CAPITOLO 3 - INCURSIONE DI INTRUSI (Parte III)
Il cavaliere femmineo scese dal bordo della balaustra con un corto salto, ed il tonfo dei suoi stivali sembrò l'unica cosa in grado di riconferirgli natura umana, sebbene nessuno dei presenti si concesse di riacquistare tranquillità.
Chiunque potesse permettersi di irrompere in una festa riservata a "quei" mercenari in "quel" modo doveva essere qualcuno di non comune, cosa che fu resa ancor più certa dalla sicurezza mostrata dalla figura ammantata nel suo incedere verso l'obiettivo che aveva istintivamente individuato.
Avanzando tra i convitati che attendevano impietriti da un'azzardata ma forte curiosità, il cavaliere si trovò a breve distanza dal baldacchino privato di Beorn. I suoi uomini cominciarono ad agitarsi e a scambiarsi cenni di complicità tra loro e con il loro capo, il quale tuttavia non diede ordini e si limitò ad aspettare che quell'ospite inatteso mostrasse le proprie intenzioni.
« Devo parlarti, Beorn Gaessayliss. In privato... e subito... », sussurrò la figura nera.
La voce rivelò evidentemente parte della sua identità, come dimostrò un momento dopo la ferma e scaltra risposta del mercenario: « Sto riposando da una lunga e faticosa spedizione », disse massaggiandosi la barba con disinvoltura. « Se proprio devo subire il fastidio di abbandonare il mio gradito ricevimento, prima desidero sapere chi lo pretende... mia cara... ».
Il cavaliere rimase nondimeno in silenzio ed imperterrito, in un'attesa che affermava con maggiore tenacia la sua richiesta iniziale.
I lunghi attimi bastarono però a spazientire Beorn, che con un movimento della mano sembrò animare di scatto un tipo alto e magro alla sua sinistra, il quale, con una mossa fulminea fiondò un piccolo coltello da lancio in direzione dell'intruso. Questi, tuttavia, come avesse previsto la cosa, rimase saldo nella sua posizione e si limitò a flettere lievemente il capo di lato, facendo fischiare l'arma a pochi centimetri dalla sua tempia sinistra.
Nessuna ferita; ma la lama aveva squarciato nella sua corsa aerea parte del cappuccio, cosicché quando il cavaliere riportò la testa in posizione normale con fredda lentezza, ne fuoriuscì una lunga e fluente ciocca rossa.
Beorn sorrise, soddisfatto della sua intuizione.
La guerriera – conscia oramai di avere dinanzi un avversario ben più temibile del tremante Engoras – emise un sospiro irato e con un gesto secco buttò indietro il cappuccio lacerato, ed assieme ad esso tutto il manto scuro che la celava. Il suo viso affascinante e severo incontrò per la seconda volta apertamente l'aria di Efreim, resa ora fresca dalla passata pioggia. Immediati furono i commenti bisbigliati dal gruppo di invitati, mentre un compiacimento ancor più divertito riempiva il volto di Beorn.
« Un bell'ospite... davvero un bell'ospite ci riserva questa serata! », esclamò il capitano mercenario.
« Deciso e valente... Sappi che apprezzo molto le persone che dimostrano fegato. Tuttavia, ora che conosco il tuo gradevole aspetto, la cosa che mi incuriosisce maggiormente è conoscere il nome di chi sta sfidando la mia pazienza, e soprattutto a che titolo lo sta facendo ».
« Non ti serve a nulla », ribatté lei. « Seguimi, dimmi ciò che mi serve sapere, e ti lascerò ubriacare con i tuoi compagni per questa e molte altre sere ».
Beorn rimase arroccato sul suo imponente scranno, con il mento appoggiato in maniera rilassata sul palmo della mano.
Quindi fece filtrare un'antipatica risata tra i denti e rispose con sfrontatezza: « Mi piacerebbe... mi piacerebbe veramente intrattenermi in una piacevole discussione con te, bella e temeraria amica mia.
Ma come ti ho già detto oggi per me è giorno di festa. Anzi... », soggiunse con un ghigno.
« Riflettendoci lo è anche per i miei uomini... ».
Terminata la frase con un cenno del mento impartì il suo comando: « Divertitevi ad azzannare quell'osso, cagnacci! ».
In brevi istanti i sei uomini che gli facevano ala avevano accerchiato la donna, brandendo asce e grossi pugnali che avevano sfrontatamente tenuto con se, facendosi beffa del veto istituzionale prescritto alla taverna. Nonostante l'alcol, apparivano pronti allo scontro imprevisto, forti dell'esperienza di anni di carriera, come confermava la smorfia sicura e divertita stampata sulle loro facce.
Ben presto, però, quell'espressione spavalda fu destinata ad essere cancellata.
Balzata dalla cappa purpurea, la lama di cristallo nero roteò in tutto il suo micidiale splendore, insospettabilmente troppo lunga e rapida perché i soldati potessero reagire in modo adeguato.
Incise nell'aria, ai lati della sua padrona, una coppia di archi simmetrici, che come oscure saette volarono a squarciare il ventre ed il petto dei mercenari attorno.
Un solo attacco; nessuna possibile replica da parte dei sei sventurati; tutto finì in un terribile attimo.
La piccola comitiva di invitati rimasta fissava con i visi sconcertati, e non osava muoversi nemmeno per cercare rifugio.
L'atteggiamento di Beorn era nettamente mutato: i suoi occhi erano ridotti a due fessure dall'indignazione, il suo respiro sbuffava stizzosamente dalle narici.
Non tanto per la fine truculenta dei suoi compagni ridotti a fontane di sangue, ma piuttosto per il fatto che la sua autorità in quella situazione iniziava ad apparire chiaramente turbata, se non proprio apertamente minacciata.
La capricciosa curiosità di conoscere la bella straniera e le caparbie motivazioni che la spingevano veniva adesso soffocata da una crescente rabbia.
« Dev'essere davvero importante per te quello che cerchi, donna, se ti concedi l'azzardo di irrompere in modo talmente poco educato, di guastare il mio divertimento, di impormi di parlarti, e soprattutto di uccidere i miei uomini cacciandoti così in un pessimo guaio... », dedusse Beorn, scandendo con ira le parole che riteneva più gravi.
Frattanto si era mosso dal suo seggio, rinunciando con chiaro fastidio alla posizione comoda in cui era rilassato fino a poco prima.
Con un movimento calmo passò il braccio destro dietro l'alto schienale, facendone emergere una poderosa ascia bipenne di acciaio lucidissimo dal lungo e robusto manico foderato di cuoio.
Per ergerla in tutta la sua lunghezza si era posto in piedi, e ne accarezzava ora uno dei due tagli, come a volerne saggiarne l'affilatura e paragonarla a quella dell'insolita arma posseduta dalla sua avversaria.
Ovviamente, alla luce delle sue conoscenze, Beorn aveva intuito la natura speciale del grande e tagliente cristallo nero che quelle vitalissime mani rosse stringevano. Un misto di interesse e di ammirata, quasi morbosa curiosità lo colsero, possedendolo completamente.
Non soltanto voleva punire quella insolente donna, ma ancor più quell'oggetto straordinario doveva adesso divenire suo.
Senza una parola si abbatté con furia sulla guerriera, inarcando la pesante ascia da guerra al di sopra della sua testa e gettandola sulla spada nera che riuscì a parare il fragoroso colpo col piatto della lama. Nonostante l'urto tremendo, quest'ultima non si scalfì minimamente; aveva anzi fatto vibrare sonoramente l'acciaio nemico, tanto da suscitare un grande ed entusiasmato stupore in Beorn.
Lo sguardo dei due s'incrociò a breve distanza: eccitato e selvaggio quello di Beorn, fermo ed impassibile quello della donna, la quale dimostrava di reggere senza fatica lo scontro sia fisico che psicologico.
« Mi costringi a fare sul serio », sussurrò profondamente il mercenario, alitando il suo fiato avvinazzato sul viso di lei. Pronunciate queste parole uno dei due bracciali d'argento che aveva sul polso sinistro cominciò a vibrare e a scuotersi emettendo un lievissimo squillo, e le braccia già possenti dell'uomo cominciarono ad ingrossarsi, le vene a gonfiarsi, le dita a stringersi più fortemente attorno al manico dell'ascia, donandogli d'incanto una forza ed una ferocia straordinarie; contemporaneamente, tuttavia, il suo naso rilasciò un sottile filo di sangue.
" Ecco in azione uno dei tanti aiutanti stregati di cui parlava Engoras", pensò la guerriera, mentre le sue braccia tremavano per lo sforzo divenuto ora insopportabile, e le sue gambe cominciavano a piegarsi per il peso dell'avversario divenuto più incisivo, ed i piedi si innalzavano sulle punte per offrire un contrasto adeguato alla abnorme spinta che stava subendo.
Gli istanti scorrevano nervosamente, ed i due antagonisti si stagliavano in una posa di forze in contrasto simile ad una cuspide, alla cui punta scintillava la potente ascia del mercenario in evidente superiorità contro il nero che la guerriera gli opponeva alto sulla propria testa per compensare l'imponenza dell'attacco.
Beorn sentiva l'adrenalina scorrere attraverso il suo corpo, accelerata ulteriormente dall'influsso magico del bracciale. La sua mente era pervasa dall'eccitazione della battaglia, una sensazione che solo da pochi giorni lo aveva lasciato, ma alla quale evidentemente era assuefatto, tanto da approfittare di ogni minimo pretesto per procurarsi continuamente quell'ebbrezza, quel fuoco vivo che alimentava il suo ego violento, e che gli allargava in quel frangente un particolare sorriso diabolico per la soddisfazione e la vittoria che già pregustava.
Un sorriso a cui, però, per la seconda volta quella sera, dovette rinunciare.
D'un tratto quella fastidiosa espressione di frenesia si trasformò, infatti, in una maschera contratta di dolore: gli angoli delle labbra cominciarono ad abbassarsi assieme alla sua grossa mascella, e dalla bocca eruttò un denso fiotto di sangue che schizzò sul viso della donna.
Il grosso corpo del mercenario fu scosso da due forti fremiti.
La guerriera guardava perplessa quell'inaspettato spasmo, ma osservando attentamente alla base del collo del suo nemico ne scoprì facilmente la causa: la punta scura di un corto, ma spesso dardo metallico ne era fuoriuscita per qualche centimetro, trapassando la gola del mercenario da parte a parte.
Beorn, conservando la smorfia sconvolta del volto, cedette a causa del suo stesso peso, crollando sulle ginocchia e facendo scorrere con qualche scintilla la sua ascia sul filo della lama nera; la guerriera dovette balzare più volte all'indietro per evitare la grossa massa che, distesa impetuosamente sul ventre con un pesante tonfo, rischiò pericolosamente d'investirla.
Fu poco il tempo che dedicò ad esaminare il cadavere, poiché più pressante era l'urgenza di scoprire l'esecutore di quella uccisione a lei sottratta.
Bastò risollevare lo sguardo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top