CAPITOLO 6 - ALBA DI PERICOLO (Parte V)
Redoran era dunque cosciente di trovarsi di fronte a nemici temibilissimi, e molto probabilmente doveva intuirlo anche Hylenij, a giudicare da come continuava a stringere l'impugnatura della sua spada nervosamente, pronta a scattare al primo accenno di battaglia.
« Devo dedurre che la Lama Nera costituisce semplicemente una questione di lavoro per voi, non è così? ».
« Esattamente », confermò in modo secco il capo dei mercenari. « E non siamo abituati né ci piace impiegare più tempo del necessario per concluderla ».
« Oh questo è evidente... Avete modi decisamente... sbrigativi », considerò Redoran guardandosi intorno con un sorriso beffardo, constatando la distruzione che tali "modi" avevano difatti causato poc'anzi.
« Tuttavia... », continuò con un tono divenuto risolutamente serio, « devo avvisarvi che l'oggetto che pretendete significa per noi molto, molto di più... ».
Detto ciò, l'araldo di Kolren portò il braccio destro in avanti, scoprendone il polso; vi era stretto un bracciale di cuoio, che recava, incastonata nel suo lembo inferiore, una gemma verde levigata e tondeggiante, screziata da minute pagliuzze di colore perlaceo.
Ad un sussurro delle sue labbra, questa divenne rilucente, e dal suo bagliore si sprigionarono istantaneamente dei fili di luce di un verde brillante che serpeggiarono veloci nell'aria, disegnando linee eteree, talune diritte e lunghe, altre curve e sinuose.
In pochi attimi, materializzata da quella luce smeraldina, sottile ma estremamente intensa, nel palmo del giovane di Kolren tenuto aperto verso l'alto, comparve per incanto una magnifica lancia.
Il lungo manico era bianco, fatto di un materiale simile a madreperla che emanava riflessi iridescenti ad ogni movimento dell'arma. Al culmine di essa svettava una robusta lama d'acciaio splendido, più larga all'apice tramite una punta triangolare e simmetrica che era decorata da cesellature e fini incisioni di volute e riccioli. Appena al di sotto della lama vi era una staffa dalla forma di una duplice mezzaluna rivolta verso l'alto, utile sia per bloccare una eccessiva penetrazione della punta, sia per servire da aggiuntivo taglio laterale. All'estremo opposto del manico spuntava infine un aculeo doppiamente ricurvo dal colore ramato.
Gli occhi contornati di nero dei tre sicari non riuscirono a celare un certo sbigottimento misto ad un più manifesto fastidio, procurato dall'avere a che fare con armi magiche: a persone come loro, abituate alla bassa concretezza della propria realtà, erano generalmente assai sgradite, e in special modo quando venivano utilizzate dagli avversari.
Ciò nonostante, il loro orgoglio guerriero non li fece indietreggiare di un passo.
Mohal, al contrario, malgrado il frangente, non poté fare a meno di apprezzare con una fugace sbirciata quello splendido manufatto comparso dal nulla; la sua peculiare inclinazione professionale faceva sì che ammirasse molto l'incantamento che ne era alla base, grazie al quale era stato permesso un così sorprendente occultamento in appena una gemma, caratteristica che donava all'utilizzatore una indiscutibile e rara praticità.
" Kolren rifornisce davvero bene i suoi collaboratori... ", pensò parimenti Hylenij da parte sua, trovando finalmente una risposta all'osservazione che da lungo tempo la incuriosiva, e cioè il fatto che, sino ad allora, il suo accompagnatore stranamente non avesse mostrato mai alcuna arma principale; eccezion fatta – ovviamente – per la piccola, insolita ed indimenticabile balestra ripiegabile usata all'Alabarda Argentea.
« Temo che il vostro lavoro richiederà un po'di tempo in più stavolta... », dichiarò Redoran stringendo la sua alabarda con entrambe le mani ed indirizzandone la punta verso i nemici.
« Questo è da vedere », replicò il capo del trio muovendo le sciabole in posizione d'attacco.
« Basta! », proruppe d'improvviso Mohal.
Il Minotauro armaiolo, sorprendendo tutti, si pose fra i due gruppi di antagonisti e ad ambedue rivolse il suo sguardo irato. « Non so ancora cosa stia succedendo di preciso qui, non conosco ancora la verità su quell'arma oscura e non comprendo il perché sia contesa. Ma una cosa la so di sicuro: tutto ciò deve finire!
Per colpa vostra la mia casa e la mia fucina sono state completamente distrutte, e qualcuno dovrà pagare per questo! Nel frattempo, però, non voglio alcuna ulteriore battaglia sul mio colle, non voglio altro fastidio! Fatela finita subito! E andatevene! ».
Uno dei due sicari che sino ad allora non avevano parlato protese il viso verso di lui, non appena la protesta fu conclusa.
« Tu non sei in condizioni di darci ordini, stupido animale... », rispose sibilando con irriverente disprezzo. « L'unica cosa che ti conviene fare è rintanarti nuovamente nel fosso da cui sei uscito e che ben si addice a quelli della tua razza. Riesci a capire cosa intendo? ».
Pregne di tutto il loro velenoso sdegno quelle parole trafissero Mohal nel profondo, ammutolendolo.
Redoran si voltò per osservarlo. Fu chiaro: nell'animo dell'armaiolo di Kyla qualcosa era stato indubbiamente colpito.
Il Minotauro abbassò lentamente il capo e girò la schiena; rinunciando a qualsiasi replica, ripercorse effettivamente la corta scalinata che conduceva al vano sotterraneo della casa coperto dalla botola, senza neanche aver cura di richiudere quest'ultima.
Scomparve dunque al di sotto delle macerie, semplicemente accompagnato dal suo amareggiato silenzio.
« Bene... Ora possiamo riprendere la nostra conversazione senza altri insignificanti fastidi... », disse il capo dei sicari.
« Non c'è altro da aggiungere! », ribatté Hylenij. « Io non cederò mai la mia spada a mani luride come le vostre. E questo non ho intenzione di discuterlo ulteriormente ».
Redoran le si fece accanto, assecondando tacitamente le stesse intenzioni.
I tre di Kathrum si guardarono e s'intesero; in un lampo si scagliarono contro Hylenij e Redoran, dimostrando una velocità straordinaria.
Erano quasi piombati addosso agli avversari, ma proprio nell'ultimo tratto la loro corsa fu d'improvviso frenata dal tremendo impatto di qualcosa che riuscirono ad evitare appena in tempo.
Con la furia di una roccia eruttata dalla bocca di un vulcano, un'enorme e pesante incudine era stata lanciata violentemente dalla botola del sotterraneo della casa-fucina, e dopo aver tracciato un'alta parabola si era infissa nel terreno fra i tre sicari e le loro prede.
« Se c'è una cosa che odio e che non posso assolutamente tollerare... Oltre al fatto che si danneggi il posto in cui vivo e si turbi la quiete del mio lavoro... », tuonò una voce possente alle spalle di Redoran ed Hylenij che si voltarono stupefatti, « è che si offenda senza ritegno il mio onore! ».
Mohal si ergeva nuovamente al di fuori della botola, esibendo un cipiglio furente e la sua magnifica muscolatura ora tesa e pulsante; una potenza maestosa permeava completamente il suo essere, veicolata in particolare dalla luce della poderosa arma che adesso brandiva.
Scelta tra le tante favolose armi incantate custodite segretamente nel vano interrato, nelle sue grosse mani quella del Minotauro appariva come un manufatto ibrido color ottone, una via di mezzo tra una gigantesca ascia ed un martello da guerra.
Metà dell'arma era infatti costituita da un poliedro ottagonale con la base dal bordo sfaccettato e sporgente; tale solido si restringeva progressivamente in una punta massiccia, dalla quale si dispiegava quindi l'ampia lama di un'ascia, il cui filo prevedeva un'estremità superiore corta e smussata, mentre quella inferiore era assai più lunga, e terminava con un acuminato ricciolo. Il manico, anch'esso di metallo ed estremamente robusto, si faceva meno spesso verso la parte terminale, che era conclusa da un grosso pomo sferico irto di punte, utile a fornire un opportuno bilanciamento, in caso di rotazioni dell'arma, ed altresì a fungere da aggiuntivo mezzo d'offesa.
La Lancia di Redoran non fu dunque l'unica meraviglia che quello straordinario giorno nascente ebbe la fortuna di rischiarare.
« Preparatevi! », minacciò Mohal battendo il pomo chiodato della grande ascia-martello sul terreno sassoso, e sbuffando ira dalle profonde narici. « Ora avete un nemico in più! ».
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