Capitolo 9
Layla mosse qualche lento passo verso la fine del pontile, illuminando dapprima le assi e rivolgendo poi la sua attenzione alle acque ancora increspate del lago.
Con la sola luce della sua torcia le fu difficile distinguere le ombre che le alghe celavano sotto il pelo dell'acqua; per un attimo aveva temuto di poter scorgere il relitto dell'imbarcazione di Kat sul fondale ma, subito dopo, si disse che una barca non avrebbe mai potuto affondare tanto in fretta e tanto silenziosamente senza che i suoi amici avessero emesso un solo suono.
Puntò poi la torcia verso la rimessa, rabbrividendo: la barca era lì, esattamente dove i tre l'avevano trovata ad inizio serata, completamente vuota.
Nessuna coperta, nessuno snack, nessuna bevanda e nessuno dei suoi due amici a bordo.
Davanti ai suoi occhi solo un lugubre chioschetto ed una piccola imbarcazione che ancora ondeggiava al suo interno, legata con una sottile corda blu che prima di allora Layla non aveva notato.
«Ok, ragazzi, molto divertente. Venite fuori ora!» urlò la ragazza, sollevando le braccia al cielo e girando in tondo su se stessa, sperando che da un momento all'altro i due compagni sarebbero saltati fuori solo per farle prendere un colpo.
L'eco delle sue parole si disperse tra le chiome degli alberi per lasciare spazio al pesante silenzio che cominciava a spaventarla.
Tornò sui suoi passi, decisa a raggiungere l'auto di Jon e convinta che lì i due ragazzi la stessero aspettando, pronti a prenderla in giro per l'espressione terrorizzata e nervosa che pian piano si stava facendo largo sul suo volto.
Arrivò alla quercia contrassegnata che faceva da ingresso al sentiero e, senza indugio, cominciò a percorrerlo, canticchiando a mente per cercare di calmarsi e cercando di fare luce alla strada sterrata davanti a sé per assicurarsi che nulla potesse coglierla di sorpresa.
Ormai a metà del percorso, dei fruscii in lontananza la fecero sobbalzare: si voltò verso il rumore, illuminando il tratto appena percorso, senza però riuscire a distinguere alcun movimento.
Un odore pungente, acre, nauseante, le riempì improvvisamente le narici; si portò la mano sul viso, chiudendola a coppa per coprire naso e bocca, cercando di inalare il meno possibile la puzza di bruciato che si faceva sempre più forte.
Le gambe le cominciarono a tremare quando notò la scia di fumo nero che si stava creando intorno a lei, inorridendo per l'odore sempre più insopportabile che le sembrava impossibile da scacciare.
Voleva scappare, voleva correre, voleva gridare, ma il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi; riusciva solo a guardarsi intorno, sgranando gli occhi per l'orripilante spettacolo che stava prendendo vita davanti a lei.
Centinaia di piccole luci rosse ricadevano sul sentiero, illuminando pallidamente l'oscurità che il fumo aveva creato e danzando trasportate dalla brezza che d'un tratto si era alzata.
Le braccia di Layla ricaddero lungo i suoi fianchi; lasciò la presa sulla torcia che cadde rumorosamente al suolo spegnendosi per il colpo subito. Socchiuse gli occhi concentrandosi su una delle fioche luci che danzava sopra la sua testa: una piuma marrone, macchiata da centinaia di gocce nere, ardeva vicina alla sua fronte.
Sollevò una mano per toccarla, desiderando che quel surreale momento fosse solo frutto della sua immaginazione. Con un dito accarezzò la parte del piumaggio non ancora consumata dal fuoco, esitando per un po' prima di sfiorare le fiamme che vive e scoppiettanti divoravano i colori della candida piuma.
Ritrasse la mano bruscamente, scottata dal fuoco tutt'altro che irreale.
Sentì le lacrime gonfiarle gli occhi mentre un'insolita tristezza le cresceva nel cuore; lentamente s'inginocchiò, continuando a fissare le piume ardenti che sembravano seguire il suo movimento ricadendo armoniosamente al suolo.
Chiuse gli occhi, raggomitolandosi su se stessa e portandosi le braccia attorno alla testa per proteggersi dalla pioggia rossa che incombeva su di lei.
«È vicina la Notte.» disse con un filo di voce, scuotendo il capo e strizzando le palpebre.
«È vicina, è vicina!» continuava a ripetere come un'ossessa, aumentando sempre più il tono delle sue parole fino ad urlarle.
Quasi non si accorse delle mani che delicate scivolarono sulla sua schiena, fermandosi intorno alla vita per cingerla ed aiutarla a mettersi in piedi.
Riaprì gli occhi e liberò il capo dalla presa delle sue braccia solo quando la voce di William interruppe la sua cantilena: «Ehi, stai bene? Layla? Layla, mi riconosci?»
Istintivamente lo abbracciò, affondando la testa sul suo petto, sospirando e ringraziando di non essere più sola.
L'odore di bruciato era scomparso, quello che sentiva era solo il profumo di lavanda della felpa di William, che premeva delicatamente sul suo volto mentre il ragazzo contraccambiava il suo gesto.
Accarezzandole i capelli con una mano e stringendole le spalle con l'altra, William rimase in silenzio, scrutando l'ambiente attorno a loro e schiarendosi la voce prima di cominciare a parlare: «Mi spieghi che ci fai tutta sola in mezzo al bosco? E perché eri rannicchiata per terra?»
Layla esitò prima di indietreggiare imbarazzata, rendendosi conto di aver stretto con troppa forza il busto di Will e temendo che lui avesse sentito il sospiro sfuggitole quando la sua mano aveva cominciato a scivolargli sui muscoli delle braccia.
«Mi sono fatta prendere dal panico, credo.» disse fissando la terra sotto i suoi piedi «Ho creduto di aver visto un incendio avvampare e per un attimo mi è sembrato che delle scintille mi venissero addosso... sì, lo so, suona strano anche a me dirlo.»
Layla sorrise, allargando le braccia e camminando nervosamente in tondo, cercando una traccia di quello che aveva visto intorno a lei solo pochi minuti prima e rendendosi conto che forse la sua mente le aveva giocato solo un brutto scherzo.
«Questo non spiega perché sei qui da sola.» asserì Will prendendola per un braccio e bloccandola «Stai bene?»
«Sì, William, sto bene. Devo raggiungere la strada, Kat e Jon mi staranno aspettando.»
«Ehi, aspetta!» le gridò il ragazzo non appena Layla cominciò a correre, noncurante del buio sentiero che avrebbe affrontato prima di raggiungere la strada asfaltata.
«Merda!» imprecò silenziosamente Will, chinandosi per raccogliere la torcia che Layla aveva lasciato cadere in terra e dandole dei colpetti per far sì che si riaccendesse.
Prese a correre, nella direzione che la ragazza aveva intrapreso pochi secondi prima, cercando di illuminare il percorso e di scorgere la sua figura tra le ombre create dalla boscaglia.
Pochi minuti dopo la corsa di entrambi terminò, quando raggiunto il cartello con la scritta "Pinewood Lake" Layla si fermò, ansimante, con la schiena poggiata al tronco di un grande pino e si portò le mani sulla fronte cercando di riassettare i suoi pensieri.
«La macchina di Jò, era qui. I-io non capisco...» balbettò fissando l'asfalto «Gli hai detto tu di andare via? È una specie di scherzo? Ti prego, William, dimmi che è così!»
La voce supplicante di Layla rattristò il volto del ragazzo che, lentamente e a testa bassa, camminò verso la strada avvicinandosi al pick-up grigio parcheggiato a pochi metri dal cartello: «Che ne dici se ti riaccompagno a casa? Sono sicuro che se ti siedi per un po' riuscirai a calmarti e ti ricorderai meglio cosa è successo.»
«Io ricordo benissimo cosa è successo. Ero qui con Jonathan e Katharine. Siamo venuti insieme. Abbiamo parcheggiato proprio in questo punto.» Alterata, Layla, prese a battere un piede sull'asfalto, urlando verso William e sforzandosi di ricacciare le lacrime che le stavano nuovamente offuscando la vista.
«Non guardarmi così, come se fossi una povera ubriaca che biascica stronzate.» gli disse avvicinando un dito al suo volto e sfidandolo con lo sguardo «Non so nemmeno cosa ci fai tu qui. E non sembravi neanche sorpreso quando non abbiamo trovato l'auto di Jon.»
«Senti, Layla,» esclamò finalmente Will, dopo aver tirato un lungo respiro «io sono arrivato qui più d'un ora fa e posso assicurarti che non c'era nessuna macchina. Ed è davvero impossibile che i tuoi amici fossero qui con te. Sali in auto, forza, ti porto a casa.»
Quando si sporse in avanti per afferrare il polso di Layla, questa indietreggiò, corrucciando la fronte e dischiudendo le labbra in una smorfia nervosa.
«Perché ti sembra tanto impossibile che Jon e Kat fossero qui con me?» chiese agitando una mano, tornando a fronteggiarlo «Perché credi di sapere meglio di me dove siano i miei migliori amici? E perché non la finisci di guardarmi con quella cazzo di compassione negli occhi?»
«Perché Jonathan e Katharine sono alla festa dei fratelli Rohan, come metà della scuola.» le rispose freddamente, continuando a parlare prima ancora che potesse controbattere «Ho accompagnato Judith e Gerry un paio d'ore fa e i tuoi amici erano già lì. Ora sali in macchina e vedi di darti una calmata.»
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