro consistenza fosse composta di vetro.
Avverto un sadico piacere nell'aver esposto la frase.
La pioggia picchia sulla finestra. Fuori, le luci hanno smesso di esistere. La mia vista è annebbiata da un sentimento mordace.
La mamma è annientata; sessant'anni le gravano sulle spalle. Siamo una difronte all'altra: lei pare non volere credere a ciò che ha udito, io invece tengo fede a quanto detto. È una disputa di sguardi, di ogni piccolo movimento.
Cosa hai fatto, Sofia? Cosa hai fatto?
Ha detto la verità. La nostra cara Sofia, ha soltanto imparato a esternare ciò che sente.
L'aria è satura di rottura. La distruzione ingloba il sentimento puro che ci unisce dalla nascita. Ero certa che neanche una bomba nucleare potesse spazzare via l'amore indissolubile che ci ha sempre legate. Si è rivelata la verità.
Un'arma nucleare non avrebbe corroso il nostro sentimento. Tuttavia, è stato qualcos'altro ad azzannare il nostro legame, un'entità ultracentenaria che ci ha fatto da guida turistica per il binario "disgregazione dei legami".
È la menzogna l'antagonista dei rapporti sociali. È da lei che tutto ha inizio.
Ora il turno della mamma: non riesco a distinguere cosa voglia dirmi con la movenza convulsa della sua testa.
Ha ancora l'espressione amareggiata di chi crede fermamente di aver frainteso una parola per un'altra.
Bern è posato con il sedere per terra, e guarda me poi la mamma emettendo latrati rabbuiati.
«O-okay, va bene. Allora andrò via.» Si leva la vestaglia di seta adagiandola con il suo innato garbo sul braccio della poltrona; quindi agguanta la sua giacca per poi ficcarsela sbilenca, senza nemmeno guardarsi allo specchio.
Ora si ferma, ruota il collo di qualche centimetro. Fitte lacrime le scendono sul viso come stelle cadenti durante la notte di San Lorenzo.
Ho perso la mamma e Mathias in un giorno.
Quant'è sottile la linea che tiene in vita i rapporti. Oggi una persona potrebbe ritagliare uno spazio fondamentale nella tua quotidianità, domani questa potrebbe affievolirsi come una nuvoletta di condensa creata dal colore di un corpo.
È tutto così irrazionale. Non c'è alcuna certezza, soltanto casualità, caos. Non è questo il lieto fine che ti porta a concludere quanto questo mondo sia governato dalla follia?
[SPAZIO AUTRICE]
Sta degenerando tutto così in fretta. È un caos 😱😱😱
Cosa ne pensate della reazione di Sofia? Doveva contenersi secondo voi?
La nostra protagonista è più determinata che mai. Voi vi sareste fidati di Zeno?
Troppi interrogativi... Me ne sto rendendo conto 😈😈 Quanto mi mancherà scrivere di questa storia. ☹️ Per adesso non voglio pensarci. Preferisco vivermi questa maratona (per molti questa parola può evocare STRANGER THINGS 😂😂.Terminata in due giorni) insieme a voi ❤️❤️
Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento. Non mancate. Vi voglio bene ❤️❤️.
-LaVoceNarrante 💙
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