X
La notte la passai a giocare a Hades, proiettato sull'enorme schermo piatto davanti al letto. Non avevo chiuso occhio, ripensando alle preoccupazioni dei miei genitori e quanto io dovessi aver deluso le aspettative di Azrael. Il fatto che riuscissi a far esplodere la mia vera indole solo nei momenti di rabbia era un muro invalicabile, alimentando quel sentimento di furia perenne non sarei stato in grado di placarmi ed era questo a non farlo cedere; credeva che ci fosse qualcosa in me e, per quanto volessi che continuare a tentare, la sua costanza mi calzava stretta.
Avevo acceso il computer e perso quarantacinque minuti a capire come collegare il PC al televisore e far partire il wireless del controller. Avevo le cuffie alle orecchie ed ascoltavo Word up dei Korn nel mentre attraversavo la medesima volta i campi elisi, in attesa di battere Teseo e il Minotauro, i boss del livello. Il sole emergeva pigro dalle montagne ed illuminava la stanza, i colori LED tendenti al violetto si vedevano appena.
Azrael apparve nel salottino e, a giudicare dall'espressione, doveva essere là da un po'. Mi sfilai una cuffietta e tentai di dosare l'attenzione tra i nemici della run e il Demone con le braccia incrociate.
«Hai saltato l'allenamento. Kiral era preoccupata, pensava stessi male» mi accusò e mi guardò dall'alto in basso, steso con le lenzuola sul pavimento e gli occhi stanchi per i videogiochi. «Lo pensavo anche io.»
«Be', non lo sono. Avevo un po' di stanchezza repressa» risposi svogliato.
«Quindi non avevi voglia» tradusse. «Posso sapere perché?»
Alzai le spalle. La verità era che mi fossi stufato di farmi massacrare di botte da tutti ogni giorno, non era cambiato nulla dal liceo, solo che al rifugio era tutto una gara e io facevo schifo. Nonostante avessi le migliori intenzioni non miglioravo mai.
«Credimi, As, te lo sto chiedendo con le buone.» Mi scosse un brivido freddo e l'aria nella stanza scese di qualche grado con rapidità, toccata dalla magia di quell'uomo terrificante. Abbassò lo sguardo sui lividi che avevo sulle gambe e le mani sbucciate. «Non tutti nascono allo stesso livello.»
Feci un singhiozzo di scherno. Detto dal Principe infernale suonava ridicolo. «Farsi prendere a botte senza uno scopo non mi piace» gli dissi. Misi in pausa proprio dopo aver raccolto l'ambrosia che mi serviva. «Ci ho provato ogni giorno per settimane intere, lo giuro, e ogni giorno finivo a terra. Ti ho sentito ieri.» Azrael inclinò il capo, colpito. «Tornavo dalla palestra e per sbaglio ho ascoltato ciò che vi siete detti tu e mamma. Non importa quanto sangue assuma, rimango un essere umano. Io vorrei essere di più e... questo corpo me lo impedisce!»
Azrael non capiva come mi sentissi a stare in mezzo ad un gruppo di ragazzi pieni di talento, di magia e forza, ad essere giudicato costantemente dal vecchio consiglio di satiri e da tutto il regno infernale.
«Il potere non va al più forte o al più intelligente, va a chi è pronto a fare di tutto per prenderlo. Tua madre ha cambiato il mondo, sedici anni fa, e non ha chiesto nulla a nessuno, si è presa il suo legittimo posto. Un giorno capirai quale è il tuo e il mondo ti rispetterà.» Ne dubitavo fortemente. «Sai, anche tua madre saltava spesso gli allenamenti e scappava dal Quartiere. Prendeva Kompis e...» Fischiò forte. «Sfrecciava via. Thor era sempre incavolato nero con lei.»
«Mi metterai in punizione?» domandai cupo.
Le punizioni di Matthew di solito erano inerenti alla scuola, se andavo male ad un compito perché ero stato alzato fino a tardi per vedere l'ultimo episodio di Vikings, oppure se uscivo di casa di nascosto dopo il tramonto ed evitavo di portarmi il telefono con me.
Azrael affilò lo sguardo e calcolò i pro e i contro di mettermi agli arresti domiciliari. Forse a fargli cambiare idea fu la somiglianza con la sua adorata compagna o magari perché non voleva addossarmi altri pesi.
«Per questa volta ti salvi» sospirò. «E per oggi puoi trastullarti, ma tua madre vorrà una spiegazione e gliela darai tu. A cosa stai giocando?»
Saltò sul letto e restò a guardarmi un po' giocare, poi gli passai il joystick e gli spiegai il gioco, lo scopo di Zagreus di andare in superficie e le run per completare la storia. C'erano tantissimi trucchi utili in tutti i videogiochi che più o meno si ripetevano sempre, come trovare l'arma giusta, potenziala e parlare con gli NPC.
Le prime volte perse quasi all'inizio, alla quarta ingranò e capì i meccanismi principali e rimasi a fissare lo schermo con interesse. Con la mia build e i doni che riceveva arrivò prima di me al fatidico scontro con Ade. Ne fui quasi innervosito.
Eravamo stesi entrambi sul letto, senza scarpe, e io gli stavo urlando di lasciare perdere i doni di Afrodite (la riteneva troppo sexy per ignorarla) e sbrigarsi a scendere nel Caos per avere nuove tecniche, Kiral spalancò la porta della stanza e marciò dentro. Si guardò intorno e, dopo averci visto entrambi stesi sul letto, la sua faccia diventò rossa.
«Tu!» Puntò il dito su Azrael e poi, molto lentamente, verso di me. «E tu. Siete nei guai.» Azrael mi fece saltare il controller in mano e alzò le braccia sopra la testa, usandole come cuscino. «Ti avevo mandato qui a controllare che stesse bene e non sei più tornato. Dovevi pensare tu ai cuccioli oggi! E tu perché non sei andato a lezione?»
Sbattei gli occhi, cercando una scusa. «Ero con Nanni. Mi sono stancato e sono...»
Nanni sbucò alle sue spalle con una tuta da ginnastica. Le mie uniche vie di fuga erano state tagliate via, nonostante le avessi fatto cenno di stare al gioco. Cogliere i segnali non era una qualità innata di Nanni, perciò quando mamma si voltò e le domando se fossi stato con lei, disse di non avermi mai visto.
«As. C'è una cosa che io non tollero affatto e sono le bugie. Le odio. Le considero un tradimento a tutti gli effetti. Ti ho dato fiducia, non calpestarla o non potrò più crederti. E... diamine, Azrael! Sei indicibile, pensavo fosse stato male, che fosse scappato...»
Azrael rise di gusto. «E dove? Ha le gambe corte!» Gli diedi un pugno. «Eravamo qui a giocare a Hades. Guarda, Kiral, Caronte ti somiglia un sacco!»
Resistette alla tentazione di evocare la sua Holies e puntarci la lama alla gola, strinse le dita nell'aria e lasciò andare un poco di magia, pungente e dolce, simile alla vaniglia. Le particelle di Kiral erano sottili, più chiare rispetto a quelle di Azrael ed entrambe si attraevano, sebbene fossero opposte.
Strinse le labbra e si rilassò. «Ti devo parlare» ringhiò. «Da soli.»
Gongolai. «Sei nei guai» lo presi in giro sottovoce.
Mi tirò un pugno. Leggero. Mi sistemai gli occhiali e li pulii, nel frattempo Nanni sgusciò nella mia stanza e la studiò da cima a fondo. Sapevo che molti dei ragazzi vivessero in camerate comuni, secondo Thor stimolavano la creazione di legami di amicizia e collaborazione – io al contrario sapevo di lotte per i bagni e guerre contro chi russava.
Sentii Kiral commentare aspra l'atteggiamento di Azrael, del fatto che mi stesse trattando come un amico e non come un figlio, e che fosse stufa di fare la parte del genitore cattivo. Un altro ragazzo sarebbe stato messo in punizione, avevo saltato una lezione senza un apparente motivo logico per giocare ai videogiochi e Azrael era stato troppo buono. Matthew mi avrebbe ritirato per un mese ogni aggeggio elettronico, compreso computer e telefono.
«Nanni!» ribadii. «Ti avevo fatto cenno di reggermi il gioco, cazzo!»
Lei non ci arrivò. Quasi nessuno di loro capiva le antifone. «Ti aspettavamo a lezione e non ti sei presentato. La Somma Kiral mi ha chiesto se ti avessi visto e ho detto la verità.»
Alzai una mano e la sventolai in aria, lasciando perdere la faccenda. Nanni restò ferma e osservò curiosa il televisore con la faccia di Thanatos in bella vista, le comodità per la sua razza erano sempre state fuori dal mondo. Aveva fatto parte di una tribù che viveva tra gli alberi, perciò un letto comodo era una soddisfazione più che piacevole per lei. I Cacciatori e i Demoni avevano perseguitato la sua razza a lungo e non aveva mai osato attribuire a me alcuna colpa. In quello fu un'ottima amica.
«Oh!» cantò. «Cos'è quello? Uno strumento?» Indicò la custodia aperta in cui tenevo il violino, al sicuro sotto la scrivania. Lo presi e glielo mostrai. Lo sfiorò con gli occhi brillanti e fece vibrare una corda. «È molto simile al liuto. Mio papà lo suonava sempre.»
Mi domandai: che diamine è un liuto? «È un violino.»
«Puoi suonarlo?»
«Ora?»
Annuì e io sospirai. Non era che non avessi voglia di farlo, ma ero stato alzato tutta la notte davanti ad uno schermo brillante a premere minuscoli bottoni per combo invincibili, quindi le mie facoltà motorie e mentali erano rallentate oltre la metà. Avevo voglia di mettere sotto i denti qualcosa di solido e mi trattenni dal mandarla a quel paese perché sentii i miei genitori discutere.
Mi affacciai al salotto. «Posso suonare un po' per Nanni?» domandai.
Azrael stava cercando di scusarsi animatamente e Kiral lo bloccò, dicendo che le stesse bene purché non facessimo troppo baccano. L'unico motivo per cui acconsentì fu che non volesse farmi sentire la strigliata.
Nanni si sedette per terra e io accordai le corde, mi sedetti a gambe incrociate sulla scrivania e iniziai a suonare. Evitai di eseguire qualcosa di troppo complesso e mi limitai ad usare note lunghe, basse e soavi. Per quanto ci provassi, ero concentrato sulla conversazione tra Azrael e Kiral e mi dispiaceva averli messi l'uno contro l'altro per un semplice videogioco. Alla fine ripensai anche a Matthew e Emma.
Smisi di tenere tra le mani l'archetto e posai il violino a terra, scoraggiato. L'avevo preso in mano il giorno stesso in cui avevo cambiato vita, promettendo a me stesso di trovare una strada da percorrere per rendere la vita di tutti migliore. Da quel giorno non era cambiato nulla.
Mi afflosciai sulle ginocchia in un sospiro pesante. «Ho combinato un bel guaio» guaii.
«L'assemblea dei satiri non ha potuto giudicarti per l'effetto divino» disse Nanni con voce impastata.
Alzai gli occhi. Nanni era seduta a terra e i suoi occhi erano persi nel vuoto.
«Che hai detto?»
«L'assemblea dei satiri non ha potuto giudicarti per l'effetto divino» ripeté. «Tu sei il cucciolo infernale, il sangue del potente Re degli Inferi scorre in te.»
«Il nonno?» feci eco, iniziando a spaventarmi per il suo tono. «Mamma! Credo che Nanni...»
Lei non mi sentì.
«Porterai sventura e rovina al mondo. Non sarai più un cucciolo e nemmeno lei. La guerra è vicina» continuò assorta, fissando il morbido tappeto bianco.
«Lei chi? Quale guerra?» Saltai giù dalla scrivania e mi avvicinai.
La toccai, o almeno le sfiorai appena la spalla; i suoi occhi si spalancarono di terrore e la sua bocca prese una grande boccata d'aria, come se fosse stata sott'acqua per un tempo lunghissimo. Mi mise a fuoco e la sua fronte si imperlò di sudore, balzò in piedi e alzò le mani, impugnando il suo kunai di metallo.
«Mi hai incantato, Demone!» mi accusò. «Non puoi usare la magia su qualcun altro così!»
Le stetti distante, sapendo bene che mi avrebbe attaccato se mi fossi avvicinato. I suoi occhi erano quelli di un cervo alla vista dei fanali di un'auto, era accecata dalla paura di ciò che aveva visto e in qualche modo ne ero responsabile.
«Calmati, Nanni! Io non ho fatto nulla!» replicai. «E... se l'ho fatto, mi dispiace.»
Le sue labbra tremarono. «Ho visto... le fiamme» sussurrò senza fiato, piangendo.
Kiral e Azrael corsero da noi allarmati e il Demone afferrò il polso della ragazza. Il falcetto le cadde dalle mani e non se ne accorse nemmeno da quanto fosse spaventata. Tremava e si gettò su Kiral, abbracciandola.
«Mi ha incantata» biascicò a disagio. «Ha iniziato a suonare quella cosa e ho sentito tanto sonno. Ho visto il mio villaggio bruciare e poi il mondo. Ho visto la sua aura, Kiral, lo giuro!» ansimò.
Azrael e Kiral mi guardarono confusi. Vedevano un ragazzino di sedici anni, deboluccio e con degli spessi occhiali sul naso. Se fossi stato forte lo avrei dimostrato.
«Il suo animo è in conflitto, le fiamme lo stanno assalendo» disse Nanni. «È ovvio che non riusciamo a vedere l'aura di As: essa ci circonda completamente.»
Dopo quell'evento il mio rapporto con Nanni diventò più teso. Per quanto tentassi di scusarmi, di dirle che qualunque cosa io avessi fatto non era voluto, preferì allontanarsi gradualmente da me. Non le domandai mai cosa avesse visto con l'esattezza, sapevo che il suo villaggio era bruciato, però ciò che aveva visto dopo mi turbò. E anche a Kiral. Aveva visto me su un mondo bruciato, insieme ad un'altra persona misteriosa camminavamo tra la cenere e i pianti degli umani che avevamo brutalmente ucciso senza rimorso.
Io non ero così. Sapevo di non essere una bella persona, ma non avrei mai fatto del male a qualcuno di mia iniziativa, tanto meno uccidere. Quando ne parlai a Kiral mi disse che il concetto stesso di uccidere era troppo relativo, la morte era un'esperienza, un frutto stesso della vita che non aveva senso negativo. Aveva giurato di non far del male ad alcuno e si era travestita da Morte stessa.
Il fato di un Demone era talvolta triste e solitario e ciò che aveva visto Nanni poteva definirsi il mio futuro. Sarei stato potente. Era ciò che volevo. E un assassino.
Kiral e Azrael mi chiesero di tenermi lontano dai corsi di addestramento e diedi loro retta. Dare problemi a loro o intimidire Nanni non erano ancora cose che mi piacevano. Sithi continuò ad essermi amica, ma a lei non interessava niente in particolare.
Un giorno dopo la colazione trovai Zero per i corridoi. Non era la prima volta che lo vedevo dopo la nostra sfida andata male, lui era sempre impegnato altrove e faceva di tutto per evitare chiunque, a parte Ru. Se Ru era da qualche parte, Zero era nei paraggi.
Camminava veloce e aveva il viso sporco di terra. Borbottava delle imprecazioni tra i denti e decisi di bloccarlo, anche perché non avevo di meglio da fare. Mi parai sulla sua via e lui sobbalzò, preso alla sprovvista.
«Lo hai trovato?» domandai. Gli indicai la guancia. Aveva un taglietto fresco. «Intendo il Wend...»
«Ma sei del tutto scemo?» commentò a denti stretti. Si guardò intorno. «Diciamo così...» Lo pregai di dirmi altro e non se lo fece ripetere. «Ho trovato dove aveva la tana, speravo di scovarlo, ma... ne ha diverse sparse in giro. Scava delle gallerie per stare al buio, alcune sono vicoli ciechi e ci aveva messo persino delle bacche velenose. Ha sparso il suo odore per le vallate intorno, è diventato invisibile.»
«Oh» feci piano. «Quindi sei caduto in una delle sue trappole.» Lui arrossì, strofinandosi la faccia sporca. «Tuo padre ti stava cercando, a proposito. Sei scappato di nascosto, vero? Ti conviene spalmare un po' di fango sul collo.»
«Sei davvero spiritoso» ringhiò furioso.
«Dico sul serio. Hai un succhiotto» considerai divertito e, persino sotto a quello strato di sporco, le sue orecchie diventarono fumanti. «Ti piace farlo nei boschi?»
Mi spinse, un modo gentile per dirmi di farmi i fatti miei e, nel frattempo, ringraziarmi di avergli evitato una lezione da Joseph. Il problema di Zero era il temperamento, era forte e simpatico – quando era di buon umore – ma troppo impulsivo ed egocentrico, come suo padre.
Gli proposi di farsi una doccia in camera mia, almeno di togliersi l'odore di terriccio fresco e pelo di Wendigo e, con mio stupore, accettò. Lo portai nelle mie stanze e lo aspettai in salotto, piuttosto in imbarazzo, e dovetti dargli persino i miei vestiti. Era un poco più basso di me, decisamente più muscoloso.
«Grazie, As. Dico davvero» mormorò. «Non sei male per essere un Demone.» Feci spallucce. «Ho sentito che hai incantato Nanni.»
«Non l'ho incantata» risposi in panico. «Mi ha chiesto di suonare una canzone con il violino e l'ho accontentata. L'ho fatto per anni, credimi, con tantissime persone davanti e non è mai successo una cosa simile. Se fossi stato capace di usare la magia l'avrei usata per avere buoni voti a scuola.»
Non afferrò la battuta. Vivevamo in mondi troppo diversi. «Sai, i Demoni soffrono alcune frequenze. Suoni troppo acuti nello spettro li agitano e li fanno confondere, l'Esercito usa queste tattiche per catturarli. Batterli in uno scontro alla pari è impossibile. I Demoni odiano Bach.»
Arricciai il naso. Sebastian Bach lo consideravo un genio della musica. «A me piace.»
Zero si sfregò il mento. «Ad essere franchi non ho mai sentito che un Demone potesse ascoltare simili melodie. Anche Kiral ne soffre. Quando è stata attaccata dagli Angeloid hanno usato delle alte frequenze per indebolirla, è sopravvissuta per miracolo. Qualunque cosa tu abbia fatto è legata al tuo potere innato, una specie di dono magico.»
Feci una smorfia. «Zero, te lo ripeto. Non so usare la magia.»
Scosse il capo. «Non serve saperla usare. La magia è qualcosa che hai o non hai, trova sempre uno sbocco. Nella tua vita ti è mai successo qualcosa di strano che non hai mai saputo spiegarti?»
C'erano state troppe cose strane nella mia vita, dalle visioni che avevo fino alle cose più semplici. A casa mi era capitato tante volte di lasciare una cosa in un posto e, poco dopo, ritrovarla in un altro senza che nessuno la spostasse. Per non parlare di quando Jackson Groove mi aveva fatto lo sgambetto in classe e dopo si erano ritrovati tutti senza lacci.
«Cosa hai pensato quando hai suonato il violino?» mi domandò insistente.
«A mio padre ed Emma. Lei è... la ragazza che mi piace. Stavo pensando che non l'avrei più rivista e mi sono sentito...»
«In trappola» mi anticipò. Annuii. «La magia è un'arma difensiva, spesso si attiva in modo automatico per aiutarti. Fa ciò che tu non sei in grado di fare. Le tue preoccupazioni le hai infondate a Nanni e si sono mescolate con le sue memorie. Per il resto non saprei...»
«Lo ha detto in giro?» Mi grattai il braccio.
Contò sulle dita. «Nanni lo ha detto a Jenos. Jenos a Kai. Kai a Sithi e Sithi a tutti.»
Se era così allora persino il consiglio dei satiri ne era venuto a conoscenza e mamma era finita nei guai. Era considerato un attacco al rifugio, anche se non sapessi cosa fosse successo o non volessi fare del male? Da un Demone era una scusa patetica.
«Non volevo farle del male» affermai.
«Lo so e lo sa anche lei. La gente è solo... stupida» parlò, fissandomi. «Prova a farlo con me.»
Mi suonò come una trappola. «Sei stupido? Tuo padre mi farebbe saltare la testa!»
Ero curioso oltre ogni dire di scoprire se avessi qualcosa di speciale in me e Zero era l'occasione perfetta, era addestrato e pronto per ogni problema. La vera punta velenosa era suo padre, l'avrebbe interpretata come una dichiarazione di guerra tra me e Zero, per di più avrei messo nei guai Kiral.
Zero si sedette a terra con le gambe incrociate e posò le mani sulle ginocchia, pronto. «Cuciti la bocca e siediti.» Strinsi le labbra, ingoiando la pretesa di parlare ancora. Mi sedetti davanti a lui. «Dammi le mani.» Feci una smorfia disgustato e lui me le afferrò.
La sua pelle era rovente, uguale a quella di Chloe. I Licantropi avevano una temperatura corporea molto elevata, derivante dal fatto che ad Arcadia, la loro terra natia, all'inizio dei secoli era una landa ghiacciata e si erano evoluti per contrastarla.
Zero chiuse gli occhi e io cercai di fare lo stesso.
«Ora ripensa alle emozioni che hai avvertito» disse serio, concentrato. «Pensa a te. Ai tuoi genitori e a quella ragazza umana.»
Feci mente locale e pulii il cervello ad ogni impurità rimasta. Per quanto ci provassi, la preoccupazione di aver fatto qualcosa di grave a Nanni e a Kiral rimase ferma e diversi scenari orribili mi annebbiarono gli occhi. Immaginai di vedermi abbandonato di nuovo, di essere ucciso e poi, come una fiammella che diventa un fuoco, le mie ansie mi avvolsero le membra, mi pizzicarono e crearono una bolla nel petto, pronta ad esplodere.
Zero tremò e in quel momento la porta della camera si aprì. Azrael si irrigidì quando ci vide a terra e Zero mollò la presa a scatto, sgusciando via con imbarazzo.
«Volete che ripassi più tardi o vi serve un pre...» iniziò a scherzare e Zero scosse la testa.
«Cresci un po', Lord del cazzo» sibilò fuori di sé e marciò fuori senza degnarmi di uno sguardo.
Salutai per sempre l'idea di essergli amico. Azrael ridacchiò, contento di aver innervosito l'ennesima persona.
«I Demoni sono creature a sangue freddo, penso sia normale che ti piacciono le creature calde, As. Tua madre è fuoco per me» ammiccò e io mi tappai le orecchie. «Io non giudico, bramiamo il piacere oltre l'esistenza stessa. Precludersi i piaceri di un sesso è triste.»
Sbattei il piede a terra. «Papà!» berciai paonazzo dall'imbarazzo e dalla rabbia.
Pensare che Zero flirtasse con me era impossibile e mi preoccupò molto più Ru, anziché i pensieri degli altri. Non stavo già simpatico a Joseph, mi sopportava solo per fare un piacere a Kiral e Azrael, se avessi osato sperimentare la mia sessualità con suo figlio mi avrebbe impiccato.
La mia grandiosa vita sentimentale si fermava agli otto anni, quando avevo dato il mio primo bacio a July Bowles dopo la recita scolastica dietro la scuola. Lei non mi piaceva nemmeno, volevo solo baciare una ragazza.
Evitò di aggiungere altro perché lo chiamai con quell'appellativo e gli fece piacere. Azrael era molto strano, non lo avrei definito un tipo devoto alla famiglia e a tali valori, l'opposto della famiglia Klee, e nello stesso momento si intenerì del fatto di averlo riconosciuto come una figura paterna. Per quanto mi riguardava non mi faceva differenza chiamarlo in modi specifici, era semplicemente abitudine.
«Vieni un attimo con me» fece sbrigativo, indicando il corridoio esterno.
Sono nei guai, pensai, fino al collo.
Lo seguii e pensai velocemente a tutte le cose che avessi fatto: avevo spaventato a morte Nanni (ma, ehi, non era colpa mia!), iniziato a marinare le lezioni ed evitare gli altri ragazzi. Mi strizzai la pelle del polso camminando, immaginando le future prediche.
Azrael mi portò nell'ala privata, quella adibita solamente alle lezioni di attacco mentale, psichiche, piene di strumenti di tortura tecnologici e all'avanguardia. Avevo rifiutato di sottopormi a quella preparazione mentale, il mio passato era noioso e volevo lasciarmelo alle spalle.
Pensai al peggio, al fatto che il consiglio dei satiri avesse deciso che fossi una minaccia e che avessero obbligato Kiral a cacciarmi. Tornare a casa mi sarebbe piaciuto, ma il pensiero di staccarmi per sempre da quel mondo, il mio mondo, mi fece salire il vomito.
Ad attendermi in una delle stanze di riunione, uguale a quella in cui avevo visto per la prima volta Kiral, c'era un singolo satiro: era alto tanto quanto un essere umano di media statura, con coda e zampe caprine. Delle piccole corna sbucavano sotto l'ammasso di riccioli scuri, la sua pelle era dello stesso colore della terra arida. Odorava di fiori, legno e vino.
«È lui il ragazzo?» domandò il satiro con voce lenta e calda.
Tremai e mi fece un sorriso pacato, facendomi intuire che non fosse lì per portare cattive notizie. Mi sfiorò le spalle e mi annusò, girandomi intorno.
«È uguale ad un essere umano, in tutto e per tutto, Kiral. Lo avevi lasciato in quel mondo affinché crescesse puro e imparasse le virtù morali che a volte mancano nella nostra razza. Cosa ti turba ora? Hai avuto ciò che chiedevi» parlò.
«Ha usato la magia, Alfie. As perde il controllo e il quelle occasioni la sua aura pulsa. Nanni giura che As lo ha incantato, ma lui non sa di averlo fatto» commentò Kiral seria.
«Volente o meno lo ha fatto» continuò Azrael. «Ha del potenziale. Vogliamo sapere se ne sei in grado.»
Il satiro emise un grugnito caprino, simile ad una risatina. «Certo, senza alcun problema. Avete liberato i nostri campi dagli spiriti, è il minimo che possa fare.» Si girò verso di me e si inchinò. «Il mio nome è Alfie, sono il satiro mentore dei cuccioli della parte est del continente. Sono anche un abile maestro di magia e, se me lo permetti, vorrei conoscerti meglio.»
Evitai di dirgli che la frase era alquanto ambigua. «Sarebbe un piacere, però non so se sarei utile» gli rivelai in un balbettio.
Legata alla vita c'era una cintura di juta da cui pendevano delle saccocce tintinnanti, uno strumento a fiato pendeva da una di queste. Era simile ad un flauto, con un tubo di legno intagliato a mano grezzamente.
«Anche io suono!» esclamai. «Cos'è? Sembra un flauto.»
Alfie lo staccò e me lo porse. Era leggero e ruvido.
«Si chiama aulòs, è lo strumento preferito da noi satiri. Con la musica elargiamo la nostra magia, il dio Pan ci ascolta tramite queste e ci dona di fiorenti raccolti. Lui stesso reincarna lo spirito selvaggio della natura» mi informò saggio, gongolando del suo stesso sapore.
Cercai di non fissargli troppo le zampe caprine, ricoperte di pelo sporco. «Pensavo che ci fosse un unico dio» replicai.
«Ci sono molti dei» disse Kiral. «Dei buoni, dei crudeli, dei giusti o assenti. L'origine del creato intero deriva dai due albori, il bene e il male, Dio e Satana. Costoro reggono i piatti della bilancia cosmica, tengono insieme i pezzi del cosmo ed impediscono al caos di entrare nella nostra dimensione e divorarla. Con la venuta degli uomini hanno dato vita ad altri dei ed esistono tutti, le loro preghiere hanno dato vita a nuovi personaggi che reincarnano a loro volta poteri diversi. Thor deriva dalla mitologia norrena, Pan da quella greca. Gran parte di loro esisteranno finché gli umani penseranno a loro. Molti, con il passare dei secoli, sono morti.»
Strinsi le labbra, immaginando a quanto fosse triste vivere sotto le finte spoglie di un essere divino, avere fantastici poteri, compiere avventure e poi morire lentamente senza poter far nulla. Ero conscio che l'umanità si fosse evoluta verso una direzione precisa e, stando a stretto contatto con quegli esseri, non potei che provare una forte depressione per tale destino. Forse, tra un millennio, persino Alfie sarebbe morto.
Il satiro mosse la coda e strizzò gli occhi per inquadrarmi. «Ti andrebbe di sentire della musica, As?» Io annuii felice. «Scommetto che non hai mai sentito le ninnananne dei satiri.»
Kiral mi fece una carezza sulle spalle e mi tirò a sedere. Alfie si mise davanti a me e i miei genitori si schierarono di fianco a noi, rimirando con attenzione la scena con sguardo mesto, pieni di pensieri.
Le mani iniziarono a sudarmi, pensando che dovesse trattarsi di qualche test e il mio istinto mi diceva di stare all'erta, che non fossi affatto al sicuro con quella creatura dei boschi. Mi fidavo poco.
Iniziò a suonare e lo fissai perso, rapito da quelle note. Alfie era un abile musicista, le sue dita si muovevano rapide sui fori del flauto, il suono era puro, limpido ed incantevole come il canto di un uccello. Davanti ai miei occhi si formò un sogno e mi sembrò così reale, la melodia mi ricordò un bosco antico ed un fuoco che bruciava. Le figure infuocate dei satiri ballavano in cerchio e le onde di quelle illusioni mi annebbiarono la vista e le membra.
Ci fu un attimo di oblio, il mio cervello si spense e, immediatamente, venni riportato a galla da una scossa nel profondo dell'animo. Un'ombra si mosse davanti a me e afferrai il polso del satiro prima che potesse toccarmi la guancia.
«Oh» commentò stupito. «Questo è curioso.»
«Che cazzo...» mormorai e mi strofinai gli occhi, spostandomi a scatto da lui. «Tu mi hai...»
Avevo la testa leggera, libera dai futili pensieri e la sensazione era sgradevole. Mi parve di non potermi concentrare su niente.
Guardai i miei genitori disorientato. «Perché glielo avete lasciato fare? Mi sentivo...»
«Ho provato ad incantarti» disse il satiro guardingo, pulendo il suo strumento e se lo legò alla cordicella. «Non ha funzionato.»
«Antimago?» provò Azrael, affilando lo sguardo infuocato.
L'opzione non sembrò rallegrarlo e per mia fortuna Alfie negò. «No. La magia lo attacca come ogni altro essere vivente, è solo che si rende conto delle illusioni e se ne libera. È una cosa che non ho mai visto in verità. Di solito le visioni sono come le sabbie mobili, per risvegliarti devi compiere un atto estremo per interrompere il flusso.»
Kiral mi gettò un'occhiata turbata. «Il dono di As lo uccide.» Alfie annuì. «Lo uccide e poi l'istinto lo sveglia. Questo è oltre l'antimagia o magia.»
«Il Re, tuo padre, aveva lo stesso dono, o sbaglio?» domandò il satiro e il Demone ringhiò, emettendo un gutturale suono in gola. «Ho sentito qualcosa quando ho provato a toccare As, volevo assicurarmi che si fosse addormentato e appena mi sono avvicinato mi ha avvertito. Il suo istinto di combattimento latente è più forte di quanto voi due crediate. Deve essere addestrato. Se il ragazzo è d'accordo lo prenderei con me.»
Tutti mi rivolsero gli occhi addosso e io abbassai le spalle, non avendo altre possibilità. Nella migliore delle ipotesi, rifiutando, sarei rimasto nel mio limbo di videogiochi, passività e noia per anni. Nel peggiore dei casi avrei perso il controllo, presto o tardi.
Se Alfie avesse usato il termine "cucciolo" al posto di "ragazzo" avrei avuto molto meno riguardi. Ero curioso di sapere di mio nonno, il Re, perché Azrael lo odiasse e come mai io gli somigliassi molto. Avrei ottenuto le risposte che cercavo.
«Ci sto.»
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