38: L'incubo
Nella stanza accanto a quella di Saša si consumò un ulteriore sciagura che non finì in tragedia, Pasha si mosse più volte sul letto ove si era coricato, il sudore gli cospargeva tutta la fronte, con le mani cercava di mandar via un qualcosa che fisicamente non ve n'era traccia.
"Dammi la mano, avanti dammi la mano" sussurrò nel silenzio della notte
Fin dalle notti pietroburghesi il ragazzo era divenuto letteralmente schiavo delle sue orride visioni, costretto a rivivere notte dopo notte l'angoscia di veder un suo amico disteso a terra implorando di aiutarlo tendendogli la mano che Pavel non riusciva a raggiungerla, quella sera l'incubo era strutturato in maniera anomala.
Il "tragitto" infernale iniziava con loro che percorrevano una piccola stradina per poi essere assaliti dai dei briganti, tutto fu identico alla realtà fin quando il volto d'Iosif non si tramutò in quello di suo padre, con la mano gli intimava di allontanarsi di corre via, invece di dire le solite parole "aiutami, dammi la mano" questa volta gli disse "prenditi cura di tua sorella, salvala".
Pasha non volle ascoltare queste parole e si gettò a terra per dare la mano all'uomo, sfiorate le dita della visione subito il suo corpo venne alzato verso l'alto comparendo pochi istanti dopo un cappio sul suo collo, dalla mano di costei cascò un orologio da taschino, una volta aperto Pasha vide una foto di lui assieme a sua sorella quando erano ancora bambini.
Con le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi, abbracciò i piedi penzolanti di suo "padre" sussurrandogli più volte "Perdonami", ma un rumore proveniente dalla stanza del padre interruppe il suo sogno facendolo cascare per la paura sul ruvido pavimento, passarono alcuni secondi affinché Pavel capisse ove egli si trovava ancora scombussolato dall'incubo, andò nella stanza del padre e bussò varie volte, non avendo risposta forzò la serratura
"Padre aprite"
"Mi sentite, vi prego aprite questa porta"
"Pavel cosa succede?" Chiese Sveta ancora assonnata
"Ho sentito un rumore nella stanza, credo che si successo qualcosa, presto aiutami ad aprire questa maledetta porta"
Mentre i due erano intenti entrare nella stanza, Polina s'affacciò con curiosità nel corridoio guardando con un espressione accigliata i due figli
"Madre vieni ad aiutarci" dissero i due
Sconvolgente fu la risposta, anzi fu la reazione della donna che alzò le spalle, si avvolse la piccola sciarpa che aveva avvolta sulla vestaglia e si chiuse in camera sua.
Preoccupati per la situazione Pasha diede dei calci alla porta che al secondo colpo venne spalancata
"Padre, padre dove siete?"
Urlò Sveta in preda al terrore
"Pasha perché ti sei imbambolato, cosa stai guardando?"
"Guarda li" Pasha esclamò alzando leggermente il dito indice verso l'angolo sinistro della stanza
Un urlo spaventoso si propagò in tutta la dimora, Sveta corse verso l'uomo toccandogli i piedi oramai freddi come la neve nel pieno inverno, con le braccia cercò allentare la che la corda esercitava sul collo di Saša (forse ignara che suo padre era morto appena egli aveva messo il piede giù dalla sedia)
"Che aspetti, dammi una mano"
"Sveta.... è inutile"
La fanciulla non capì o almeno decise di non comprendere le parole del fratello, scavò nel cassetto del comodino ove trovò un piccolo coltello per la frutta, salì sulla sedia e tagliò il più presto possibile il cappio un boato si udì quando il cadavere di Saša cadde sul pavimento, la figlia con tutte le sue forze lo prese è lo trascinò sul letto qui cercò di rianimarlo in ogni modo possibile
"Sveta, Sveta finiscila, è morto"
"Bugiardo, sei solo un bugiardo"
"Setlana ora basta non puoi riportarlo in vita"
Continuò con a cercare di "rianimarlo" fin quando Pavel non la prese per le braccia è gli disse con calma
"Guardami negli occhi Sveta, lui è morto, non possiamo più farci nulla"
"No, io non ti credo"
Le lacrime ora impregnavano anche le guance del ragazzo che distrutto dal dolore urlò
"È MORTO, È MORTO, NON POSSIAMO FAR NULLA"
Sveta mise la testa sul petto di suo fratello, a con grande tristezza aveva accettato che suo padre non sarebbe più tornato, i rimasero abbracciati per tutta la notte, le urla di dolore della ragazza si potevano udire per tutta la tenuta, Polina stanca di un "rumore inutile" così come lo definiva lei, prese un cuscino e lo piegò su entrambi i lati della testa per trovare un pò di pace (si sarebbe strappata anche le orecchie pur di non ascoltare più questo "inferno").
Il mattino seguente, i due ragazzi si prepararono a seppellire il padre, un nuova alba era sorta, eppure codesto albore aveva portato solo una spaventosa oscurità.
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