Capitolo 1






«Ti rendi conto, Kat? Sono fottuta!»

«Per favore, Layla, datti una calmata. Tua madre capirà e vedrai che lascerà correre...» mentì Katharine, portandosi le dita affusolate davanti alle sottili labbra per coprirle «prima o poi.»

«Guarda che ti ho sentito, stronza!» Layla, furente per la presa in giro, le afferrò un lembo della maglietta, sollevandola fino a scoprirle il seno «Te la ridi solo perché il tuo è nascosto dalla fascia del reggiseno. Fossi stata tu al posto mio, adesso saresti in bagno a strofinarti la lima sul braccio, pur di cancellare questa roba!»

«Senti, Lay, verrò io a parlare con tua madre, okay? Le dirò che è colpa mia e che ti ho costretta a bere.» sbottò Kat sollevando in alto le braccia, sperando che la compagna smettesse di lamentarsi.

«Cazzo, Kat, ma davvero non capisci? Mamma non è mica l'unico problema. Mi dici che senso ha? Andiamo, magari sei più brava di me.»
Layla lasciò la presa sull'amica avvicinandosi il braccio destro al viso, indicando la scritta nera che spiccava sulla pelle arrossata del polso con l'indice sinistro.

«Il tuo, oltre ad essere nascosto, è anche carino. Ad avercelo io un delfino accanto alla tetta. "Always respect me" mi dici che senso ha? E questa specie di scorpione? Fosse stato un leone almeno avrei tirato di mezzo l'astrologia...»

«Leonardo di Caprio è dello Scorpione, magari puoi spacciarlo per una dedica.»

L'assurda idea della rossa ammutolì Layla, che restò a fissarla con gli occhi sgranati per qualche istante, prima di scoppiare a ridere.

«Ma tu ti senti quando parli?» disse singhiozzando mentre scuoteva la folta chioma corvina avanti e indietro, tenendosi la pancia «Facciamo invece che per ogni volta che la gente riderà per questo tatuaggio io taglio una ciocca dei tuoi amati capelli?»

«Layla Sphawks, non osar mai più minacciare la mia corona ramata.» esclamò solennemente Katharine, cingendosi la testa con le mani e indietreggiando.
«Piuttosto,» continuò, accasciandosi sullo spazioso letto matrimoniale che arredava la spoglia camera d'albergo «perché non raccontare la verità? Ammesso che qualcuno noti quel tatuaggio, ti basterà dire che, per festeggiare la fine della nostra vacanza, abbiamo alzato un po' troppo il gomito in giro per New York fino a dimenticare un'intera serata. Secondo me è anche una storia divertente da raccontare.»

«Oh, sì, sarà divertente spiegare che il mio corpo è segnato a vita da una frase senza senso e da uno schifoso insetto.» Gli occhi scuri di Layla non accennavano a staccarsi dall'inchiostro lucido.

«Ora che ci penso, però» Un ghigno le si formò sul viso mentre si stendeva di fianco all'amica. «sai cosa sarà davvero divertente? Quando, visto il mio, vorranno vedere il tuo. Ti ci vedo a petto nudo davanti a tutta la classe e con gli occhi puntati sulle tue-ehm, sul tuo delfino.»

Gli occhi verdi di Kat divennero due fessure minuscole che, minacciose, sfidarono lo sguardo di Layla. Con uno scatto la rossa balzò sull'addome dell'amica cominciando a torturarle la pancia con veloci e precisi pizzicotti.

Non era la prima volta che le due si sfidavano a suon di solletico.
Erano amiche da quando ne avevano memoria e da sempre avevano risolto ogni piccola scaramuccia ricorrendo all'efficace tortura del ventre che si affliggevano l'un l'altra.

«Mi arrendo, mi arrendo.» urlò Layla cercando di liberarsi dalla presa dell'amica, che le concesse una tregua solo qualche secondo più tardi.

«Brava la mia Lay, ora va' in bagno a sistemarti i capelli e poi andiamo. Se perdiamo il treno i tatuaggi saranno l'ultimo dei nostri problemi.»

La bruna ascoltò il consiglio e si diresse nel piccolo stanzino, ricoperto di mattonelle color muffa, che pareva più una latrina che il bagno di un albergo a tre stelle di Manhattan.

Si sciacquò il viso con dell'acqua fredda, sperando di affievolire il calore che le premeva sulle guance a causa delle risate. Quando sollevò il viso, per guardarsi allo specchio, i suoi occhi finirono inevitabilmente sulla scritta che deturpava la pelle olivastra del suo polso.

Si sforzò di tornare indietro con la mente, cercando di rivivere le tappe percorse il giorno prima: nel pomeriggio, Zaira, la ragazza che avevano conosciuto in aeroporto al loro arrivo nella Grande Mela una settimana prima, si era offerta di comprare per loro alcuni alcolici -visti i suoi ventidue anni a fronte dei loro diciotto.
Kat aveva esagerato nello stilare la lista delle bevande che aveva scelto per la loro ultima serata, ma questo non spaventò Zaira che, nel giro di un'ora, le raggiunse in albergo con a seguito almeno cinque bottiglie tra Vodka, Tequila e Gin.

La rossa aveva proposto un brindisi, prima di uscire per la cena, in onore della ragazza abbronzata e dai capelli scuri quanto quelli di Layla che era stata tanto gentile con loro.
Zaira avrebbe preso l'aereo per tornare a casa sua, in Texas, di lì a poche ore e Layla ricordava ancora i due amari cicchetti di Tequila ingurgitati prima di abbracciare l'invidiabile corpo della nuova compagna sulla soglia della camera in cui alloggiava.

Da quel momento in poi il vuoto.
Al mattino si era ritrovata con la testa che penzolava fuori dal letto e il polso fasciato. Si era sollevata a fatica sulle sue gambe, tenendosi al muro per evitare di ricadere su se stessa, cosa che non le riuscì quando s'imbatté in una Kat che, ancora addormentata e distesa per terra, aveva le gambe sollevate e poggiate alla parete, russando rumorosamente.

L'immagine dell'amica con la bocca spalancata e la bava che colava sulla moquette bordeaux della camera le aveva strappato una fragorosa risata che finì per farla capitombolare clamorosamente sul pavimento.

Per quanto si sforzasse, era quella l'unica scena che la sua mente evocava ogni volta che tentava anche solo di immaginare come avessero trascorso la notte e a cosa l'aveva spinta a scegliere quel bislacco tatuaggio.

New York doveva essere la loro piccola fuga, il loro modo di cominciare l'ultimo anno di liceo che le avvicinava irrimediabilmente a una nuova realtà più matura.
Insomma, concedersi una settimana di svago e di pazzie era proprio il loro intento, ma... addirittura un tatuaggio?

Non era nel loro stile. Kat, a modo suo, aveva mostrato in passato un minimo interessamento per il mondo della body art: Layla ricordava quando due anni prima la compagna l'aveva trascinata in un piccolo negozio nella periferia del loro paese con l'intento di farsi un piercing sulla pancia.
Solo vedere i cerchietti che la ragazza dietro al disordinato bancone in ferro portava su labbra, sopracciglia e naso la fecero rabbrividire. Per quanto si sforzasse, non capiva cosa la gente ci trovasse di bello in quello strano modo di ingioiellare il proprio corpo.

Ricordava benissimo quanto fosse stato difficile dissuadere Kat dal compiere un passo tanto azzardato, tirando in ballo ogni sorta di malattia che avrebbe potuto deturpare la pelle della sua pancia e non limitandosi a inventarne anche di nuove. Aveva anche minacciato di fare la spia a sua madre pur di convincerla, ottenendo, per sua fortuna, una piccola vittoria almeno in quel caso.
Katharine si era limitata a farsi applicare un appariscente fiore, creato con una decina di brillantini, poco più su dell'ombelico. Per due lunghissime e interminabili settimane l'aveva vista andare in giro con il ventre scoperto, non trattenendosi dal gioire quando, finalmente, la colla dell'adesivo aveva deciso di dare un po' di sollievo ai suoi occhi.

A dirla tutta, era forse una delle poche volte che Kat si era concessa un capriccio. Era raro che la signorina di casa Smith si lasciasse influenzare dalle mode o dai suoi coetanei, ma se qualcosa le piaceva, provava a lottare con tutte le sue forze pur di ottenerla.
Fortunatamente, Layla era sempre pronta a frenare quei rari momenti di follia, anche per ricambiare le centinaia di volte in cui i ruoli si invertivano.

Che ci fosse lo zampino del lato più nascosto di Katharine dietro quel tatuaggio?
Magari da ubriaca le doti persuasive di Layla peccavano di funzionalità o magari non aveva neanche provato a fermarla.
Di una cosa, però, era certa: non poteva essere stata lei ad aver avanzato una proposta tanto assurda.
Era già tanto per lei aver fatto i buchi ai lobi delle orecchie, figuriamoci un tatuaggio...

«Lay! Hai finito?»

«Sì, rompiballe, arrivo!»
La voce di Kat la fece trasalire: doveva affrettarsi, se avessero perso il treno delle 10:00 non sarebbero mai arrivate a Clearwater in tempo per il compleanno di Jonathan.
Avrebbe sfruttato le cinque ore di viaggio che la separavano dalla sua cittadina per ripensare alla sera precedente e, sopratutto, a come avrebbe spiegato a sua madre il souvenir che New York le aveva riservato.









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