Capitolo 53
Non ci mise molto, Emma, ad intrecciare la sua vita col suo nuovo bel vicino: il padre del ragazzo, Corrado Invernizzi, era interessato alle sue composizioni floreali, le considerava avanguardistiche e impattanti, delle vere e proprie opere d'arte; per di più, per scongiurare definitivamente la nullafacenza del figlio, impose al signor Giulio di assumere quest'ultimo come magazziniere al banco di fiori, promettendo che si sarebbe impegnato come se la sua non fosse stata una punizione ma una vera e propria condizione di bisogno: questa nuova circostanza che si venne a creare, così, non servì soltanto ad aumentare l'ego spropositato di Emma, ma anche a darle un'occasione di vicinanza con Valerio, una vicinanza che la vedeva in posizione di vantaggio in quanto adesso era la sua datrice di lavoro, e tale ruolo la faceva sentire signora e padrona del destino di quel ragazzo.
***
Quando lo raccontai a Tancredi, si dimostrò subito molto entusiasta di quel nuovo sodalizio tra la mia amica e la potente famiglia Invernizzi, dato che tra l'altro Corrado era anche un suo grande amico; perciò propose di organizzare una cena alla villa, dove decise di invitare loro, Emma e Carmine: immaginavo che quell'evento sarebbe servito solo ad alimentare un fuoco che aveva già cominciato ad ardere il giorno in cui Valerio s'era trasferito nell'appartamento di fronte al suo.
La sera programmata eravamo intorno al tavolo io, Tancredi, Cinzia e i piccoli Abdul e Amina, gli Invernizzi al gran completo con la moglie Milena e il figlio maggiore Edoardo con la fidanzata Cristina, Emma e Carmine vestiti di tutto punto.
Sembravamo le tre classi sociali in riunione al circolo del volano nel 1789, prima che scoppiasse la Rivoluzione Francese.
<< E quindi lei è un'artista, a detta di mio marito e mio figlio... >> commentò la signora Milena.
<< Dire artista è poco... Mia moglie è bravissima, e io vado molto fiero di lei! >> esclamò Carmine entusiasta, stringendo la mano di Emma.
Lei ricambiò: gli metteva un sacco di corna nel privato, ma in pubblico ci teneva che lei e suo marito incarnassero l'immagine della coppia felice.
<< Dopotutto questo è un vero e proprio congresso di cervelli, per questo voglio rivelarvi il motivo per cui vi ho invitati tutti qui: presto Letizia e io partiremo per Paestum, per curare un progetto di ricerca in collaborazione con l'università La Sapienza... >> esordì Tancredi.
<< Che bello, congratulazioni! È un ruolo di grande prestigio... >> commentò Cristina ammirata.
<< Volevo proporvi una collaborazione tra presente e passato, e unire le nostre ricerche, il vostro prestigio e il talento della nostra Emma venendo tutti a Paestum con noi! >> esclamò il mio fidanzato.
Guardai velocemente tutti i commensali ad uno ad uno, soffermandomi su Emma e Carmine. Sperai con tutta me stessa che il giovane Floris capisse le intenzioni della moglie e che trovasse una scusa, una qualunque che li costringesse, seppur educatamente, a rifiutare.
Invece non disse niente, ed Emma sorrise, facendo la sua solita pausa scenica prima di emettere le sue sentenze.
<< Con tanto, tantissimo piacere! >> dichiarò, prima di alzare il bicchiere pieno di vino rosso alla salute di tutti e svuotarlo del suo contenuto così, davanti a tutti.
***
Per organizzare il viaggio Tancredi si rivolse all'agenzia degli Altieri, invitando Mario, Viviana e Gabriele a venire con noi: questi aveva da poco litigato con Shirley, in maniera talmente feroce da indurla a tornarsene a New York; accettarono solo il maggiore dei fratelli e la Caruso, Gabri sostenne che non aveva bisogno di una vacanza per riprendersi, che non doveva riprendersi proprio da niente: sapevo benissimo che non ci voleva venire perché non aveva intenzione di vedere Emma fare la gattamorta nei confronti degli Invernizzi col muto e rassegnato beneplacito del marito.
Con grande sorpresa venne in agenzia Pino O' Serpente a imporre la presenza di Alice nella nostra vacanza, perché la vedeva sbattuta e pallida, diceva che la figliastra teneva bisogn' 'e mar perché s'aviv 'a ripiglià.
<< Sì vabbè, per battere meglio al suo ritorno... >> commentò Emma a bassa voce, parlando con me e Viviana.
La guardai male: anche se si trattava di una vacanza "rigenerante" per "tornare al lavoro più in forma", ero sinceramente contenta per Ali, perché sarebbe stata un'occasione per avere una parvenza di vita normale, e mi dispiaceva per lei che Emma facesse commenti così crudi nei suoi confronti; ma non le importava di ferire una vecchia amica, non le ne importava nient'altro che avere la possibilità di portarsi a letto Valerio.
***
Arrivammo a Paestum con una nave da crociera che gli Invernizzi e Tancredi fecero in modo di far avere tutta per noi: alla fine partimmo solo in dodici, Cinzia disdisse all'ultimo perché raccontò che nel periodo in cui si sarebbe svolta la vacanza avrebbe visitato una famiglia potenzialmente interessata ad adottare Amina; la notizia mi lasciò un po' con l'amaro in bocca: mi ero affezionata a quella bambina, la sentivo un po' come mia figlia; ad ogni modo cercai di non pensarci, anche perché la mia mente era catalizzata su come Emma avrebbe impiegato quei giorni, quante pugnalate avrebbe inferto al povero Carmine scopandosi un altro con lui lì presente; stava per far scoppiare un casino, un altro dei suoi, ma al contrario di quando si faceva Orlando, adesso si trovava in mezzo a gente perlopiù sconosciuta e in un posto bellissimo, col sole, il mare, la spiaggia e il buon cibo, la sua mente percepiva sì più rischio, ma per questo anche più eccitazione.
Ci sistemammo in un hotel affacciato sul mare, e quando Tancredi mi disse che avremmo avuto molto da fare con dei reperti archeologici, nei giorni successivi, fui quasi contenta di non avere tutto quel tempo libero: non mi andava che Emma mi coinvolgesse di nuovo nelle sue bravate, l'aveva fatto da tutta la vita e ogni volta le sue vicende si sovrapponevano alle mie, facendole sparire a confronto e dandomi la consapevolezza che non sapevo vivere appieno le mie emozioni come invece avrebbe fatto lei. Una parte di me, però, sapeva che non si sarebbe fermata davanti ai miei impegni, che mi avrebbe cercata lo stesso per trascinarmi giù con sé in una torbida spirale d'intrighi e bugie.
***
Si mise in mostra dal primo giorno, stazionando sulla spiaggia con Viviana, Mario, Alice e Carmine, sfoggiando bikini strizzati e sfidando l'impietosità del sole sulla sua pelle lattea per farsi notare quando Valerio scendeva in spiaggia, con la famiglia o senza, non vergognandosi minimamente di quella sua condotta sfacciata così, davanti a tutti.
Quelle rare volte che Tancredi e io li raggiungevamo, avevo modo di vedere gli sguardi che Valerio le rivolgeva, la voglia nei suoi occhi, la tentazione di saltarle addosso sotto gli occhi di tutto lo stabilimento, la paura che venissero giudicati ma anche il brivido del proibito.
Più passarono i giorni, più le barriere cominciarono ad essere demolite, e la distanza tra i due continuò ad assottigliarsi fino a scomparire: quando eravamo tutti insieme, poi, era come se il resto di noi non esistesse e ci fossero solo Emma e Valerio, Valerio ed Emma, in acqua, a terra, al ristorante, perfino le camere in hotel erano vicine, e pensai che fosse solo questione di giorni, che presto qualcosa tra quei due sarebbe successo.
In tutto questo Carmine era sempre lì, innamorato e rassegnato a qualsiasi grillo passasse per la testa della moglie, con l'unica certezza che chiunque fosse passato per le sue braccia - uomini del Quartiere o sconosciuti che fossero - sarebbe sempre tornata da lui.
***
Ma la sera in cui ebbero il primo vero avvicinamento fu durante il primo weekend della vacanza, quando grossi nuvoloni cominciarono a gravare su tutta la costa campana e scaricarono giù una pioggia torrenziale che non avevo più visto dalle prime due settimane di giugno del 1999.
Ricordo che eravamo quasi tutti in albergo, a parte Emma e Valerio: nonostante fosse sconsigliabile uscire con quel tempo da lupi, la mia amica aveva voluto sfidare la meteorologia e il buon senso, e il secondogenito degli Invernizzi era talmente ubriaco di lei da andarle appresso; avevano approfittato di una delle rare pause tra un acquazzone e l'altro per fare una passeggiata sul lungomare, solo che questa pausa era stata maledettamente breve e aveva ricominciato a piovere anche più forte di prima.
Mi trovavo in camera mia e di Tancredi, da sola perché lui si trovava nella hall in compagnia di Corrado e Milena, quando sentii bussare freneticamente alla porta.
Mi alzai dal letto e andai ad aprire, e mi ritrovai davanti Emma, fradicia d'acqua piovana dalla testa ai piedi.
<< Ti devo parlare >> esordì. La feci entrare.
<< Ti sembra questo il momento di tornare? Cazzo, sta piovendo pure Dio, eravamo tutti preoccupatissimi... >> risposi agitata.
<< Non me ne frega un cazzo della pioggia. Ci siamo baciati! >> replicò, sedendosi sul mio letto senza pensare che avrebbe inumidito le lenzuola.
<< Tu e Valerio? >> domandai.
<< Ovvio. Ci siamo infrattati dietro un cespuglio e ci siamo baciati. Saremmo anche andati oltre, se non avessimo avuto paura che facessero anche i fulmini >> mi confessò.
<< E tu perché sei venuta da me? Cerchi forse il mio appoggio? >> ribattei scandalizzata.
<< No, perché non me lo daresti. Volevo solo informarti che è accaduto qualcosa a cui hai pensato immediatamente >> disse tranquilla.
<< Tu sei tutta scema... Anzi, siete scemi entrambi... Sotto il naso della sua famiglia e di Carmine? Con Viviana, Mario e Alice che potrebbero raccontare la cosa a tutto il Quartiere, al nostro ritorno? >> ripresi, non credendo a quello che stava capitando, all'ennesimo polverone che Emma stava sollevando, pretendendo il mio appoggio anche se sapeva che non l'avrebbe avuto ed estorcendomelo per sfinimento.
<< Non mi giudicare, Leti. Non fare come gli altri. Tu lo sai che non sarò mai capace di fare la mogliettina fedele, non venire a farmi la predica... >> mi supplicò guardandomi dritta negli occhi.
Ma io non sarei stata al suo gioco, non quella volta. Me ne sarei lavata le mani, tracciando per terra una linea invisibile che avrebbe separato definitivamente la mia vita dalla sua.
<< Fuori! >> ordinai perciò, scattando in piedi.
<< Come, scusa? >> fece lei, non abituata ai miei atti di ribellione alle sue folli trovate.
<< Ho detto fuori, esci da questa stanza e non coinvolgermi nei tuoi casini. Che magari saranno pure il sale della tua vita, ma la mia voglio che sia tranquilla, porca puttana. Non voglio sapere niente. Vuoi scopare Valerio? Scopalo! Vuoi che la vostra tresca finisca sulle bocche degli abitanti del Quartiere? Vai petto alle pallottole, tanto non è una novità per te! Ma lasciami in pace, Emma. Questa volta voglio restarne fuori >> ribadii.
Speravo che il mio appello avesse sortito l'effetto sperato; stetti ad aspettare la sua reazione: invece di mandarmi a fanculo, si alzò e rimase in silenzio. Poi mi guardò.
<< Hai ragione. Capisco il tuo desiderio di pace. Non ti preoccupare, fai come se Valerio e io non esistessimo. E adesso vado, Carmine mi aspetta! >> mi salutò, uscendo dalla porta della stanza, dalla quale stava entrando Tancredi.
<< Come mai Emma era qui tutta bagnata invece di andare in camera sua a cambiarsi? Si poteva ammalare! >> osservò.
<< Lasciala perdere, è solo un'incosciente >> risposi, sdraiandomi sul letto. Il mio fidanzato capì che non mi andava di tornare sull'argomento, perciò non ne parlammo più.
***
Così lasciai che accadesse l'inevitabile, comportandomi per davvero come se Emma e Valerio non fossero lì con noi e passando sempre più tempo con il resto del nostro gruppo, tra i componenti del quale si stavano assestando nuovi equilibri: Edoardo Invernizzi si stava avvicinando lentamente ad Alice, che tentava di tenerlo a distanza come poteva in quanto la sua perenne condizione di puttana le impediva di innamorarsi; conscia delle attenzioni del marito per un'altra ragazza, Cristina andava ronzando intorno a Carmine, il quale la teneva garbatamente a distanza, ma ero certa che in cuor suo la considerasse come il miglior modo di farla pagare ad Emma; Tancredi e Viviana avevano scoperto una grande affinità, e passavano ore a parlare di scavi archeologici, anche se quello era il mio campo e la mia amica d'infanzia non se ne fosse mai interessata granché.
Quanto a me, scendevo in spiaggia più spesso, trovandomi in compagnia di Mario, che si sentiva "escluso dai giochi" proprio come me. Prendevamo il sole, talvolta andavamo a raccogliere conchiglie sul lungomare.
<< Certo che la tua amica vuole proprio far parlare di sé... >> mi disse una mattina, mentre eravamo seduti sulla riva del mare.
<< Te ne accorgi solo adesso? >> gli feci notare. Conosceva Emma da anni, doveva immaginare che questa fosse la sua natura.
<< È che mi sembra ogni giorno di più la versione femminile di Gabriele >> affermò. Mi girai di scatto a guardarlo: sebbene avesse espresso un concetto ovvio - quei due erano uguali dal primo giorno in cui s'erano conosciuti - mi dava sempre una sensazione di acidità di stomaco rimuginare su una simile realtà e constatarla ogni volta che si presentava davanti ai miei occhi.
<< Sono due esibizionisti >> replicai velocemente. Sperai che cambiasse argomento alla svelta.
<< Sì, ma per questo piacciono tanto. Ma di un piacere cattivo, che crea dipendenza. Per questo ho sempre preferito te. Tu emani un piacere buono >> ribatté.
<< Che intendi con "piacere buono"? >> chiesi, incuriosita da quella definizione.
<< Intendo dire che stare accanto a quelli come loro è come mangiare ostriche e caviale e bere champagne tutte le sere: a lungo andare ti fanno male la testa e lo stomaco. Invece tu hai qualcosa di salvifico, come il fresco delle sere d'estate dopo che ha fatto caldo tutto il giorno. È stato questo che mi ha colpito di te, fin dal primo momento in cui ti ho vista >> constatò, sciorinandomi un punto di vista su di me, il suo, che per anni avevo involontariamente - o volontariamente? - snobbato.
<< Ossia? >> feci allora, sempre più a disagio.
<< Leti, io sono sempre stato segretamente innamorato di te, ma tu eri troppo presa da mio fratello per accorgertene. Questo ti ha sempre resa irraggiungibile ai miei occhi, per questo mi misi con Simona: era un modo come un altro per starti vicino lo stesso, anche senza stare insieme >> mi confessò, e a quella confessione di sensazioni represse per anni, giorni, ore, sentii improvvisamente le gambe molli e la faccia che scottava.
Feci appello a quel minimo contegno che mi rimaneva.
<< Forse è meglio che finiamo qui questo discorso, Mario. Quello che è stato è stato, il passato non si può più riavere indietro >> replicai.
<< Hai ragione >> commentò.
<< Vado in acqua >> ribattei, correndo verso il mare e cercando di annegare tra le onde la consapevolezza che forse avevo sbagliato tutto.
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