Capitolo 60
Ci misi un po' ad elaborare il lutto: non riuscivo a capacitarmi di non aver capito in tempo l'intenzione di Alice di farla finita; da quando l'avevo vista a pulire le scale del palazzo di fronte, mi aveva dato l'idea di non essere destinata alla felicità, ma di essersene resa conto e rassegnata; mai e poi mai avrei immaginato che riformulasse, con Luciano, tutte quelle illusioni che aveva già formulato, due anni prima, con Valerio, dimenticandosi del fatto che non erano andate a buon fine una volta e che potessero crollare di nuovo.
Sapevo benissimo che sognare fosse un suo diritto, ma quasi nessuno di quelli che conosco, nel Quartiere, è stato mai capace di sfidare il destino, forse nemmeno io.
L'unica che ci riusciva era Emma: infatti la sua proposta di andare a teatro, quella sera, mi spiazzò.
<< A teatro? Ma che sei scema? Il cadavere di Ali è ancora caldo, sottoterra, e tu vuoi andare a teatro? >> sbottai infatti.
<< Ci lavora Tony, il tuo ex compagno di classe >> rispose lei.
A Tony Pietrosanti era sempre piaciuto il teatro, fin dalla quarta ginnasio, e sapevo che ne avrebbe fatto, prima o poi, la sua professione.
<< Tony ha sfondato e lo sapevo, ma tu non ci vai a caso. Sei l'amante di qualcuno? Un attore, uno scenografo, un truccatore? >> indovinai.
<< Non posso proprio nasconderti nulla... Ma comunque dai, almeno sono riuscita a scuoterti! >> decretò.
Per cui mi lasciai trascinare in quella serata culturale improvvisa.
***
Lo spettacolo era Otello e la parte che interpretava Tony era quella di Jago, l'eterno rivale del protagonista, che lo distruggeva psicologicamente facendogli credere che sua moglie, Desdemona, l'avesse tradita con il compagno d'armi Cassio.
Non tardai a capire che l'interesse amoroso di Emma fosse l'interprete di Otello, un giovane attore siciliano di notevole bellezza, di nome Rosario Mancuso: la mia amica lo guardava con occhi sognanti, non perdendosi nemmeno una battuta che lui pronunciava, truccato da Moro di Venezia, al centro del palco; mi imposi di chiederle come si fossero conosciuti, dopo lo spettacolo.
Quando il sipario calò, mi raccontò, come se mi avesse letto nel pensiero, che l'aveva incontrato perché era riuscita ad ottenere l'allestimento floreale delle coreografie per l'intera stagione del Teatro Sistina.
Ci facemmo largo tra la folla che usciva dalla platea e dalle balconate, dirigendoci verso i camerini.
Andammo prima a complimentarci con Tony, che fu molto felice di vederci, ma ci rivolse poco tempo per dedicarsi al suo attuale fidanzato.
Successivamente ci dirigemmo al camerino di Rosario, quando qualcuno venne nella direzione opposta alla nostra: alzai gli occhi e mi accorsi di conoscere già chi avevo davanti; era uno dei giovani carabinieri che, due anni prima, avevano arrestato Tancredi Storione con l'aiuto della polizia.
<< Cercate mio fratello? >> domandò.
<< Io lo cerco, lei mi accompagna >> specificò Emma, congedandosi da noi con un sorriso malizioso e bussando alla porta del camerino.
Quando fu sparita dentro, seguì tra me e il giovane semisconosciuto un lungo e imbarazzante silenzio.
<< Io mi ricordo di lei. È la ex fidanzata di Tancredi Storione? >> esordì.
<< E lei è il fratello di Rosario Mancuso? >> chiesi.
<< Sì, mi chiamo Alfredo >> si presentò, tendendomi la mano.
<< Letizia Finelli >> risposi, stringendola.
<< La sua amica Emma e Rosario si incontrano spesso? >> fece lui.
<< Non lo so. Emma non parla spesso delle sue avventure. Ma credo che si fermerà, questa sera. Sicuramente dovrò tornare a casa da sola >> commentai.
<< Se vuole la posso accompagnare a casa... >> propose.
<< Davvero lo farebbe? Mi conosce a malapena... E poi lo sa dove abito io? >> mi sorpresi.
<< Sì, nel Quartiere Anceschi. E allora? Rosario e io veniamo dallo Zen di Palermo. La periferia romana non è assolutamente un problema per me >> mi sorrise tranquillamente.
Aveva un bel sorriso mediterraneo, incorniciato da capelli scuri, occhi marroni e baffetti.
<< Allora accetto >> confermai perciò.
La sua presenza mi dava uno straordinario senso di sicurezza.
***
Quel ritorno a casa insieme fu il primo di una lunga serie di appuntamenti che non passarono inosservati agli occhi attenti e implacabili di mia madre.
<< Almeno questo hai intenzione di tenertelo stretto? >> domandò con tono inquisitorio.
Avevo ventinove anni e due esperienze di convivenza falliti alle spalle: l'idea di avermi ancora in casa la riempiva di rabbia e rancore, non solo perché mi aveva sempre considerata un peso, ma perché Simona s'era sposata a dieci anni meno di me, e Dario invece ne aveva venticinque e tutta l'intenzione di ingranare seriamente con Marta Ferranti.
<< Me lo auguro >> risposi velocemente, proprio per evitare che le discussioni mi evitassero di gustare almeno un momento di gioia nella mia vita.
Alfredo era diverso da tutti gli uomini che avevo conosciuto fino ad allora, perché a differenza di persone come Tancredi o come Andrea, il mio ex fidanzato torinese, non mi consideravano come un esperimento sociale: la cosa che amavo di più nel giovane Mancuso, infatti, era che, quando gli raccontavo della mia vita nel Quartiere, non mi guardava con pena, come una povera disgraziata nata nel posto sbagliato al momento sbagliato, al contrario mi capiva benissimo, perché anche lui, essendo nato nella profonda periferia palermitana, conosceva le ferite e i bocconi amari di una città nascosta, sconosciuta ai turisti, che, come una madre psicotica, fa figli e figliastri con una logica possessiva e incestuosa.
Figlio di un capitano dei carabinieri, aveva confidato nella divisa come unica possibilità di uscire dallo schifo, come avevo fatto io con lo studio: grazie a lui capivo che c'era sempre una seconda occasione, anche per quelli come noi.
***
Non sfuggì nemmeno ad Emma, che sostenne di essersi accorta che qualcosa bolliva in pentola, tra me e Alfredo, la sera stessa in cui ci eravamo incontrati.
Ovviamente negai che si fosse trattato di un colpo di fulmine, ribadendole che il tutto era stato molto graduale.
<< Non sono soggetta all'amour fou, non sono mica te... >> le risposi.
<< Ma nei casermoni si dice che tiri aria di matrimonio col bel carabiniere... >> sorrise maliziosamente lei.
<< E tu da quando dai retta alle chiacchiere dei casermoni? >> le feci notare.
<< Da quando sono la moglie di un commerciante del Quartiere Anceschi, per cui il pettegolezzo è uno status symbol, oltre che un vizio >> scherzò, ma mettendo in luce una verità che a lungo aveva negato, anche e soprattutto a sé stessa: la presa di coscienza - almeno apparente - di aver tanto voluto cambiare il mondo ma di essersi, poi, lasciata assorbire da quel mondo che intendeva cambiare.
Ma non glielo dissi. Gli confidai un'altra cosa.
<< Mi ha baciata davanti alla caserma. Potevano vederci tutti i suoi colleghi ma non ce n'è fregato niente! >> esclamai con una mezza risatina.
<< E allora può darsi che sia tu la vera rivoluzionaria tra le due! >> decretò trionfante.
Non sapevo se scherzasse o se dicesse sul serio. Non me ne importava, non mi importava di niente all'infuori di Alfredo.
***
Un pomeriggio di ottobre disse che voleva parlarmi, mentre mi riaccompagnava a casa.
<< E di cosa? >> gli chiesi emozionata, anche se in fondo al mio cuore speravo che parlasse di matrimonio.
<< È una sorpresa. Te la dico quando arriviamo... >> mi tenne sulle spine su di lui. E dopo queste parole mise in moto la macchina, che dalla caserma, collocata sulla Casilina quasi all'altezza di Torpignattara, scivolava lungo una costellazione di quartieri e realtà che vi si affacciavano e che sfilavano davanti ai nostri occhi. E il palazzo rosa di Blunauta, caro vecchio Baloon col nome nuovo da pochi mesi, i vasi dei fiori e le bandiere di tutto il mondo che si muovevano al vento.
E Casilino 23 e Gordiani, le zone dietro il parco di Villa De Sanctis, regni dell'ordine e della pulizia, che a confronto il Quartiere non s'è mai potuto vedere.
E Torpignattara, Via degli Angeli e il Quadraro, melting pot delle nazionalità di Africa e Asia che convive con la tradizione romana più radicata.
E Centocelle e l'Alessandrino, con le terrazze condominiali brillanti al sole e i tram che scampanellano con le loro vetture vecchie preistoriche.
E la Togliatti, quell'inferno di traffico e sfruttamento dove sfilano, come tanti soldatini, quartieri come il Quarticciolo, il Tuscolano e Cinecittà Est, e la Prenestina lunga e costeggiata dalle zone di Tor Sapienza e Tor Tre Teste.
E il Grande Raccordo Anulare con le sue diramazioni e uscite e uccelli di carta appiccicati alle vetrate dell'autostrada, l'Agro Romano e i suoi mille guai a cui si fa, col tempo, l'abitudine.
E il Viale dei morti ammazzati, il Quartiere che si staglia sullo sfondo coi casermoni pieni di segreti, botte, urla, droghe, sangue e umanità degradata.
E la macchina di Alfredo che si ferma nella piazza principale, chissene fregava degli occhi indiscreti - quelli ci sono sempre, tutti appostati dietro le persiane ad attendere il minimo appiglio per farsi i cazzi degli altri - un amore nato alla luce del sole che non si fa problemi a diventare di dominio pubblico, come quando mi baciò davanti alla caserma, ma me lo aspettavo da tutto il giorno, sì, ricordo che quel giorno alla Sapienza facevamo ricerche su un reperto egizio, e mentre ricordavo tutte queste cose lui tirò fuori un anello e mi chiese: << Vuoi sposarmi? >> .
E allora mandai a fanculo il contegno, gli saltai al collo e sì dissi, sì voglio, sì.
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