Capitolo 15






Jonathan guardò ancora una volta lo schermo del suo smartphone, sbuffando sonoramente sotto gli occhi di Kat che, distratti, fissavano un punto alle sue spalle.
Ripensò alla sera prima, allo sguardo spaventato di Layla e alla sua fuga, arrovellandosi la testa con domande che non sembrava neanche in grado di formulare e fomentate dagli insoliti messaggi che l'amica aveva inviato a lui e a Katharine quella mattina.

Li aveva quasi pregati di poterli incontrare, supplicandoli di non trovare scuse e chiedendo in maniera quasi struggente di essere pazienti e comprensivi, visto il suo bisogno di parlarne di persona e non per telefono.
Era preoccupata, anzi, gli era sembrata terrorizzata, ma da cosa lui proprio non capiva. Non era da Layla insistere tanto per andare ad una sciocca festa; e non era da lei rimandare con tanta facilità gli appuntamenti, come aveva fatto la sera prima. Eppure, anche ora Jonathan si ritrovava solo con Kat, a domandarsi dove fosse la loro migliore amica e cosa l'aveva spinta a comportarsi così; cosa la torturasse al tal punto da chiedere di parlarne solo faccia a faccia.

«Dici che ci bidonerà anche oggi?» chiese mentre si passava una mano tra i capelli, scostandosi un riccio ricaduto sulla fronte madida di sudore.

«Non credo proprio, sai? Ha tanto insistito per vederci... perché mai non dovrebbe venire?»

«Beh, anche ieri è stata lei a proporre di andare alla festa e hai visto com'è andata a finire.»

«Jon,» esclamò Kat sollevando la sedia con entrambe le mani per avvicinarsi all'amico e poggiargli una mano su di un ginocchio «anzitutto vedi di smetterla di muovere nevroticamente le gambe, stai facendo spazientire anche me. Seconda cosa: Layla sarà solo in ritardo, come al solito, ci avrebbe avvisati altrimenti.»

Jon sollevò una delle sue folte sopracciglia, facendo spallucce e sospirando sonoramente, mentre voltava lo sguardo verso la distesa cristallina alla sua destra.

«Piuttosto,» riprese Kat bisbigliandogli vicino ad un orecchio «hai notato quel tipo seduto dietro di noi come ci fissa?»

Jon fece per spostare un braccio per potersi girare col busto quando l'amica lo afferrò ringhiandogli contro a denti stretti «Cosa ti giri, idiota?»

«Se non mi volto come faccio a vederlo?» domandò fissandola dritta nelle sue verdi iridi.

«Ma così gli farai capire che l'abbiamo scoperto. E tra l'altro è anche inquietante... meglio far finta di niente.»

«Perché è inquietante?» chiese lui, irrigidendosi al suono della sedia di Kat che, graffiando sulle assi in legno del molo, ora si trovava praticamente attaccata alla sua.

«Mi spieghi chi, con questo caldo, porta un maglione a collo alto sotto una giacca di pelle? E poi perché un uomo di colore di quaranta o cinquant'anni dovrebbe stare in un locale come questo, frequentato solo da ragazzi?»

«Tu e Lalla vedete troppi film horror.» esclamò Jon schioccando la lingua e riprendendo a muovere freneticamente le gambe, roteando gli occhi e incrociando le braccia sul petto, visibilmente scocciato dalle paranoie della compagna e, sopratutto, dal ritardo di Layla.

Kat, quasi offesa, sollevò di nuovo la sedia per distanziarsi da lui, scattando in piedi quando intravide la figura di Layla che, ancora all'interno del bar, si guardava intorno in cerca degli amici.
Si portò due dita alla bocca, fischiando rumorosamente e attirando l'attenzione di tutte le persone presenti su di lei.
Anche Layla la notò, cominciando così ad incamminarsi verso il molo, lasciandosi il moderno locale alle spalle e facendosi largo tra i tavoli colorati ricavati da vecchi pescherecci.

Quando la ragazza li raggiunse si apprestò a salutare ognuno dei due amici con un delicato bacio sulla guancia, scusandosi per il ritardo e sedendosi tra loro.

Jon stava per parlare, per chiederle spiegazioni sul suo ritardo, ma non appena la vide deglutire e irrigidirsi per prendere fiato, le lasciò la parola: «Dovete aiutarmi a capire cosa è successo. Credetemi, quando vi racconterò come ho vissuto io la serata di ieri, mi prenderete per pazza. Ma io mi fido di voi e so che voi vi fidate di me.»

Gli occhi neri erano lucidi, gonfi di una commozione che Layla cercava di ricacciare, prendendo una pausa e sforzandosi di sorridere mentre allungava le mani per cercare quelle degli amici: «Vi prego, non mi interrompete e ascoltate quello che ho da dirvi. Vi sembrerà una follia ma sono sicura che ricostruendo tutti i fatti ne verremo a capo. Niente ci ha mai fermato da quando siamo insieme, amici miei.»

"Katharine prima mi ha notato. Lì come procede?" digitò frettolosamente sul telefono, tornando poi a fissare i tre ragazzi poco distanti da lui.

La risposta di Judith non tardò ad arrivare: "Stanno lasciando la pasticceria. Provo a seguirli, William mi ha fatto segno che è tutto ok."

"Cerca di capire cosa dicono. Anche Layla e gli altri a momenti andranno via."

"Novità?"

"Hanno dato la colpa ai malesseri di Layla, come previsto."

"Mi raggiungerai non appena avranno finito?"

"Certo, mia piccola farfalla, tra poco sarò da te."

"Sarà passato un decennio dall'ultima volta che mi hai chiamata così. A dopo, Gerry."

Gerry si lasciò sfuggire un sorriso: i denti bianchi spiccavano attraverso le sue labbra, scure come mogano, e le rughe che si rimarcarono sulla sua fronte, e ai lati dei suoi occhi, lasciavano trasparire il segno del tempo sul viso.
Si era sempre sentito a disagio con quell'aspetto, ma doveva essere certo che nessuno avesse mai potuto riconoscerlo né rivedere mai quel volto.
Incarnava le vesti di Bakari Ndomba, un Dannato del Senegal che lui stesso aveva ucciso sessant'anni prima, assorbendone così l'aspetto, durante la sua permanenza in Europa.

Rivedere il riflesso di quell'uomo nello schermo del suo smartphone, gli portò alla mente troppi brutti ricordi.

In quegli anni la Congrega degli Eletti -la CE- era sulle tracce di una coppia di Dannati che mieteva vittime per le strade di Parigi.
Un'anglosassone, apparentemente sulla ventina, e un africano, dalla stazza possente e di mezza età, erano stati identificati mentre si aggiravano tra gli ospedali della grande città.
Gerry era uno dei tanti Eletti che la CE aveva inviato sul posto per porre fine al massacro che i due avevano iniziato, e l'unico che ne uscì vivo.

Judith e Bakari erano, infatti, una delle coppie più potenti che la Congrega si fosse mai ritrovata a fronteggiare: lei con la sua forza e la sua velocità, ineguagliabili da nessuno, e lui con l'abilità di pietrificare chiunque col semplice tocco di una mano.
Prendere alle spalle Bakari e staccargli la testa comportò per Gerry la perdita di due compagni, che perirono sotto i feroci attacchi di Judith, sacrificandosi affinché lui potesse eliminare almeno uno dei due Dannati.

Fu quando si trovò faccia a faccia con quella donna che il suo cuore ebbe un sussulto: il viso angelico, gli occhi grandi e azzurri che terminavano con un taglio sottile, gli zigomi alti, le guance paffute e la pelle perlata, celavano in realtà una delle più spietate combattenti che egli avesse mai incontrato.

Eppure la riconobbe, rivide in lei il volto che il suo mentore gli aveva mostrato anni addietro, il volto della figlia perduta e strappata alla sua esistenza che Killian McMonroe cercava da anni.

«Judith, è così che ti chiami.» le disse portandosi le mani davanti al busto, sperando di fermare la sua corsa.
La vide bloccarsi e piegare il capo, mentre strizzava gli occhi per mettere a fuoco la sua figura: «Il mio nome è Gerard Cameron Blackhills, conosco Killian, tuo padre, e Keshandra, la donna che ti ha messa al mondo.»

«Menti, vuoi solo la mia testa.» ringhiò lei, piegando le gambe, pronta a balzare al primo movimento sbagliato di Gerry.

«Keshandra mi ha raccontato di quella notte, di come la peste stava portando via anche te, assieme a metà degli abitanti di Londra, e della loro paura di perderti.»

«E ti ha anche detto di come mi hanno maledetta? Di come mi hanno condannata al vuoto eterno solo per la loro folle paura e il loro egoismo?» le parole di Judith risuonarono minacciose per la desolata scalinata bianca e ricoperta di neve, arrivando fino alle orecchie di Gerry che, lentamente, lasciò ricadere le braccia lungo il suo corpo sospirando, prima di controbattere.

«Il nome di chi ti ha condannata è Viktor, l'uomo cui saresti andata in sposa. È lui che si è lasciato sopraffare dalla paura di perderti, lui che ti ha strappato l'anima.»

Più veloce di un battito di ciglia, Judith fu alle sue spalle, gli prese il collo tra le mani, affondandovi le dita, e avvicinando le labbra ad uno dei suoi lobi: «Se quello che dici è vero, ti lascerò andare, ma solo per questa volta. Un mese, ti do un solo mese di tempo. Portali qui da me, di fronte alle porte della Basilica del Sacro Cuore, tra trenta giorni. Voglio sentire queste parole dalle loro labbra.»

«Non dovrai aspettare tanto.» le rispose afferrandole un polso per divincolarsi dalla presa e porsi di fronte a lei «Sono ad Avignone, ora. Vieni con me, ti basteranno pochi giorni di cammino per conoscere la verità.»

Quella fu la prima volta che il suo tocco riuscì a placare il potere di Judith. La prima volta, dopo secoli, che il corpo della ragazza fu pervaso da un calore così piacevole e così appagante, da farla sentire nuovamente viva.

Da allora i due non poterono fare a meno l'uno dell'altra. Si completavano, si appartenevano, si donavano vita a vicenda: due corpi che condividevano una sola anima, destinati a sfidare l'eternità insieme.

Quando ripensava al loro primo incontro Gerry era sempre combattuto: Judith dipendeva completamente da lui, se le era ancora permesso di camminare tra la gente comune era solo grazie a lui. Di questo lui era felice, condividere l'anima con la donna che per anni aveva sperato di incontrare non gli pesava, ma troppo spesso si ritrovava a chiedersi cosa le sarebbe successo se un giorno fossero stati costretti a separarsi.
Per troppo tempo Judith aveva cacciato, per troppo tempo si era nutrita di anime, di sangue, della vita di innocenti che perivano per saziare i desideri di una folle coppia di Dannati dipendenti dai piaceri che la gente comune dava agli esseri come loro.

Grazie a Gerry aveva vinto la battaglia sulla sua droga, sulla sua dipendenza, ma ogni volta che erano costretti ad allontanarsi, anche se per poche ore, lei sentiva la sete rinascere, il lato vuoto, quasi demoniaco, riprendere possesso del suo corpo, riuscendo a sentire la morsa, calda e benevola, che l'anima del suo amato aveva su di lei, indebolirsi.

«Tranquilla, Kat, sto bene. Non c'è bisogno che veniate con me.» Le parole di Layla distolsero Gerry dai suoi pensieri, ricordandogli il suo compito lì e rincuorandolo, poiché presto avrebbe raggiunto la sua amata.

Osservò i tre ragazzi salutarsi, seguendo con lo sguardo Layla, rimasta indietro rispetto ai compagni, mentre con un gesto veloce si asciugava una lacrima solitaria prima che potesse bagnarle le gote.

"Povera, ragazza." pensò fra sé e sé socchiudendo per un istante gli occhi, riempiendosi il naso col profumo che lo inebriò non appena lei gli passò di fianco.
Voleva bene a Layla, la conosceva da quasi cinque anni ormai, e mai avrebbe immaginato che una ragazza tanto solare sarebbe stata strappata alla vita così giovane.
Nonostante la freddezza con cui lui e Judith affrontavano la cosa, non poteva non ammettere a se stesso quanto sperasse che il destino di Layla potesse cambiare, risollevato dal dono della seconda vita che solo gli Eletti come lui potevano ricevere.

Ripensò alle parole di William della sera prima: era sicuramente il più inesperto tra loro ma forse anche l'unico più vicino alla gente comune, vista la sua giovane età. Il rimorso che provava William nel mentire a Layla, nel dover attendere in silenzio la sua morte, lo condivideva, certo, ma non poteva accettarlo. In ballo c'era molto di più della vita di una o due giovani fanciulle, in ballo c'erano le vite di centinaia di persone, messe a rischio dalla continua crescita dei Dannati che insorgevano per reclutare nuovi membri.

Gerry conosceva bene l'antica faida tra Eletti e Dannati, da secoli era anche la sua guerra, e col tempo aveva imparato a dover mettere da parte i sentimenti e gli affetti per qualcosa di più grande, qualcosa decisamente più importante.

Guardò Layla sparire attraverso le porte del bar, assicurandosi che fosse lontano dalla sua vista prima di alzarsi e dirigersi verso il bancone all'interno per pagare il suo conto.

"Sto arrivando, piccola farfalla." Scrisse lentamente sul telefono, sorridendo mentre si dirigeva verso la porta del bagno che uno dei camerieri gli aveva indicato, per poter finalmente riassumere il suo aspetto.

Spero che il capitolo non risulti troppo contorto. 😅

Ho provato a spiegarvi il tutto tramite i pensieri di Gerry e spero, anche se in parte, di esserci riuscita.

Ci sono ancora tante domande a cui dare risposte e man mano verranno fuori, mi piacerebbe sapere se avete qualche teoria al riguardo.

Intanto, vi informo che grazie al servizio offerto da Emma-Blues vedrete presto delle bellissime schede sui personaggi.
Creerò un capitolo apposito che le conterrà tutte ed inoltre verranno inserite ad inizio capitolo man mano che ne incontreremo i protagonisti.

Intanto vi mostro quelle dedicate a Gerry, Kat e Jon 😍

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top