CAPITOLO 4 - COMPAGNO DI CONSAPEVOLEZZA (Parte I)
Albeggiava.
Una sottile linea di splendente luce rosea all'orizzonte pareva voler riportare, con una carezza di toni sfumati ed incantevoli, la calma ed un soffio di rinnovata vitalità nel nuovo giorno che si affacciava sulle terre della provincia di Efreim.
Vista da lontano, nel pallido chiarore nebbioso delle prime ore, la città di Efreim si mostrava come un'isola di pietra ambrata punteggiata dalle torri delle grandi costruzioni dedicate all'amministrazione pubblica, le quali emergevano come monti ispidi dominanti su una miriade di abitazioni di aspetto e dimensioni non meno vistose: l'insieme constava in uno smisurato corpo di edifici contenuto da una cinta muraria circolare alta, solida e levigatamente spoglia e bianca.
Poi, come un gorgo avido di architetture, la città rendeva desolato l'attorno, lasciandogli, a titolo di pregevole compenso, una spaziosa distesa verdeggiante ininterrotta ed accarezzata dall'aria.
Le altre cittadine di provincia distavano, infatti, non poco da essa, e, sebbene connesse da un efficiente sistema di strade, si sarebbero incontrate solo dopo aver affrontato diverse ore di galoppo.
Tuttavia né il silenzio di un paesaggio libero ed aperto, né l'aria di pace e di freschezza suggerite dalla natura preservata intatta, né la speranza di un giorno nuovo che nasceva, sembravano poter rilassare l'espressione di tensione e sdegno che contraeva il volto di Hylenij Veen Daer Aesjndil.
La duchessa seguitava a spronare attraverso quella piana il suo nero destriero, che quasi mai aveva ridotto la corsa nell'ultima mezz'ora, ponendo notevole distanza tra le mura della capitale mercantile e la sua padrona.
Solo la vista di uno stretto ruscello, reso argenteo dalla timida luce del primo mattino, persuase improvvisamente la donna a concedere finalmente pace e ristoro al suo fedele compagno.
Ma, in realtà, chi avesse avuto modo di leggere i suoi pensieri avrebbe immediatamente intuito che più di tutto, oramai, le premeva in maniera impellente la necessità di cercare esaurienti risposte alle strane circostanze della violenta notte appena trascorsa.
Chi era mai quell'uomo comparso così all'improvviso? Come aveva fatto ad infiltrarsi in quel festino senza essere notato? E soprattutto per quale dannato motivo si era intromesso?
I suoi interrogativi sarebbero stati placati di lì a poco.
Nonostante fosse ancora distante, Hylenij poteva scorgere difatti il cavallo dell'inatteso viandante apparso alla taverna, il quale non poco si era affannato al fine di starle dietro.
La guerriera frenò quindi la sua corsa e, scesa dalla sella, raggiunse il rivo; anzitutto sentì il bisogno di sciacquarsi il viso sia per rimuovere gli ormai insopportabili resti di sangue del mercenario ucciso, sia per trarre risveglio dalla pungente freschezza dell'acqua.
Rimase brevemente accovacciata lasciandosi accarezzare le ginocchia dai lunghi fili d'erba che ondeggiavano mossi dalla brezza, fissando assorta il flusso del ruscello che scorreva veloce come i fatti appena vissuti, finquando questo non fu increspato dal muso del suo buon animale che vi cercò refrigerio.
Frattanto il viandante le si era avvicinato rallentando il passo e rimanendo rispettosamente in attesa, paziente e silenzioso sulla sua cavalcatura. Questa consisteva in un poderoso palafreno dalla testa bianca crinita di nero, e dal muscoloso corpo castano che terminava con una coda mozza; nonostante fossero il più delle volte previste per i suoi simili, tale esemplare era privo di bardature particolari, eccezion fatta per le redini ed il morso ben robusti, ed esibiva, nonostante la semplicità del suo equipaggiamento, un aspetto ed un portamento straordinariamente decorosi.
« Credo sia giunto il tempo di dover pretendere le spiegazioni che mi devi... », iniziò Hylenij sollevandosi, ma rimanendo di spalle.
« A dire il vero avrei provveduto qualche miglio addietro, se la vostra foga non lo avesse impedito », rispose lui azzardando un timido ed amichevole riso.
« Certamente né tu né io eravamo a quella festa per divertirci, questo mi pare chiaro. Pertanto era giusto prendere il largo, in modo da essere sicuri che niente e nessuno ci disturbasse, almeno per un po'», affermò con decisione la duchessa. « Adesso, però, ritengo che sia giunto il momento di riprendere innanzitutto le presentazioni... o meglio di completarle... ».
Il viandante, quantunque non visto, le sorrise annuendo, aspettandosi quel dovere.
« Chi sei? », chiese la donna, voltandosi di scatto.
« Redoran. Della valle di Shanoch », rispose candidamente il cavaliere.
« Sai bene che questo soddisfa decisamente poco la mia richiesta », ribatté lei. « Dimmi chi sei veramente », chiese nuovamente con secchezza.
Redoran restò per qualche istante pensoso, concedendosi di osservare il nuovo sole che faceva capolino tra le lontane e basse colline ai confini della brughiera. Poi smontò da cavallo, pronto ad impegnarsi nella discussione con un necessario tono serio.
« Mi chiamo Redoran Loreph, provengo dalla valle di Shanoch, e sono un agente... »; poi specificò con espressione più grave: « ...un agente informatore del Collegio dei Maghi Superiori di Kolren ».
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top