Capitolo 1
20 Febbraio
-Speriamo che la pioggia abbia smesso del tutto per quando arriveremo a terra. Se ci sarà da combattere, preferirei non farlo da fradicia!-
Silvia non aveva tutti i torti: il pastrano nero dell'uniforme non era certo comodo quando si trattava di combattere, ma almeno era impermeabile, cosa che non si poteva certo dire delle giubbe blu che indossavano sotto di esso.
Da quasi un'ora stavano procedendo lentamente sulle scialuppe, spinte da delle vele latine tinte di nero in modo da confondersi al meglio nella notte. La pioggia si stava in effetti diradando, forse presto avrebbe smesso, ma a meno che non fossero sbarcati su dei sassi, si sarebbero potuti ritrovare su una spiaggia sabbiosa, e approdare in mezzo al fango avrebbe reso ancora più difficile lasciare la polvere da sparo asciutta.
Una lanterna venne accesa davanti a loro: anche stavolta la luce rimase visibile solo per pochi secondi, appena sufficienti perché l'ufficiale posto sulla prua della piccola imbarcazione la vedesse e scoprisse, anche lui solo per pochissimo tempo, una piccola lampada che teneva con sé, schermata sotto il pastrano, in modo da dare conferma dell'imminente arrivo.
Chiunque avesse acceso la luce sulla terraferma si era per fortuna dimostrato intelligente: la spiaggia su cui aveva condotto lo sbarco era prevalentemente composta da piccoli ciottoli, così appena la chiglia delle scialuppe toccò terra, i soldati poterono scenderne senza troppi sforzi. Subito dopo le barche vennero tirate in secca e spinte fin dentro la vegetazione, dove gli alberi vennero smontati e gli scafi capovolti, in modo da offrire un riparo, seppur scomodo, alle truppe, che si sedettero sotto di essi nell'attesa che la pioggia smettesse di cadere. Nel frattempo la persona che impugnava la lanterna, un'alta e snella figura incappucciata, fece cenno agli ufficiali superiori di seguirla dentro una piccola baracca da pescatore costruita vicino alla spiaggia. Ricevuto l'assenso del più alto in grado, ben nove persone entrarono in quell'angusta costruzione.
Sopraffatto dalla curiosità, Giulio si alzò da sotto la scialuppa dove si era seduto; del resto si stava davvero troppo stretti là sotto. Arrivato in prossimità della baracca, si offrì di sorvegliarne l'ingresso assieme ad un altro soldato. Appena la porta si chiuse, i due si misero in ascolto.
*
-Allora: quanti sono?-
Il Comandante Fabrizio Mondini, uno slanciato uomo castano di quarantun anni privo dell'occhio sinistro, non era mai stato un tipo molto loquace o incline all'uso di giri di parole.
La persona incappucciata si levò il mantello, rivelando il suo aspetto: era una donna mora sui trenta, alta e magra ma dalla muscolatura ben definita. Era vestita come una normale pescatrice della zona, con camicia chiara sgualcita, calzoni a vita alta e logori stivali di cuoio, ma il suo portamento lasciava intendere che appartenesse a tutt'altro tipo di classe sociale.
-Lei mi piace, Comandante: va sempre dritto al nocciolo!- esclamò con un sorriso la donna, srotolando sul grande tavolo posto al centro dell'unica stanza una cartina delle due Ipatzie ricca di segni fatti col gesso. Quell'unico mobile occupava la maggior parte dell'angusto locale, e le dieci persone sedute attorno ad esso avevano le schiene praticamente schiacciate contro le pareti.
-Allora la seguo a ruota: Faro Minore è difesa da una compagnia: non più di ottanta soldati direi. Tredici di loro sono alloggiati nel faro, altri venti vicino alle due torri che stanno all'ingresso principale ed il resto nella caserma.-
-Quelli nel faro potrebbero essere un problema.- esordì il Maggiore Luca Forestan, un corpulento uomo baffuto di mezza età, con i polsini viola del genio militare sulle maniche. -Se puntassero la luce verso Porto Ipatzia, anche a questa distanza, potrebbero segnalare di essere sotto attacco, vanificando il nostro effetto sorpresa per l'assalto a Castel di Baia.-
-Forestan ha ragione.- convenne Mondini levandosi il cappello. -Dovremo occuparci di loro. Ma prima lei finisca il rapporto: quanti sono nel resto delle isole?-
-Agli ordini.- la donna gettò il mantello su una rozza sedia tarlata e riprese ad indicare la mappa: -Castel di Baia è presidiato da duecento soldati di fanteria. Oltre ad essi c'è una compagnia di cavalleria, ma è ai minimi termini: saranno in trenta o quaranta al massimo. Nel forte ci sono dodici pezzi d'artiglieria diretti verso la terraferma, altri trentadue danno sul mare.-
-Insomma hanno ripristinato la vecchia dotazione del forte, dico bene?- la domanda stavolta veniva dal Maggiore Chiara Rigamonti, unica donna oltre alla guida presente nella capanna. Lei comandava la retroguardia in quel piccolo corpo d'armata.
-Esatto.- confermò il Comandante senza distogliere lo sguardo dalla cartina. -Ma ci hanno lasciato una guarnigione davvero esigua! Possibile che gli indigeni sul continente gli diano tutti questi problemi?-
Le notizie sugli attacchi portati dalle popolazioni autoctone del continente erano corse in lungo e in largo, ma non erano mai troppo dettagliate, quindi ognuno tendeva ad interpretarle a suo modo.
-Non ne ho idea.- la guida scosse le spalle con noncuranza: -Ma fossi in voi aspetterei a dire che la guarnigione è esigua. Infatti i vostri amici hanno anche quasi centocinquanta soldati di guardia a Faro Maggiore, e non meno di seicento a protezione di Porto Ipatzia.-
-Addirittura?- Mondini per primo parve sorpreso della quantità di soldati alloggiati nel piccolo capoluogo delle due isole.
-Beh non vi aspettavate certo che lasciassero una colonia così riottosa con poche truppe, vero?-
L'osservazione in effetti era legittima: gli Ipatziani erano stati abitanti della repubblica di Rialto per oltre due secoli, e il controllo da parte di uno stato molto più autoritario e strettamente legato alla nobiltà, non poteva certo essere accettato di buon grado. Già erano scoppiate diverse proteste, ma nessuna di esse era mai sfociata in una ribellione aperta, almeno per il momento.
-E delle navi invece, che ci dici?- a porre questa domanda fu il Capitano di Vascello Marco Caminetti. Era un uomo pressappoco coetaneo di Mondini, solo più corpulento e con molti meno capelli, anche se più lunghi: lui aveva accompagnato le truppe a terra, ma era un ufficiale di marina e presto sarebbe tornato sulla sua nave per prendere parte allo scontro da una posizione più consona alla sua professione.
-Solo quattro brigantini in tutto.- la donna era ben informata dopotutto. -Due sono al molo di Castel di Baia, gli altri a Porto Ipatzia, non saprei dirvi nulla di preciso sui loro equipaggi. Il solo problema potrebbe arrivare nei prossimi giorni: la guarnigione di Porto Ipatzia dovrebbe essere sostituita a breve da delle nuove leve, ma non so purtroppo dirvi quando arriveranno. Queste informazioni non mi sono giunte ancora.-
-Non fa niente. Ce le faremo bastare, almeno per adesso!- Mondini aveva parlato: nessuno aprì bocca. -Entro l'alba voglio essere in vista di Faro Minore: come sorgerà il sole, sferreremo l'attacco: non potranno far altro che arrendersi se ci vedranno uscire dal bosco tutti assieme. Nel frattempo il resto delle forze verrà fatto sbarcare vicino Castel di Baia e attaccherà a sua volta. Se saremo rapidi, tutti i caposaldi dell'isola cederanno in fretta.-
Si alzò dallo scomodo sgabello su cui si era seduto: distavano poco meno di tre miglia dal paese. Viaggiando leggeri in un paio d'ore potevano arrivarci senza nemmeno correre.
-Pietro, manda i tuoi esploratori in avanscoperta.- ordinò all'ufficiale di grado più basso tra i presenti: un semplice Capitano, piuttosto basso e mingherlino, che però aveva l'aria da uomo vissuto molto più degli altri. -Liberateci il sentiero fino a qualche centinaio di metri dalla destinazione. Che nessuno ci veda arrivare! Poi preparatevi per il vostro consueto assalto.-
-Signorsì!- esclamò l'ufficiale con un sorriso scattando sull'attenti. Subito dopo, ritenendosi congedato, uscì a passi svelti dalla porta.
-Chiara...- riprese il Comandante rivolgendosi al Maggiore Rigamonti, -...tu rimarrai qui con duecento soldati, ti manderò dei carri per trasportare le masserizie appena avremo preso il paese. Organizza un accampamento provvisorio.-
-Agli ordini!- detto questo anche la donna se ne uscì, soffocando a fatica uno sbadiglio.
-Tutti gli altri, pronti per la marcia, tra mezz'ora voglio che si parta. Lasciate qui gli zaini, e se la pioggia avrà smesso o sarà in procinto di farlo, anche i pastrani. Dobbiamo essere spediti!-
Non stette ad aspettare risposte: gettò una borsa di monete alla loro guida e poi se ne uscì dalla capanna, fermandosi ad osservare i due soldati posti a guardia della porta.
-Voi due.- disse con tono severo indicandoli, -Tenete d'occhio la signora!-
*
Tenere d'occhio la signora: che intendeva? Si domandò Giulio osservando il commilitone, che appariva altrettanto sorpreso.
Nessuno dei due osò voltarsi a controllare mentre gli ufficiali uscivano dalla porta, ma appena se ne furono andati tutti, lo sguardo dei soldati irruppe nella baracca dove, china su un grande tavolo c'era una donna intenta a contare delle monete.
-Volete entrare o preferite sorbirvi la pioggia?-
Non si era nemmeno degnata di alzare lo sguardo: era rimasta concentrata sui soldi, ma tra i capelli neri che le cascavano sul volto, si riusciva ad intravedere un suo sorriso sarcastico.
-Veramente sta quasi smettendo ma... va bene.-
Il commento veniva dall'altro soldato: doveva essere una semplice recluta, e ad occhio doveva avere non più di diciassette o diciotto anni.
-Soldato Guido Scirè, al suo servizio!- si presentò in maniera forse troppo formale. Giulio decise di imitarlo, sperando che il medesimo tono facesse capire al soldato quanto fosse sembrato ridicolo.
-Caporale Giulio Calandrin, al suo servizio!-
Guido arrossì: doveva aver capito la presa in giro.
-Anna, molto piacere.- rispose la donna omettendo il proprio cognome.
Per alcuni secondi regnò il silenzio nella baracca: si sentì solo il rumore degli altri soldati che si preparavano a partire, oltre ovviamente al tamburellare, sempre meno forte, della pioggia sul tetto.
-Bene.- Esclamò Anna soddisfatta quando ebbe finito di contare i soldi. -L'anticipo c'è tutto!- disse soddisfatta iniziando a rimettere in borsa le monete. -Ora devo solo accertarmi che non manchino di darmi il resto: andiamo?- domandò retoricamente alzando lo sguardo, in modo che i due riuscissero finalmente a vederla in faccia, grazie alla fioca luce della lanterna.
-Andiamo. E dove?- Giulio non seppe trattenere il suo stupore.
-Ad accertarci che tutto vada bene. Ovviamente.-
Sollevò una grossa sacca che posò sul tavolo: ne estrasse due pistole che si mise alla cintura e una coppia di eleganti daghe avvolte in una strana imbragatura di cuoio che si mise in spalla. I due soldati erano stupefatti.
-Cosa c'è? Credevo che anche le donne combattessero nel vostro esercito.-
-Sissignora, ormai da quasi un secolo... ma non ne ho mai vista una in azione finora.-
A parlare era stato Guido, su cui caddero gli sguardi sorpresi dei presenti. Era risaputo che le donne soldato erano in un rapporto di circa una su cinque nell'esercito, a voler essere generosi, ma chiunque avesse avuto modo di militare in una caserma o di prendere parte a qualche missione, avrebbe dovuto vederne qualcuna intenta a dare prova di sé.
-Si, è la mia prima missione, va bene? Da qualche parte bisognerà pur iniziare.- replicò Guido seccato, come a volersi giustificare.
Non aveva tutti i torti in effetti: Giulio ricordava bene la sua prima battaglia, in quella stessa isola, quando avevano perso contro le truppe dell'Esfalia, supportate dalla cavalleria del Malice, che avevano travolto le loro file e massacrato le loro truppe in ritirata... erano passati solo sei anni, ma sembrava una vita fa.
Ma non era il momento di rivangare vecchi e brutti ricordi: la signora Anna voleva uscire ed unirsi alle truppe: non sembrava una cosa molto sensata.
-Lei è la nostra informatrice, signora?-
Se doveva seguire questa donna, Giulio preferiva avere tutte le informazioni necessarie.
-Vedo che da fuori si sente tutto.-
-Allora non possiamo permetterle di mettersi in pericolo: lei ci è più utile da viva che da...-
-Morta?- lo interruppe bruscamente Anna mettendogli un dito sulla bocca. Sembrava avere un tono scherzoso, ma allo stesso tempo il suo sguardo non ammetteva repliche.
-Io sono perfettamente in grado di difendermi da sola. Ma se il caro signor benda sull'occhio...- mimò con eccessiva teatralità la mutilazione del loro Comandante -...ha detto a voi di tenermi d'occhio, a me non ha certo impedito di seguire le truppe in battaglia. E poi avete sentito no: vedendovi arrivare in così gran numero, probabilmente si arrenderanno senza nemmeno combattere: non correrò alcun rischio.-
Voltate le spalle ai due, Anna fece il giro del tavolo, recuperò la sua mantella e se la mise addosso.
-Lasciamo che i vostri amici si avviino.- disse infine raggiungendo l'ingresso. -Appena saranno partiti, ci muoveremo anche noi.-
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