15: L'accademia delle belle arti

Per tutto il viaggio Pavel non fece altro che pensare a sua sorella, nel suo diario vi scrisse in seguito:
"Mai cosi intenso dolore provò il mio cuore nell'abbandonare il suolo natio, mi sento come un frutto colto ancora immaturo dall'albero (la sua famiglia) le mie preghiere vanno tutte per la mia famiglia"
Dopo alcuni giorni arrivò nella capitale, ai suoi occhi si presentava cupa e caotica rispetto alle campagne ucraine, i suoi immensi edifici crearono gran stupore in quei giovani occhi, le persone gli sembrarono strane, sui loro volti non c'era nessun segno di sorriso, ciò infierì ancor di più nell'ottimismo che Pasha creò dentro di sé.
Arrivato a un bivio, vide il nome della strada "Neviskij", scese dalla carrozza per dirigersi nell'appartamento che il padre gli ebbe affittato.
Era una casa modesta, i muri erano cosparsi di quadri di persone oramai defunte, la cucina era molto piccina, che soltanto una persona vi poteva entrare per cucinare, Pavel s'apprestò a riporre le valigie nella stanza, quando entrò vide due ragazzi che stavano giocando a carte mentre fumavano da una piccola pipa artigianale.

"Salve, voi chi sareste?"

Nessuno rispose, indispettito Pavel chiese ancora

"Allora or su, ditemi chi siete prima che chiami le guardie"

"Stai calmo, siamo i tuoi coinquilini, io sono Nikolay Georgievič e questo è Iosif Olegovič"

"Come mai nessuno mi aveva avvisato della vostra presenza?"

"Mhm.. Il portiere si sarà di nuovo addormentato"

"Quale portiere, io non ho visto nessuno"

"Non ci far caso, Vassily Ivanovic beve sempre quando si trova in servizio, di sicuro si sarà nascosto dentro alla portineria"

Disfatte le valigie aprì una delle finestre (sembrava più un buco nel muro) ove vide tutta la strada innevata, sentì gli uomini che parlavano di affari, le donne che si narravano i vari pettegolezzi, era un insieme di rumori che al suo orecchio sembrava musica, era totalmente diversa da Kiev, era tutto un altro mondo, un mondo tutto da scoprire.
Sceso di casa si incamminò le strette vie che vi si trovavano ai lati della Nevesky, dai negozi fino ai venditori ambulanti Pasha desiderò conoscerli tutti quanti, con se portava un piccolo coltello nascosto nello stivale destro (aveva saputo sia dal padre sia da altre gente l'immensa pericolosità che v'era impregna durante la notte in quelle vie).
Verso mezzo dì entrò nell'accademia un bellissimo palazzo settecentesco, abbellito con opere che variavano in ogni ambito, nelle grandi sale c'era un'atmosfera che allietava l'animo di ogni studente, quel giovane osservando tutto i vari quadri li esposti, sognò di divenire un gran artista, uno dei migliori.

I giorni passavano e Pasha migliorò le sue tecniche di disegno, ma al contempo incominciò a darsi alla bella vita notturna, andando a prostitute con i soldi del padre, tornando a casa del tutto ubriaco, strinse una forte amicizia con i suoi coinquilini,
Nikolay Georgievič Petrovsky e Iosif Olegovič Filatov entrambi moscoviti, Kolya (diminutivo) era figlio di un piccolo artigiano mentre Iosif apparteneva a un noto architetto, entrambi qui nella capitale per imparare, il primo per il disegno e il secondo all'università per apprendere l'architettura come il padre.
Ma entrambi si diedero più alla mondanità che allo studio, più volte non andavano a lezione per andar a perdere tempo con gli scherzi che facevano a coloro che incontravano o per ubriacarsi con le prostitute.
Vennero richiamati più volte dall'Accademia per la loro condotta morale ma ogni ammonimento lo gettavano metaforicamente nella tazza del bagno, infischiandosene di ciò che sarebbe accaduto.

La svolta si ebbe alla fine di quel gelido febbraio, quando Iosif venne informato di essere stato espulso per le continue assenze alle lezioni (quelle poche volte che vi partecipò, era del tutto sbronzo) addolorati da quella notizia Pavel e Nikolay decisero che quella notte, per far riprendere l'amico si sarebbero dati alla pazza gioia.
Calate le tenebre scesero in una strada deserta oltre a essere totalmente buia, fecero una mezz'oretta di cammino fino ad arrivare a una casa, ove una certa Irina assieme alle sue compagne si presero cura dei tre ragazzi.
Verso le quattro del mattino, usciti da quel "paradiso" il trio aveva sfogato in alcol e sesso tutto il proprio stress, ballavano e cantavano a squarciagola per le vie, arrivati sotto casa cinque uomini che li stavano osservando dall'altro lato della strada gli si avvicinarono

"Dove andate di bello?" Chiese il più alto di quel gruppo.
Pavel disse qualche parola gettata li al caso, il torpore dell'alcol era troppo grande per permettergli di parlare in maniera adeguata.

Visto il loro stato mentale i cinque si avventarono su i tre amici, essi non poteron far niente visto il loro stato quasi catatonico, gli rubarono i pochi spicci che avevano con se, ma Iosif non volle dargli nemmeno i nove rubli che aveva in tasca, stufi di lottare lo sbatterono al muro per poi accoltellarlo più volte all'addome.
All'inzio Pavel e Nikolay non capirono cosa gli avessero fatto (solo qualche pugno pensarono i due) ma quando il sangue incominciò a imbrattare la neve sulla strada, delle urla uscirono dai loro polmoni

"Aiuto, aiuto, presto venite in soccorso"

Gridavano entrambi, ma nessuno li udì. Iosif balbettò qualche parola senza senso prima di spirare, quelle poche parole comprensibili furono "Dio" e "perdono" (forse un'ultima preghiera per ripulirsi l'anima dai peccati).
Mentre Nikolay cercava aiuto, Pasha prese il cadavere dell'amico e se lo mise tra le braccia stringendolo più che poteva, con le lacrime agli occhi gridò più volte in quella tenebrosa nottata.

"Perché tutto ciò?"

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