Sottomissione (parte II)

Sottomissione è un romanzo distopico ma parla di un moralistico compiacimento a fronte di un disgusto della mediocrità della vita. Houellebecq s'immagina una Francia governata da un partito musulmano e la riedificazione di un ordine politico contrario all'individualismo liberale. Quel che è sensazionale è che al suo 'non attacco' all'Islam, s'incuneano altri temi non meno corposi.

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"Per tutti gli anni della mia triste giovinezza, Huysmans è stato per me un compagno, un amico fedele; non ho mai dubitato di lui, non sono mai stato tentato di abbandonarlo o di orientarmi verso un altro soggetto; poi, in un pomeriggio del 2007, dopo aver aspettato molto, dopo aver tergiversato a lungo, anche un po' più di quanto fosse accettabile, discussi davanti alla commissione dell'università Parigi IV-Sorbona la mia tesi di dottorato: Joris-Karl Huysmans, o l'uscita dal tunnel."

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Questo è l'incipit. Sottomissione mette subito a chiare lettere che si avrà da parlare di Huysmans, e della vita di Francois, protagonista narratore, insegnante universitario cui l'uniformità e le prevedibili insulsaggini assomigliano a quelle dell'autore di Controcorrente, pietra miliare della letteratura francese e non, in grado di superare il Naturalismo ed erigersi a manifesto del Decadentismo.

L'appiattimento della vita, delle sue potenzialità inedite, il veloce conformarsi alla mediocrità dopo aver conseguito laurea e cattedra di insegnante (ruolo che assolutamente non piace in quanto non piacciono i giovani) fa di Francois anche una sorta di nichilista in verità, non perché nega e svaluta tutti i valori della società, ma perché accetta il loro ripiego, accetta la sofferenza endemica facendo della sessualità l'estremo tentativo di salvezza, incamminandosi mano nella mano al vecchio patriarcato - mai rimosso dalla coscienza occidentale - verso un orizzonte religioso. Affronta l'evento dell'elezione di un presidente musulmano (è questo che avviene in sostanza in Sottomissione) senza una ragione evidente di coinvolgimento. Semmai ha un progressivo rendersi conto di un qualcosa che si è spento e, proprio come Huysmans, vede estinguere il suo estetismo lussureggiante in un bisogno di allontanarsi, di convertirsi, di staccarsi dalla realtà. Francois beve molto, frequenta le sue studentesse, si ciba servendosi piatti precotti e riscaldabili al microonde, in preda a crisi mistiche rimane incurante della morte del padre, avalla il sistema messo in piedi da un partito islamico soltanto per colmare le proprie mancanze, non solo economiche ma pur sessuali: l'Islam lo autorizza ad essere poligamo e ad avere donne di 15 anni a letto (e pure casalinghe di 40 ai fornelli).

Come già detto, i temi toccati in quest'opera sono svariati. La formula istituzionale della Francia che prevede una repubblica parlamentare associata ad un potere presidenziale (semi-presidenzialismo) non esce ben rappresentata. Il candidato musulmano alle presidenziali dichiara, senza mezzi termini, che di per sé, per il proprio partito, desidera avere sol e principalmente il Ministero dell'Istruzione e distribuire, a seconda dei meriti, gli altri dicasteri alle forze alleate. Si assiste al tracollo della Repubblica e dei suoi valori fondamentali e laici, emblemi di una società che ha sempre convissuto con il motto Liberté, Égalité, Fraternité come un distinguo, il valore aggiunto sulle altre democrazie sparse per il mondo. Lo sgretolarsi della società francese è direttamente proporzionale all'ascesa dell'Islam e alle sue imposizioni soft, a partire dalle restrizioni imposte all'insegnamento delle più prestigiose facoltà universitarie. Francois nonostante cerchi di continuo il supporto di Huysmans, si sente perso, sbanda, a volte par anche favorevole ad una clericalizzazione della società. Quando il marito di una sua collega alla Sorbona Marie-Francoise gli parla della civiltà romana e medioevale, parla di una società forte, esemplare ma soprattutto religiosa, valori che poi col tempo sono andati sparendo. In particolare, cita il santuario di Rocamadour:

  "Deve andarci. È ad appena una ventina di chilometri da qui; deve assolutamente andarci. Sa, il pellegrinaggio a Rocamadour era uno dei più famosi della cristianità. Enrico Plantageneto, san Domenico, san Bernardo, san Luigi, Luigi XI, Filippo il Bello... sono venuti tutti a inginocchiarsi ai piedi della Vergine nera, tutti hanno salito, in ginocchio, le scale che portano al santuario, pregando umilmente per ottenere il perdono dei loro peccati. A Rocamadour potrà davvero rendersi conto di quanto la cristianità medievale fosse una grande civiltà".

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E questa Vergine Nera, era una statua strana, che testimoniava un universo ormai del tutto scomparso.

"[...]Era seduta in posizione eretta; il suo viso a occhi chiusi, così distante da sembrare extraterrestre, era incoronato da un diadema. Gesù bambino- i cui lineamenti, a dire il vero non erano affatto da bambino, piuttosto da adulto, addirittura da vecchio- era seduto sulle sue ginocchia, anche lui in posizione eretta; era anche lui a occhi chiusi, e il suo volto aguzzo, saggio e potente era anch'esso sormontato da una corona. Nel loro contegno non c'era nessuna tenerezza, nessun abbandono materno. [...] Quella rappresentazione sovraumana era agli antipodi del Cristo torturato e sofferente che era stato raffigurato da Mathias Grünewald, e che aveva tanto colpito Huysmans."

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Francois riflette al suo cospetto, seduto su una panca, giungendo alla fine a concludere di quanto sia straniante il vero significato dell'opera:

"Ben altro si rappresentava in quella statua severa, rispetto all'attaccamento a una patria, a una terra, alla celebrazione del coraggio virile del soldato; o anche al semplice desiderio infantile di una madre. Lì c'era qualcosa di misterioso, di sacerdotale, e di regale che Péguy non era in condizioni di capire, e ancor meno Huymans. L'indomani mattina [...] tornai alla cappella di Notre-Dame in quel momento deserta. La Vergine aspettava nell'ombra, calma e immarcescibile. Possedeva la maestà, possedeva la forza, ma pian piano sentivo che perdevo il contatto, sentivo che lei si allontanavo nello spazio e nei secoli mentre io mi rannicchiavo nel mio banco, rattrappito e ristretto. Dopo mezz'ora, mi rialzai, definitivamente abbandonato dallo Spirito, ridotto al mio corpo danneggiato, deperibile, e ridiscesi tristemente gli scalini in direzione del parcheggio".

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Ma è al tema della donna che Houellebecq tratta esplicitamente nel suo romanzo pur lasciandola in una completa situazione marginale. Tutte paiono "sottomettersi" alla volontà degli uomini che, a loro volta, si "sottomettono" alla loro pigrizia occidentale: tutti prima o poi cedono alle lusinghe dell'Islam: quieto vivere, denaro, prestigio accademico e sesso garantito da mogli molto giovani, appaganti. Vi è una scena, su di un treno, in un vagone di prima classe: Francois si accomoda proprio accanto un uomo musulmano, apparentemente dedito agli investimenti e quindi facoltoso finanziere. Egli viaggia con alcune delle sue numerose mogli, ambedue giovanissime quattordici/sedicenni. Vengono ritratte come maliziose lolite senza valori, ridacchiano, ammiccano, si specchiano preoccupati più che altro del disfacimento del loro trucco. Ma a loro non da voce. Non da voce neanche alla studentessa del secondo anno che si affaccia nella casa dell'impresentabile professore Loiseleur, convertitosi all'Islam, più che per obbligazione, per convenienza. Ma pur la collega, Marie-Francoise che incontra parecchie volte, moglie di un'agente dei servizi segreti francesi, è senza un autorevole presa di posizione, nonostante di condizione femminile, anzi di sottomissione della condizione femminile sembra dirigersi la società francese. Lei, autorevole e stimata dottoressa con cattedra alla Sorbona, possibile non abbia da dire nulla se non proporre di discutere con il marito sulla drammatica deriva sociale? Sembra presente una falla nel romanzo, eppure...

Eppure, ricollegandosi alla straniante visione della Vergine Nera e al recupero di essa come potente centralità della primaria divinità femminile - uno dei segreti meglio tenuti della Storia – trova una sorta di terreno comune con ogni figura di donna nel romanzo. Par che Houellebecq voglia far figurare la donna, come l'unico e possibile argine alla sottomissione romanzesca. Tacita la voce, apparentemente al momento inutile, tanto è il fermento politico. Preferisce far esplorare da noi, come io ora sto facendo con voi, che tutto debba avvenire, proseguire ed infine concludersi attraverso loro. Che pur qua abbia avuto una delle sue tante "premonizioni" di una realtà politica, sociale, culturale pronta a sottrarsi alle costrizioni, alle imposizioni, alle barbarie? La lotta delle donne iraniane non vi dice nulla? 

Houellebecq è assolutamente un autore da conoscere. Non ve ne pentirete. 

Lo_Spettro

Novembre 2022

GIUDIZIO: 8 


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