52: La lettera

Carissimi lettori e lettrice, siam giunti verso l'ultima parte del nostro racconto, in questo capitolo lascerò che sia il giovane Alexey a narrare ciò che vide in quei mesi nel suo esilio.

Da fuori sembrava una normale baita in stile nordico, ma non riuscivo a capire il perché della sua costruzione poiché qui non v'era nessuna montagna ma solo laghi ghiacciati e distese di alberi innevati che si disperdevano per chilometri, guardai Pasha è capì che anche lui era della stessa mia idea, tuttavia v'era un freddo gelido che aveva congelato i nostri piedi quindi non perdemmo tempo in questi vani pensieri e ci gettammo letteralmente nell'abitazione.

Un grande camino era situato al centro del soggiorno, sembra che nessuno ci vivesse da anni (Nikolay aveva "tralasciato" di dirci della esatte condizioni della casa) la polvere regnava sovrana su ogni parte, pavimento, mobile e il piccolo divano posto sotto la finestra, facemmo il segno della croce per poi spendere un'intera giornata nelle varie pulizie.
A sera inoltrata, tutto era stato messo in ordine, ci congratulammo con noi stessi per poi ubriacarci ma neanche la sbornia mi impedì di dimenticare se così si può dire la mia amata Svetlana, non accettavo l'idea di averla persa, avevo promesso che sarei tornato per lei, è così sarà.

I primi due mesi furono passati a conoscere la zona, gli abitanti delle vicine baite, per fortuna Pasha creò una forte amicizia con un ufficiale delle poste, così da garantire la non intromissione da parte della polizia nelle nostre lettere private oltre a ottenere fogli e inchiostro a volontà, la mattina ognuno aveva un compito ben preciso, Pasha si occupava nel prendere informazioni, il mio di farmi amici gli abitanti dei villaggi vicini così da ricevere informazioni sulle navi che partivano da Helsinki per Tallin (per terra non potevamo muoverci visto che i passaporti c'erano stati ritirati all'entrata nel Granducato) l'unico modo di fuggire era con una nave.
Ma era più facile a dirsi che a farsi, i finlandesi erano meno inclini alla corruzione, bisognava trovare un'altra via per ottenere i biglietti.

Nel frattempo con il consenso di Pasha pagai una ragazza della zona, una certa Aurora per le pulizie di casa, in effetti né io né Pasha abbiamo avuto tempo di dedicarci alle cure della dimora, lasciandola un pò alla deriva, quella ragazza di diciassette anni, dai capelli biondi platino, una bocca molto deliziosa, un mento un pò pronunciato e degli occhi blu cobalto ci salvò dall'affogare nell'immondizia da noi lasciata, rammento ancora il suo sguardo quando visito la casa per la prima volta, i suoi occhi sembravan uscire dalle orbite, dopo un paio di giorni tutto tornò nella normalità.

Pasha non era molto convinto della presenza di Aurora in casa, temeva che potesse riferire ciò che avesse sentito alle autorità, per sopperire a questo "problemuccio" così definito da me, decidemmo di parlare in ucraino, lingua totalmente sconosciuta alla ragazzina che a malapena parlava un russo adeguato, ero sicuro che non parlasse con nessuno di ciò che ascoltava, era così timida che bussava più volte alla porta anche se aperta per chiedere di proferir parola, abbassando in continuazione la testa ogni volta che gli parlavamo, provavo una grande tenerezza per lei, mi ricordava un pò Sveta nei suoi modi così docili.

Il giorno di Pasqua, Aurora stava preparando il pranzo secondo le norme ortodosse (avevamo comprato tanto di quel cibo da poter sfamare tutti gli abitanti della Finlandia, seguendo anche la bizzarra tradizione di far "benedire" ogni pietanza con dell'acqua provenienti addirittura da Nazareth) per una volta mi ero stufato di essere sempre servito, feci accomodare la ragazza che continuava a fissarmi non capendo cosa stessi facendo, rimase totalmente spiazzata quando gli versai l'acqua e gli porsi il cibo davanti, balbettò a stento un grazie in russo, stavamo aspettando Pasha che arrivasse, passò un'ora e di lui non v'era nemmeno l'ombra, Aurora mi guardò preoccupata gli dissi di star tranquilla "Pavel si sarà fermato a bere qualcosa".
Avevamo fino di mangiare quando Pasha entrò come una furia in casa, urlando "ha mandato una lettera" io e Aurora riuscimmo a calmarlo con non poco sforzo

"Dimmi cosa è successo, di chi è questa lettera?"

"Oggi al porto, ho ricevuto questa lettera"

"Perché ti agiti così tanto per un misera lettera, da chi proviene dallo Zar?"

Dissi ridendo per sdrammatizzare un pò la situazione ancora tesa

"No, di mia sorella, di Sveta"
Gli stracciai la lettera di mano e lessi con minuzia singola lettera, ogni virgola, ogni punto

"Fratello amato
Ti scrivo in una situazione a me precaria, m'avevan detto della vostra fucilazione e non ti nascondo del mio desiderio di morire, qualche mese fa tramite un vostro amico Nikolay, ho saputo della vostra "fuga", non puoi immaginare la gioia che mi pervade nel sapervi sani e salvi, ora debbo annunziarti una meravigliosa notizia, sono incinta di Alyosha, avvisalo di questa notizia è digli che sua moglie e suo figlio attendono il suo ritorno a casa.
Un bacio la tua Sveta"

Una lacrima mi scese sulla guancia, Svetlana non solo era viva ma portava in grembo il frutto del mio amore per lei, saltai così tante volte su quel pavimento che il legno sottostante per poco non si spezzò per l'euforia, ora dovevamo brindare, a noi, a Sveta, a mio figlio.

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