Capitolo 16
Il cielo vermiglio, che si intravedeva all'orizzonte, sembrava quasi inghiottito dai nembi carichi di elettricità che s'impossessavano pian piano del panorama.
Layla stava salendo in sella alla sua moto quando si ricordò dei cupcake, e mentre infilava il casco sperò di non doversi ritrovare di nuovo di fronte a William e Sue.
Non poteva negare a se stessa che, all'arrivo della ragazza nella pasticceria, il suo cuore avesse perso qualche battito.
Sentiva una strana affinità nei confronti di William, qualcosa che andava ben oltre la semplice attrazione fisica, e l'averlo visto in compagnia di un'altra l'aveva inevitabilmente delusa.
D'altronde, non poteva certo avanzare chissà quale pretesa nei confronti del nuovo arrivato: lo conosceva da poco meno di una settimana e, se messe da parte le ultime ventiquattr'ore, doveva ammettere che avevano trascorso insieme davvero pochissimo tempo.
Quello che continuava però a chiedersi era perché proprio Sue. A scuola non li aveva mai visti insieme; lui era sempre in compagnia dei suoi cugini e ritrovarlo di punto in bianco con un'altra ragazza l'aveva particolarmente colpita.
In pochi potevano dire di conoscere Sue, Layla stessa sapeva ben poco sul suo conto. Viveva sola con suo padre a South Clearwater, in una delle piccole case indipendenti che si ergevano vicine al porto. Non era il massimo vivere vicino al caos continuo creato dalle auto e dalle barche dei pescatori, o dai capannoni che gestivano il commercio del pesce e il rimessaggio delle imbarcazioni, ma era sicuramente una scelta più che ottima per quelle persone che lavorano proprio grazie al mare, come il papà di Sue.
Era alle dipendenze di una delle aziende che esportava il pesce in tutta la costa orientale, e avere il lavoro a pochi passi da casa, quando ogni mattina si è costretti a svegliarsi prima dell'alba, era sicuramente vantaggioso.
Sue si ritrovava a dover badare alla casa completamente sola ed è per questo che negli anni non si era mai intrattenuta oltre gli orari scolastici nemmeno per scambiare due chiacchiere con qualcuno dei suoi compagni; raramente la si vedeva alle feste o ai gruppi di studio e altrettanto raramente concedeva delle uscite agli amici -o meglio dire conoscenti- che insistevano per convincerla a concedersi qualche ora di svago.
A Layla era sempre sembrata una ragazza timida, chiusa, quasi restia al contatto umano, sempre pronta a metter davanti a tutto la scusa dei suoi impegni casalinghi e dei suoi doveri verso suo padre, pur di evitare di entrare in confidenza con gli altri.
Non poteva fare a meno di chiedersi perché fosse proprio con William, anche lui le era sembrato a tratti introverso -almeno con lei- e la curiosità di comprendere come si fossero trovati i due cresceva man mano che si avvicinava al RedVelvet.
Era talmente presa dai suoi pensieri che non si accorse che l'oscurità che si stava pian piano impadronendo delle strade del quartiere, non era dovuta all'incombente sera, bensì ai grigi nuvoloni che occupavano il cielo, chiaro segnale di un imminente temporale estivo.
Stava scrutando la fila di auto parcheggiate fuori la pasticceria, constatando che il pick-up grigio di Will non era tra quelle, quando un tuono la fece sussultare riportandola alla realtà.
Si affrettò a trovare uno spazio tra le macchine dove poter infilare il suo scooter, correndo verso l'ingresso del locale, sperando di essere ancora in tempo per ritirare i suoi cupcake e sfrecciare poi verso casa prima dell'inizio del temporale.
Il locale era gremito di gente: Peter, completamente solo, correva da un tavolo all'altro con un grande vassoio bordeaux mentre al bancone due signore erano in attesa di essere servite.
Layla si dette una veloce occhiata intorno, maledicendosi per non aver ritirato prima i suoi dolci ai quali ora, avrebbe dovuto rinunciare se non voleva ritrovarsi bloccata lì a causa della pioggia.
Si voltò per raggiungere la porta d'ingresso, quando notò un'auto nera, con le quattro frecce accese, posteggiare in doppia fila proprio davanti al suo Beverly.
Sbuffò sonoramente prima di afferrare la maniglia per spalancare la porta e raggiungere l'esterno.
Non appena mise un passo fuori, una folata di vento le sollevò i capelli; avvertì l'aria pesante, carica di umidità, rabbrividendo per quel repentino calo di temperatura.
«Ehi, tu! Fammi uscire!» urlò non appena udì lo sportello dell'auto aprirsi.
Un altro colpo di vento le scompigliò la chioma, portandole dei ciuffi disordinati sul viso che le limitavano la vista; cercò di raccogliere i capelli con le mani, sentendo su di esse dei piccoli gelidi tocchi dovuti alle prime gocce che stavano cadendo dal cielo.
Quando scostò l'ultimo ciuffo che le ricadeva sugli occhi, intravide una figura passarle di corsa accanto e allungò istintivamente un braccio per poterla bloccare e chiedere nuovamente di liberare il parcheggio.
Non riuscì, però, neanche a sfiorarlo, costretta a voltarsi per vederlo dirigersi all'interno della pasticceria mentre gocce sempre più pesanti e minacciose le ricadevano sulla testa.
Sospirando tornò sui suoi passi, raggiungendo l'interno del locale, mentre un altro forte e cupo tuono accompagnava il suo ingresso, quasi a scandire il pieno inizio del temporale.
Allungò una mano per picchiettare con le dita sulla spalla della figura maschile che le si parava davanti, ritrovandosi costretta a dover afferrare il tessuto della felpa grigia che lui indossava, tirandola leggermente per invitarlo a voltarsi.
«Ma ci senti?» gli chiese incrociando le braccia al petto mentre, finalmente, lui si girava dandole l'attenzione che richiedeva.
Si ritrovò sotto lo sguardo accigliato del ragazzo che la fissava dall'alto al basso con i suoi occhi cristallini, imbronciando per qualche istante le labbra rosse e sottili prima di parlarle: «Cosa vuoi?»
«Avrei voluto che tu spostassi la tua macchina da dietro al mio scooter per farmi tornare a casa, prima del diluvio universale.» gli disse socchiudendo appena gli occhi e allargando le braccia per farle poi ricadere lungo i fianchi «Ma visto che mi hai completamente ignorata direi che adesso posso accontentarmi delle tue scuse.»
«Scuse? Ma hai visto che tempaccio» rispose lui scoppiando a ridere «Dovresti ringraziarmi piuttosto, ti saresti ritrovata in strada nel bel mezzo di quel putiferio.»
Layla si voltò, guardando fuori da una delle finestre che il ragazzo aveva indicato mentre parlava. Un sottile strato fatto di migliaia di minuscole palline bianche ricopriva l'asfalto e i marciapiedi; piccolissime sfere di ghiaccio ricadevano dal cielo sempre più violente, emettendo dei sonori ticchettii al contatto con le vetrate del locale o con la carrozzeria delle auto.
Temporali così improvvisi e violenti non erano rari in quei mesi nel New Jersey, così come non era raro che brevi grandinate sconvolgessero la tranquillità cittadina prendendo alla sprovvista gli sfortunati lontani da casa, sprovvisti di ombrello e di un mezzo coperto, come Layla.
«Non c'è di che.» la canzonò il giovane non appena lei tornò con gli occhi puntati verso di lui.
Layla si ritrovò nuovamente a sospirare, annuendo col capo e abbozzando un sorriso in risposta a quello che aveva appena ricevuto.
Si soffermò a fissare il volto del ragazzo, notando quanto la sua pelle fosse così bianca e pallida rispetto alla sua; il leggero rossore che gli ricopriva le gote spiccava sul volto risaltandone gli zigomi spigolosi e la mascella squadrata; i capelli neri, liscissimi e sottili, gli coprivano spettinati parte della fronte, arrivando a sfiorare con le punte le folte sopracciglia, talmente scure da creare un forte contrasto con gli occhi chiarissimi, facendoli sembrare quasi grigi piuttosto che azzurri.
«E adesso perché mi stai fissando?» le domandò il ragazzo assottigliando lo sguardo.
«Ma quanto sei alto?» rispose lei portandosi una mano sotto al mento, continuando a squadrarlo da capo a piedi.
La domanda le era uscita spontanea, così come le si era creata nella mente. Era abituata a dover parlare tenendo la testa alta per poter guardare negli occhi i suoi interlocutori: Kat, ad esempio, la superava in altezza sin da quando erano alle scuole medie, per non parlare di quanto si fosse sentita piccola da quando aveva conosciuto l'imponenza della figura di Gerry o quando si era ritrovata a mettersi in punta di piedi, la sera prima, per raggiungere le spalle di William; l'unica persona a lei vicina, che condivideva con lei l'ebrezza di vedere il mondo dall'altezza del metro e settanta era Jonathan.
Ma il ragazzo che le stava di fronte sembrava superare ognuno dei suoi amici, si chiedeva se magari fosse un'impressione accentuata dal fisico snello di lui e dai suoi abiti stretti: il jeans scuro, a sigaretta, faceva sembrare le sue gambe due colonne sottili e longilinee, che terminavano incontrandosi nel cavallo basso dei pantaloni, tenuti su da una cinta in pelle nera; vita e fianchi asciutti, nascosti dalla maglietta bianca in cotone che si intravedeva attraverso la felpa con la zip, lasciata aperta quel tanto che bastava per far scorgere a Layla il torace appena più largo rispetto al resto del busto e col cappuccio che sembrava dare un po' di volume in più alle spalle larghe e squadrate.
«Stai dicendo sul serio?» rispose lui sorpreso.
«Sì, sul serio.» lo incalzò sventolando una mano per spronarlo a rispondere «Allora, quanto sei alto?»
«Non lo so. Immagino... uno e ottanta?» fece lui allargando le braccia.
«Nà, è impossibile. Kat è uno e ottanta e tu sei sicuramente più alto di lei. Almeno di sei o sette centimetri, direi. Possibile che tu non sappia quanto sei alto?»
«Ok, diciamo, allora, quasi uno e novanta.» esclamò facendo spallucce ma ritrovandosi sotto lo sguardo indagatore di Layla che sollevò un sopracciglio, facendo cenno di no con la testa «Ottantasette? Ottantotto?»
«Aggiudicato, ottantotto!» Layla schioccò le dita, soddisfatta per essere venuta a capo di quel piccolo enigma e sorridendo al ragazzo che continuava a fissarla, incuriosito per la sua stramba reazione.
«Layla, vi preparo un tavolo o prendi solo i cupcake?» La voce di Peter, da dietro al balcone, si insinuò tra i due.
Solo in quel momento Layla si era resa conto che le due donne, che fino a qualche minuto prima erano in attesa davanti alla vetrina, si erano sistemate ad uno dei tavolini vicino all'ingresso, lasciando lei e il ragazzo gli unici in piedi tra la cassa e la porta d'ingresso.
Si sporse di lato per guardare Peter e prendersi qualche istante prima di rispondergli, venendo interrotta dalla voce della sua nuova conoscenza che si chinò appena verso di lei, incrociando le braccia al petto e sussurrandole divertito a pochi centimetri dal volto: «Allora, Layla, prendiamo un tavolo o preferisci stare qui in piedi in attesa che spiova?»
Abbiamo una new entry, se vi metto un occhietto capite chi è? 🙈🙈
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