'Irish coffee and northern poppies' di poppybatt
Titolo: Irish coffee and northern poppies
Autore: poppybatt
Beta: marika_sa
Genere: Narrativa generale
Tipologia: Romanzo
Stato: In corso
Rating: Rosso
Avvertimenti: descrizioni di violenza fisica e/o verbale in qualche capitolo
Trama:
Damien si trasferisce per l'ennesima volta e capita nella cittadina di Loimaa, in Finlandia; verrà iscritto allo Albert Schepherd College, uno dei college più prestigiosi d'Europa, per inseguire il suo sogno di artista. Qui incontrerà Jay, studentessa particolare, taciturna e decisamente poco simpatica. Tra vari tentativi di socializzazione, fallimenti di conversazione e nervosismo per via dell'ermetismo della ragazza, cercherà di tornare a volere bene, a legare amicizie profonde, forse a innamorarsi. Finché un giorno, un crudele articolo di giornale emerso dal passato di Jay creerà scompiglio al college e rimescolerà le carte in tavola. Tutto ciò che Damien era riuscito a costruire con Jay cadrà rovinosamente a terra e la fiducia dei ragazzi verrà, nuovamente, messa a dura prova.
Una storia turbolenta di vite normali e difficili, che ribadisce come siano sempre i più deboli a rischiare di soccombere, ma che fa sperare, forse, anche in un lieto fine.
«Tutte le persone ogni tanto si fidano, sai?»
«Io non sono tutte le persone, Damien.»
Disclaimer: original photo of the cover by Anna O. Photography.
Copyright © poppybatt, tuti i diritti riservati.
Nel momento in cui ho deciso di presentare la mia storia a LinkS, Irish coffee non era ancora in pausa revisione. Avendo iniziato a scriverla attorno al 2012 ed essendo io cambiata come persona e come autrice, la prima metà del romanzo era decisamente da rivedere. Così, dopo qualcosa come una trentina di capitoli, io e la meravigliosa e candidata al premio Nobel per la pazienza marika_sa ci siamo messe al computer per discutere della forma di questa novel-wanna-be. Non so come sta venendo, però mi sembra una di quelle secchione del liceo che sono passate per mano della diva più cool e ora è lei a fare concorrenza alla maestra.
Ho intenzione di rivedere anche il contenuto, o per lo meno sono convinta di doverlo fare. In realtà credo di essere talmente affezionata alla storia che non le cambierei una virgola. L'idea originale, che ho buttato su carta più per gioco e sfida, è ancora talmente incollata alla mia pelle che sembra un patto firmato con il sangue.
Anche se sono esistiti periodi di pausa molto lunghi in cui ho pensato che mai sarei tornata a continuare Irish coffee, alla fine ho sempre fatto dietrofront, spinta quasi dalla tacita convinzione che questa storia deve avere un finale e deve vedere l'alba dell'ultimo punto fermo definitivo, come se le dovessi qualcosa, come se fosse una questione personale.
Va da sé che si è scritta quasi da sola – e diciamocelo, non è stata proprio bravissima, è piena di refusi – e non ho avuto bisogno di spremermi le meningi. Se ho vissuto periodi di digiuno è stato più per la difficoltà di affrontare alcuni capitoli particolarmente difficili da digerire dal punto di vista emotivo, faticavo a sedermi davanti al foglio di Word, ma prima o poi andava fatto.
Così, pian pianino – cioè almeno quattro annetti più tardi – sono arrivata al punto di non ritorno. Di tutte le svolte e i colpi di scena, quello dell'ultimo capitolo attualmente pubblicato credo sia il più consistente. Sono emozionata all'idea di continuare, eppure qualcosa mi trattiene. Non so se sia l'indecisione su quale strada far prendere agli eventi o se in realtà la mia catena sia il dispiacere di veder conclusa un'avventura simile. Ne ho passate tante con i miei personaggi, potrei considerarli miei amici, li conosco da una vita ormai e pensare che un giorno dovrò salutarli mi riempie di tristezza. So che se troverò il tempo – è quello che manca sempre, no? – e comincerò a battere sulla tastiera, scivolerà tutto giù a valle come la slitta di un moccioso da un pendio.
Irish coffee and northern poppies è la mia prima vera Storia, volevo avesse i caratteri di un vero romanzo, con una trama di un certo tipo, un degno finale, una lunghezza canonica e tutti i vari accessori. Non ho avuto fretta di scriverla, non ho avuto fretta di far evolvere gli avvenimenti e di "buttare giù" capitoli – o magari di troncarli, mai interromperli se hanno l'intenzione di continuare per altre quattro pagine oltre alle sei già scritte – mi sono presa il mio tempo e ho cercato di seguire l'ispirazione e l'istinto e adesso la frittata è quasi fatta.
Ora la testarda e orgogliosa Jay deve fronteggiare una situazione nuova, con cui non si era mai scontrata prima, mentre Damien, il ragazzo nuovo e benestante con il futuro certo, dovrà decidere della sua vita in un momento delicato e molto più insicuro. Anche il bidello Mark dovrà fare una scelta: starà dalla parte della ragazza, come ha sempre fatto da quando è comparsa al College Schepherd, oppure da quella del suo nuovo amico a cui si è inevitabilmente affezionato? Se fossi un qualsiasi lettore casuale di questa storia, non sarei così curiosa di scoprirlo come lo sono da autrice, perché sì, io non ho mai nulla di pronto, di schematico, di abbozzato ed è sempre tutto una scoperta. È la storia che si dispiega di fronte a me nell'esatto momento in cui la scrivo e vi svelo un segreto: non c'è nulla di più soddisfacente ed emozionante che vedere le parole defluire autonomamente dalle proprie dita.
° La storia è ambientata in Finlandia per il semplice motivo che vado matta per i Paesi nordici e per la loro mitologia. Avrei ambientato le vicende ai tempi di Odino e delle grandi battaglie con e tra divinità, ma non so scrivere i fantasy.
° Tutti i riferimenti ai papaveri sono causa della mia morbosa fissa per il suddetto fiore (e nella storia non c'è solamente quello di mio, ho mescolato nel calderone più personalità di quanto avessi voluto).
° Jay e Giada sono la stessa persona, spero si capisca durante la lettura. La cosa importante è che c'è un motivo dietro alla scelta di usare due nomi diversi per lo stesso personaggio. A voi la caccia alle uova.
° Due dei temi principali di Irish coffee, quello dell'anoressia nervosa e quello della depressione, sono un tributo a una persona che è stata molto importante per me. Ho voluto affrontare i problemi inquadrandoli nella ragnatela di emozioni e sentimenti che si possono creare tra due persone.
° Mi avevano fatto notare che la storia è un concentrato quasi inverosimile di problemi per i personaggi, ma io mi sono chiesta se non fossero un po' tutte così le nostre vite, un gomitolo di eventi che ci mettono sempre alla prova, un treno sempre in corsa carico di guai che consuma carbone ed emozioni.
° Il titolo originale era Ho visto il miele nei tuoi occhi, poi è stato cambiato in Miele e liquirizia. Forse ce n'è stato un terzo prima dell'attuale – qualcosa come Story of a black poppy – e ancora non sono soddisfatta. Ormai vivo con il timore che non troverò mai quello adatto.
° Solo a metà storia ho realizzato che nessuno dei personaggi principali è di origine finlandese. Non è chissà che curiosità, ma è buffo.
Ho avuto seri problemi a scegliere un estratto esemplificativo adatto a una scheda di presentazione, poi mi hanno detto che qualsiasi punto della storia potrebbe andare benissimo, perché ovunque si trovano aspetti del carattere dei personaggi e ovunque succede qualcosa. Così ho scelto i seguenti.
Dal Capitolo Piccoli incidenti
«McSly, ehi, McSly! Sveglia pigrone!» L'infermiera del college stava schiaffeggiando il ragazzo, non abbastanza forte secondo Jay. Anzi, lei probabilmente lo avrebbe preso a pugni, tanto era furiosa in quel momento. Una fitta al cranio le ricordò che non doveva arrabbiarsi o avrebbe peggiorato il mal di testa. [...]
«Se mi sveglio la smette di picchiarmi?» Chiese Damien all'infermiera, finalmente risvegliato dalla sua oretta di viaggio nel Paese delle Meraviglie.
«Servirebbe la frusta con te, stupido idiota.» Una voce femminile sbraitò carica di rabbia da chissà quale parte della stanza; Damien faceva fatica anche a capire in che posto si trovasse, figurarsi capire se gli avevano appena parlato o se quello che aveva sentito fosse stato un insulto della sua mente critica.
Succedeva di rado che la corvina si infuriasse così tanto, era già successo negli ultimi tre anni, ma comunque erano state occasioni per cui si "meritava" veramente di "sprecarsi per delle idiozie", come diceva lei. La situazione del momento era una di quelle. Aveva sempre considerato stupido prendersela per episodi facilmente superabili, ma quando la scintilla si accendeva era guerra per chi ne fosse coinvolto. L'avevano capito tutti quelli che avevano, bene o male, imparato a conoscerla. C'era chi non la sopportava, chi la ammirava, chi ignorava la sua vita come lei faceva con tutte quelle degli altri. Nonostante ciò, nessuno osava attaccare briga con lei. A Jay andava bene così. Si era impegnata parecchio per costruirsi la corazza intorno. Ci aveva messo un po' a risollevarsi dopo gli ultimi brutti episodi di cui aveva imparato a negare la vera esistenza; non ci era ancora riuscita del tutto, ma finché nessuno conosceva i suoi incubi lei avrebbe potuto impiegarci tutto il tempo che voleva.
Dal Capitolo Incubi
Impegnato a spremersi le meningi, non aveva notato che Jay si era strappata di dosso le due flebo, aveva poggiato i piedini a terra e stava cercando i resti delle sue pantofole.
«Dove sono?» Domandò fredda, arrendendosi.
«Erano lerce. Zuppe di acqua e sporche di terra» spiegò il ragazzo.
«E hai pensato di buttarle. Furbo» completò Jay.
«No, le ho mandate a un centro spa. Torneranno come nuove, anche se la vedo difficile: erano completamente distrutte.» Il ragazzo cercò di scherzare come aveva proposto Mark. Jay borbottò qualcosa, prese i vestiti ancora bagnati da una sedia e si diresse verso l'uscita. Forse aveva funzionato, il viso costellato di lentiggini si illuminò di speranza.
«Dove vai?» Si preoccupò Damien.
«All'inferno» fu la sua risposta secca.
«Torna a letto, dai. Se torna Mark e non ti trova, te le suona.» Spaventarla non fu un'ottima idea, perché lei rispose sullo stesso tono: «Le suona a te.» Gli occhi cristallini la guardarono dirigersi fuori dall'infermeria: scalza, con una strana camicia da notte lunga fino alle ginocchia, i lunghi capelli arruffati in una cascata disordinata che scendeva fin sotto le scapole, il mucchietto di vestiti che aveva trovato accanto al letto e che gocciolava acqua sporca raggomitolato sotto il braccio... A Damien quella ragazzina sembrò la più tenera e, allo stesso tempo, la più combattiva creaturina che esistesse al mondo. Mancavano le fiamme sullo sfondo e quella sarebbe potuta essere una perfetta scena di un tipico film americano. [...]
Appena prima di voltare l'angolo e sparire, l'eroina scampata alla distruzione si imbatté nell'infermiera Sillersen.
«Dove credi di andare? Torna a letto, devi riposare e mangiare» pronunciò autoritaria la donna con in mano due coperte linde.
«Col cazzo che mangio quella merda.» [...]
La Sillersen afferrò Jay per il polso poco sopra la fasciatura leggermente arrossata e la condusse a letto sbraitando: «Dio mi perdoni, se ho mai incontrato ragazzini come te. Signorina, abbiamo già discusso di questo tuo comportamento inappropriato. Non sono pagata abbastanza bene per sopportare sgorbietti come te e non farò lavoro extra. Adesso mettiti a letto, fatti rimettere le flebo e non muoverti!»
«Altrimenti?» La sfidò la corvina sull'orlo di una crisi di rabbia.
«Vado dal preside Nickins e parlo di questo tuo caratteraccio. Se mi calpesti ancora i nervi potrei anche ottenere qualche firma per spedirti in un centro specializzato.» La donna minacciò con gli occhi ridotti a due fessure circondate da una rete di ragnatele, fin troppe per i suoi quasi cinquanta anni.
Jay strattonò il braccio tanto forte per togliersi dalla sua presa, che le ferite sotto le bende ripresero a sanguinare abbondantemente. La fissò con i suoi occhioni lucidi e neri e pronunciò chiaro e forte: «Fallo.»
Attese risposta qualche secondo, tempo in cui la sua rivale sgranò gli occhi più del solito, infine si sistemò meglio le sue cianfrusaglie umide sotto il braccio, si girò lentamente dando prova del rifornimento di calma più grande del mondo e uscì, totalmente intaccata dallo scontro.
Damien aveva fissato la scena come al cinema: sullo schermo gigante una Megan Fox graffiata e con i vestiti logori aveva litigato con una Angelina Jolie altrettanto ribelle e scomposta. A quanto pareva, la Fox aveva vinto e aveva lasciato Mrs Brad Pitt con le belle labbra spaccate e un'aria scioccata.
Fottutamente bella, pensò all'improvviso il rosso, totalmente rapito dalla corvina.
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