CAPITOLO 6 - ALBA DI PERICOLO (Parte I)
La notte trascorse gravosa ed inquieta.
Hylenij si risvegliò di soprassalto con un sussulto fulmineo, la fronte imperlata di sudore; spalancando gli occhi spiritati, la fremente donna annaspò a lungo per riemergere dall'incubo in cui stava affogando sino ad allora.
Proiettò il busto in avanti e premette le tempie che minacciavano di esplodere.
Redoran le era rimasto seduto accanto presso il giaciglio di paglia e panni che era riuscito ad improvvisare, ed aveva vegliato incessantemente sul suo breve e travagliato sonno.
Il giovane si protese immediatamente verso di lei per cingerle le spalle e confortarla come meglio poté non appena l'angosciata donna si ridestò; egli tentò in tutti i modi di attirare i suoi occhi grigi che vagavano agitati nella cupa penombra dello stanzone, in cerca di qualcosa di vitale e che disperatamente non incontravano.
« Va tutto bene, Hylenij. Guardatemi! Guardatemi, Hylenij! Va tutto bene! Respirate, respirate piano... », le disse il giovane cercando di quietarla.
Ma Hylenij, sebbene avesse riconosciuto sin dai primi istanti la sua guida ed il luogo in cui si trovava, era indiscutibilmente interessata a qualcosa di decisamente più importante che ancora non riusciva a vedere. Era questo che la rendeva, in effetti, assolutamente instabile; instabile ed enormemente furiosa.
L'incubo appena vissuto era stato orribile, come tutti quelli che tormentavano la sua mente da tanto oramai. Ma gli attimi che si apprestava ad affrontare sarebbero stati forse maggiormente dolorosi.
E tutto questo era riconducibile ad una sola causa; anzi, ad un colpevole.
Hylenij afferrò con violenza Redoran per il bavero del mantello.
«Tu! Tu, maledetto! », gli ringhiò in faccia con tutta la sua ira. « È colpa tua! Ridammela! Ridatemi la mia spada! Subito! Che cosa vuoi da me?! Che cosa volete tutti e due da me?! ».
Il giovane di Kolren riuscì a malapena a contenere la frenesia di quella donna dalla collera inusitata.
Era cosciente del fatto che avrebbe dovuto sostenere non poche difficoltà nella missione che gli era stata assegnata. Tuttavia, il fatto di dover fronteggiare adesso una persona così tenacemente legata ad un oggetto di quel tipo era decisamente insolito persino per lui, che in fondo era alquanto avvezzo all'inspiegabile.
Gli occhi di Hylenij erano sgranati dall'impeto della rabbia, eppure, trovandoseli a fissare forzatamente da vicino, Redoran poté leggere qualcosa di strano ed imprevisto in essi: disperazione, una triste e sconsolata afflizione, come quella che esprimono gli occhi di chi ha perso qualcosa di estremamente essenziale, di insostituibile, di vitale, occhi di chi si rammarica e si punisce per non essere riuscito a difenderlo con tutte le proprie forze.
« Hylenij, vi prego, ora calmatevi... La vostra arma è qui, a pochi passi da voi. Nessuno vuole privarvene. Guardate, guardate voi stessa... ».
Il messo di Kolren l'aiutò a sedersi meglio sul giaciglio ed a sporgersi verso la loro sinistra.
La cortina di ferro che separava lo stanzone dalla fucina era aperta.
Da dove si trovavano, Redoran ed Hylenij potevano osservare agevolmente il lavoro che Mohal stava svolgendo in una maniera assai attenta e meticolosa da molte ore.
Le fiamme del braciere, non nutrite dal mantice, avevano affievolito di molto il loro ardore, e gli arnesi ed i pezzi che l'armaiolo stava modellando prima del loro arrivo giacevano distrattamente a terra da parecchio.
Mohal era totalmente preso dalla nuova, imprevista commissione, assai rara e stimolante anche per un artefice esperto come lui.
Aveva deposto la Lama Nera su di un tavolo di metallo, affisso alla parete tramite catene a mo' di mensola "richiudibile".
Il tavolo era assai lungo, ed accanto ad alcuni arnesi specifici erano comparsi altri strumenti che risultava del tutto eccentrico ritrovare in una fucina, specie se adoperati da mani abituate alla grezza e rude fatica: libri, pergamene, strani e delicati strumenti di misurazione, fiale, polveri rilucenti, ciotole di vetro con fluidi dai vivaci colori contornavano numerosi quell'arma che Mohal osservava e tentava incessantemente di esaminare in ogni minimo aspetto.
Molto della primitiva essenza del manufatto sembrava inspiegabilmente sparito ancora una volta; lo splendore nero che tale arma esibiva tra le mani della volitiva padrona era svanito, lasciando il posto al vetro cinereo dai contorni di ghiaccio.
Eppure era proprio questo improvviso mutamento ad aver catalizzato più di tutto l'attenzione e l'interesse di Mohal: il senso di tanti anni si era ridestato, un'antica curiosità, un brivido d'eccitazione da tanto sopita lo stavano possedendo.
Ed ora era spinto a continuare, a scoprire, a capire.
Ma dall'altra parte della casa, due occhi, intanto, controllavano le sue azioni con altrettanta accortezza, due occhi pieni di ansia e trepidazione che ad un tratto videro qualcosa di inammissibile.
Mohal prese una delle fiale poste sul tavolo contenente un liquido verde e limpido, e ne versò un sottile filo su tutta la lunghezza della Lama Nera. Al contatto con questa, il liquido sfrigolò diffondendo una nube di denso vapore verdastro che riempì quasi completamente la fucina, sottraendo l'armaiolo e la spada alla vista dei due ospiti che pazientavano nella stanza antistante.
Hylenij non riuscì trattenersi ulteriormente.
« Fermo! Fermati immediatamente! Che cosa stai facendo?! Che diamine hai intenzione di fare?! », urlò eruttando tutta la sua adirata disapprovazione.
Mohal riapparve poco dopo, emergendo col braccio dalla nuvola verde, ma esclusivamente per afferrare una tenaglia che giaceva su uno sgabello vicino.
Profondamente assorbito dalla sua arte, le urla della donna non poterono che lasciarlo totalmente indifferente.
Al contrario, Redoran divenne ancor più preoccupato per le reazioni della duchessa guerriera, che fece per alzarsi col preciso intento di scagliarsi contro l'insolente ed imperdonabile usurpatore.
« Ora basta, Hylenij! », fu costretto ad urlare l'agente di Kolren. « Non è il caso che vi comportiate in questo modo! Mohal sta semplicemente svolgendo il suo lavoro, e lo sta facendo per aiutarci. Per aiutare anche voi! Ve lo ribadisco: la vostra spada non corre alcun rischio, statene pur certa. E Mohal saprà dirci qualcosa. Lui saprà... ».
« Lui?! », lo interruppe Hylenij con uno scatto furente. « Lui?! Ma chi è lui? Dimmi perché mi hai portata qui e soprattutto perché dovrei fidarmi di quello? Chi diavolo è lui? ».
Redoran si volse a guardare verso la fucina, preoccupato evidentemente per una qualche reazione del severo armaiolo.
« Abbassate il tono della voce, duchessa Hylenij... », le chiese gentilmente.
Controllò ancora che Mohal non li stesse ascoltando; non voleva e non doveva sembrare troppo inopportuno per quello che stava per dire.
« Hylenij, contenetevi e ascoltate; non fate l'errore di complicare una situazione che può con ogni probabilità volgere a vostro vantaggio. Mohal si dedica alla forgiatura delle armi da oltre un cinquantennio ed è dotato di uno straordinario talento... ».
« E con questo? », lo interruppe Hylenij; « È e resta un armaiolo, un semplice armaiolo. Un armaiolo come ce ne sono tanti a Zonthar, eccezion fatta per il suo aspetto, forse! ».
«No! Non è così! », insisté Redoran. « Lasciatemi finire. Non tutti nel Reame sono capaci di fabbricare armi come fa Mohal: non sto parlando della scelta di particolari metalli o leghe segrete, di un taglio particolarmente affilato, del perfetto bilanciamento di una spada o roba del genere.
Le peculiarità delle armi prodotte da Mohal vanno oltre questo, e consistono nella stessa natura che esse acquistano e che le rende uniche, assolutamente differenti dalle comuni armi.
Quando vi ho detto che Mohal non era un normale armaiolo, non alludevo solamente alla sua straordinaria perizia... e nemmeno alle sue fattezze.
Il vero motivo per il quale siamo giunti fin qui da lui è che Mohal è uno dei rari Armaioli-Incantatori di Zonthar ».
Hylenij fece per rispondere nuovamente di getto; ma le sue labbra esitarono.
La duchessa iniziò a capire.
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