CAPITOLO 5 - SEGNALI DI CACCIA (Parte IV)


Una enorme figura antropomorfa distava pochi passi da loro, corpulenta ed incombente; di essa colpiva innanzitutto il largo e muscoloso busto nudo, scolpito dagli anni di duro lavoro e ricoperto da un corto e fittissimo pelame grigio chiaro che recava qualche minuscola bruciatura da scintilla presso il petto e l'addome scultorei. Un collo estremamente robusto sosteneva il capo taurino dalle lunghe corna bianche incurvate innanzi, anch'esso completamente ricoperto dallo stesso pelo grigio, ma ancor più raso e stretto, e solcato da un tatuaggio di complicati arabeschi che occupavano la parte sinistra del volto, impreziosita ancor più da due anelli infissi nel corrispondente orecchio appuntito. Gli occhi nerissimi, quasi totalmente occupati dalla splendente pupilla, rilucevano per i bagliori della brace e di una malcelata inquietudine.

Allorquando fu vicino agli indesiderati interlocutori, la creatura si soffermò ad indagarli per qualche attimo dai suoi oltre due metri e mezzo di altezza.

Emanò poi un caldo respiro attraverso le larghe narici esternando tutto il suo disappunto, ed infine domandò con tono austero: « Ebbene? ».

Hylenij, che fino ad allora, come Redoran, era stata ipnotizzata dalla mole e dai toni del Minotauro, non poté fare a meno tuttavia di essere distratta ancora per qualche tempo da un dettaglio non collimante con i racconti che aveva udito, e di cui aveva letto circa quegli esseri. Aveva, difatti, sempre ritenuto che i Minotauri avessero solo il busto e le braccia tipicamente antropomorfi, ma che la parte inferiore del loro corpo fosse composta da zampe munite di zoccoli, segno che – assieme alla testa – ne contraddistingueva la natura propriamente ferina.

Invece, quell'essere pareva speciale non solo per il peculiare ruolo che stava per ricoprire nell'ambito della sua ricerca, ma anche per il fatto che le sue erano gambe perfettamente umane (benché di insolita proporzione) e contenute da "normali" calzoni di pelle, che non erano forati posteriormente da alcuno spazio per la coda, e che terminavano in comuni stivali di cuoio legati da fibbie e corregge.

Ma certamente Mohal non amava farsi osservare a lungo e, notando lo sguardo di Hylenij – troppo inquisitorio ed indiscreto per i suoi gusti – intimò con accresciuto fastidio: « Sbrigatevi a dirmi cosa volete. Ho un lavoro importante da ultimare ».

« È importante anche il motivo che ci ha spinti a recarci da te, maestro Mohal. Siamo qui per chiedere consiglio alla tua esperienza », dichiarò Redoran.

« Chiedere?», ribatté Mohal con tono grave. « Credo di non dovere altro a Kolren. Il Collegio ha già preso abbastanza da me a suo tempo, pretendendo di limitare la mia opera e di relegarmi in questo posto ».

« Con il dovuto rispetto, devo rilevare che le tue parole sono dettate dall'errore, e cariche di ingiusto risentimento ».

« Cosa vuoi saperne tu, giovane uomo? ».

« Credi che Kolren invii uno sprovveduto? Mi è stato detto abbastanza di te. E da parte mia so bene che il compito del Collegio dei Maghi è da secoli quello di vigilare e di prendere opportuni provvedimenti al fine di prevenire gravi e pericolose conseguenze. Anche se talvolta questo significa limitare un'arte come la tua. Un'arte di indiscutibile talento, ma che purtroppo potrebbe divenire un catastrofico strumento nelle mani sbagliate. È per questo che Kolren ti sorveglia. Non possiamo permettere che qualcuno si avvicini a te ed alle tue armi di eccezionale potere senza l'opportuna autorizzazione ».

« E d'altro canto... » continuò Redoran compiendo un coraggioso passo avanti. « Puoi forse negare di trarre un tuo vantaggio da tutto questo? Kolren provvede alle tue quotidiane necessità, e ti garantisce che solo le persone più giuste, meritevoli... e soprattutto discrete... giungano qui, facendo sì che siano preservate la serenità e la solitudine da te tanto agognate. Vuoi negare che fu proprio questo il modo in cui Kolren stessa ti salvò dopotutto? Sottraendoti ai pericoli in cui stavi per incorrere... Proteggendoti dalla persecuzione di coloro che in passato... ».

« Basta così, messaggero! », lo interruppe bruscamente Mohal. « Domandami ciò che devi e per cui sei venuto. E lasciami in pace, infine! ».

Redoran annuì con segreta soddisfazione.

« Come ti dicevo, ho bisogno di fare appello alla tua perizia ed al tuo talento nell'arte della forgiatura delle armi, affinché mi forniscano spiegazioni circa un oggetto dalla natura eccezionale... se non unica... ».

Il giovane agente si rivolse a Hylenij. « Avvicinatevi, vi prego, duchessa Hylenij e mostrate la Lama Nera », le chiese con tono rispettoso.

Hylenij guardò alternatamente il messo e l'armaiolo, rimanendo fortemente perplessa.

« Che cos'hai in mente? », domandò con sospetto.

« Fidatevi », la tranquillizzò Redoran. « Siete al sicuro: fate come vi dico ».

Conservando un cipiglio dubbioso, Hylenij scoprì con lenta cautela il fianco sinistro al di sotto della cappa purpurea, estraendo la sua singolare arma.

Immediatamente Mohal fu rapito dallo scintillio oscuro di quel materiale, tanto diverso da quelli che aveva abitualmente maneggiato; notava il modo in cui esso riusciva a carpire la luce del fuoco, restituendo bagliori dorati ed argentei, misti a sfumature blu e viola.

Ma poi si accorse di quelle linee sottili e scarlatte che correvano lungo tutto il corpo del manufatto, ed i suoi occhi vennero socchiusi da una cupa diffidenza.

Si convinse che quell'arma era realmente qualcosa di insolito, qualcosa che raramente, molto raramente si incontra nella vita; qualcosa che mai aveva forgiato e che forse mai avrebbe desiderato creare.

« I vostri quesiti riguardano questa spada, dunque... Che cosa volete che vi dica in particolare? », chiese il Minotauro.

« In realtà, tutto ciò che potrai dirci ci sarà utile: il materiale di cui è fatta, il lavoro necessario a modellarla, ma specialmente un'idea su chi può eseguire un manufatto del genere », rispose Redoran.

« Non mi chiedi poco, messaggero di Kolren... », confessò l'armaiolo con tono pensoso.

« Ne sono consapevole », convenne Redoran. « Ma proprio a causa della complessità che intuisci mi è stato ordinato di recarmi da te ».

Mohal esitò qualche ulteriore momento, seguitando a fissare la Lama Nera.

« Mi occorrerà tutta la notte », dichiarò. Quindi con passi pesanti si avvicinò a Hylenij.

« Consegnami l'arma, donna », le ordinò senza troppi riguardi.

Hylenij, in risposta, scattò all'indietro mettendosi prontamente in guardia, cosa che costrinse Redoran a porsi tra i due per evitare brusche e precipitose conseguenze.

« Cosa diamine avete intenzione di fare? », esclamò la guerriera. « Redoran! Ho accettato di seguirti poiché avevi promesso delle informazioni. Ma se questo significa cedere la mia spada, anche solo per poco, continuerò a cercarle per conto mio, da sola, seguendo la mia strada come ho fatto sino ad oggi ».

«E tu stai lontano da me! », urlò quindi infuriataverso Mohal. « O l'unica cosa che scoprirai della mia spada sarà il modo in cuiessa uccide! ».    

« Duchessa Hylenij! Calmatevi e statemi a sentire: vi ribadisco senza alcun inganno che siamo qui anche nel vostro interesse, ma questo dipende innanzitutto da voi; è opportuno che accettiate la collaborazione di altre persone... anche se vuole dire scendere a qualche necessario compromesso... ».

Hylenij non sembrava in nessun modo persuasa da quelle parole e la sua mano rimaneva stretta sull'elsa della Lama Nera, pronta a farla guizzare.

«Hylenij, ascoltatemi! Potete fidarvi. », insisté il giovane di Kolren. « E dovete farlo... », precisò con tono più deciso.

L'attenzione di Hylenij fu d'un tratto distolta, improvvisamente calamitata dal ricordo della strana pietra azzurra che il suo forzato accompagnatore portava al collo e che già aveva usato contro di lei: la scena dell'intollerabile impotenza che aveva dovuto subire a causa del suo potere le balenò nella mente, e la rese ulteriormente agitata ed instabile, tanto da farle abbassare temporaneamente la punta della spada.

Purtroppo per lei, al Minotauro armaiolo fu sufficiente quella minima distrazione.

Mohal, mosso da un gesto fulmineo, scavalcò col proprio braccio la spalla di Redoran ed afferrò con gran forza il polso destro di Hylenij, costringendola a lasciare la Spada Nera che risuonò sul rozzo pavimento di pietra della fucina.

« No! Non osare! », gridò Hylenij terribilmente collerica, « Non osare toccarla, mi hai sentito?! Restituiscimela! Restituiscimela subito! ».

Inizialmente la sua irruenza fu insostenibile per Redoran che si adoperò con grande difficoltà nel trattenerla, ma, come era già accaduto, presto le forze cominciarono ad abbandonare le membra della donna. La vista le si annebbiò, le sue grida divennero ovattate alle sue stesse orecchie, ed inerme si accasciò infine sul petto del messaggero di Kolren.

L'ultima cosa che riuscì a vedere prima di perdere completamente i sensi fu la grande schiena di Mohal che si allontanava tenendo tra le mani la sua Lama Oscura.

« Qui siete di troppo », sentenziò con freddezza l'armaiolo, sostando brevemente. « Ho bisogno di lavorare in pace ».

Redoran diede il suo silente consenso sollevando Hylenij tra le braccia ed avviandosi nello stanzone precedente la fucina, la cui porta rimase nondimeno aperta, segno del tacito accordo che si era instaurato fra i due.


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