Capitolo 4
«Allora, hai avvisato Rose?» chiese Jonathan continuando a torturarsi le labbra con una mano, mentre l'altra passava nervosa tra i ricci neri.
«Sì, le ho mandato un messaggio appena ho visto che la portavano in infermeria. La segretaria del preside immagino stia ancora cercando il suo numero...» sbuffò Kat in risposta all'amico, mentre, con le mani chiuse a coppa ai lati degli occhi, cercava di vedere attraverso la porta in vetro ghiacciato che la separava dalla sua compagna «Ma tu non riesci a vedere proprio niente?»
«Cosa pretendi di vedere, Kat? Al massimo delle ombre. Piuttosto, dici che si sarà ripresa? Io davvero n-»
«Smith?»
«Sì?» Kat balzò indietro quando la professoressa Arrow spalancò bruscamente la porta, interrompendo Jon e chiamandola per cognome.
«Smith, vieni dentro, Sphawks chiede di te.»
La professoressa continuava a sventolare la mano in direzione di Kat facendole segno di raggiungerla. A quel gesto goffo, gli occhiali dalla montatura dorata cominciarono a scivolare fino a raggiungere la punta del naso, dando un'aria ancora più buffa all'eccentrica insegnante di Letteratura Inglese che, come ogni giorno, aveva scelto un abbigliamento decisamente troppo colorato e troppo aderente per la sua stazza, tutt'altro che slanciata.
Quando Kat si mosse verso la porta Jon la affiancò, poggiandole la mano su una spalla e sorridendole dolcemente.
«No, Royce.» Le dita grassocce della Arrow si strinsero attorno al braccio del ragazzo, bloccandolo prima che potesse seguire l'amica oltre la soglia. «Tornatene in classe, non posso farti entrare. Mi daranno già dei problemi per aver fatto restare Smith.»
«Ma, profes-»
«Non controbattere, Royce!» lo zittì la donna sollevando l'indice «Va' in aula, su.»
Jon questa volta non rispose; lanciò uno sguardo a Kat che, portandosi la mano all'orecchio come fosse un telefono, gli fece segno che lo avrebbe aggiornato quanto prima e, dopo aver annuito a testa bassa alla Arrow, tornò sui suoi passi per rientrare in classe.
Kat, intanto, cominciò a camminare a passo lento per la piccola stanza quadrata, sorpassando la disordinata scrivania dell'infermiera Kite e cercando di capire dietro quale delle tre porte, che le si paravano davanti, si trovasse la sua amica.
«Al centro, Smith.» le suggerì la professoressa, arrivandole alle spalle, e conducendola con una mano verso la direzione giusta «Stava farfugliando qualcosa mentre Emma le tamponava la fronte -mi è sembrato di capire "Sorella"- così ti ho chiamata. Sarà sicuramente un risveglio più piacevole se ci sarà qualcuno a cui vuole bene al suo fianco.»
La Arrow sorrise, permettendo alla sua dentatura bianca e distorta, di mostrarsi attraverso le sottili labbra tinte di fucsia.
Varcata la soglia, si ritrovarono di fronte all'infermiera Emma Kite, una donnina di circa cinquant'anni dal fisico asciutto e minuto, che si sfilava i guanti in lattice, appena macchiati di sangue, per gettarli nel lavandino sulla destra della stanza.
«Non sembra abbia battuto il capo, Sara.» disse Emma rivolgendosi alla Arrow, disfacendo la coda bassa che legava i suoi capelli biondi e raccogliendoli in una seconda coda, più ordinata della prima «Sulla testa ha solo dei piccoli raschi, se li sarà procurati con le unghie. Non credo ci sia bisogno di portarla in ospedale, ma lasciamo valutare anche a sua madre quando arriverà.»
«Signora Kite, posso?» chiese improvvisamente Kat sollevando la mano in direzione delle tendine bianche dietro la Kite, bloccando sul nascere le parole che la Arrow stava per pronunciare in risposta all'infermiera.
Aveva intravisto la figura dell'amica sul lettino, dietro il paravento, e in quel momento l'unica cosa che le interessava era vedere la sua Layla e sapere da lei cosa fosse realmente successo.
«Vai, Smith.» fu la professoressa a prender parola «Noi siamo qui di fuori ad aspettare la signora Sphawks.»
Mentre le due donne si spostarono appena fuori l'ingresso della stanza, Kat aggirò le tende, trovandosi finalmente difronte ad una pallida Layla che, con la schiena sorretta dal cuscino poggiato al muro, aveva i grandi occhi neri puntati verso i boschi che si intravedevano dalla finestra rettangolare.
«Lay?» disse la rossa con un filo di voce, bloccandosi a pochi passi da lei.
«Alla buon'ora. Mi hai portato almeno un panino?»
Alla vista dell'amica che, col sorriso stampato in faccia incrociò le braccia al petto rivolgendosi a lei, Kat s'illuminò in volto saltando per sedersi di fianco a Layla.
«Quindi stai bene? Non dirmi che hai inscenato il tutto per far colpo sul quel tipo. Perché, se è così, meriti l'Oscar!»
«Inscenato?» le rispose Layla allontanando delicatamente le braccia che l'amica le aveva gettato intorno al collo «No, no. Ricordo che ho salutato Judy, poi delle forti fitte alla testa e... fare colpo? Oddio, Gerry e Wi-Will! È vero, c'erano loro di fronte a me.»
«Praticamente non ricordi la parte migliore.» la interruppe Kat sogghignando «L'uomo dei tuoi sogni ti ha subito presa in braccio per portarti fuori dalla mensa, mentre Gerry è venuto da noi per avvisarci. Ah, a proposito. Non te la prendere con Jon se ti ha tolto dalle braccia del tuo Romeo, avevi la fronte sporca di sangue ed è corso con te qui in infermeria, spaventato.»
«Che storia...» si limitò a dire Lay, corrucciando le labbra e restando qualche secondo in silenzio prima di continuare «Beh, almeno ho un'ottima scusa per parlargli e un ottimo argomento di conversazione. Le emicranie servono a qualcosa finalmente.»
Layla scosse la testa, toccandosi la fronte inumidita dal disinfettate, pensando che, forse, l'infermiera avesse decisamente abbondato con quel liquido puzzolente.
«È la prima volta che ho un attacco così forte. È stato... diverso, istantaneo.» disse socchiudendo gli occhi e distogliendoli per un po' da quelli dell'amica «Solitamente il dolore ci impiega un po' per diventare così acuto. E, poi, quelle immagini...»
«Che immagini?» chiese Katharine incuriosita, più per l'espressione corrugata dell'amica che per le parole appena dette.
«Non lo so neanche io, Kat. In pratica ho sognato, non ricordo bene cosa, ma ho sognato.» La ragazza parlava lentamente, chiudendo appena le palpebre, come per cercare di riportarsi alla mente qualcosa che, in quel momento, le sfuggiva. «È stato strano, così confusionario.»
«Layla, tatina!» Una voce familiare interruppe le due compagne, che insieme si voltarono per guardarne la fonte.
«Rose,» esordì Kat scattando in piedi e correndo ad abbracciare la figura che, a passo lento, si dirigeva verso il letto «scusami se ti ho allarmata, mi son fatta prendere dal panico.»
«Hai fatto benissimo, carotina.» rispose lei pizzicandole una guancia «Almeno quando la scuola si è decisa a chiamarmi ero già in strada.»
Rosaline Sphawks, con la sua calda voce, riusciva a mettere a proprio agio chiunque incrociasse i suoi occhi nocciola.
Una signora con la "s" maiuscola, è così che si poteva definire quella donna, che aveva imparato ad accettare le diverse stagioni della vita grazie al suo fascino e alla sua intelligenza.
L'esser diventata madre, a soli diciannove anni, l'aveva costretta a crescere più in fretta rispetto alle sue coetanee, portandola a divenire donna prima del dovuto: le difficoltà che aveva affrontato nel corso della sua vita l'avevano plasmata, rendendola una figura che ora, alla soglia dei quarant'anni, impersonava alla perfezione il ruolo di madre, padre, donna in carriera ed esempio di classe ed eleganza per ogni persona che la conoscesse.
Le spoglie pareti grigie dell'infermeria si erano illuminate quando Rose, in tailleur blu e con i corti capelli castani perfettamente acconciati, aveva fatto il suo ingresso per raggiungere la figlia Layla.
«Allora, tati, ti sei ripresa?» chiese avvicinandosi a Layla «Perché non hai preso subito la pillola quando è iniziato il mal di testa? Lo sai che se aspetti troppo la crisi peggiora. Gli antiemicranici ci impiegano un po' a fare effetto.»
«Sì che lo so, mamma. Ma, credimi, è stato tutto improvviso. Di solito ci vogliono delle ore prima che le fitte diventino così acute, non so che dire... Mi dispiace.»
«No, tati, non dispiacerti. L'importante è che ora stai meglio. Se succederà di nuovo, però, prenoteremo un'altra risonanza.» disse Rose in tono comprensivo, prendendo una ciocca di capelli di Layla tra le dita «Sai che c'è di bello, adesso? Che ce ne andiamo a casa, ti fai un bel bagno e poi ci godiamo un intero pomeriggio sul divano, io e te.»
«Lo vedi, Kat?» esclamò Lay ridente, sporgendosi per incontrare lo sguardo dell'amica che, però, teneva il capo chino sul suo smartphone «Te lo dicevo io che queste emicranie servono a qualcosa.»
«Layla Sphawks, non esagerare, ora.» la ammonì scherzosamente la madre «Piuttosto, tirati su e fatti aiutare da Kat, io devo parlare con l'infermiera Kite. Vi aspetto di là.»
Rose si ravviò i capelli e sparì alle spalle di Kat, non prima di averle tirato un altro buffetto sul viso.
La rossa contraccambiò il gesto con un sorriso, assicurandosi di essere rimasta sola con l'amica prima di cominciare a parlare: «Lay, Jon dice che dobbiamo vederci per discutere di...» si guardò intorno prima di continuare, assicurandosi di abbassare il tono della voce cosicché nessuno potesse sentirla «di Venerdì.»
«Perché?» chiese Layla sgranando gli occhi e scattando in avanti «Credevo fossimo d'accordo, come ogni anno. Che c'è che non va, ora?»
«Guarda, mi ha mandato questa.»
Kat avvicinò il telefono al volto di Layla, per mostrarle la foto inviata da Jonathan, causa del suo turbamento.
«"Le fiamme divampano in un capannone abbandonato..." bla, bla, bla "Nessun ferito..." bla, bla e bla! Mi spieghi qual è il problema?» chiese Layla spazientita, sollevandosi dal letto e tornando finalmente sui suoi piedi.
«Ah, quanto non ti sopporto quando fai così. Che ti costa leggere per bene tutto?» sbottò Kat, mettendole il telefono in mano.
«Okay, okay, ca-ro-ti-na.» ghignò Layla verso l'amica, prima di tornare a fissare lo schermo del cellulare. «"Sospette cause dolose... s'indaga sui colpevoli... i moli dal dodici al trentadue resteranno chiusi per le prossime SETTIMANE"? Ma, ma? Sono pazzi?»
«Ssh, fai piano, cosa urli?»
Kat sbirciò oltre il paravento, per assicurarsi che le donne fossero ancora nell'altra stanza, prima di continuare a bisbigliare e riprendersi il telefono: «Allora, cosa dico a Jon?»
«Se riesco a convincere mamma ne parliamo già stasera, altrimenti rimandiamo a domani.»
Lay si avvicinò all'amica prendendole le mani tra le sue e, facendosi seria, la fissò dritta negli occhi: «Troveremo un modo, Kat. Nessuno rovinerà la nostra notte.»
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