19: Una strana solitudine

Le giornate sembravano non finire mai senza la presenza di Pasha che con le sue battute riusciva a rallegrare il suo umore (molti in città sospettavano che tra loro vi fosse una relazione incestuosa, visto il loro stretto legame).

Tra le varie faccende e i lavori che la tenevano impegnata, Sveta viaggiava con la mente a dei giorni migliori, quando lei e Pasha si rincorrevano per i campi di grano, le loro piccole fughe in città e tutte le avventure vissute assieme, dei ricordi che donavano speranza a un cuore martoriato dalle problematiche deviate da un padre assente e una madre fin troppo presente (in alcuni casi anche ossessiva).

Polina pensò bene di farle stringere amicizia con le figlie dell'élite della città, grazie al marito riuscì a creare una piccola scuola di musica, ove insegnava a suonare il violino, tre ragazze accettarono di parteciparvi (con l'intento di poter spettegolare sui problemi dei Petrov).
Sveta non fu compiaciuta, poiché fin dalle prime lezioni vide che le ragazze la sbeffeggiavano tramite dei sorrisetti, cercando di umiliarla in ogni maniera possibile.
Stanca di tutto ciò Sveta inveì contra la madre chiedendole d'imparare autonomamente a suonare il violino, ma Polina non si mosse dalle sue posizioni, rifilando alla poveretta la solita cantilena "come potrai integrati nella società e trovare un marito se non impari a stare al tuo posto con gli altri".

Ciò non fece altro che allontanare sempre di più Svetlana dalla madre, una nota positiva la ebbe da suo padre che con grande gioia di Polina incominciò a dare più attenzione alla ragazza, addirittura incominciando a darle delle carezze (gesti mai visti da quell'uomo, che gettarono a terra quel muro creatosi dalla nascita dei due figli).
Come promesso Pavel mandò le sue lettere ogni mese ma Sveta non ebbe mai il coraggio di bruciarle (tanta era la gioia che provava nel leggere quelle righe) e ogni lettera che riceveva la nascondeva sotto un asse di legno nella sua stanza.

La sua relazione con la madre non cambiò di molto in questo periodo (era risaputo che Polina Sergeevna non provava amore verso i suoi figli) la donna era riuscita con il tempo e l'adulazione a far "accettare" Svetlana come sua figlia a Saša, che oramai era divenuta la pupilla dell'uomo, una figlia da dover preservare dai mali di questo mondo.
Saša cercò di convincerla a frequentare altre ragazze, così da raggiungere due obiettivi, uno che la figlia non si rinchiuda in se stessa, due che tramite le "nuove amiche" possa trovare un marito benestante (forse anche un politico) così da poter allacciare nuovi rapporti proficui (anche se aveva incominciato ad amare Svetlana, non gli riusciva proprio a metterla prima dei suoi guadagni).

Alla fine ebbe un appuntamento a Kiev per un Samovar con queste ragazze, Polina preparò la sua pargola per settimane intere, ammonendola sul comportamento che avrebbe dovuto avere (oltre a riferirgli tutti gli intrallazzi della nobiltà da usare come carta vincente per le discussioni).
Svetlana rimase turbata da tutti i pettegolezzi che gli furono riferiti, a un certo punto gli passò per la mente di non andare più a prendere questo tè (aveva paura di divenire come sua madre) ma fu costretta da entrambi i genitori a parteciparvi.

Quando entrò nella stanza del tè, vide quelle tre arpie osservarla dal capo ai piedi, non riuscirono nemmeno a nascondere il loro disprezzo ridendole in faccia, nella sua mente Svetlana si disse più volte in quei momenti "sono all'inferno".

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