VII

(Joseph McKingsley)

Zero camminò avanti, filando dritto fuori dalla biblioteca e io lo osservai inebetito, prima di realizzare di doverlo seguire. Il mio corpo ancora fremeva per la scarica d'energia che avevo appena ricevuto, mi vibrava nelle membra come un'eco e mi faceva andare a fuoco le dita delle mani. Avevo una voglia di seguire quel tipo pari a quanta ne avessi di studiare fisica e continuai a muovere i piedi solo perché gli altri, dietro di noi, ci imitarono.

Raggiunsi Zero e lo sentii fare un silenzioso sospiro. Non ero mai stato un tipo molto popolare o socievole, i miei unici contatti si limitavano ai team nei giochi di cooperazione o alle community di mio interesse online. Forse i Demoni erano come me, freddi e isolati e Zero presagiva questi tratti senza che parlassi.

«Quindi io e te siamo uguali?» borbottai per rompere il ghiaccio.

Lui mi rivolse un'occhiata ironica, come se stesse dicendo "stai scherzando vero?" e strinsi le labbra, pentendomi di aver aperto bocca. «Siamo solo simili a specchio, ma non siamo uguali. Tu sei l'incrocio tra un Demone e... un altro Ibrido. È Kiral quella che ha combattuto contro gli Angeloid, si è ribellata al sistema stesso dell'Inferno e del Paradiso, che ha combattuto Lucifero e si è sacrificata per la pace. Si è fatta valere in un mondo che l'ha odiata, tu sei solo...» Si mangiò la lingua pur di non usare termini offensivi.

«Sono suo figlio.» Roteò gli occhi. «Non sarò da meno.»

«Io c'ero quando l'ho incontrata al Quartiere, prima della guerra, quando tu eri ancora nella sua pancia. Era un'eroina, una leggenda vivente, e non ha mai dovuto dimostrare il suo valore: sapeva chi fosse. Un Demone che dice di essere un Demone, As, non lo è davvero» mi bloccò.

Fu una specie di insulto e lo seppi. Forse non fu quella la sua intenzione, eppure mi sentii pungere in mezzo al cuore e il respiro si fece pesante. Desideravo mostrare a Kiral che fossi sul serio sul figlio, che fossi meritevole di stare al rifugio insieme a lei e ad Azrael, mio padre. L'idea di essere "troppo umano" mi fece girare la testa.

«E allora cosa sarei?» mi impuntai.

«Per ora un umano qualsiasi» borbottò. «Molte persone hanno investito su di te, spero solo che non ti rivelerai una delusione. A volte può capitare» ridacchiò. Gli chiesi perché. «Gli Ibridi hanno problemi nei geni, lo avrai capito anche tu. Siamo miracoli della genetica, casi unici, esseri che evolvono le caratteristiche dei geni predominanti ed escludono i difetti. Secondo le leggi non saresti dovuto nascere, quindi magari la natura ha sopperito alcuni doni. Mio padre è un Vampiro, lui non può stare alla luce del sole, ma io sì.»

«Non ti bruci?» Scosse la testa. «Peccato» sibilai tra i denti.

«Hanno detto qualcosa sulla caccia?» domandò per ignorarmi.

«No» risposi senza esserne certo e poi non volevo dargli delle informazioni. Mamma era preoccupata per una battuta di caccia ed era stato lo stesso argomento di discussione con quei buffi tizi il giorno prima. «C'è qualcosa che non va qui?»

Zero si guardò alle spalle per verificare che i suoi genitori non lo stessero tenendo d'occhio: Chloe e Kiral erano impegnate in una profonda discussione sul tempio della luna ad Arcadia, mentre Joseph fissava rapito il panorama norvegese oltre l'immensa vetrata sulla vallata.

Si tirò più vicino, biascicando: «C'è un Wendigo che se ne va in giro per i boschi. È da un po' che causa problemi, qui ad Odda credono che sia uno spirito maligno e ogni tanto appare. Falcia i raccolti, danneggia le auto, abbatte gli alberi e... ha aggredito dei bambini.»

«Cosa ha fatto?» urlai forte e Zero mi tirò uno scossone.

Joseph saltò sull'attenti e affrettammo il passo per distanziarli.

«Sei scemo? Chiudi la bocca o andranno su tutte le furie e se Kiral scopre che te ne ho parlato se la prenderà con me. È spaventosa quando si arrabbia» sibilò in un tremolio.

«Cosa è un Wendigo, una specie di Demone?» provai. Avevo giocato ad Until Down e Fallout 76 e sapevo, bene o male, come fosse fatto. «E perché si aggira qui?»

Zero alzò le spalle. «È un Demone a tutti gli effetti, anche se è di una specie differente. Si dice in giro che i Wendigo in realtà in passato fossero persone, nativi americani, e che alcuni durante i lunghi inverni per sopravvivere abbiano divorato altri compagni. Uno sciamano li ha maledetti e ora vivono di un appetito assoluto, più si nutrono e più soffrono la fame. Sono bestie orribili.»

«Sono simili ai lupi» gli ricordai. «E tua mamma è un Licantropo.»

«Ma' non è così brutta» mi rinfacciò offeso. «E poi i Licantropi sono cacciatori di gruppo, sono intelligenti ed astuti. I Wendigo sono come i lycan, creature mostruose che divorano ogni cosa, si curano solo dei loro impulsi. Sono venuto qui per dargli la caccia.»

Mi fermai e lui si impettì, notando che Joseph ci stesse tenendo troppo d'occhio. Sospettava che il vero intento di Zero non fosse di mostrarsi gentile o premuroso con me o Kiral, benché la vedesse come una figura da seguire: Zero voleva seguire lui stesso gli istinti di caccia, dimostrare a suo padre che fosse migliore di lui. Era un atteggiamento insensato.

«Allora non ci riuscirai» commentai.

Si strinse nelle spalle. «E come fai a saperlo?»

Ero il figlio di due temuti Demoni, alcune cose le sapevo e basta.

Per mia fortuna non dovetti dargli altre spiegazioni, sentii la voce di Azrael venire da un altro corridoio e alcuni secondi dopo ci raggiunse insieme ad un altro ragazzo. Era più alto di me e Zero, con spalle forti e robuste. La sua carnagione olivastra cozzava con i suoi denti, di un bianco brillante, gli occhi bruni.

Le sue particelle, appena furono abbastanza vicine, schizzarono verso quelle di Zero e si misero a ruotare verso di lui, attratte come un magnete. Vibravano e avevano un colore intenso, brillante, e un forte odore di cane.

«Ho trovato un intruso» esclamò Azrael, dando una pacca al ragazzo. Il fiato gli andò per traverso e finse di stare bene. «L'ho trovato che stava scavando una buca per entrare nel rifugio, stava spaventando tutta la selvaggina. As, lui è Ru. È un Licantropo di Arcadia.»

Ru fece un salto in avanti e fissò Zero con disapprovazione, facendo emergere un sorrisetto sornione e furbo. Le guance gli diventarono più rosse di un peperone e strinse le dita sulla maglietta, nel frattempo che Kiral, Chloe e Joseph ci raggiungessero.

«Che cazzo ci fai qui, Ru?» lo attaccò Joseph in un ringhio. «Glielo hai detto tu?»

Zero scosse la testa in imbarazzo e Ru lo difese. «Sai che non posso stargli lontano, succhiasangue. Non fare quella faccia, o ti verranno le rughe. Io sono ancora nel fiore degli anni» si vantò. Mi notò e inclinò il capo. «Oh, e la deliziosa creatura è?»

«Nostro figlio» disse Azrael e io sorrisi un po'.

«Il ragazzino che avete lasciato agli umani?» ripeté meravigliato. Azrael si incupì. «Noto la somiglianza, in effetti. L'odore leggermente meno, profuma ancora di carne fresca. Sei un principino, anche io lo sono. La mia famiglia proviene dalla stirpe reali dei lupi neri dei sud.»

Inclinai il capo con fare curioso e divertito, Zero e Chloe alzarono gli sguardi al soffitto, pronti a sorbirsi un'altra storia noiosa. «Sei il figlio di un re?» domandai, fingendo interesse.

«Be', no, io derivo da...»

«Allora non sei un principe» sentenziai.

Ru si mangiò le labbra e Azrael si trattenne al massimo delle sue capacità per non soffocare nelle risate, tra lo sguardo spiazzato di Zero e quello sofferente di Kiral. Ero in una situazione spiacevole, probabilmente anche Ru, come Zero e Joseph, erano molto più vecchi di me e avevano partecipato alla guerra a New York. Portare rispetto non era tra le mie qualità principali.

Pensai di ricevere una strigliata o qualcosa di simile, ma Ru alzò le spalle e lasciò che la frecciatina gli scivolasse via con nonchalance. Si voltò verso Azrael e scosse il capo. «Ora vedo di più la vostra somiglianza. È petulante come te, Lord Azrael» scherzò.

La faccia di Joseph, al contrario, era tirata. Avevo già visto quell'espressione prima di allora, era la stessa di papà quando, a quattordici anni, ero uscito di casa di nascosto per andare al concerto dei Metallica: amareggiato e furioso. Se non ci fossimo stati fui certo che avrebbe alzato la voce contro Zero e Ru.

«Non può stare qui» mugghiò Joseph. «Io e Chloe abbiamo accettato l'invito di venire, omaggeremo il nostro giuramento di proteggere i rifugi. Lui... non ha alcun diritto di restare.»

Gli occhi di Ru lampeggiarono e per un momento mi parve di intravedere dei canini sporgergli dalle gengive, simili a quelli di una belva, e la stazza aumentare. Zero saltò in mezzo e lo allontanò, sperando di non vederli litigare. Io mi domandai in realtà chi fosse più forte tra un Licantropo e un Vampiro. Scommisi su Joseph cento dollari, era furioso.

«Calmati» disse Kiral, alzando una mano per distrarlo. «Ru è una creatura protetta, come tale può accedere al rifugio ogni volta che desidera. È un guerriero, proprio come te. Ciò che fa fuori con il suo temperamento non è affar mio, o tuo.»

«Riponi l'ascia di guerra, Joe, sono passati più di vent'anni» esclamò Chloe, strizzandogli una guancia con fare affettuoso. «E poi si renderà utile, vero? Ci sono nuove reclute da addestrare e territori da pattugliare, scommetto che Ru si offrirà volontario.»

Ru si guardò intorno. «Veramente ho altri pia...» Chloe lo fulminò. «Oh, intendevo dire, come no. Sono sempre felice di rendermi utile in qualche modo!»

«Lo metterò al lavoro lontano da te» garantì Kiral.

Ru corse subito da Zero e tentò di avvicinarsi più del dovuto, mettendolo a disagio. Il ragazzo scivolò alla mia sinistra e finse che gli stessi raccontando il più glorioso dei racconti, per quanto fosse preso a tirarmi e andarsene da quella situazione imbarazzante. Cominciò a parlarmi di Arcadia, l'isola natia della stirpe antica dei Licantropi. La sua posizione vagava all'infinito ed era circondata da un mare ricolmo di mostri da cui si poteva scappare solo tramite portali verso la terraferma umana.

Sithi e la sua amica di cui non ricordavo minimamente il nome, quella bassa con due orribili codine alte sulla testa, ci tagliarono la strada e saltellarono accanto a Zero, iniziando a straparlare. Rimasi in silenzio con un brutto mal di testa.

«Vuoi venire a giocare con noi a carp? Oh, ti prego, con te vinciamo di sicuro. Kai ci prende sempre in giro!» lo pregò Sithi. Zero mi lanciò un'occhiata. «Può venire anche As. Lord Azrael, la prego, ci faccia giocare.»

Azrael si trattenne dal rispondere a sproposito e lo fece per analizzare la situazione. La prima questione di suo interesse – e non lo avrebbe mai ammesso – era quella di verificare le mie qualità in battaglia ed allenarmi. Era anche la mia e davvero, con tutto me stesso, volevo rendere giustizia al nome dei miei genitori, nonostante questo il suo sguardo era leggermente preoccupato.

Carp, e me lo spiegò Ru in breve, era un gioco basato sulla velocità e la forza fisica. Non c'era scampo per le creature più deboli e, spesso, le squadre tra amici erano sproporzionate: si giocava in gruppi del medesimo numero, non c'era una regola fissa, e lo scopo era quello di tirare le palle oltre gli avversari, contro un muro. Se la palla toccava un nemico e cadeva a terra, prima o dopo del tocco, si eliminava il giocatore. Lo scopo era quello di bloccare le palle prima che segnassero punti sulla parete ed eliminarli.

«Oh, è tipo palla avvelenata» dissi. Sithi e l'altra fecero delle facce confuse. «Ci giocavo un sacco a scuola.»

«È un gioco violento» asserì Ru. «A me hanno rotto alcune ossa varie volte e le mie sono d'acciaio, ragazzino. Kai è un troll. È ovvio che sia imbattibile, la sua razza si basa sulla forza fisica. Sithi e Yina sono delle comune bestie dei boschi.»

Mi feci avanti. «Voglio giocare» asserii pieno di me.

Azrael fece un enorme sorriso compiaciuto, segno che dovessi aver detto la cosa giusta. Il suo ego era enorme e voleva crogiolarsi nel pensiero di avere un figlio simile a lui, imbattibile e coraggioso. Papà diceva che a volte l'audacia fosse la virtù degli sciocchi.

Andammo tutti insieme nella palestra, un ambiente ampio quanto un campo da football con pareti rivestite con lastre dure e bianche, quasi lucide. C'erano tantissimi attrezzi con cui allenarsi, corde, sacchi da boxe, manichini pieni di spine e pesi, c'era anche un'armeria fornita con ogni tipo di arma letale, dai pugnali alle spade.

Corsi verso le spade con eccitazione e Kiral saltò in mezzo. «Fermo, Spider man, a quelle ci arriveremo più tardi.»

Non era preoccupata del fatto di darmi una spada con cui mi sarei potuto tagliare via un braccio, bensì di darmi un arma con altre persone vicino. I Demoni armati erano un bel problema e io, con i miei problemi, non facevo alcuna eccezione.

C'erano altri ragazzi intenti a darsele di santa ragione con delle mazze, saltando su un tappeto blu da allenamento. I due contendenti erano enormi, vere bestie di due metri, ed erano blu, con peli folti sulle braccia e sulle gambe. Si affrontavano violenti, con mazze grosse il doppio dei loro muscoli, e la folla accanto applaudiva.

«Odio i troll» borbottò Chloe. «Sono così...»

«Idioti» continuò Joseph. «Ehi! Smettetela e venite qui!»

I due ragazzi troll lo udirono bene e scelsero di ignorarlo, attaccando e schivando i colpi di quelle terrificanti mazze. Kiral saltò in mezzo al ring e bloccò la clava a mezz'aria senza alcuno sforzo, il troll le urlò in faccia e lei non si spostò, meravigliata dalla sua audacia. I ragazzi sotto il ring ammutolirono.

«Ho saputo che ti diverti ancora a prendertela con i più piccoli, Kai» lo accusò severa. «Sai che odio i bulli. E tu, Trand, ho saputo che hai dato un morso a Jackie.»

«Lei sfidato me!» commentò, colpendo il pavimento con un piede. Squadrò Sithi e lei fece un singhiozzo spaventato. «Ragazza uccello debole. Meglio come pollo sul fuoco!» Il suo amico rise.

«Basta così» terminò mamma stufa. «E non osare rispondermi, altrimenti ti rispedirò in quella landa ghiacciata dove ti ho trovato.»

Kai e Trand ammutolirono all'istante e chinarono le teste, spaventati. Mi dissero solo più tardi, e Yina lo fece per prenderli in giro, che i troll vivessero nelle terre antartiche tra freddo e desolazione. Vivevano in tunnel sotterranei e si cibavano di qualsiasi creatura si avvicinasse, dai pinguini ai leoni marini. La loro società si basava sulla violenza e chiunque fosse risultato debole alla nascita era abbandonato sulla superficie. Kai e Trand erano stati cacciati perché "troppo piccoli" rispetto ai loro simili, e quei due erano colossi di due metri e mezzo.

Kai abbandonò la sua mazza e venne verso di me. Aveva due paia di zanne prominenti che gli uscivano dal labbro inferiore, occhi neri e denti giallognoli. «Tu figlio di Kiral?» mi interrogò.

Palava la mia lingua con un accento strano, faticoso.

«As» dissi.

Mi aspettai una spinta o un altro ringhio, al contrario allargò le labbra e mi fece quello che presupposi fosse un sorriso. Azrael gli disse della partita a carp e i due troll furono felicissimi di farne una insieme a noi. I troll lo adoravano, era nella loro indole, e tracciarono le linee del campo e della metà, con tutti i segnalini nel mezzo.

Fecero le squadre da nove persone e, come avevo programmato, io e Zero eravamo avversari. Senza ammetterlo era la cosa che desideravo, potergli dare una lezione, sfogarmi e fargli abbassare quella stupida cresta da cretino.

«Zero bravo, ma tu figlio di Demone. Più bravo» disse Kai sottovoce per non far sentire agli altri. «Zero punta a colpire punti vivi, petto. Testa. Tu prendi palla. Se palla tocca muro scappa. Lui veloce.»

«Io sono più forte» gli garantii.

«Questo vediamo, cucciolo di Demone.»

Eravamo diciotto in campo, Zero e Trand capitanavano gli altri sette della loro squadra, mentre Kai metteva in posizione i nostri. Sithi era nel secondo gruppo e mirava solo a vincere. Per quanto non la considerassi, Kai mi appuntò alcune cose sulla sua razza: erano agili, fin troppo, e non avrei dovuto mirare ad eliminarli. La loro forza era scarsa, ergo non avrebbero potuto bloccare i miei colpi. Fare punti era la priorità.

Ru, Chloe, Joseph e Kiral si misero fuori dall'area di gioco, insieme agli altri ragazzi che si erano seduti a terra, in attesa dello spettacolo. Azrael mise sulla linea di metà campo quattro palloni di cuoio duro e i sette ragazzi alleati si disposero distanti l'uni dagli altri. Mentre Azrael stava ribadendo le regole, ripassai veloce le regole del gioco: colpire il muro per segnare un punto, colpire un nemico per squalificarlo. Non lasciare cadere la palla.

«Passa la palla a Kai» mi consigliò quello alla mia destra, un bellissimo ragazzo con le ciglia bianche e i capelli biondi.

Annuii distratto. Quello che volevo era tirare una pallonata in faccia a Zero, magari rompergli qualche dente. La cosa migliore era sfruttare quelle occasioni, quei giochi che erano stati ideati per quelli come noi, e lasciare che venisse a galla chi fossi davvero. Quegli odiosi ricordi, le emozioni, li lasciai scorrere liberi nella mia mente. Ero nel posto giusto.

Azrael diede il via e ci gettammo sui palloni. Kai ne arraffò uno, gli altri li presero per primi gli altri e l'unica cosa che fummo in grado di fare fu indietreggiare. Due proiettili velocissimi mi scivolarono sopra la testa e li schivai all'ultimo.

Kai, come avevo calcolato, sparò la palla contro il muro davanti a sé e per poco la incastrò nella parete. Il primo punto fu nostro e Zero recuperò il pallone da terra. Come avevo previsto mi lanciò un'occhiata spavalda e io restai immobile, pronto. Alzò il braccio e caricò il tiro.

La pallonata mi arrivò in pieno petto e fu come se qualcuno mi avesse sparato con un cannone tra le costole. Volai indietro e sbattei la schiena contro la dura parete dietro di noi, la palla mi cadde dalle mani e rotolai su un fianco, ansimando con gli occhi lacrimanti. Il torace mi bruciava da morire, lo sentivo spaccato a metà e l'aria era ferma in gola.

I ragazzi si fermarono tutti e corsero da me, persino Kai. Kiral e Azrael balzarono dentro il campo per soccorrermi. Io ero a terra con la faccia rossissima, mentre Joseph afferrò il figlio per i capelli e gli diede una seria strigliata.

«Come ti è saltato in testa di fare una cosa simile?» lo sgridò furioso.

Zero urlò e nessun altro osò reagire. «Non immaginavo che... lui...» ansimò.

Mi levarono dalla maglietta di dosso e sul petto avevo un enorme segno rosso. Prima di allora non mi ero mai fatto male sul serio, le malattie mi scivolavano addosso e ad ogni caduta mi rialzavo senza un graffio. Il colpo di Zero fu la prima batosta che ricevetti, fu peggio persino di un pugno in piena faccia di Jackson Groove.

Faticavo a respirare e Kiral mi massaggiò il petto preoccupata. Io volevo solo sotterrarmi; ero in mezzo ad una folla di ragazzi che mi consideravano un dio, il famoso figlio Ibrido nato da due Demoni, ed ero appena stato fatto fuori da una pallonata in pieno petto. Me ne infischiavo se Zero fosse forte o no, ero stato battuto ed era inaccettabile.

«Ehi, non ti sforzare» mi consigliò Kiral.

Rimasi sdraiato a terra con i ragazzi che mi fissavano straniti, preoccupati, Zero tratteneva le lacrime mentre Joseph e Azrael gli stavano urlando contro quanto fosse stato sconsiderato. Kai era quello più scioccato, studiò la palla con l'altro troll, domandandosi se quella sfera dura potesse contenere un elemento fondamentale alla distruzione di un Demone. Alla fine capì che il problema non fosse nella palla, ma in me.

«Portiamolo in infermeria» disse Chloe con urgenza. «Con te parleremo dopo!»

Zero cercò aiuto da Ru e persino lui scosse la testa. «Gli ho solo tirato la palla! Me lo ha detto lui! Era un gioco.»

Per quanto fosse un idiota e mi stesse antipatico gli diedi ragione: ero stato il primo a sfidarlo, a sopravvalutarmi perché i miei genitori fossero degli eroi, e mi ero rivelato una nullità. Ero forte tra gli umani, non qui. Non mi ero mai allenato, non avevo muscoli o alcun riflesso da combattimento puro, ero il cucciolo di Demone allevato nel mondo comune e come tale rimanevo. Era davvero possibile che Zero avesse ragione, che fossi solo un figlio normale? Mi avrebbero desiderato lo stesso?

Mi portarono in infermeria dove trovai ad aspettarmi una donna. Il suo corpo, dall'ombelico in giù, era quello di una cerbiatta dal manto cioccolato e macchie bianche sulle natiche, la coda a batuffolo. Per far stare tranquilla Kiral (e Chloe non aveva il coraggio di alzare lo sguardo dalle sue scarpe azzurre) mi feci fare un elettrocardiogramma e una specie di TAC eseguita con la magia da quella buffa creatura.

«È tutto a posto. Non ha alcun osso rotto. Per il colpo direi che è un vero miracolo» constatò lei e mi diede una bibita in bottiglia. «Per oggi è meglio se sta a riposo, Kiral.»

Il tè era asprissimo nonostante il colore fosse un delizioso azzurro fluo.

«Ci sono i ragazzini qui fuori, che petulanti» gracchiò Azrael, entrando nella stanza e chiudendo la porta con fretta.

Chloe si scusò di nuovo e se ne andò, di certo per andare dal figlio e prolungare la sua agonia. Mi sentii in colpa per Zero. Ero stato io l'imbecille e ora ne pagavo le conseguenze. In poche ore avevo messo nei guai quello che avrebbe dovuto essere il mio amico, la vecchia amica di mamma e suo marito e gettato un'onda di vergogna su Azrael. Il bruciore al petto non era nulla rispetto al peso che sentivo sulle spalle.

«Tutto bene?» mi domandò il Demone, osservandomi il petto e il segno scuro.

Annuii. Mi mancava ancora il fiato e avevo la schiena indolenzita dal colpo al muro. Ero volato per quasi tre metri e, qualsiasi dio mi avesse guardato in quel momento, gli dovevo stare molto simpatico.

«Senti, Az, Sky, vorrebbe parlarci» mormorò Kiral.

Azrael inclinò il capo. «Di che?»

Allargò gli occhi e cercò di fargli un segno senza troppa evidenza. Lo afferrò per il braccio e lo trascinò via, oltre una tendina divisoria con la donna-cervo-infermiera. Mi avvicinai di soppiatto e provai ad ascoltare. Per quanto me lo volessi negare, le preoccupazioni di tutti riguardavano me e i miei geni. Sky disse che un Demone, o almeno un normale cucciolo, avrebbe dovuto fermare un simile colpo senza difficoltà, togliendo le capacità da lupo e da Vampiro di Zero, io sarei dovuto essere più forte.

Quando tornarono finsero che fosse tutto a posto e anche io.

«Posso tornare di là?» domandai, ignorando le fitte. «Sto bene e vorrei finire la partita.»

Sky allargò gli occhi e vietò l'idea. «Niente più carp per te, signorino.»

«Per oggi?»

«Per sempre, direi. Quel gioco non fa parte te.»

Azrael cercò qualcosa da dire per consolarmi. «Tanto è da ritardati» esclamò e Kiral scosse il capo.

Lo fece per farmi credere che fosse tutto okay. Odiavo quando gli adulti fingevano. Sapevo che fosse triste a causa mia, lo percepivo, e il fatto che mi trattasse come un ragazzino mi fece mandare fuori di testa.

Tornai in palestra dopo un paio d'ore per far vedere a tutti che fossi vivo e che Zero non mi avesse spappolato il cuore. Furono contenti di vedermi, la partita era stata sospesa, e nessuno mi invitò a giocare a qualcos'altro. Per quanto poco ne sapessi o mi importava, ne rimasi ferito. Zero non c'era. Avrei voluto scusarmi – dovuto – e lo feci con Ru, il quale era rimasto sulle gradinate a mangiarsi un panino.

«Una strigliata ogni tanto gli fa bene, non farti il tarlo» disse. Mi offrì metà panino. «Zero ha geni di lupo e come Chloe a volte deve assicurarsi di avere una zona tutta sua, il suo territorio. Non lo ha fatto con cattiveria, l'ho visto tirare varie volte. Direi che fosse... un colpo di avvertimento.»

«Quel colpo di avvertimento...» Strappai un morso. «Faceva un cazzo di male.»

Lui ridacchiò. «Sì, be', ringrazia il cielo che Kiral non sia andata in berserker quando sei volato a terra. Se i Demoni perdono il controllo è un problema enorme e l'ultima volta che lo ha fatto è stata in guerra, dopo averti mandato via nella Chiave di All. Ha fatto una strage. L'istinto di protezione di una madre è terrificante.»

«Pensavo di... essere forte» mormorai.

Sospirò. «A volte i cuccioli sono tardivi, scoprono i loro poteri più tardi rispetto alla norma e, specie tu, potresti non aver avuto modo di svilupparli. Non posso dirti come i Demoni allevino altri cuccioli, tu sei il primo. Si basa tutto su di te.»

«Sono dislessico e iperattivo. Anche Zero è...»

«Oh, no. Lui era tipo... un genietto. Ha iniziato a parlare a un anno e a comporre le prime parole a due. Al contrario di Chloe non può trasformarsi e ignora il bisogno di bere sangue, come Joseph. Gli Ibridi migliorano. Forse, se tu non hai sviluppato nulla, è perché la natura ti ha reso migliore di altri. Quella fragilità non è debolezza. Sei il figlio di un Demone, è vero, e sei di gran parte umano. Non vedo il problema.»

Ru non capiva come mi sentissi. Ero arrivato come un eroe e tutti mi avevano guardato con ammirazione, come mamma e papà, come avrei avuto il coraggio di guardargli negli occhi se non avessi avuto alcun loro dono? "Tardivo" era il loro termine per "speciale" ed essere speciale non era mai una cosa buona.

Mentre me ne andai mi disse di non abbattermi e allenarmi. La fece facile. Ru non aveva un padre Principe a cui dover dimostrare qualcosa. A New York sentivo che fossi diverso dagli altri, che mi mancasse un pezzo importante di me, della mia storia, ed ero certo di non averlo ancora trovato.

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