Capitolo 0.1






«Oh Regina dei fiumi, dei venti e del mare.
Nessuno è tenuto in onore a tua insaputa.
Tu, Regina della guerra e del fulmine.
Sconvolgi le acque e placale.
Tu che sei nei raggi del sole.
Qualsiasi cosa tu voglia, per te avrà fine.»

«Smettila di farneticare, Sorella. Le tue preghiere non ti hanno mai salvata, e non lo faranno ora.»

Nelle terre di nessuno il sole arroventa minuscoli granelli di sabbia fino a fonderli in un'unica distesa desolata, differente dall'oceano solo nel colore.
Lì, due figure, tanto simili e tanto diverse, danno inizio alla battaglia che da secoli si ripete.

La donna, le cui mani impugnano dei ventagli fatti di lunghe piume nere, morbide come seta ma taglienti come katane, volge lo sguardo all'orizzonte, sfidando a mento alto i fasci di luce, calda e dorata come quella del sole, che si avvicinano minacciosi a lei.

Dietro la schiena due lunghe ali le fanno da mantello, formando un elegante strascico che ricopre la landa desolata su cui posano i suoi scalzi piedi. Solleva fiera le braccia al cielo e il pesante piumaggio maculato si spalanca imitando quel movimento:
«Neïth, rimembra il passato. I tuoi dardi non possono nulla contro i miei nembi.»

I guizzi accecanti accelerano, ignorando la voce intimidatoria che torreggia sul cupo silenzio del deserto.

«E sia, Neïth

Dall'alto verso il basso; dal basso verso l'alto; movimenti decisi e regali delle possenti ali sollevano polveroni tutt'attorno a lei.
La lunga veste nera si gonfia, così come il velo che copre per metà il suo viso, mentre il corpo si solleva da terra.

Le palpebre ricoperte di polvere argentata si chiudono per interminabili istanti; lo spettacolo che si manifesta alla riapertura sembra quasi far indietreggiare i dardi ormai vicini.

Gli occhi completamente neri, scuri come l'infinito, puntano ai ventagli che danzano davanti al suo volto celato.
Una nube plumbea prende vita, accerchiandole il corpo e inghiottendo la luce che, impotente, continua a schiantarsi sull'oscuro scudo.

«Combatti, Seèrkuit. Abbandona la codardia. È tempo di lottare

Un'eco angelica si ode dalle dune distanti dove la figura di Neïth, che brandisce un rovente arco, troneggia maestosa sulle colline irregolari.
Le braccia ingioiellate tendono la corda dorata della letale arma, scoccando frecce dalle punte infuocate che s'ingrossano baciate dalle radiazioni solari.

Le gambe bronzee smuovono la sabbia, cominciando ad avanzare verso l'alata nemica.
La corta veste rossa sembra quasi mimetizzarsi col colore purpureo del cielo che si appresta ad accogliere l'imminente tramonto.

«Sono pronta a chiedertelo in ginocchio: ascoltami! Abbandona le tue convinzioni e vieni con me. Ricominceremo, insieme. Non voglio annientarti, non di nuovo!»

Dai nembi carichi di saette la preghiera di Seèrkuit s'innalza fino a raggiungere l'arciera, che beffarda continua la sua corsa puntando all'oscurità.

Le pesanti ali aumentano il ritmo, portando la donna dagli occhi d'ossidiana sempre più in alto: la sua ombra inghiotte famelica il cielo dietro di lei, ingrandendosi per ogni passo che la nemica compie incauta verso la fine.

«Tu... TU! Vile figlia ingrata. Non puoi nulla contro di me. Io sono Luce. Io sono Vita. Io la prescelta.»

Altri veloci e potenti dardi vengono scoccati verso la nube che sembra diradarsi per i troppi colpi subiti; i ventagli cominciano a vibrare cercando di evitare i colpi che minacciosi mirano alle ali.

Un'ultima raffica dissolve lo scudo, centrando il piumaggio che prende fuoco svanendo dalle spalle di Seèrkuit che inizia, vorticando, a cadere nel vuoto.

Neïth, compiaciuta, osserva il cratere creatosi per l'impatto di fronte a lei, ritrae l'arco in una mossa azzardata cercando con lo sguardo di scorgere la figura nemica.

Un'ombra, con un solo agile balzo, è alle sue spalle: le vesti nere dilaniate permettono alla coda vermiglia di schioccare liberamente come una frusta.

Il pungiglione cremisi punta alla gola di Neïth che ghignando sfida la nemica:
«Non potrai mai averlo. Per quante volte mi ucciderai io tornerò sempre. Sono io l'unica degna di questo potere. Io la Luce. Io la Vita. Io la Prescelta.»

«No, Neïth. Tu sei solo l'ultima rimasta. E ora tornerai niente, come le tue sorelle e i tuoi fratelli prima di te
La voce fredda di Seèrkuit sibila nell'orecchio dell'arciera, rimasta immobile tra i nembi plumbei che inglobano i suoi arti oscurandoli. «Questo mondo non merita la tua Luce e io sarò pronta a fermarti. In ogni forma. In ogni esistenza. Ancora e ancora. Io ti estirperò, sempre

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