IL REGNO DI SHUJAA
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PRIMA DI CONTINUARE, LEGGERE ATTENTAMENTE LE SEGUENTI AVVERTENZE; NON SALTATE QUESTA PARTE IN GRASSETTO PER POI DIRE CHE NON SIETE STATI/E AVVISATI/E
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Questa storia contiene anche scene di nudità, scene violente e scene erotiche; implicite, esplicite e vie di mezzo, ma non per appagare voi. Alcune cose sono presenti per diminuire la parte "family friendly" in favore di una più "storicamente accurata", mentre per altre è avvenuto il contrario.
Non leggete questa storia, se siete soggetti dalla mente chiusa o facilmente impressionabili in maniera negativa per la vostra salute; oppure se il genere della storia non fa per voi.
Non metterò avvisi in ogni capitolo o paragrafo con tali scene: siete già stati avvertiti qua e nella descrizione della storia.
Le linee guida di Wattpad e le leggi canadesi al momento in vigore vengono rispettate, quindi non piangete inutilmente o almeno non qui, altrimenti come minimo piangete abbastanza da permettermi di farmi una minestra con le vostre lacrime.
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Copertina di BLACKSOULNANNI
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Ho creato i personaggi di questa storia prendendo spunto da persone conosciute qua su Wattpad, ho chiesto loro di darsi un potere e/o un'arma, anche ispirandosi un po' ad altre opere famose (le riconoscerete) e un po' dalla mia e dalla loro fantasia, e io stesso ho fatto la medesima cosa con i luoghi. Ho mischiato il tutto nella maniera secondo me più adatta a fare convivere tutte queste cose senza troppi problemi, ho aggiunto una trama e questo è il risultato.
È una storia vecchia, iniziata quando avevo sedici anni, sempre in costantemente revisione e mai terminata; ma ora ho deciso di rimettermi all'opera e finirla, dovessi scrivere l'ultimo capitolo a trent'anni.
Chi ha letto le vecchie versioni potrebbe trovarla più corta e vedere che mancano dei personaggi o ne sono apparsi altri: è stata una mia scelta dovuta a esigenze di gestione dei personaggi e motivazioni personali private.
Quindi, se siete interessati, imbarcatevi anche voi in questo viaggio attorno al mondo in compagnia dei suoi protagonisti, fra leggende, castelli e locande, taverne e villaggi, isole volanti e sottomarine, creature magiche e non di ogni tipo, pirati, esploratori, mercanti, maghi, streghe, cavalieri, draghi, re e regine, principi e principesse, divinità e demoni, e chi più ne ha più ne metta.
Detto questo, potete iniziare a leggere!
Commenti ben accetti, se non offensivi.
Perdonate il tanto spazio fra i paragrafi, ma Wattpad tende ad annullarmelo e a mischiarmeli, se non lo faccio così ampio. Col tempo tale spazio diminuirà da solo.
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I rintocchi della campana serale riecheggiarono fra le vie del villaggio, obbligando i suoi abitanti a lasciare le loro postazioni di lavoro o il mercato all'aperto per ritornare al più presto nelle loro case, in quelle di amici o di parenti, oppure per trovare riparo in una locanda prima del coprifuoco. Le madri richiamarono i bambini, ordinando loro di rientrare in fretta, i padri e i figli più grandi si occuparono di sbarrare porte e finestre, nella speranza di evitare incursioni e ispezioni a sorpresa.
Tanto trambusto a preannunciare un silenzio imminente e surreale.
Il tutto sotto un cielo che stava assumendo il suo consueto aspetto notturno.
Una fitta coltre di grandi nubi scure, attraverso le quali era possibile vedere soltanto la luna durante alcune sue specifiche fasi, stava infatti prendendo il posto delle nuvole diurne, bianche o di colore grigio chiaro a seconda della stagione, che consentivano soltanto a pochi raggi di sole di passare in determinate regioni. Erano condizioni che si alternavano ad altre persino peggiori: piogge torrenziali in autunno, nevicate abbondanti e freddo intenso in inverno, primavera brevissima e estate caratterizzata da siccità e caldo insopportabile colpivano da ormai dieci Cicli qua e là il regno di Shujaa. Esse rendevano molto difficile il lavoro nei campi, negli orti, nei frutteti e nei pascoli, e avevano portato a una notevole diminuzione dei prodotti vegetali e animali ottenibili, riservati al re e ai suoi fedeli, sembrando però normali agli occhi degli inesperti che vedevano quelle terre da lontano; cosa che aveva finora evitato l'avvicinarsi di intrusi troppo curiosi e l'intromissione negli affari del sovrano da parte dei regni stranieri più vicini.
Ma le due figure che stavano osservando la scena da distante, nascosti nella chioma di un albero, si dissero che prima o poi avrebbero avuto bisogno di tali intromissioni e dei suddetti curiosi, perché forse avrebbero portato il cambiamento in cui tanto speravano.
Sotto di loro si udirono i passi del primo manipolo di soldati di passaggio, di cui la coppia conosceva la destinazione: i granai fuori dal villaggio dai quali avrebbero prelevato quasi tutto il risultato del duro lavoro dei contadini, per portarlo alla capitale o in una delle sei maggiori città del reame.
I due individui si mossero agilmente giù dall'albero e poi lontani da esso, nascosti dalle lunghe ombre che li circondavano e dalla loro forma ora mutata. Guardarono il cielo per ottenere una conferma delle loro ipotesi e queste si rivelarono corrette: c'era la luna piena quella notte.
Un militare ne notò la presenza e loro ringhiarono. Questi se ne andò perché non aveva tempo da perdere con degli animali selvatici territoriali ed essi tirarono un sospiro di sollievo, avendo visto che le loro metamorfosi avevano funzionato almeno in quell'occasione.
Ritornarono umani per potersi arrampicare meglio su alcune casse di legno e raggiungere rapidamente il tetto di una casa: da lì avrebbero potuto ascoltare e annusare meglio in giro per individuare la direzione in cui andare, prima che il buio potesse calare completamente su di loro.
Egli riprese le sembianze di un ragazzo dalla pelle pallida, basso e magro, ma quasi nella media, di venti Cicli appena compiuti, con i capelli biondo scuro, corti e un po' spettinati, gli occhi grigio-verdi, e una barba molto corta, fatta di peli color castano chiaro con riflessi ramati. Indossava dei pantaloni lunghi, e una mantella nera con lunghe maniche e un cappuccio; in vita una cintura a cui erano appese a destra e a sinistra due spade con l'elsa da una mano e mezza, una a doppio taglio e l'altra con un solo filo, e un piccolo coltello da combattimento posto all'altezza del petto, sorretto da una fascia diagonale di cuoio.
Ella invece divenne una ragazza magra, poco più alta di lui, di diciotto Cicli, dalla pelle chiara e con una capigliatura lunga e riccia, fatta di ciocche prevalentemente scure, ma non mancavano qua e là alcuni capelli con le stesse tonalità della barba e della chioma dell'altro; i suoi vestiti erano anch'essi simili come stile a quelli del ragazzo, ma bianchi, seppur sporchi, e la sua unica arma era una spada a un filo, anch'essa con il manico da una mano e mezza, e tenuta in diagonale dietro la schiena, con l'impugnatura che spuntava dalla spalla destra. Il fodero la avvolgeva completamente solo dalla punta fino a metà, mentre per il resto la copriva solo sul piatto e verso destra: in questo modo poteva estrarla e rinfoderarla più facilmente, e al tempo stesso muoversi liberamente.
«Sei sicuro che sia qua, Mat?» chiese la ragazza, sussurrando guardinga. «Non abbiamo ancora visto o sentito nessuno che corrisponda alla descrizione del manifesto.»
«Arriverà. Stai tranquilla, Elly. Dobbiamo solo aspettare ed essere pazienti.» le rispose il ragazzo, adoperando lo stesso tono di voce ed estraendo un foglio stropicciato dalla tasca per distenderlo e riesaminarlo. «Le informazioni raccolte dai militari che abbiamo spiato portavano qui. Non possiamo aver sbagliato.»
«Finora tutti i tuoi "non posso aver sbagliato", "non possiamo aver sbagliato" o simili hanno portato solo guai.» gli ricordò lei. «Spero tanto che questa sia veramente la volta buona: sono stanca di girare a vuoto.»
«Non saremmo qua, se fossero stati tutti fallimenti.» puntualizzò lui. «E stavolta è diverso: ho imparato dagli errori.»
«Oh! Hai imparato da te stesso? Che bravo!»
«Io non... Ma stai zitta.»
Una voce arrivò da sotto di loro: «Chi va là?! Mostratevi!»
I due capirono di aver parlato a voce troppo alta e ammutolirono, sperando che l'assenza di suoni e movimenti facesse andare via il militare.
«Volete farmi credere che io me lo sia immaginato?!» domandò quest'ultimo con fare accusatorio. «Non funzionerà!»
La coppia sul tetto udì lo scricchiolio del legno delle casse su cui si erano arrampicati prima e capì che il soldato stava cercando di raggiungerla. I suoi membri si guardarono negli occhi e subito strisciarono dall'altra parte del colmo, con la speranza che l'uomo non salisse del tutto o non guardasse troppo in giro; le loro mani aggrappate alle assi sporgenti messe al posto delle tegole e il peso del corpo distribuito per non causare danni troppo rumorosi.
Con uno sbuffo, chi li aveva sentiti si mise in piedi, stando ora sopra la piccola abitazione, e notò dopo pochi istanti un piccolo pezzo di stoffa rosso scuro impigliato sullo spigolo di una delle tavole di legno su cui si trovava.
Osservò l'ambiente attorno a sè dicendo: «La resistenza all'arresto renderà solo piu dura una pena che riceverete comunque per violazione di coprifuoco!» . Notò un guizzo nero e rosso scuro con la coda dell'occhio e capì cosa stava succedendo, perciò scese dalla casa dalla stessa parte da cui era salito. «Sapevo che non me l'ero immaginato! FERMATEVI, NEL NOME DI SUA MAESTÀ!»
I ragazzi si erano lasciati scivolare giù dal tetto per provare a scappare, ma non avevano fatto i conti con la soglia d'attenzione dell'uomo che li voleva arrestare o forse peggio.
Sapendo che non sarebbero potuti andare tanto lontano, senza che la loro presenza venisse segnalata alle altre truppe presenti in zona, ubbidirono all'ordine, ma a modo loro: Elly si girò e sguainò la spada con la mano destra, mentre Mat fece appena in tempo a mettersi alle sue spalle.
Il duello cominciò senza che vi fu bisogno di parlare, le lame rotearono e cozzarono ripetutamente, rompendo il silenzio del coprifuoco con il loro clangore; affondi, fendenti, stoccate, montanti e altri colpi vennero deviati, respinti o schivati per svariati secondi, che però sembrarono minuti. La giovane si dimostrò brava, ma il soldato le fece vedere i risultati del suo addestramento e perché era stato accettato per quel lavoro in pochi istanti, disarmandola con delle mosse fulminee.
Il ragazzo mise la mano sinistra sull'elsa di destra, terrorizzato dal pericolo che stava correndo la sorella, ed esclamò: «Ellen!»
Lei indietreggiò per mettersi in salvo dal colpo successivo ed egli si avvicinò con uno scatto, sfoderò l'arma che teneva in pugno e, nel farlo, tentò di colpire con il pomello il torace dell'uomo, cogliendolo quasi di sorpresa e stordendolo per un attimo. Attimo che però non gli fu sufficiente a estrarre il pugnale per infilarlo fra l'elmo di metallo e l'armatura prevalentemente di lino imbottito, all'altezza del collo: l'adulto addestrato si riprese immediatamente e usò la guardia della sua sciabola per colpirlo alla testa, annebbiandogli la vista. Non perse tempo e rialzò immediatamente la propria lama, portandosi contemporaneamente accanto a quello che riteneva essere un criminale. Tuttavia il fendente che avrebbe dovuto decapitarlo venne bloccato a metà.
«Sei sempre troppo impulsivo. Non ti saresti dovuto avvicinare e metterti a tua volta in pericolo. L'avevo schivato e mi sarei ripresa la spada comunque prima di essere attaccata di nuovo.» disse Ellen, sfilando la propria lama, raccolta prima da terra, dal collo di chi si era accorto di loro, ma non aveva prestato la giusta attenzione al fatto che fossero in due, per poi pulirla con un fazzoletto. «Ormai ci avranno sentiti. Meglio cosi: odio nascondermi. Potremmo anche fare un po' di confusione in questo villaggio.». Spinse il futuro cadavere rantolante di lato con un calcio, per impedire che la sua scimitarra potesse ferisse qualcuno cadendo. «Nella capitale non lo sapranno di sicuro a breve e quando qualcuno arriverà da là, noi saremo già distanti.»
Sentirono i passi di qualcuno che si stava avvicinando
Lui replicò: «Senti un po' chi parla di impulsività: saremmo dovuti fuggire fino al primo posto abbastanza nascosto e da là proseguire trasformati, non ingaggiare un duello. E poi la sua scimitarra non ti avrebbe mai fatta andare lontano. Ho agito d'istinto. Almeno siamo entrambi ancora vivi, no?». Rinfoderò la spada e si massaggiò la testa dolorante. «Ahi! Sta arrivando troppa gente, scappiamo!»
L'altra bofonchio: «Grazie, anche se non ci avrebbe mai lasciati andare abbastanza distanti da permetterci di trasformarci.»
Mutarono forma, rinunciando a quella umana in cambio di una più veloce e meno evidente in quell'ambiente ormai notturno, e fuggirono, così che il plotone in arrivo non potesse trovare altro che il corpo ancora caldo di un commilitone disteso in una pozza di sangue.
Giunti nel bosco vicino e ritornati umani, il giovane le disse: «Mi sa che dovremmo lavorare un po' sulla tua capacità di seguire i piani e non scegliere sempre la soluzione più rumorosa.»
Elly, usando lo stesso tono come per prenderlo un po' in giro, ribatté: «Mi sa che dovremmo lavorare un po' sulla tua capacità di lavorare in gruppo, invece.»
«Io so lavorare in gruppo: ti ho aiutata!» protestò lui. «E poi io non sono impulsivo, quando c'è un piano da seguire; tu sì.»
«Non abbiamo mai ideato un piano dettagliato: possiamo prenderci delle libertà.» rispose la giovane. «E il tuo non è lavorare in gruppo, ma solo stare in gruppo.»
Egli la informò del fatto che il duello lo avesse colto alla sprovvista e che aveva inizialmente fatto la sua parte controllando che non arrivasse nessun altro; dopo di che le rivelò lo stupore provato nel vederla in svantaggio contro un soldato semplice. Ella gli ricordò che si trattava comunque di un soldato e che lei non poteva usare la magia, perché sarebbe stato come annunciare a tutti la loro presenza e confermare chi erano.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, prima di dire: «Comunque grazie per l'aiuto alla fine, anche se mi sarebbe bastato tirarmi indietro e avrei potuto continuare il duello al posto tuo. Penso anche che avrei potuto schivare quel fendente e...»
L'altra gli saltò addosso.«Sei il solito, non cambierai mai, eh? Eri stordito e saresti morto sicuramente. Mi hai spaventata .» . Ignorò i suoi tentativi di spingerla via e si mise a fargli il solletico. «Dai, ammetti i tuoi errori e ringraziami come si deve, forza!»
«Mai.» sussurrò il fratello, fra le risate silenziose, capovolgendo subito la situazione e solleticandola a sua volta. «Sei tu che mi devi ringraziare bene e ammettere i tuoi errori!»
«Io non sono stata stordita ed ero perfettamente cosciente, anche se disarmata: mi sarei potuta comunque difendere.»
«Basta essere ancora vivi.»
«Già.»
«Cerchiamo di rimanerlo almeno fino alla fine della missione, così potremo tornare da Jacob.»
«Mi manca.»
«E se al nostro ritorno li trovassimo tutti morti? E se venissero scovati? E se...?»
«No, staranno tutti bene. Credo. Spero.»
Un grido squarciò il silenzio di quella notte agli inizi dell'ottava Luna e interruppe i giochi e le chiacchiere. Alzarono lo testa per osservare la grande sfera bianca in cielo, ancora visibile fra le grosse nubi, si guardarono negli occhi e ricordarono perché si trovavano lì.
Fu allora che anche un altro pensiero si fece strada nelle loro menti: forse lo avevano trovato.
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«QUALCUNO CI AIUTI!» urlò una donna rannicchiata per terra, stringendo fra le braccia un bambino terrorizzato.«VI PREGO! AIUTO!»
«Non ti avvicinare!» ordinò suo marito, puntando un'accetta contro l'aggressore. «VAI VIA!». Stava cercando di mostrarsi pericoloso, ma l'odore della sua paura aveva ormai impregnato tutta la stanza. «LURIDA BESTIACCIA!»
Di fronte ai tre vi era un grosso lupo grigio con gli occhi gialli, che stava in posizione eretta sulla zampe posteriori e ringhiava; aveva una forma che ricordava qualcosa di antropomorfo nel modo in cui stava in piedi e nei brandelli di vestiti che indossava. Fra gli artigli degli arti superiori, somiglianti a mani, teneva stretto per la testa un anziano signore tremante, pieno di ferite profonde e in fin di vita.
Sul pavimento di legno vi era una pozzanghera rossa.
«Cosa sta succedendo?!» chiese un soldato a voce alta, entrato con alcuni compagni dalla porta sfondata precedentemente dalla belva.«La legge del coprifuoco vieta gli schiamazzi!»
Il vecchio, respirando con estrema fatica e tossendo fra una parola e l'altra, li supplicò debolmente: «A-aiutate-aiutateci. A-Almeno... Almeno questa vo-volta. Vi prego...»
All'esterno aveva iniziato a piovere.
«È lui! Il licantropo fuggito! Finalmente!» esclamò il militare con un luccichio negli occhi, avendo riconosciuto l'autore del disastro che aveva davanti. «Non fate niente qui e tornate fuori! Preparate le armi in argento!» ordinò agli altri individui armati che erano con lui. «Una volta che si sarà saziato con loro, sarà abbastanza mansueto da poter essere catturato senza troppi danni! La luce della luna qua non arriva direttamente e quindi è più debole!». Si voltò verso l'ingresso, ora libero, come per attendere qualcuno. «Un gruppetto così non sarà una grave perdita: abbiamo già abbastanza schiavi, sudditi e rimpiazzi, e sarà la loro punizione per la violazione della legge sul coprifuoco!»
Il signore che aveva assolutamente bisogno di essere soccorso lo fissò sbigottito. «Mo-mo-mostri, voi...»
Con le lacrime agli occhi rantolò e infine smise di muoversi, senza riuscire a terminare la frase sussurrata che aveva iniziato.
Il lupo mannaro impaziente aveva già messo un suo braccio fra le fauci prima del suo ultimo respiro, ma non fece altro perché confuso dalla presenza di tutte quelle persone e non più attirato dalla preda immobile che stava tenendo.
«Hanno trovato uno dei nostri morto dall'altra parte del villaggio. Trafitto al collo da una spada.» affermò il caporale di chi aveva parlato fino ad allora, facendosi largo fra i suoi sottoposti assieme alle due fruste che portava legate in vita e a un'armatura di metallo e cuoio. «Faremmo meglio a sbrigarci, così da avere il tempo di catturare gli altri fuorilegge presenti sull'isola prima che scappino.»
Nel momento in cui finì la frase, il licantropo gli si gettò addosso con un ringhio basso e cavernoso, ma egli si spostò di lato all'ultimo e lasciò che il sottoposto che aveva dato ordini fino ad allora venisse assalito al posto suo. La corazza di metallo che questi aveva gli venne strappata di dosso con pochi strattoni poderosi, essendo formata solo da due pezzi tenuti insieme con degli spaghi lungo i fianchi, e lanciata dall'altra parte della stanza, dove atterrò con un forte clangore; le mani dell'essere umano troppo impegnate a cercare di tenere le fauci della creatura lontane dalla faccia per riuscire a prendere qualsiasi arma.
Un altro subordinato del caporale entrò con una rete fra le mani e la gettò sull'essere, ma egli la schivò infastidito e lo fissò con il muso ora più impregnato di sangue di prima, per poi lanciarsi nella sua direzione. L'uomo lo schivò, scattò verso la donna e il bambino, evitando il marito quasi pietrificato e troppo lento con la sua accetta per fermarlo, e strappò il suddetto pargolo dalle braccia della madre, incapace di reagire in tempo. Quindi si voltò per usarlo come scudo, ma una spinta lo fece finire con il volto davanti alla bocca del mostro.
Gli occupanti delle case vicine udirono chiaramente il suo urlo di dolore venir smorzato in pochi secondi, coperto da un rumore che nessuno avrebbe mai voluto risentire.
Un lamento soffocato giunse dai genitori del fanciullo, attoniti, e sia le persone più vicine che l'arredamento circostante, ormai distrutto da diversi graffi e morsi, vennero imbrattati da altro rosso.
«Non sarà una grave perdita, vero?!» fece Mat, in piedi in mezzo alla stanza, con un sorriso sul volto che di felice non aveva nulla.«Avrete sicuramente abbastanza rimpiazzi, no?!»
Stava ansimando perché era arrivato correndo al massimo della propria velocità.
Vi era una finestra aperta, rotta, e i presenti capirono che era entrato da lì.
«IL MIO BAMBINO!» urlò la madre, quando Elly le restituì il figlio caduto dalla morsa dell'ultimo militare morto. «Io... GRAZIE!»
«Mathias Michevo, Ellen Michevo! come osate?! Siete sicuramente stati voi a uccidere uno dei nostri dall'altra parte del villaggio!» ringhiò la guida del plotone presente, facendosi consegnare da chi era fuori una spada a doppio filo: la zona d'ingresso dell'abitazione era troppo stretta per le sue fruste. «Vi dichiaro in arresto nel nome di Sua Maestà per ribellione, evasione, omicidio, furto di proprietà del sovrano, alleanza con criminali, parentela stretta con criminali e resistenza contro l'armata reale! Arrendetevi!».
La sua lama si scontrò con quella della ragazza, producendo un forte clangore, ed entrambe prima rimasero bloccate per un attimo in un legamento e dopo si spinsero via a vicenda, grazie a un movimento dei polsi eseguito dai loro proprietari. A causa del poco spazio, il secondo duello della nottata fu dominato da affondi, stoccate, imbroccate e altri colpi che prediligevano movimenti meno ampi. In tutto questo lei riuscì inizialmente a costringere l'avversario a rimanere davanti alla porta, in modo che i suoi subordinati non potessero entrare per aiutarlo; tuttavia il suo nemico dimostrò in pochi secondi di non aver ottenuto il suo ruolo casualmente e ribaltò la situazione, obbligandola a difendersi e schivare, senza darle alcuna possibilità di contrattaccare.
La giovane di diciotto Cicli sapeva che sarebbe stato più complicato del combattimento contro il soldato semplice di prima, ma anche che non avrebbe potuto contare sull'aiuto del fratello, poiché impegnato in altro: al centro della stanza principale vi erano ora due lupi che si giravano attorno, studiandosi.
Gli inquilini dell'abitazione li stavano guardando terrorizzati.
A differenza del licantropo, l'altro aveva l'aspetto che tutti si sarebbero aspettati da tale animale, con gli arti dalle giuste proporzioni e fatti per un'andatura quadrupede; aveva la mantella nera di Mat sulla schiena, della stessa tonalità del suo manto.
Le belve si aggredirono e si unirono in un groviglio di zanne e artigli, ringhiando e latrando, evitando l'uno i morsi dell'altro, fino a quando il nuovo canide non fu in grado di spingere il primo arrivato a terra, in pozione supina, e farlo arrendere. A quel punto ritornò umano nel giro di pochi secondi e, prima che l'altro si accorgesse di non aver più un suo "simile" davanti, ma una potenziale preda, si tolse la mantella e gliela avvolse attorno alla testa. La creatura si dimenò, ma lui le tenne le zampe bloccate sul pavimento, seppur con estrema fatica, attendendo che smettesse di muoversi perché stremata.
«Se la luce della luna piena non ti arriva direttamente, ti stanchi in fretta. E in questa casa non hai visuale diretta.» affermò il suo domatore, anch'egli sfinito. «E se non ti arriva nemmeno in maniera indiretta per abbastanza tempo...»
Un forte schiocco lo interruppe: il caporale aveva fatto indietreggiare Ellen abbastanza da poter sfoderare le fruste e altri militari avevano fatto il loro ingresso. A peggiorare la situazione vi era il fatto che fossero armati con fucili e non con armi bianche.
Mathias fece cenno ai proprietari di casa di uscire dalla porta sul retro, finché nessuno prestava loro attenzione. Essi obbedirono solo per paura, non perché si fidavano.
Le fruste si mossero per afferrare vari oggetti in giro per la stanza, come sedie rimaste senza schienale, la gamba di un tavolo e l'anta di una finestra staccata dal muro, e lanciarli addosso ai giovani ricercati, i quali li evitarono per un pelo abbassandosi o spostandosi di lato ripetutamente, e correndo in quasi tutte le direzioni, spaventati a morte. Sapevano che una volta colpiti, sarebbero diventati, nella migliore delle ipotesi, dei bersagli facili per le armi da fuoco, perciò si misero a tirare a loro volta ciò che trovarono in direzione dei nemici, i quali alzarono le braccia per proteggersi o si spostarono per evitarli, e, approfittando della distrazione creata, si fiondarono nella camera da letto, richiusero la tenda che la separava dal resto della casa e vi fecero cadere davanti l'armadio che conteneva vestiti logori, stracci e attrezzi per l'orto, e non era tanto grande e pesante. Quindi, dopo non essere stati colpiti dai primi proiettili che avevano bucato la stoffa della tenda e prima che qualcuno potesse spostare il mobile, scavalcarono il davanzale e uscirono dalla finestra.
Sentirono subito i passi dei loro inseguitori che stavano già facendo il giro dall'esterno, mentre all'interno chi li comandava rideva, sapendo che erano alle strette.
Nel frattempo il licantropo era rimasto confuso e spaventato da tutti i rumori che aveva udito, si era rialzato e, agitandosi e sbattendo da tutte le parti poiché ancora bendato, aveva seguito la famiglia fuggita perché l'aveva sentita uscire. Non era riuscito però a raggiungerla e ora stava in piedi sulla strada di terra battuta, troppo stanco per fare un altro passo e con meno peli di prima addosso.
Il ragazzo che prima lo aveva costretto alla resa lo vide ed esclamò: «Fallo, Elly!»
«Finalmente! Odio nascondermi e stare in silenzio troppo a lungo!» replicò l'interpellata. «IO URLO E MI FACCIO SENTIRE!»
Appena gli avversari svoltarono l'angolo, con lame sguainate e fucili puntati, lei spalancò la bocca, rivelò un cerchio di rune di colore azzurro chiaro con un animale stilizzato al centro in fondo alla gola ed emise il potente ruggito di un grosso essere, sconosciuto a chi aveva di fronte. Il suono li costrinse a tapparsi le orecchie, lasciando cadere le armi, e una bufera di neve obbligò chi non era ancora caduto a girarsi e a non guardare verso di lei per non finire con gli occhi congelati; il terreno su cui si trovavano, parte della casa da cui erano usciti e alcune porzioni dei loro corpi vennero ricoperti di brina.
«MA CHE DIAVOLO?!» . Una voce alle spalle dei due fratelli li avvisò della buona riuscita del loro piano: il licantropo era tornato umano ed era rimasto assordato dal ruggito. «Mi fischiano le orecchie! ODDIO SONO DIVENTATO SORDO! E dove sono?!»
Senza fermarsi a guardarlo, anche perché non vi era molta luce, a parte quella proveniente dalle finestre delle case vicine, e approfittando del tempo guadagnato, il lupo nero gli tolse la mantella dal volto, se la rimise sulle spalle e gli ordinò: «Non fare domande e seguici! E non guardare il cielo! È meglio per te!»
La sorella aveva già portato a termine la sua magia e li precedeva, trasformata in una lupa bianca con una striscia diagonale di peli grigi sulla schiena.
Il nuovo ragazzo capì con una rapida occhiata a quel poco che si vedeva che non sarebbe dovuto rimanere lì e accettò. Rimase stupito, quando l'altro mutò nella sua forma animale e gli fece cenno di salire, ma non ci pensò due volte prima di montare sulla sua schiena: un lupo era più veloce di un giovane stanco; anche se sentiva che pure lui non era nel pieno delle forze.
Tuttavia trovarono subito la strada bloccata: gli inquilini delle case vicine erano usciti impugnando torce, forconi, zappe, accette e asce.
«È QUASI COME NOI ORA!» gridò uno. «POSSIAMO UCCIDERLO!»
«I SOLDATI AVEVANO LE ARMI PER AMMAZZARLO! LE NOSTRE NON FUNZIONEREBBERO COMUNQUE» urlò un altro. «PRENDIAMOLE!»
Altri ancora si fecero sentire, mentre si avvicinavano.
«CI ARRESTERANNO PER FURTO DI ARMI! Non voglio finire in prigione! E SE LO CATTURASSIMO?!»
«Potremmo eliminare l'altro ragazzo, se dovesse mettersi in mezzo!»
«RAGAZZO, SPOSTATI! È PER IL TUO BENE!»
«NO! AMMAZZATE IL MOSTRO! NON POSSIAMO LASCIARE CHE LO CATTURINO, ALTRIMENTI DIVENTERÀ UN LORO SOTTOPOSTO!»
«Quei ragazzi si trasformano in lupi! Una è scappata! DA CHE PARTE STATE?!»
«Se fossero ribelli, le armate di Giza raderebbero al suolo ogni casa di questa Sentinella! PRENDIAMOLI ENTRAMBI E ANDIAMO A CERCARE LA RAGAZZA, PRIMA CHE LASCI L'ISOLA! LASCIAMO CHE SIANO LE GRANDI CITTÀ AD AIUTARE I RIBELLI!»
«UCCIDETE IL MOSTRO! CI PERDONERANNO, SE CONSEGNASSIMO LORO GLI ALTRI DUE!»
Il "mostro" e uno de "gli altri due" intanto erano tornati di corsa dentro all'abitazione da cui erano appena usciti e stavano cercando dei vestiti da mettere al posto di quelli ridotti a brandelli del primo.
Vedendolo tremare, immobile all'udire le parole della gente all'esterno che li stava per raggiungere, Mathias punzecchiò il licantropo, ora umano, con il suo muso da lupo nero per invitarlo a sbrigarsi, e gli indicò con il naso una maglia di lana e dei pantaloni lunghi fra cose sparse a terra nella camera da letto.
Faceva fatica a respirare in silenzio, gli mancava l'aria per il panico provato di fronte all'ennesimo evento non pianificato, ma farsi sentire e dare conferma di dove si trovavano sarebbe stato come condannare a morte certa il coetaneo che era stato mandato a salvare assieme a sua sorella.
«MUOVITI, CAZZO!» sbottò verso il giovane che aveva appena iniziato a cambiarsi, dopo aver guardato velocemente quel poco che si vedeva fuori dalla finestra rotta. «HANNO CAPITO DOVE SIAMO! Li vedo che stanno venendo qui!»
«Ehi! Calmo! Non urlare così!» lo rimproverò l'altro, infilandosi in fretta gli indumenti proposti e rimanendo meravigliato dal fatto che egli potesse parlare con quelle sembianze. «Credi che io non sia terrorizzato?! Non senti come mi stanno definendo e trattando?!»
Mat abbassò lo sguardo per chiedere scusa, ma subito dopo lo caricò e se lo fece cadere in groppa, per poi lanciarsi fuori dalla porta. La folla che stava circondando il piccolo edificio venne colta di sorpresa e non riuscì a bloccarli.
Fermatosi dove la luce di torce e lampade a olio non arrivava più, il lupo nero diede modo al ragazzo salvato di sistemarsi più comodamente e saldamente sulla sua schiena.
Dopo essersi assicurato che il suo passeggero fosse pronto ed essersi trattenuto dall'invitarlo a sbrigarsi ancora una volta, per non farsi scoprire, egli partì di corsa verso dove aveva visto andare la sorella, prima che questa sparisse nel buio.
Nell'oscurità della notte non sarebbe stato affatto facile star loro dietro, ma i fratelli sapevano che ormai anche le truppe più lontane li avevano sentiti, visto il trambusto creato dalle persone, e stavano giungendo da tutte le direzioni, ignorando il commilitone morto dall'altra parte del villaggio, ormai non più utile come distrazione.
Mathias ed Ellen cominciarono a scappare al massimo della velocità e con il cuore in gola che batteva rapido, senza guardarsi indietro, per mettere più distanza possibile fra loro e il nemico. Volevano sparire di nuovo, come se non fossero mai stati là e per riprendere a eseguire il loro piano in maniera furtiva; era essenziale che nessuno li seguisse durante il loro rientro, con l'obiettivo ora al sicuro.
Di una cosa i tre fuggitivi furono certi: al loro arrivo i soldati non avrebbero trovato nessuno, se non i colleghi divenuti momentaneamente o permanentemente sordi e intrappolati parzialmente dal ghiaccio, e questo avrebbe fatto guadagnare loro ulteriore tempo.
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«Dove stiamo andando?!» chiese il nuovo membro del gruppo. «Il porto verso la terraferma si trova dall'altra parte!»
La loro corsa li aveva portati oltre le distese di campi falciati da poco, almeno quelli che avevano prodotto qualcosa, e verso l'ignoto. Non vi era più alcuna fonte di luce, se non quella in lontananza del villaggio che si erano lasciati alle spalle e delle lanterne a olio dei loro inseguitori distanti, e attorno a loro era tutto nero.
La pioggia picchiettava su di loro, rendendo difficile il sentire i suoni e gli odori sia di loro tre che di qualsiasi altra cosa, ma conoscevano il posto abbastanza bene da riuscire a orientarsi al buio. Non lo conoscevano tuttavia così bene da evitare tutti gli ostacoli, perché più volte caddero e ruzzolarono per colpa del terreno fangoso, dei sassi presenti lungo il percorso, poiché le strade fra i campi erano fatte di ciottoli, e delle pietre di delimitazione delle proprietà private, riempiendosi di graffi, abrasioni e contusioni.
Il lupo nero si fermò, lo fece scendere e gli rispose: «Troppo pericoloso: è da là che arrivano i soldati.». Sbuffò per il dolore causato dalle tante ferite sanguinanti e la fatica provata. «Noi useremo il porto secondario, ci metteranno un bel po' a fare il giro della Sentinella e per allora noi saremo già sulla prossima. Da lì faremo ritorno sulla terraferma e ti porteremo da nostro fratello.». Tossì. «Sbrighiamoci! Abbiamo rubato una delle loro navi più piccole e l'abbiamo ormeggiata sulla costa esterna!»
«Ho accettato solo di scappare con voi da qui, perché ho visto che è pericoloso per voi quanto per me!» protestò l'altro, che intanto gli aveva preso la mantella e la stava usando come riparo per entrambi. «Non ho mai detto che sarei venuto con voi ovunque! Nemmeno vi conosco! Ora che ci penso, potreste anche essere dalla loro parte e starmi attirando in una trappola!»
«C'erano soldati a sufficienza, quando ti abbiamo trovato, per catturarti o ucciderti senza altri aiuti!» ribatté Mat, infastidito da quel momento di disaccordo. «Nemmeno l'esserti trasformato in quella sottospecie di lupo malformato ti avrebbe salvato!»
Nonostante la pioggia scrosciante, sentì chiaramente il lamento di orrore e sconcerto emesso dal suo ascoltatore.
«No!» si lamentò questi. «È successo di nuovo?! Ecco perché erano così arrabbiati! Pensavo avessero visto il mio manifesto da ricercato! Per questo hanno detto "è quasi come noi ora"! Ero troppo stordito e spaventato per capire! È per questo che non ricordo nulla!». Si mise le mani fra i capelli e cadde in ginocchio, singhiozzando e con una sensazione di bruciore negli occhi . «Perché non ricordo?! È un bene che io non ricordi? Mi ero pure nascosto nella cantina sotterranea di una casa nel bosco, per non vedere la luna piena!». Il suo respiro era tremante, le mani spostate sul petto e messe ad artiglio, come se volesse strapparsi il cuore da solo. «Quanti ne ho uccisi?»
Mathias si sentì in colpa per avergli dato quella notizia in quel modo: non aveva pensato a come l'altro si sentisse a essere afflitto dalla maledizione che portava. «Non saprei. Credo almeno tre. Spero solo tre.»
«E perché allora mi state portando con voi?! Dopo quello che ho fatto, pure chi è contro Giza mi consegnerebbe ai suoi soldati o mi ammazzerebbe! Lo hai visto, no?!»
«Sei già stato nelle loro mani, no? Stiamo aiutando i ribelli e loro sanno di te, di come sei stato catturato e maledetto per il loro divertimento.»
«Cosa potrebbero volere...»
Ellen li interruppe, con il suono dei suoi passi che fece capire al lupo nero che stava zoppicando sul fango e che era tornata umana. «Vi sembra il momento di fermarvi?! Ma siete stupidi?! Siamo inseguiti e sono così vicini che ormai riesco a distinguere le fiamme di alcune torce e a non vederle tutte confuse assieme! Stiamo buttando all'aria tutto il vantaggio che avevamo guadagnato!»
I destinatari della sua rabbia si erano per un attimo dimenticati che dovevano correre, ma ritrovarono l'attenzione persa e la fuga riprese, con i due fratelli entrambi in forma quadrupede.
Le gocce cadenti dal cielo intanto erano diminuite notevolmente.
Guardando chi li stava rincorrendo, il ragazzo rimasto umano chiese: «Come mai vi è un così grande dispiegamento di forze solo per noi tre?». Si abbassò per aiutare la sua cavalcatura ad andare più veloce. «Non sarà rimasto più nessuno al villaggio per controllare che nessuno violi il coprifuoco!»
Una luce davanti a loro, dopo svariati Rintocchi passati in movimento: fiamme.
Si spaventarono perché pensarono che fossero le torce di altri militari, ma poi si accorsero che erano quelle che, assieme a varie lanterne a olio, erano sparse in giro per il mercato del porto secondario dell'isola su cui si trovavano, protette dalle tettoie e dalle tende delle sue bancarelle: erano arrivati.
Il ragazzo incontrato lì fu fatto scendere e proseguirono ora tutti con le loro sembianze normali.
«Ci hanno sempre inseguiti in così tanti o anche peggio!» dichiarò Ellen, senza smettere di correre. «Dal giorno in cui io e mio fratello siamo evasi di prigione!». Rallentò e si guardò attorno, poi indicò davanti a sè. «Eccola!»
«Qualcosa ha attirato il loro interesse in noi!» continuò il fratello maggiore. «E visto cosa abbiamo passato, quando eravamo dentro solo per parentela con ribelli, non ci teniamo a scoprire cosa vogliano ora!»
Al termine di uno dei pontili vi era una nave di legno scuro, con la poppa rivolta verso la costa e pronta a salpare. Aveva solo due alberi, ciascuno con una sola vela rettangolare.
Vedendo che l'ex licantropo l'aveva riconosciuta e si stava preoccupando, l'ultimo che aveva parlato spiegò: «L'abbiamo rubata! Non è più loro! Sarà la nostra via di fuga!»
Si misero ad aiutarsi a vicenda a salire lungo la scaletta di corde già srotolata lungo la murata dondolante.
Sotto la luce lì presente, i fratelli poterono finalmente vedere l'aspetto malridotto che avevano, oltre a quello del giovane che avevano salvato: un coetaneo di Mathias, con capelli neri e spettinati.
Tutti e tre stavano facendo molta fatica a respirare, visto per quanto tempo e quanto a lungo avevamo dovuto correre, e anche per via del ansia provata in quella situazione; la paura di non riuscire a partire in tempo. L'adrenalina era l'unica cosa che li stava tenendo in piedi.
«Io sono Alexander, Alexander Catack.» si presentò il lupo mannaro, mentre riprendeva fiato. «Ma voi potete chiamarmi Alex, il bellissimo e affascinante Ale-»
Elly gli mise in bocca un ciuffo d'erba, ricavato dai fili che le erano rimasti sul corpo dopo tutte le cadute, e iniziò la scalata a sua volta. «Come se potessimo mai chiamarti così.»
Mat, sulla rete di funi e a metà scalata, accennò una risata, ma era troppo stremato per esternare del tutto il proprio divertimento e quella non era la situazione ideale. «Mathias Michevo. Lei è mia sorella, Ellen e...»
Le esplosioni furono improvvise e una dietro l'altra, in rapida successione. L'albero maestro si spezzò e cadde, spargendo schegge di legno ovunque, e la nave prese fuoco.
Chi stava salendo a bordo dovette tenersi con tutte le sue forze per non essere sbalzato via dalle onde d'urto, e subito dopo scese, ritornando sul molo.
Delle luci comparvero dal mare: lampade a bordo di varie navi da guerra, i cannoni ancora fumanti.
«Come hanno fatto a trovarci?!» chiese incredulo il ventenne dai capelli più chiari. «Abbiamo attraccato qui proprio perché sapevamo che loro avrebbero attraccato dall'altra parte, perché è più vicina alla terraferma!». La missione di salvataggio stava peggiorando senza tregua e il piano di fuga era appena andato in fumo. «Hanno da anni l'ordine di attraccare lì per poter passare più rapidamente da una parte all'altra in caso di necessità!»
Avevano sguainato le spade e lui ne aveva data una ad Alexander, così che non fosse disarmato: quella a filo singolo.
«Fatemi capire.» disse questi. «Tutte le navi dell'armata reale hanno l'ordine di attraccare verso la terraferma e questa è l'unica nave della loro flotta che non ha seguito l'ordine ed è stata ormeggiata qui. E nessuno ha pensato che sarebbe stato un po' troppo sospetto? Chi ha avuto questa idea?!».
Il suo coetaneo abbassò lo sguardo, deluso da se stesso, ma anche arrabbiato per quella critica ricevuta da un semisconosciuto. «Non prendiamoci la libertà di usare certi toni e modi. Vorrei proprio vedere cosa avresti fatto tu.». Poi bofonchiò qualche insulto, prima di proseguire con: «Era quello il punto. Speravamo che nessuno sarebbe mai venuto a controllare, impegnati com'erano con il coprifuoco e i preparativi durante la giornata per le ronde notturne, e che a nessuno sarebbe mai saltato per la mente di fare il giro con le navi per tagliarci la strada.».
Intanto aveva smesso di piovere.
«Ci hanno messo poco a fare il giro: devono essere partiti prima che noi trovassimo Alexander.» disse Elly. «Il primo soldato che abbiamo ucciso deve aver attirato troppo la loro attenzione. Si sono mossi in fretta per impedire la fuga a chiunque.».
Una nuova scarica di cannonate partì dalle fiancate del navi, colpendo nuovamente il loro mezzo di fuga, così come altre varie zone del porto, dalle capanne di legno che facevano da magazzino alle bancarelle del mercato: volevano impedire loro di scappare in qualsiasi direzione. Le fiamme ruggenti si alzarono in pochi minuti dove l'acqua non era arrivata, asciugando in pochi minuti quelle aree che invece erano state bagnate e propagandosi anche grazie all'olio sparso in giro delle lanterne distrutte.
Né la resa né la morte erano opzioni che i tre vollero considerare, ma erano in netta inferiorità numerica e persino chi li aveva rincorsi a piedi o a cavallo era ormai giunto sul posto.
Erano circondati.
Il lupo nero digrignò i denti, terrorizzato dal pensiero di cosa sarebbe potuto accadere e da quante possibilità avevano di cavarsela, poi si rivolse a Catack e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, che la sorella sentì. Dopo di che i due fratelli aprirono le bocche e iniziarono ad aspirare quanta più aria possibile.
«Chi diavolo siete voi?!». Alex era estremamente confuso; lo era perché li stava guardando mentre aspiravano la grosse lingue di fuoco più vicine senza sentire dolore, spegnendo parte del grande incendio che si stava propagando per la zona. «Quel ruggito, il fatto che vi trasformiate in animali, il ghiaccio, il fuoco... Cosa siete?!».
Senza rispondere, essi comandarono, con dei gesti delle mani, alle fiamme non ingerite e agenti entro una certa distanza di innalzarsi in determinati punti, per nasconderli alla vista dei militari.
«Affondate le barche dei pescatori!» fu l'ordine che partì immediatamente da un capitano su una nave, il quale ora non poteva più vederli.
Un suo sottoposto, rivolgendosi a un suo pari su un'altra imbarcazione esclamò a gran voce: «Conferma dell'avvistamento effettuata! Conferma visiva dei poteri animaleschi effettuata! Conferma visiva dei poteri magici effettuata!»
Ogni mezzo di navigazione civile visibile venne preso di mira. Barche a remi o a vela, i soldati fecero del loro meglio affinché nulla venisse risparmiato, ma avrebbero impiegato tutto il resto della notte per eseguire il comando.
Alcuni di loro si misero anche a sparare attraverso il fumo nero e il fuoco, ma finirono per colpire i loro stessi alleati fanti e cavalieri non arrivati dal mare.
Questo perché dei tre fuggitivi non vi era più alcuna traccia: nascosti dalle nubi lasciate dalle fiamme e sapendo che i loro nemici avrebbero preso di mira il punto in cui erano stati visti per l'ultima volta, si erano spostati e avevano rubato una barca a vela e con i remi minuscola e fino a quel momento rimasta nascosta dalla stazza del loro mezzo di fuga iniziale. Quest'ultimo l'aveva protetta anche dalle cannonate, ma i giovani si erano dovuti muovere in fretta perché le truppe non in acqua vi si erano avvicinate troppo in pochi istanti, quasi mandando a monte la loro strategia.
«Se ne accorgeranno presto.» dichiarò con un bisbiglio la lupa bianca. «Siamo ancora illuminati dalle loro lampade e dalle fiamme rimaste, prima o poi abbasseranno lo sguardo, appena capiranno che non siamo più sul pontile.»
Stavano passando silenziosamente fra tre navi da guerra impegnate a distruggere la costa.
Davanti a loro l'oscurità totale del mare, sotto al cielo notturno ancora nuvoloso. Mancavano ormai poche ore all'alba; se non si fossero sbrigati ad allontanarsi abbastanza prima del sorgere del sole, sarebbero stati scoperti a causa della luce di quest'ultimo.
Ma qualcuno fra chi stava dando loro la caccia pronunciò qualcosa che non avrebbero mai voluto sentire e che nessun piano preparato da loro o dai ribelli aveva preso in considerazione, quando avevano ideato quella missione: «Sono loro! Sono assieme al lupo mannaro che ci era sfuggito! FATELO SAPERE! AVVISATE LE SFERE!».
"Sfere". Due sillabe, cinque lettere, una sola parola. Eppure fu abbastanza per fare mancare il respiro a chi stava scappando. Sapevano cosa significava e cosa sarebbe successo.
Un corno produsse un forte lamento, simile a quello di un bovino, ma udibile da molto distante. Il solo udirlo fece venire la pelle d'oca all'equipaggio della barca.
Mathias, Ellen e Alexander sapevano che le probabilità di riuscire a scappare erano appena precipitate, e che quelle di poter sopravvivere, nel caso in cui fossero rimasti a lottare, si erano azzerate. I loro corpi esausti si misero a muovere i remi, senza parlare, come senza aver ricevuto alcun ordine dal cervello; il panico fu tale da farli muovere a zig-zag perché totalmente scordinati.
Sulle lontane torri di avvistamento si accesero dei fuochi blu, dalle più vicine fino a quelle che loro non potevano vedere, nemmeno come puntini luminosi nella notte.
Ci vollero pochi secondi e poi dall'orizzonte, verso ovest, dove stava la terraferma, si levò verso il cielo una scia infuocata di vari colori, con rosso e azzurro come predominanti. Giunta abbastanza in alto, essa divenne un puntino e cerchi di fiamme cominciarono a propagarsi attorno ad essa e sotto alle nubi a intervalli regolari, illuminandole quasi come se fosse giorno, mentre l'incendio divampato al porto si rinvigoriva con una rapidità innaturale.
Nell'aria si diffuse un suono che ricordava un misto fra il gracchiare di un corvo e un fischio acuto.
Una Sfera era appena giunta sul posto e ora li stava cercando.
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