XXIV

Kiral, Azrael e Matthew iniziarono a discutere su cosa fosse giusto fare. Samael ci avrebbe attaccati usando quella Reliquia e dovevamo intervenire prima che trovasse l'ultimo indizio che gli serviva. Il rito non era ancora completo, c'era vicino, gli mancava la formula per il rituale. I mesi passati gli erano serviti per cercare e creare la sua arma, si era servito persino degli Eretici, quel gruppo di pazzoidi che andava in giro urlando il nome di Dio in ogni singola questione, nascondendo i loro veri intenti. Come i Cacciatori, erano esorcisti, mercenari e preti della peggiore razza, puristi di sangue.

Avrebbe prima distrutto Parigi e i suoi Paladini per poi venire contro di noi. Se mi fossi nascosto sarei morto, i miei poteri sarebbero diventati briciole in confronto ai suoi, e avrebbe portato morte a tutti gli altri rifugi a causa mia. L'unica chance che avevo era fermarlo prima. Ero ancora in tempo.

Aprii le ali e Azrael spalancò gli occhi, saltandomi addosso. «Dove pensi di andare, As?» disse, stupito dalla mia reazione.

«Aileen è in pericolo. Samael l'ha vista. Sa dov'è» risposi preoccupato. «La porto qui.»

«Non puoi andartene. Sai che succede alla tua bella faccia se uno dei Demoni ti vede da solo, fuori dal rifugio? Questo non è più un gioco, e se è vero quello che dici, Samuel farà di tutto per ucciderti. Il trono è l'unica cosa a cui tiene. Ha tenuto in vita Kiral solo perché l'Inferno non l'ha calcolata» esclamò. Provai ad evitarlo. «Smettila di fare l'eroe.»

Corrugai la fronte. «Eroe o no io vado da Aileen e la porto qui, fine della discussione. So quel che dico. Ho visto quello che c'è nella sua mente, quello che vuole fare e se non lo fermerò non ci sarà alcun domani. Morire adesso non mi interessa, voglio provarci e tu puoi fare due cose: aiutarmi o metterti sulla mia strada. Una delle due ti farà perdere per sempre Kiral, Lux e me. Scegli» mi impuntai.

Azrael strinse le labbra. Anche se Demone in fondo al suo cuore si stava svolgendo una battaglia interiore, aveva già perso me e l'amore della sua vita una volta, non era pronto per un'altra guerra. Non con me come protagonista. La parte razionale lo supplicava di lasciarmi andare, l'Inferno ancora mi richiamava e io ero pronto ad accettarlo.

«Se andrà male...» parlò stremato Matthew con gli occhi rossi. «Sei un bambino.»

«Sono un Re» lo corressi. «Morirò come piace a me, con o senza la corona. Non posso nascondermi se il mio destino è scendere in battaglia. Forse i miei sogni diventeranno realtà se non interverrò. Proteggerò tutti.»

Azrael annuì. «Va' e portala qui subito!» Mi spinse un poco verso la porta. «Se una di quelle bestie osa solo toccarti falla a pezzi.»

Intrigante proposta, pensai.

Kiral si sfiorò il ventre. «Noi contatteremo i principi e l'OverTwo. Dobbiamo avvertire Alees su quello che sta succedendo! Hai un'ora.»

Era infattibile farcela in un'ora, solo per arrivare da lei ci mettevo di solito quaranta minuti di volo. Evitai di discutere, aprii la ali e mi fiondai oltre i muri, li trapassai come se fossi invisibile e caddi nel vuoto, prendendo quota. Usai tutti i muscoli del corpo, fibra ed energia per andare più veloce. Le ali mi ascoltarono e la magia mi avvolse, volai dritto, rapido come un predatore, lungo la linea dritta che mi divideva da Aileen.

I Demoni di Odda erano agitati, le loro aure erano più instabili delle settimane precedenti e la città era chiusa in una cupola scintillante. Le rune di protezione difendevano ancora i perimetri dei territori neutri e moltissimi di loro cercavano i punti di convergenza per distruggerli.

Filai lungo il fiordo e mi dimenticai persino di respirare. Chiusi gli occhi e mi lasciai guidare dall'istinto, dal mio desiderio di vedere Aileen. Chiamai all'appello ogni briciola di magia per individuarla: fino a quel momento non mi ero mai spinto oltre la linea di Bergen, in quella riserva naturale incontaminata dall'uomo in cui abitava. Le radure del Nærøyfjorden erano vaste, verdi e accoglievano una fauna e flora rigogliosa, piena di vita. Il fiordo era immenso, strettissimo, con montagne alte che proteggevano la valle in una conca naturale. Aileen aveva un'aura dolce, ma quando arrivai più vicino era sormontata da molte altre più pericolose. Era un posto fantastico per vivere, con campi fertili, selvaggina sempre disponibile, cieli ampi e pesce fresco.

In un'insenatura dell'altopiano c'era un castello in pietra che sembrava scavato nella stessa roccia. Mi resi subito conto che ci fossero molti altri che abitassero in quello strano posto e atterrai in fretta nel giardino interno. Era ricoperto di fiori e appena poggiai i piedi a terra con troppa foga, i petali si staccarono e volarono via.

Davanti a me c'era un ragazzo, la sua aura era intinta di magia, ma era senza ali e non aveva alcuna caratteristica anormale. Mi guardò e un secondo dopo iniziò a urlare, fuggendo via. Rimasi attonito ad osservarmi intorno: mi trovavo in una piccola zona verde al coperto, ogni muretto e statua era avvolta da edere, rami e fiori colorati. L'erba era morbida e c'era persino un piccolo gazebo bianco. Perfino la temperatura era leggermente più alta.

Aileen corse da me, aveva il libro che le avevo prestato prima di andare a Seattle e scommisi che l'avesse letto almeno già due volte. La sua espressione era meravigliata e respirò con affanno.

«As» esclamò. «Che diamine ci fai qui? Come mi hai trovata?»

Presi un po' di magia dalla sua mano e la lasciai andare. Le particelle scintillarono attorno a lei, illuminandola. La sua essenza era impregnata ovunque vicino Bergen, era stato come risalire un fiume o seguire un sentiero fluorescente.

Lei mi afferrò il viso e lo studiò. «Chi ti ha fatto questo? La tua mente è in subbuglio» disse. «E le tue ali...» Accarezzò le piume scombinate che Samael aveva strappato con tanta furia.

Sarei scoppiato a piangere un'altra volta se le avessi detto dei miei genitori, lo avrei fatto senza vergogna perché sapevo che mi avrebbe abbracciato per ore, senza lasciarmi e avrebbe cantato per me. Le sue melodie curavano ogni ferita. Mi sentii subito meglio quando la toccai e la percepii accanto a me, reale.

Samael non l'aveva ancora trovata, ma ciò non significava che fosse al sicuro. Era sulla sua lista e avrebbe distrutto quel posto per sempre, radendo al suolo ogni cosa legata a me per punirmi. Prima di uccidermi mi avrebbe tolto ogni cosa a cui tenevo.

«Sono stato a Seattle da mio nonno. Potrei aver omesso di dirti che sono il nipote del Re infernale.» La sua bocca si aprì per un attimo prima di incupirsi, scontenta che le avessi mentito. «Pensavo mi avresti odiato o temuto. Sono stato uno stupido, lo so. Scusa. C'è un problema. Vuole uccidermi. Mi è entrato nella testa e non so cosa ha visto, sa ogni cosa di te e...»

«As, calmati!» mi bloccò. «Perché vuole ucciderti? Ti proteggeremo noi, puoi stare qui!»

«Aileen, ora non ho tempo per spiegarti. Devi venire con me» mi impuntai. «Ti porto al rifugio, questo posto non è sicuro.»

Dal castello comparvero altri uomini, avevano armi imbevute di energia celeste e il metallo divino mi ferì gli occhi. Avevano l'aspetto umano, eppure erano ben lontani da quella razza. I loro occhi puntarono subito alle ali nere e l'energia oscura che emanavo, puntandomi come un nemico. Il metallo vibrava e se mi avesse sfiorato mi avrebbe lasciato profonde cicatrici.

«Ah!» strillò Aileen. «No! È tutto a posto, mettete giù le armi. Lui è mio!»

Ero impettito perché da una parte fui circondato da quei tali fuori di senno e dall'altra lei aveva appena detto che fossi suo. Pensavo che gli Angeli non marcassero il loro territorio, era una cosa da Demone e da lupi, e lei fu ben felice di smentire il mio pregiudizio.

L'uomo a capo del plotone, quello con scudo e ascia, si fece avanti e Aileen si agitò.

«Vite, metti giù la tua arma, o te la vedrai con me» lo sfidò secca. «E non ci andrò leggera.»

«È un Demone, Aileen» le fece notare con ovvietà. «E qui quelle bestie non entrano. Lo ha detto tuo padre. Vuoi disubbidirlo?»

Le presi la mano e il tizio, Vite, fumò di collera. La squadra intorno a noi iniziò a parlottare con stupore e dubbio, si osservarono aspettando degli ordini e nessuno osò fare un passo. Erano venti, o poco meno, li avrei potuti battere in meno di dieci secondi senza problemi. Farlo davanti a lei era escluso e sarei stato visto come il vero nemico.

Una donna uscì correndo dalla porta della dimora. Fui rapito dalla sua bellezza, era la più bella che avessi mai visto e capii al volo che dovesse essere la madre di Aileen per quanto fossero simili: aveva dei lunghi capelli biondi, ondulati, gli occhi azzurri circondati da folte ciglia e un viso minuto, ovale. Le guance e le labbra erano tinte di un rossore naturale, era alta, formosa e la lunga veste ellenica le cadeva fino alle caviglie ossute. Era vestita di bianco e i gioielli d'oro le scintillavano sulle mani, dalle orecchie pendevano orecchini sottili. Le sue ali erano un candido mantello che le coprivano la schiena, forti.

La sua aura era più chiara di quella di Aileen ed era quella di un vero Angelo, potevo sentirne dei tintinnii soavi provenire da lei ed era circondata da un'aureola di purezza. Qualsiasi persona al mondo si sarebbe inginocchiato davanti a lei e, appena mi notò, un sopracciglio volò verso l'alto. Seppe che fossi un Demone e non parlò.

«Lei è mamma» disse Aileen. «Lui è As! Di' a Vite di smetterla di atteggiarsi, per favore!»

La donna fece un sorriso genuino e colpì Vite alla spalla per fargli abbassare le armi. Quando lo fece in automatico tutti gli altri lo imitarono, tenendomi comunque sott'occhio con sospetto.

«Aileen mi ha tanto parlato di te. In effetti, oramai non parla d'altro. Non avevo mai visto un Demone così da vicino» disse lei. La sua voce era simile al suono del mio violino, dolce. «Ma tu non sei proprio un Demone, è così? Lo vedo in modo chiaro, la tua aura è...»

«Sì, me lo dicono in tanti» tagliai corto. «Mi dispiace interrompere qui con brutte notizie, signora mamma di Aileen...»

«Angel» si presentò lei.

«Siete nei guai. Intendo tutti.» Vite emise una risata per prendermi in giro. Erano protetti dalla natura, nascosti dal mondo e io ero stato l'unico idiota a disturbare. «Il Re infernale sa dove vi trovate e verrà qui, vi spazzerà via! Dovete venire con me.»

Uno dei tanti attorno a me scosse il capo. «Ma sei del tutto scemo? Dovremmo seguire un Demone? No, grazie.»

«I Demoni sono bugiardi. L'avrà incantata» disse un altro. «Dovremmo avvisarlo.»

Angel si guardò intorno con fare spaesato. «Sei sicuro di quello che dici, bambino? Queste sono accuse pesanti nel nostro mondo, perfino rivolte al Re dei Demoni. Potresti finire in enormi guai.» Annuii e Aileen si strinse al mio braccio. «Come fai a saperlo?»

«L'ho visto» dissi e le presi il polso.

Le passai tutti i ricordi che avevo scovato su Samael, il suo orribile piano di distruggere il mondo e quel posto, torturando la figlia senza pietà. Dovevamo portare via tutti al più presto possibile e il perimetro di Odda era ancora sicuro. Le rune difensive proteggevano il rifugio dalle minacce e senza l'istinto omicida ad animarli forse avrebbero potuto passare. Avrei infranto ogni regola portandole là, Angel e Aileen erano Angeli e di regola dovevano rimanere fuori. Me ne infischiai.

Gli uomini si agitarono appena toccai la loro signora e urlarono indignati. Angel si staccò ed elaborò con terrore quei pensieri, rabbrividendo. Avevamo poco tempo. Le avevo fatto vedere persino che squallido futuro ci sarebbe stato se non mi avessero dato retta, tra morte e distruzione.

«Mamma...» biascicò Aileen, non sapendo che fare.

«Il rifugio è un posto sicuro per noi?» mi domandò la donna.

Fino a quando le rune avrebbero retto sì. Mi sarei beccato le urla furenti del consiglio dei satiri, seppure dubitavo che con la fine del mondo avrebbero osato farmi la predica. Avrebbero fatto meglio a tenersi le lamentele per sé.

Le dissi di sì.

«Mia signora» si intromise cauto Vite. «Intende davvero lasciare questo posto dopo che... e se la scoprissero? Se scoprissero entrambi?»

«Verranno qui» sentenziò amara. «Non intendo andarmene se voi volete restare, ma vi supplico in ginocchio di seguire questo ragazzo. Ho visto la sua anima. È buono e ha detto la verità, non c'è dubbio. Di lui potete fidarvi anche se quello stupido di mio marito vi ha ordinato il contrario. Siamo in guerra.»

Vite e gli altri si guardarono e poi annuirono, facendo scomparire le loro armi. «Noi vi seguiremo. Dateci cinque minuti per organizzarci. Lo avvisiamo noi.»

Corsero dentro il castello con foga, cominciando a straparlare sull'inizio di un'altra guerra e sul fatto che probabilmente sarebbe stata la volta buona in cui sarebbero tutti morti. Mi sarebbe piaciuto restare nel giardino di Angel ancora per qualche minuto, l'aria era così buona e profumata da farmi dimenticare di essere sulla Terra. Mi agitai solamente nel pensare che avrei finalmente conosciuto suo padre e mi sistemai la maglietta, sperando di non puzzare.

«Oh, che carino» canticchiò Angel vedendomi affannato.

Mi pulì il viso da una crosticina di una vecchia ferita sul mento. La sua magia curativa mi sanò la pelle in un formicolio piacevole. Essere un Angelo doveva essere proprio bello, rimuginai. Se qualcuno l'avesse vista l'avrebbe venerata come una dea e avrebbe piegato il mondo sotto i suoi piedi. Mamma l'avrebbe di certo fatto ridendo.

«A papà piacerai» mi garantì Aileen, strofinando la fronte sulla mia spalla. «Be', forse un po' meno dato che lo stai sfrattando. Ha costruito questo posto lui stesso, da solo, ed è il suo orgoglio.»

Battei il piede a terra nervoso. Col cazzo. Mi avrebbe tagliato a metà.

«Non attaccarti alle cose materiali. Tuo padre giocherà con altro» la riprese la donna.

Pochi secondi dopo arrivò un uomo e la sua espressione era piena di collera. Era alto, un po' meno di Angel, e i suoi occhi erano neri, così come i capelli riccioluti. La carnagione era rosea, umana, ma la sua aura era strana: si muoveva attorno a lui come nebbia, senza un colore, forma o dimensione. Era mutevole, si confondeva tra le altre senza un'onda di energia, in una terribile arma di mimetizzazione.

Se non fosse stato il padre di Aileen – che a giudicare dalla smorfia in faccia voleva strapparmi le mani per come tenevo la figlia stretta – gli avrei chiesto di insegnarmi il trucco. Era un potere innato, un dono che mai avrei appreso. Vederlo fu comunque fantastico.

La sua intera immagine aveva qualcosa di divino e di infernale, un miscuglio che lo rendeva interessante e temibile. Ero felice che Aileen avesse preso tutto da sua madre, specialmente il carattere dolce e altruista.

«Un Demone» giudicò lui con tono freddo. «Un Demone nel mio giardino.»

Cercai un punto in cui non avrei calpestato l'erba e mi mossi a casaccio. Strinse le dita nel nulla, come se avesse un'arma invisibile in mano ed era pronto ad attaccarmi.

«L'ultima volta che ho visto un Demone l'ho mangiato» mi anticipò con voce impastata, contento di mettermi a disagio. «Scommetto che anche tu hai un buon sapore.»

Scossi la testa. «Le farei venire i vermi» negai. «E un brutto quarto d'ora in bagno.» Vite e Aileen strinsero le labbra, trattenendo una risatina. «Sono qui per chiedere perdono. Per colpa mia il Re infernale sta cercando sua figlia e io non ho potuto fare nulla. Siete in pericolo e voglio aiutarvi. C'è un rifugio sulla costa sud, un posto sicuro. Permettetemi di aiutarvi.»

L'uomo alzò gli occhi. «Mi hanno detto cosa hai riferito. Se è vero ciò che dici nessun luogo lo è. Hai portato una maledizione in questo luogo, ragazzino. Siamo stati nascosti per anni e hai distrutto il nostro paradiso» mi accusò. «Ora vuoi portare la mia bambina lontano da me? La mia unica figlia femmina?»

Angel sbuffò «Smettila di spaventarlo, tesoro! Se verranno qui sai bene che siamo chiusi, la valle è sempre stata nostra alleata, ma diventerebbe una tomba. Troveremo un'altra casa, la priorità è Aileen. Testardo come sei rimarresti qui a morire!»

L'uomo borbottò qualcosa che mi parve essere "che noia, non si può mai fare niente" e abbassò le spalle, facendo scomparire la sua arma invisibile. Mi sfoderò un'occhiata letale e io deglutii. La cosa migliore era trovare un punto in comune e per fortuna suo padre la amava oltre ogni cosa, persino oltre la repulsione per i Demoni.

«Sapevo che mia figlia avesse... un intrigo da qualche parte, a dire la verità preferivo una bestia ad un Demone. Non vorrei essere maleducato, ma quelli della tua razza non mi piacciono» ribadì. Lo accettai. I Demoni non piacevano a tante persone. «Abbiamo uno scopo in comune e vedrò di tenerlo in mente se mi verrà l'idea di ucciderti.»

«Gentile da parte sua» borbottai.

«Smettila di dire queste cose, papà!» esclamò Aileen con le guance rosse. «As è più forte di te e ormai sono grande.»

«Ne dubito» la smentì. «Ti chiami As? È un nome parecchio strano. Non mi piacciono quei posti, vedrò di fare un'eccezione per la mia famiglia. Farai bene a fare in fretta e muoverti a portarci via di qui, prima che uno di quei cosi ci trovi.»

Angel e Aileen mi seguirono in volo. Benché avessi prestato molta attenzione ad ogni cosa intorno a me, non avevo intravisto alcuna aura celeste pura, a parte quella di Angel. Aileen era una fiammella in confronto al vero fuoco angelico. Scoprii per quale motivo Angeli e Demoni avessero difficoltà a relazionarsi: se stavo troppo vicino a quell'Angelo puro mi faceva male la gola e avevo la sensazione di formicolare ovunque. Anche lei la avvertiva e fece del suo meglio per sopportarla senza darmi altri pensieri. Quasi mi innervosii.

Al contrario, con Aileen vicino mi sentivo più forte, amato. Nonostante fossimo tanto diversi, qualcuno ci aveva lodato del dono dell'amore e riuscire a starle accanto ignorando i dogmi di repulsione era una benedizione. Forse non ero una creatura così lontana da Dio, in fondo.

Nessuno di quelli al castello aveva delle ali, lasciarli indietro poteva rivelarsi un problema e sperai che almeno sapessero usare la magia o avessero un piano B decente. Aileen e Angel mi volavano vicine, superammo montagne e nuvole e a mano a mano che ci avvicinammo alla parte sud della Norvegia la corrente cambiò, accompagnandomi a casa con audacia. Feci del mio meglio per non lasciare tracce di magia che avrebbero aiutato Samael a condurlo da loro.

Odda sbucò dietro al ghiacciaio, piccola ed insignificante tra le valli. Gli uomini del castello ci stavano aspettando all'apice di una collina ed erano radunati tutt'intorno al loro capo, il padre di Aileen, il quale era seduto a terra e scrutava il cielo. Erano più di cento uomini ai suoi ordini e mi domandai se sapessero combattere. Di sicuro sì, erano armati fino ai denti e spaventosi.

Virai sopra la sua testa e lui sospirò. «Ci hai messo un sacco, ragazzino. Sei piuttosto lento.»

«Io almeno so volare» scherzai.

La prese sul personale e saltò per afferrarmi il piede e tirarmi giù. Fuggii via e Aileen volò vicino a me, facendo una piroetta nell'aria. Sfrecciò con me lungo la montagna, mentre la donna atterrò e parlò all'uomo, discutendo su cosa fare. Cento uomini potevano rivelarsi una risorsa fondamentale per noi, tuttavia mi domandai se sarebbero stati d'accordo ad unirsi ad una cerchia di creature miste. Proteggere era la priorità dei rifugi e chiedere loro di combattere per me era una cattiveria.

Atterrammo sul tetto e Aileen si perse ad osservare il magnifico paesaggio che si vedeva dall'alto della montagna. D'inverno era ancora più bello con i prati innevati e il ghiaccio che copriva ogni discesa di terra umida, si sciava benissimo anche senza scii o slittino. Era il tramonto e il velo che divideva il giorno e la notte stava calando. I Demoni erano avvantaggiati e avrebbero cercato di distruggere il velo.

Entrammo nel rifugio e lei mi zampettò dietro, le ali le fremettero e guardava tutto con aria frivola. Era la prima volta che vedeva il mondo oltre i confini delimitati da suo padre e le piaceva. La presi per mano e camminammo con impazienza.

Fermai un satiro e lui squittì agitato, vedendo Aileen. «Dov'è Kiral?»

Alzò la mano in una direzione sconosciuta e io roteai gli occhi. La tirai per allontanarla, seppure Aileen avesse iniziato a straparlare sul fatto che quel posto fosse fico e cose simili; il satiro scappò e lei ci rimase male.

I miei genitori erano nella sala delle conferenze insieme a Matthew e Alfie. Il grande schermo era acceso, in attesa della connessione, presumevo con l'OverTwo o altri rifugi. Aileen emise un trillo e i presenti si girarono, udendo quel buffo suono acuto.

«Lei è Aileen» la presentai emozionato e mia madre riuscì a fare un sorrisetto compiaciuto.

Diede una leggera gomitata ad Azrael e lui ridacchiò. Avevamo gli stessi gusti. Si avvicinarono curiosi e Aileen li guardò entrambi con occhi brillanti, restò imbambolata a fissare mia madre, quasi la vedesse come una dea. La sua bellezza era molto simile a quella di Angel, delicata come un fiore, però Kiral era consapevole del suo effetto e lo sfruttava a suo piacimento, letale.

Le guance di Aileen si tinsero di rosso quando Azrael la fissò da cima a fondo.

«Aileen.» Mamma assaporò il suo nome sulla lingua. «Sei davvero come ti descriveva As, forse si era anche un po' trattenuto nel dire quanto fossi graziosa. Mi fa piacere vederti. Posso?» domandò, indicando le sue ali.

Ne alzò una e Kiral le sfiorò le piume. Erano morbide come zucchero filato. «E io sono felice di essere qui» rispose. «As mi ha detto tutto. Io e la mia famiglia siamo pronti ad aiutarvi, mio padre è un guerriero e la magia di mia madre è potente. Grazie per averci permesso di venire.»

«Questo posto sarà sempre aperto per voi» fece mamma.

Azrael alzò le spalle. «Be', soprattutto per te dato che voi due... state insieme. Siete una coppia, giusto?»

Io e lei ci guardammo e io annuii. «Sì, be', insomma, se a lei va bene.»

«Certo!» si impettì paonazza. «Io e As siamo una coppia.»

Azrael sbatté gli occhi, lasciando perdere il discorso. Percepì il nostro imbarazzo nel parlarne in mondovisione ed ebbe la decenza di voltarsi prima di ridere spudoratamente. Alfie lo guardò male, scusandosi al posto suo. Presentai lui e Matthew e fu una fortuna che sapesse praticamente ogni cosa della mia vita, a parte i dettagli più sanguinari che mi collegavano a Samuel e volevo che rimanesse così.

Se avessi potuto staccarmi quei pessimi geni dal DNA lo avrei fatto. Tenerli e perderli comportavano in entrambi modi troppe responsabilità.

«As mi ha parlato tanto di te» borbottò timida Aileen, rivolgendosi a Kiral. «Dice che sei un'eroina e che la tua arma sia angelica. Come mai un Demone riesce a padroneggiarne una? Mio papà dice che voi siete maledetti. Potresti insegnarmi?»

Kiral annuì. Immaginavo le piacesse l'idea di avere una ragazza vicino, avere una figlia femmina era uno dei suoi sogni e Aileen aveva portato una ventata di serenità e speranza al rifugio. Un Angelo era un buon presagio, tuttavia tenerlo nascosto era difficile, i Demoni di Odda avevano già avvertito la loro presenza e presto ne sarebbero arrivati altri. Aileen sapeva combattere, avevamo giocato a lungo senza farci male e il suo punto forte era la velocità. In uno scontro con un Demone purosangue avrebbe perso per il divario di potenza fisica. Vederla ferita era all'ultimo posto nella lista dei miei desideri.

Ci fu della confusione provenire dal corridoio e pensai che i ragazzi del rifugio avessero notato il minuscolo esercito alle pendici della montagna e si fossero preoccupati di un attacco. Con la coda dell'occhio notai dei satiri scappare terrorizzati e i genitori di Aileen sbucarono borbottando.

Si mossero tutti con una velocità incredibile, tant'è che Aileen urlò e la sala piombò nel caos: la falce di Kiral sferzò l'aria e la spada di Azrael la imitò. I loro volti erano pallidi, più bianchi del gesso, e mamma ansimò impaurita, tremando. Le sue emozioni si tinsero di paura e si scurirono fino a toccarle l'animo, scuotendola nel profondo.

«As! Va' via di lì!» urlò Azrael, ordinandomi di andarmene.

Mamma si mosse con l'idea di attaccare e Angel alzò le braccia per evocare una barriera. Mi gettai in mezzo e spostai Aileen prima di farla finire in uno scontro fatale. Pochi istanti prima che mi colpisse si tirò indietro e fece scomparire la falce.

«Tu!» ringhiò il padre di Aileen con foga, puntando il dito contro Kiral.

Non aggiunse altro, afferrò il polso della figlia e la tirò.

«No! Non la porterai via! Non commetterai altri omicidi!» sbottò Kiral. «Ti taglierò la testa qui e ora. Come hai osato farti di nuovo vivo dopo tutto quello che hai fatto? Stai dalla parte di Samuel adesso?»

«Tocca mia figlia e concluderò ciò che ho iniziato sedici anni fa, te lo giuro» la minacciò.

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