18: L'addio

Due anni prima.
"Pasha è un bellissimo quadro, questa è di sicuro la tua opera più bella"
Gli disse porgendogli un tenero bacio sulla guancia, Pavel era riuscito nel imprimere su quella tela un immane bellezza (non che egli non ne fosse capace, ma in quell'opera egli mise ogni sua emozione).

Stettero li sotto a quell'albero per tutto il pomeriggio, non parlarono perché non c'è n'era bisogno si comprendevano guardandosi negli occhi, ma una lacrima tradì la felicità del ragazzo
"Pasha cosa mi devi dire"

Da quella lacrima Sveta capì subito che qualcosa sarebbe successo, qualcosa che turbava l'anima del suo gemello

"Avanti, a me puoi dirlo"

"Nostro padre mi iscritto all'accademia delle belle arti"

"Pasha ma è una bellissima notizia, finalmente potrai divenire ciò che hai sempre sognato"

"No.... non è solo questo..."

"Cosa vorresti dire?"

Non rispose più, temeva che dicendogli la "verità" gli avrebbe portato ancora più tristezza, la prese per mano e si avviarono verso casa, Sveta era sicura che ci fosse lo zampino della madre in tutta questa storia ed era determinata a trovare la verità in tutta questa storia.

Durante la cena, Saša s'apprestò a ripetere al figlio quanto fosse importante il viaggio che avrebbe intrapreso all'indomani, ma le sue parole erano come aghi che venivano conficcati nella pelle un dolore troppo grande da sopportare, le nocche di Pasha divennero blu dal modo in cui le chiudeva, da un momento all'altro sarebbe accaduta eventi deplorevoli ma Svetlana gli prese subito la mano e la strinse più forte che poteva, era un modo per riempire l'odio di suo fratello la tenne stretta anche se le sue piccole dita per un soffio non si spezzarono dell'elevata stretta di Pasha.

La notte sembrava non passare, Sveta tormentata dall'idea di non rivedere più il fratello di nascosto si intrufolò nella sua stanza, si mise nel suo letto e lo strinse tra le sue braccia, Pasha capì subito chi gli si fosse avvicinato, nella sua famiglia solo la sorella aveva un odore di erbe aromatiche in particolare di gelsomino, gli prese la mano e scrutando i lividi sopra di essa la baciò più volte chiedendo scusa per il dolore che aveva patito.
Nel silenzio della notte, Pavel pianse per ore e ore, il suo cuore era tormentato dall'idea di non rivedere per molto tempo la sorella, la sua casa, il suo paese, non trovando pace si mise a dipingere un piccolo paesaggio durante una tempesta, la "pioggia" la dipinse usando tutte le lacrime che gli uscirono dal suo cuore.
Alle prime luci dell'alba Pasha non volendo rompere il sonno della sorella, gli scrisse un messaggio le baciò più volte la guancia, innanzi all'uscio trovò suo padre

"Figlio mio, so che per te è difficile accettarlo, ma è per il tuo bene, al tuo ritorno mi ringrazierei"

"Non ti perdonerò mai per ciò che mi hai strappato"

Sputò a pochi centimetri dai suoi piedi, uno rumore echeggiò pochi secondi dopo, sulla guancia sinistra di Pavel si venne a creare un livido di un rosso acceso.

"Ringrazia Dio che abbia già pagato la retta, se no ti avrei mandato a lavorare come sguattero a Kiev"

Gli urlò contro, attese una risposta dal ragazzo ma ricevette solo uno sguardo di puro odio, alzando il capo trovò Svetlana che aveva osservato tutto dalla finestra, gli tese un bacio con la mano per poi entrare nella carrozza i vicino.
Sveta rimase pietrificata da ciò che vide "come può un padre mettere le mani sopra la propria carne" era ciò che gli aleggiava nella mente, i suoi pensieri furono disturbati da una piccola risata proveniente dalla stessa stanza

"Finalmente ora tuo padre non avrà occhi che per te"

Quella voce subdola poteva provenire solo da sua madre, solo lei era in grado di provare un disprezzo così grande verso il figlio

"Come puoi dire ciò, Pasha è pur sempre tuo figlio"
gli disse urlando

"Non alzare la voce con me ragazzina, ho chiesto io a tuo padre di mandarlo via, tuo fratello è solo un ingrato e ora è arrivato il momento che ti elevi al disopra di quel moccioso agli occhi di tuo padre, sei ancora troppo giovane per capire, ma a suo tempo anche tu le comprenderai e potrai solo ringraziami"

Polina non attese la sua risposta e uscì conscia in cuor suo di aver fatto un grande favore sia a lei che alla figlia, ora aveva campo libero per prendere le redini della famiglia e plasmarla asseconda del suo volere.
Sveta si mise nel letto attorcigliandosi come un neonato, rimase lì impassibile senza emettere nessun fiato, quando poi si alzò per andare nel bagno trovò per terra un pezzetto di carta, su cui c'era scritto

"Carissima Sveta, perdonami se non ti ho svegliato, quando sarò arrivato a San Pietroburgo ti scriverò una lettera, anzi te ne scriverò tante, ho dato istruzione a un mio amico di darti le mie lettere ogni dieci del mese, quando le avrai lette bruciale affinché nostro padre non sia a conoscenza di ciò che faccio.
Con tanto affetto il tuo Pasha"

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