Capitolo 58

Non ci misi molto a tornare alla mia quotidianità: avevo ripreso il mio lavoro nell'equipe di ricerca alla Sapienza, quando finivo aiutavo Andrea nella supervisione dei lavori al lancio della filiale dell'azienda di famiglia, e nel tempo residuo rimettevo il naso nel Quartiere, dove, da quando erano arrivati i due vecchi amici di Gabriele, l'atmosfera s'era fatta parecchio frizzante, talmente che Emma mi aveva chiamato perché doveva parlarmi di una cosa di cui s'erano accorte lei e Diana, e di cui volevano parlare anche a me.
<< Che è successo stavolta? >> domandai, quando le incontrai.
<< Gilda. È strana >> esordì Diana.
<< In che senso strana? Sarà di nuovo incinta? >> chiesi perciò. La nostra amica si era sposata giovanissima e da allora aveva avuto da Attilio tre figli: Carlo, Fabiana e Aldo.
Dal primo giorno di matrimonio aveva cominciato a dividersi tra il negozio di scarpe dei suoi genitori e il supermercato degli Zanoni, ed elargendo a noi amiche consigli sulle nostre future vite coniugali.
Le sue ambizioni non erano granché: un matrimonio, dei figli, una vita che da piccola immaginava agiata, ma che poi si era rivelata non milionaria ma comunque benestante.
Pensai immediatamente ad un suo ipotetico quarto figlio.
<< No, non è incinta. È stufa >> rispose Emma.
<< Di cosa? >> volli sapere.
<< Della sua vita, del suo matrimonio, dei figli. Si è presa una sbandata >> mi rivelò la mia amica.
<< Oddio, e per chi? >> la incalzai. Succedevano sempre dei casini a tutti quelli che mi circondavano da quando ero venuta al mondo, ma mai mi sarei aspettata un così epico coup de theatre da Gilda.
<< Per Roberto Castroni, uno degli amici di Gabri >> specificò la Moretti.
<< Non è possibile... >> mormorai. Non volevo mettere le pezze anche ai casini di Gilda. Quelli di Emma bastavano e avanzavano.
<< E la biasimi? Insomma, s'è sposata a diciotto anni, ha sgravato Carlo a diciannove e a ventitré era già madre di tre figli. E ora le è capitata l'occasione per rivivere la giovinezza che ha buttato precocemente al cesso, pensavi che non la cogliesse? >> replicò Emma, disegnando perfettamente il quadro della situazione.
<< Non può farlo >> mi opposi.
<< Perché no? >> mi sfidò lei.
<< Perché quello di Gilda e Attilio non è un matrimonio per modo di dire come quello tuo e di Carmine. È un'unione solida, e lei non la può sfanculare per il primo venuto. E poi che sappiamo noi di questo Roberto Castroni? La corrisponde? E se si, è uno di quei figli di papà che cercano l'avventura per poi scordarsela dopo averla scopata? >> rimbeccai. Non potevo fare un ragionamento simile con Emma, aveva una mentalità distorta, ma speravo che almeno Diana mi appoggiasse.
<< Leti ha ragione, Gilda non ha mai tradito Attilio. E se la beccassero, sai che scandalo? No, io non voglio impicci. Dobbiamo tenerla sotto controllo, ed evitare che faccia cazzate >> decretò quest'ultima.
Fui d'accordo con lei, mentre Emma ci guardava con aria compassionevole: da esperta in materia, era certa che Gilda avrebbe eluso la nostra sorveglianza.

                                     ***

Tuttavia cercammo di mantenerci fedeli alla nostra promessa, almeno Diana e io, per evitare che una famiglia si sfasciasse per un motivo così futile: perciò tenemmo d'occhio ogni comportamento di Gilda, ogni minimo dettaglio che potesse essere vagamente sospetto, un profumo, un modo di vestirsi un po' più appariscente, un trucco vistoso, qualsiasi cosa tramite la quale potesse tradirsi.
Emma si unì a noi molto di rado, il tempo di dirci che eravamo due suocere folli e impiccione, e che se Gilda aveva scoperto di amare qualcun altro erano cazzi suoi e non certo nostri: poi se ne andava nel retrobottega dell'agenzia Altieri a farsi Luciano.
Decidemmo perciò di coinvolgere nel nostro piano anche Alice, la quale era ben contenta di sentirsi partecipe di qualcosa, visto che quando aveva cominciato a battere le si era creato il vuoto intorno e la gente aveva ricominciato a parlarle dopo il funerale di sua madre e a considerarla una persona onesta quando aveva cominciato a fare le pulizie per le scale dei casermoni.
Tutte e tre appostate, con gli sguardi vigili e le riviste e i giornali per non dare nell'occhio, sembravamo le Charlie's Angels dei poveri; ma fortunatamente tutta quella recita servì a qualcosa: Gilda cominciò a vestirsi e truccarsi meglio, come se non andasse a lavorare prima in un negozio di scarpe e poi in un supermercato, ma che si fosse acconciata per incontrare un amante misterioso.
Veniva spesso in agenzia, parlava con noi ma intanto lanciava sguardi di fuoco in direzione di Roberto, neanche faceva caso ai continui squilli del cellulare di Luciano che riceveva SMS bollenti da Emma.
A Gabriele non venne nemmeno in mente tutto quello che stava accadendo, o forse sì, ma tacitamente lo appoggiava: per lui i rapporti tra gli uomini e le donne erano puramente di consumo, si godevano fino all'ultima briciola e poi si gettavano via dopo l'uso.
Esattamente come come faceva Emma coi suoi amanti.

                                    ***

Decidemmo, perciò, di prendere il coraggio a due mani e affrontare la nostra amica, per evitare che quella sua passioncella primaverile rovinasse due famiglie al prezzo di una.
Accadde che un pomeriggio l'attendemmo fuori dal negozio di scarpe, e le prese un colpo a vederci tutte lì, Alice, Diana e io, a braccia conserte, schierate apposta per lei.
<< È successo qualcosa? >> domandò, stupita di trovarci lì.
<< Devi dirci che sta succedendo, Gi' >> esordì Diana.
<< Perché, che sta succedendo? >> fece Gilda, continuando a non capire.
<< Che hai in mente con Roberto? >> le chiesi perciò.
<< Ma che state dicendo? >> si stupì lei.
<< Ti prego, non fare finta di niente. Si vede benissimo che sei presa da lui. Dico, ma sei impazzita? >> replicai allora.
Gilda abbassò la testa, fece un sospiro, poi la rialzò e ci guardò negli occhi, una per una, anche se ci riuscì perfettamente solo con me, visto che eravamo alte io un metro e settantasette e lei un centimetro di più.
<< Sì, mi piace Roberto, e quindi? Ma che ne sapete voi, di cosa significa fare tutto presto, matrimonio, figli, due attività, che ne potete capire visto che la vostra giovinezza l'avete vissuta? >> rimbeccò.
<< Oddio, dipende... >> ci tenne a precisare Alice, a cui la giovinezza era stata tolta a partire dai quattordici anni.
<< Vabbè, Ali... Alla fine, indipendentemente da cosa ti imponeva quel porco del tuo patrigno, il tuo mezzo riscatto l'hai avuto, e hai anche la possibilità di farlo essere pure completo. Io ho bruciato le tappe, a trentun anni me ne sento addosso sessanta, che colpa ho io se un ragazzo bellissimo e soprattutto estraneo al Quartiere mi ha fatto riscoprire di avere una femminilità? >> ci sfidò perciò.
<< Sì, è comprensibile quello che dici, ma hai un marito e tre figli, Gi'! Ci sei andata pure dalla Zingaredda per avere certezze... Che aveva previsto un tradimento nelle carte? >> le ricordò Diana.
<< Ero giovane e scema. Forse ho fatto una cazzata a sposarmi a diciotto anni. Senza dubbio voi non mi capite. Anzi, a capirmi c'è un'unica persona... >> concluse, facendosi largo tra di noi per andarsene.
Ci guardammo: intendeva dire Emma.

                                     ***

Passai i giorni a temere che Gilda facesse qualche pazzia, faticando ad ammettere, con Andrea, che il Quartiere e i casini dei suoi abitanti, invece che apparirmi come lontani fantasmi, mi si proponevano più vicini, concreti e sanguigni che mai.
Tuttavia non riuscivo a nascondere quello che provavo, per cui lui se ne accorse e mi chiese che stava succedendo.
<< È successo un casino nel mio quartiere. O meglio, non ancora, ma potrebbe succedere... >> raccontai.
<< Quale casino? >> domandò, sinceramente incuriosito.
<< Una delle mie amiche d'infanzia, Gilda Durante, ha perso la testa per uno degli amici di Gabriele. Ma è sposata, da quando ha diciotto anni. E lei e suo marito Attilio hanno tre figli piccoli >> spiegai.
<< Ahia, questo è un problema >> immaginò.
<< Dire "problema" è riduttivo. Diana, Alice e io abbiamo provato a parlarle, ma lei dice che non ci può fare niente, che sente scorrere di nuovo nelle sue vene la giovinezza che sentiva di aver bruciato... E sostiene che l'unica persona che possa capirla è Emma >> continuai.
<< La tua migliore amica? La ragazza coi capelli rossi e la battuta pronta? >> mi chiese. Da come la descrisse, doveva averlo colpito positivamente: a qualunque donna avrebbe fatto piacere vedere il suo ragazzo e la sua migliore amica andare d'accordo, ma si dava il caso che la mia fosse Emma, e sapevo benissimo l'effetto che faceva Emma sugli uomini.
<< Sì esatto. È una fedifraga, mi sono sempre chiesta come faccia Carmine a sopportare questa situazione. Ma Gilda e Attilio si sono sempre amati, e se lei ascolta il consiglio di Emma, il loro matrimonio andrebbe a puttane >> sospirai.
Andrea mi sorrise, e trovai quel sorriso come la cosa più rassicurante del mondo, in quel momento.
<< E allora, se si amano davvero, sono sicuro che la tua amica Gilda saprà fermarsi in tempo >> affermò, avvicinandosi a me e abbracciandomi. Risposi a quell'avvolgente abbraccio che mi calmò. Aveva ragione lui, la situazione sarebbe rientrata e nessun polverone si sarebbe sollevato nel Quartiere.

                                      ***

E invece più passavano i giorni, più Gilda si metteva in mostra per far sì che Roberto si accorgesse di lei; di contro, però, il giovane Castroni, al di là dei classici buongiorno e buonasera non le rivolgeva granché attenzione, anzi, quando eravamo tutti insieme in agenzia o nella piazza principale sembrava parlare con tutti meno che con lei.
L'indifferenza del ragazzo nei confronti della mia amica mi rassicurò, portandomi a pensare che di lì a breve la sua ossessione per lui sarebbe andata scemando fino a scomparire: e infatti non perse tempo a rendersene conto, facendo finta che Roberto nemmeno esistesse, anzi mostrando a tutti che la fiamma tra lei e Attilio era viva come quando s'erano appena fidanzati.
Perciò, quando un pomeriggio di maggio Castroni mi chiamò per parlarmi, sul retro dell'agenzia, temetti una sua corresponsione per Gilda a scoppio ritardato.
<< Senti, Robè. Se ti vuoi mettere tra Gilda e Attilio, sappi che non è aria. Lei fortunatamente ha smesso con questa assurda fissa nei tuoi confronti, e io sono contenta che non abbia tradito il marito, quindi non ti mettere in mezzo >> lo ammonii.
<< A me non me ne frega un cazzo di Gilda >> si sbrigò a dire.
<< In che senso? >> chiesi.
<< Nel senso che è bellissima e molto simpatica, ma non è lei che ho in testa >> mi spiegò.
<< E chi c'avresti? >> domandai.
<< Te >> rispose.
Inizialmente non capii quel pronome personale oggettivo di seconda persona singolare, mi suonò strano, come se non l'avesse detto davvero, perché era l'ultima cosa a cui avrei pensato: non solo perché ero fidanzata con Andrea, ma anche perché, se c'era una che calamitava senza dubbio l'attenzione della maggior parte dei maschi, quella era Emma, quindi avrei potuto benissimo immaginare che la ragazza che gli togliesse il sonno e la tranquillità fosse lei e non io.
<< Non è possibile, ci siamo conosciuti e frequentati così poco, in questi anni, se ci mettessimo a tavolino per colmare queste nostre lacune interpersonali sono convinta che se io dicessi A, tu mi risponderesti B e viceversa... >> lo delucidai.
<< E il fuoco, dove lo metti il fuoco, Leti? >> mi sfidò.
<< Il fuoco è per gli adolescenti. Abbiamo trent'anni, le esigenze cambiano... >> gli ricordai.
<< Non ci credo... Veramente ti accontenti del torinese? Vuoi davvero diventare la moglie di un industrialotto? >> ribatté.
<< Quello che voglio fare a te non deve importare >> replicai.
<< Io mi sono innamorato di te >> confessò.
<< Non è cosa, lo capisci anche tu... >> commentai con poca convinzione, mentre lui si avvicinava sempre di più. Era maledettamente bello, mi metteva veramente in difficoltà resistergli, senza contare che ogni sua parola sembrava autentica, sinceramente sentita.
<< Prova a lasciarti andare, una volta nella tua vita... >> mi consigliò, avvicinando le sue labbra alle mie.
Mi gustai quel bacio molto più di tutta la cioccolata che avevo ingurgitato nei miei anni torinesi: le sue labbra sapevano di sole, di mare e della nostra Sicilia comune, avevano un sapore ancestrale e magnifico che non potevo né volevo rifiutare.

                                     ***

Andò a finire che predicai bene e razzolai male: avevo tanto cercato di evitare che accadesse l'irreparabile tra Gilda e Roberto, e invece tra le braccia del giovane Castroni c'ero finita io. E non me ne pentivo, anzi, Roberto aveva colto nel segno il problema di fondo che si trovava alla base del mio rapporto con Andrea: era una relazione solida, tranquilla, ma terribilmente noiosa.
Senza contare che, con tutta la storia del lancio della filiale della cioccolateria di famiglia, mi stava mettendo inconsapevolmente una pressione terribile addosso, come se, accanto ad uno come lui, non dovessi essere una compagna di vita ma una first lady. Con Roberto, invece, tutta questa responsabilità enorme non la percepivo, non facevo neanche caso alla nostra differenza sociale, che comunque era la stessa che avevo anche con Andrea; il giovane Castroni e io eravamo semplicemente due ragazzi che si amavano.
Cominciavo finalmente a capire le scelte di Emma, così come non giudicavo più la sua perenne convinzione di essere nel giusto perché seguiva il suo istinto, in quanto lo stavo facendo anch'io; per questo il senso di colpa, quando mi addormentavo la sera accanto ad Andrea, non mi perseguitava più di tanto. Mi sentivo felice, e basta. Non dovevo spiegazioni a nessuno.
Tuttavia la realtà, da cui mi ero parecchio distaccata, mi si schiantò nuovamente davanti quando Emma mi chiamò per parlarmi.
<< Si può sapere che hai combinato? >> esordii.
<< Mi sa che Luciano si è stufato di me. Dice che gli ho fatto venire l'esaurimento nervoso >> mi confessò.
Aveva fatto scapocciare anche il giovane Sensi. Non c'era da stupirsene.

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