56: La bastarda

Passarono alcuni mesi da quel doloroso parto eppure dopo quelle atroci sofferenze Sveta si sentì di nuova viva nel abbracciare la piccola Yulia, le sue cupe giornate passate in quella casa venivano rallegrate istantaneamente grazie al solo sorriso di sua figlia "quale immenso dono ho avuto" pensava ogni volta che la cullava tra le sue braccia.

Saputo del lieto evento decisi di andarla a trovare più spesso, ogni volta che mi recavo in casa di Misha non ebbi modo d'interloquire né con la padrona di casa né con suo figlio (entrambi mi ritenevano una nullità, quindi non avevano motivo di salutare qualcuno che non valesse quanto loro) ad accogliermi all'uscio c'era sempre quella giovane fanciulla fornita di un maestoso sorriso mi accoglieva in casa trattandomi come se fossi un suo stretto parente (non so come Svetlana riuscisse a sorridere in quella maniera nonostante le angherie e le sofferenze patite in quella dimora) quando mi mostrò per la prima volta Yulia il mio cuore si sciolse come neve al sole, era dolcissima.

"non preoccuparti non morde, prendila in braccio" mi disse lei, avevo timore di farle del male non avendo mai tenuto un bambino non seppi come comportarmi ma fu proprio Sveta a consegnarmela tra le braccia, la osservai in tutta la sua bellezza, notai immediatamente che i suoi occhietti erano identici a quelli di suo padre, un nocciola molto chiaro che tendeva al marrone e i capelli uguali a quelli della madre, un biondo platino.

Lei mi portò sul giardino nel retro della casa, mentre sorseggiavamo del tè mi rivelò il suo desiderio di portare Yulia il più lontano possibile da quel luogo maledetto, glielo si poteva leggere in volto la tristezza che la opprimeva, perciò assieme a delle parole d'incoraggiamento gli consegnai una piccola lettera con la certezza che il suo umore sarebbe schizzato alle stelle una volta letto il contenuto di quel foglio stropicciato che avevo in tasca.

Mi guardò stranita, voleva dirmi qualcosa ma la zittì, le sussurrai il mandate del messaggio ed ella rimase immobile come pietra, "leggila quando sarai sicura d'esser sola", finì di prendere il tè e gli riconsegnai sua figlia che per tutto il tempo che l'ebbi in braccio non aveva fatto altro che toccarmi la folta barba, porsi un bacio a entrambe e mi congedai da loro

"Ci rivedremo presto mia cara"

"Attenderò con ansia la sua visita".

Svetlana nascose la lettera dentro la fodera del cuscino di sua figlia, conscia che nessuno avrebbe toccato la culla ove riposava la sua pargola senza il suo permesso, attese alcuni giorni affinché avesse modo di allontanarsi dalla tenuta "Dove stai andando?" Chiese con arroganza Ludmilla "Sai che ti è impedito uscire a quest'ora, sopratutto con mia nipote, potresti esporla a dei pericoli" "Lasciatemi il braccio, mia figlia la porto ove mi aggrada di più, sono io sua madre non voi".
La vecchia insistette affinché rimanesse ma senza proferir un'altra parola Sveta si allontanò dalla casa raggiungendo un piccolo laghetto a una trentina di metri dal cancello principale, un luogo che aveva scoperto nei primi mesi del suo infelice matrimonio, scappando dall'ennesimo sopruso si addentrò nei campi limitrofi a quel "carcere" e qui vi trovò pace e serenità (anche se momentanee).

Svetlana passò molto tempo a tener impegnata Yulia, prima le fece raccogliere alcuni fiori disseminati a macchia di leopardo sui lati del lago, rimase a guardare la piccola sorridere e battere ogni volta le mani a ogni pesce che saltellava nell'acqua "amata innocenza" disse a se stessa, a un tratto Sveta prese in braccio la bambina e la pose tra le sue gambe "Ora vediamo cosa ci ha scritto papà" disse baciandole la fronte.

Or dunque il contenuto esatto della lettera mi è ignoto, ma Sveta versò una lacrima per ogni singola parola, non posso dirvi con certezza se esse siano state di gioia o di tristezza, assieme a questa lettera v'era un piccolo foglio su cui Alexey mi dimostrava tutta la sua gratitudine nel fare da intermediario tra lei e la moglie e alla fine di quel pezzetto di carta stava scritto "vengo presto"

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