Una seconda possibilità
"Coraggio furbetta, non mi dire che sei stanca?". Furono proprio queste parole che fecero svegliare Ahsoka dal suo sonno. Al apertura degli occhi notò di trovarsi legata ad una fredda lastra metallica che le bloccava gli arti non permettendole alcun movimento nella cella rettangolare in cui era incastrata; la cosa che però sorprese ancora di più la giovane fu il notare di essere da sola in quella stanza in cui aveva sentito quel tono di voce a lei così familiare e gradito che riconobbe qualche attimo dopo averlo udito: era la voce di Anakin! Il suo maestro. Questa prima risposta rese più leggeri i numerosi dubbi che pian piano prendevano forza nel sua mente: come mai era in una stanza che apparteneva presumibilmente a una prigione? cosa aveva fatto? Dov'era Anakin? Era stata catturata dai separatisti o aveva commesso dei crimini contro la repubblica? Ashoka escluse da subito la seconda opzione e cominciò a pensare dove si fosse fatta catturare. Ricordava di trovarsi su Cato Neimodia per aiutare le forze di difesa del pianeta contro i droidi e di aver salvato il suo maestro da un'incidente mortale e dopo di ciò i suoi ricordi finivano. Ashoka rimase un paio di minuti a riflettere su cosa potesse essere successo senza trovare alcuna spiegazione logica: i suoi ricordi finivano dal nulla senza alcuna motivazione come una luce soffocata di colpo.
La ricerca delle varie risposte fu interotta dal apertura della porta blindata della cella; subito alzò lo sguardo vedendo distintamente un uomo maturo in indumenti da ufficiale che gli donavano una certa importanza anche a chi non li aveva mai visti. Era affiancato da due soldati armati di blaster che si misero ai lati della porta capitano di quella piccola stanza lasciando procedere il loro capitano. Dopo qualche secondo di silenzio l'uomo disse: "Ashoka Tano, il suo arrivo a farto molto parlare. Ma dovrei farle alcune domande se mi permette, Magistra". Ashoka cercò di celare con poco successo la sua incredulità al titolo con cui era stata chiamata: come faceva ad essere una maestra se era la padawan di Anakin? Il soldato che si era messo alla destra si avvicinò all'uomo in centro e gli disse sottovoce qualcosa nell'orecchio. L'ufficiale gli rispose allo stesso modo per poi sentenziare cominciando a girare intorno alla giovane senza mai darle le spalle: "Mi perdoni, mi ero dimenticato che le hanno fatto il ringiovanimento per prenderle alcuni dati utili, comunque mi dovrebbe rispondere certe domande". Ashoka rimase ancora più perplessa dopo questa ultima frase: come avevano fatto a farla ringiovanire per prendere alcuni dati? Se ciò era vero quanti anni aveva veramente? Come aveva fatto a diventare maestra? Chi aveva vinto le guerre dei cloni? Anakin era morto o vivo? E sopra tutto: dove si diamine trovava?
Ashoka però non poteva distrarsi su queste cose, doveva riuscire a uscire da quel posto e tornare a Coruscant dal consiglio dove di sicuro avrebbe avuto risposte da poter considerare affidabili. La stanza rimase ferma e immobile per quindici secondi nei quali l'ufficiale si limitò a controllare il suo Tablet portatile finché la Jedi disse con voce impassibile: "io non dirò nulla che possa compromettere i miei alleati. Quindi potete solo farmi di nuovo questo ringiovanimento se volete sapere qualcosa da me". Il capitano a queste parole rispose calmo e freddo: " Sinceramente non avrei problemi a farla tornare di nuovo bambina per ottenere queste informazioni, ma la macchina può solo far tornare indietro il suo ospite fino ai 17-18 anni. Comunque l'avviso che ci saranno delle conseguenze a lungo andare nel suo trattenere il silenzio". Ahsoka non provò paura a questa minaccia, ne aveva subite diverse da parte dei separatisti in diverse occasioni senza mai aprir bocca e non l'avrebbe fatto ora. Infatti disse tranquillamente con tono quasi beffardo: "lo faccia pure, tanto non torno utile ai miei compagni in nessuno dei due casi". Il capitano rispose invariato dal opposizione: "Non deve essere così difficile, ci servono solo qualche informazione sulla locazione dei vostri templi; nulla di troppo pericoloso o crudele no?". La giovane si limitò a chiudere gli occhi in segno di disinteressamento e protesta: non sapeva quali intenzioni avesse quella gente ma non avrebbe rivelato nulla finché gli altri membri del consiglio l'avessero permesso anche se farlo avrebbe comportato la sua liberazione. Il capitano capendo che con le buone non avrebbe ottenuto nulla estrasse da una sua tasca un telecomando con circa cinque pulsanti. Aspettò un paio di secondi dando il beneficio del dubbio al interrogata per poi premere un pulsante che azionò l'elettrificazione della lastra e dire: "ultima possibilità". La resilienza della giovane e la sfrontatezza con la quale non si era neanche degnata di controllare i possibili effetti del ultimatum lo spinsero ad azionare il meccanismo facendo diventare il corpo della Togruta una serie di compulsioni. La scarica non era mortale ma molto dolorosa perciò il capitano la fece durare quanto riteneva opportuna per rompere lo spirito del prigioniero, ma questo non accadde; infatti appena l'ultima scossa cessò Ahsoka ritornò nella sua posizione con occhi chiusi e sguardo neutro.
La scena si ripeté altre due volte, alla fine della terza scarica il capitano in parte allibito dalla resistenza della giovane mise una mano sotto il mento della ragazza per invogliare una reazione. Ashoka girò la testa in protesta ma senza offrire una vera reazione. Il capitano allora stanco concluse: "Devo dire che la persona che ti ha catturato, il tenente Robert ha fatto bene a non farti uccidere, sarai un ottimo esempio di come il tuo popolo possa essere domato da quello di Ketrum". Ahsoka voleva rispondere al capitano, ma usando tutto il suo autocontrollo rimase ferma e aprì solo gli occhi. Il capitano capendo che non vi fosse nulla da fare disse girandosi per uscire: "non ti rilassare, tra 15 minuti tornerò e non sarò amichevole come adesso". La Jedi non fece una smorfia contando già di aver abbandonato quel luogo al suo ritorno, ma come? Vicino alla porta c'era una telecamera che la guardava e non appena il capitano fosse uscito; sarebbe rimasta sola in quella stanza. In quei pochi secondi che servivano a far uscire il gruppo dalla cella escogitò un piano che mise subito in atto poiché probabilmente non avrebbe avuto molte altre occasioni.
Usando la forza fece cadere una collana che teneva uno dei due soldati in una tasca dei pantaloni, egli si chinò per prenderla rimanendo solo nella stanza, la afferrò senza problemi ma nel atto del rialzarsi i suoi occhi incontrarono quelli di Ashoka da una distanza ravvicinata. Usando il trucco del controllo mentale la Jedi disse al fante: "tu ora mi libererai e te ne andrai con il tuo capitano". Il soldato rimase per un attimo fermo a guardarla con sguardo indecifrabile, furono attimi di tensione per Ashoka poiché si era giocata il tutto per tutto in un'azione che aveva fatto poche volte e che non gli era sempre riuscita. Fortunatamente per lei il fante rispose ipnotizzato: "Adesso io ti libererò e me ne andrò con il mio capitano". Queste furono parole di sollievo ma non era ancora finita, infatti rimaneva la telecamera che avrebbe dovuto disattivare poco prima di essere liberata per guadagnare qualche secondo in più prima di essere scoperta.
Usando la sua esperienza distrusse la telecamera con la forza per poi, una volta essere stata liberata dai ganci, aprire delicatamente la grata del condotto di aerazione sul soffitto pronta ad entrare nel dotto. Vedendo il soldato uscire dalla stanza ancora sotto effetto del controllo mentale Ashoka disse: "mi stupisco sempre di quanto sia facile".
Appena la porta si chiuse compì il salto; cominciò subito a gattonare tra i condotti del carcere aiutata dalla sua forma fisica e sapendo di avere un piccolo varco temporale prima che la sua evasione fosse stata notata. Ci volle qualche minuto prima che il moto cieco della giovane nel sistema la condusse sopra l'armeria della prigione; guardando in basso notando le sue armi scintillare sopra una scaffale della stanza. Tolse con prudenza la grata e usando la forza le attrasse verso di se, ma questa azione non andò bene, infatti quando le spade laser erano a metà del tragitto scattò l'allarme della prigione che distrasse Ashoka, non c'era più tempo per i sotterfugi e le precauzioni. Le armi caddero ai piedi di una guardia sottostante e la Jedi convinta di poter contare cogliere di sorpresa gli avversari si lasciò cadere dai condotti di areazione atterrando a pochi metri dall'uomo che fu subito sbattuto contro il muro, ma ormai era tardi, una decina di soldati erano appena entrati nella stanza. La Jedi attirò subito le sue spade laser verso di se, per poi scagliarne una contro il meccanismo di apertura della porta. Il colpo funzionò e la porta si chiuse di colpo separando i 10 soldati dal resto del carcere.
I militi isolati aprirono il fuoco verso la giovane che si avvicinava a loro proteggendosi con la sua spada ancora impugnata. Mentre correva richiamò verso di se la spada laser lanciata, che nel suo ritornò tagliò un soldato; appena entrata a distanza d'attacco Ashoka riuscì a mettere fuori gioco quattro dei suoi avversari continuando la sua corsa fino al rifugio di alcune casse. I restanti soldati furono storditi dalle casse scagliate dalla sensitiva della forza. Riprese le sue armi guardò le tubature che erano state intasate da un gas giallastro probabilmente nocivo; vedendo la sua prima via di fuga impraticabile; Ashoka si diresse verso la porta bloccata notando dalla finestra che diversi guardie si erano radunate oltre ad essa, pronte a bloccare la sua fuga. Dopo un respiro di concentrazione scagliò con la forza quel blocco metallico fuori frontalmente; nello spazio ora aperto vide la sua uscita: una finestra che al fondo del corridoio davanti a se sporgeva verso l'esterno! Incoraggiata dalla vista trovò nuova energia lanciandosi verso il suo obbiettivo proteggendo il suo corpo con le sue spade; arrivata a pochi passi dal arrivo lanciò un ultima onda di forza che ruppe il vetro della reclusione.
Appena toccò il suolo metallico di quello che scoprì essere un astroporto si lasciò cadere dietro alcuni container in cerca di respiro. Riflettendo con il suo Io interiore disse: "Sono vicina, devo solo cercare di prendere una delle loro navi senza espormi." Tale speranza fu subito smentita dalla luce dei riflettori della prigione che la illuminarono, sapendo di essere stata scoperta uscì dalla sua copertura guardando con aria di sfida le fonti di luce.
Pochi attimi e una serie di soldati erano giunti dagli accessi del astroporto e l'avevano quasi accerchiata, l'inizio delle ostilità fu però rimandato da una voce imperante: "Qui è il tenente Robert che parla ad Ashoka Tano, padawan Tano questa è la sua ultima possibilità per arrendersi, getti le armi e si arrenda ai miei uomini". Ashoka rimase in silenzio, ma poco dopo lanciò una spada laser contro l'altoparlante da cui era provenuto il suono, la spada squarciò lo strato metallico facendo cadere rovinosamente il marchingegno a terra.
Dopo di questo la ragazza disse: "L'unica cosa che voglio dire è che ha fatto un grave errore a non uccidermi quando ne aveva l'occasione, tenente". Un secondo comunicatore riportò la risposta piena di rammarico del tenente: "E così sia allora, a tutti i soldati a me affidati, sparate per uccidere contro la Jedi situata nell'hangar numero quattro". Pochi attimi e lo scontro era iniziato, i fanti della prigione scagliarono ogni loro colpo contro la prigioniera che con una forza quasi surreale continuava a correre tra le loro linee disarmandoli, stordendoli, parandone i colpi o provocando lesioni con il suo laser, benché certa di poter vincere quel ingaggio, Ashoka si rese conto di come ogni secondo che passava diminuisse le sue possibilità di evasione.
Una possibilità si materializzò quando da una piattaforma sottostante comparve una astronave di medie dimensione che sembrava prossima a lasciare l'atmosfera. Subito la giovane corse verso il dirupo da cui stava sorgendo il veicolo facendo crollare con la forza i fari ancora operativi; arrivata al punto di non ritorno si gettò nel vuoto con una rotazione di 90 gradi in picchiata mascherando le sue vere intenzioni. Quando capì di essere fuori dalla portata visiva dei suoi inseguitori rallentò la sua discesa con la spada laser per poi effettuare un salto della forza fino ad un carello della nave.
Riuscì ad aggrapparsi ad esso poco prima che rientrasse nella nave, sapendo di essere al sicuro e vedendo le guardie della prigione intente a cercarla nel astroporto che sorgeva al fondo del dirupo si sfogò dicendo: "Devo dire che non è stato molto difficile scappare da questi idioti e dal loro tenente". Le ultime sillabe furono accompagnate dal rientro totale del carello.
Ashoka si sdraiò rilassando il suo corpo ancora teso per la fuga appena conclusa e rilassato dal rumore provocato dal salto nell'iperspazio della nave. Si sentì fiera di quello che aveva compiuto ma anche spaventata per l'avvenire: era sfuggita sì; ma dove l'avrebbe portata quella nave?
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