48: La fortezza

Fortezza di Očakiv, distretto di Odessa.

Pavel e Alexey vennero mandati in uno dei carceri più inespugnabili di tutto l'Impero, venne carcerati con il nome di "prigionieri speciali" ovvero persone sconvenienti che dovevano sparire con la reclusione in qualche luogo dimenticato da Dio o con la semplice morte.

Pavel era ancora disorientato quando lo portarono nella cella, gli tolsero il cappuccio e lo gettarono sul pavimento, servirono alcuni minuti affinché si riprendesse, la cella era buia e umida, illuminata solo da una piccola candela, non v'erano finestre per potersi orientare, "Questo è l'inferno" si disse più volte in quella giornata, provò a dormire ma ciò gli fu impossibile, il pensiero di sua sorella lo assillava come non mai, non era minimamente preoccupato di ciò che gli avrebbero fatto ma lo preoccupava in quali traversie sarebbe dovuta capitare Sveta.

Le ore passavano senza che nessuno avvertisse il ragazzo sul motivo della sua carcerazione (più o meno un'idea se l'era fatta) le urla degli altri prigionieri risuonavano nella piccola cella a ogni rintocco dell'ora, grida di sofferenza per le torture che gli venivano inferte "quali crimini hanno commesso per meritare tali atrocità?".
Verso sera o così credeva Pavel la porta della cella fu aperta, un ragazzo fu gettato sul pavimento, Pasha gli diede manforte ad alzarsi, quando gli tolse il cappuccio rimase alquanto sbalordito e ovviamente molto felice di vedere un caro amico

"Alyosha che fine avevi fatto?"

"Non ricordo bene, rammento solo di essere stato colpito alla testa, quando mi sono ripreso avevo un cappuccio che mi offuscava la vista, non vedevo nulla ma sentivo che mi stavano portando da qualche parte, ed eccomi qua"

"Bella fine che abbiamo fatto"

"Ti hanno detto qualcosa?"

"Nulla, ho chiesto alla guardia di dirmi almeno dove ci troviamo, ma non ho avuto nessuna risposta"

"Che facciamo ora?"

"Cosa vorresti fare, dobbiamo solo attendere il verdetto"

I due passarono altri due giorni parlando tra di loro degli eventi passati o scrivendo sui muri, una delle tante frasi che attirò la loro attenzione fu codesta "gli uomini potranno anche giudicare la carne, ma l'anima attende il giudizio Divino".
Entrambi dormivano quando un ufficiale scortato da alcuni soldati venne a bussare alla porta

"Su in piedi"

"Chi siete?"

"Siete stati chiamati a giudizio"

Mentre camminavo per i lunghi corridoi, uno spettacolo raccapricciante si presentò ai loro occhi, scene di torture e barbiere compiute nei confronti dei malcapitati, chi veniva picchiato, chi abusato, o torturato, tutte queste azioni ebbero senso quando Pasha lesse un cartello un una delle celle "qui non v'è nessun Dio" mai parole furono così azzeccate.
I due furon messi su due sedie davanti a un "tribunale" che emise immediatamente la condanna senza  attendere che gli imputati parlassero in loro difesa, ovviamente le accuse erano sia infondate sia fasulle

"Entrambi sono condannati per crimini di terrorismo nei confronti dello stato alla massima pena, la fucilazione"

I due rimasero sbigottiti, credevano di ricevere nel migliore dei casi un pena di qualche anno, invece si rivelò tutt'altro, inveirono contro il giudice con frasi non appropriate, insulti e maledizioni gli furono gettate a ripetizione fin quando non svennero per dei colpi alla testa, tornati in cella seppero l'orario della condanna a morte, alle nove del mattino.

Passarono tutta la notte insonne, pregando e pensando alla loro vita, ai loro parenti, il loro rammarico fu quello di non aver avuto il modo di proteggere chi amavano, Sveta.
Al mattino furono condotti nella piazzola del forte, qui vi trovarono dieci uomini intenti a caricare i loro fucili, i soldati precedettero a legarli ai due pali posti innanzi a loro, un prete gli gettò dell'acqua "santa" addosso e recitò una breve preghiera per le loro anime, allo scoccare dell'ora l'ufficiale gridò ai suoi sottoposti

"Puntare"

Pasha nei suoi ultimi secondi ritornò con la mente al momento del fiume, ove si riappacificò con sua sorella, fu uno dei momenti più belli della sua giovane vita, Alyosha dal canto suo ripensò al momento del fienile, di quell'intimità con la sua dolce Sveta, a entrambi caddero delle lacrime nel ricordare quegli eventi, ma poi s'udì una parola che fece diventare tutto nero davanti ai loro occhi

"Fuoco"

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