Capitolo 52

Shirley Steward era una yankee, una statunitense di ascendenze dirette con quei primi coloni europei che emigrarono nelle prime tredici colonie originarie, nel Seicento, con la nave Mayflower: sembrava una bambola di porcellana, di quelle che ti fissano dalle vetrine dei negozi specializzati e che a lungo andare mettono anche inquietudine; innamorata del neo-marito fino a non lasciarlo respirare, stava sempre alle sue calcagna che nemmeno le fidanzate che Gabriele usava e gettava al liceo, in casa, in agenzia, nella piazza principale, non lo lasciava solo un attimo nemmeno per scambiare quattro chiacchiere con i vecchi amici, che lei guardava con sospetto, soprattutto se erano donne: aveva sviluppato una gelosia specifica nei confronti di Viviana, felicemente fidanzata con Mario ma "colpevole", secondo Shirley, di essere stata la ragazza di Gabriele nei primi anni del 2000, e la cosa dava non poco fastidio alla diretta interessata, che non perdeva occasione per lamentarsene.
<< Non la reggo, veramente. Mi guarda come una nemica, non ce la faccio più. Mi chiedo come cazzo abbia fatto Gabri a sposarsela >> commentava.
<< Gabri ha fatto un sacco di cazzate, questa è solo una delle tante. Sono certa che si stuferà di lei tra qualche tempo. Non è mai stato il tipo da legàmi >> sentenziava Emma.
E per dire così conosceva benissimo il suo pollo, meglio di tutti quanti nel Quartiere.

                                    ***

Questo perché era diventato, negli anni, maledettamente prevedibile, forse per rispondere a un ruolo, quello di principe detronizzato, che gli si era appiccicato addosso nel corso del tempo e che lui, invece di confutare, aveva sempre incoraggiato; a lungo, infatti, credetti che la diversità di Gabriele scaturisse dal fatto che non fosse nato nel Quartiere, ma col tempo avevo imparato a capire che non era una questione di provenienza, ma di carattere: Gabriele non si adattava al cambiamento; o era il cambiamento che si adattava a lui, o soccombeva.
Questa sicurezza inossidabile gli permetteva di avanzare a testa alta, come se avesse il mondo ai suoi piedi; nessuno riusciva a comprendere il suo atteggiamento, tranne Emma, ma lei si comportava allo stesso modo: quei due erano uguali, fatti della stessa pasta.
Perciò, così come lei tradiva il marito, si aspettava che prima o poi il minore degli Altieri facesse lo stesso con quella moglie rompicoglioni che s'era portato appresso dagli Stati Uniti; ce lo aspettavamo tutti, in realtà, ma nessuno con lo stesso criterio di Emma, prevedendo ogni mossa di lui esattamente come faceva Sherlock Holmes con Moriarty nei libri gialli loro dedicati.

                                    ***

Avevo cominciato a temere che potesse essere lei quella con cui a breve Gabriele avrebbe tradito Shirley: non abitando più nel Quartiere, non vedevo, non sapevo, ma potevo solo immaginare cosa passava per la mente di Emma, visto che lei non mi raccontava mai completamente quello che le accadeva - sulle sue zone d'ombra avevo dovuto sempre fare luce da sola, senza nemmeno un indizio - perciò dovetti raccogliere le prove che mi si manifestavano quando tornavo laggiù e metterle tutte insieme sul tavolo per scoprire la verità.
Dai pranzi in famiglia notai che Orlando non manifestava più l'ansia di chi aveva fretta di lasciare moglie e figli per andare a farsi l'amante nell'attività di famiglia con la saracinesca abbassata, cosicché nessuno vedesse, né scorgevo nei suoi occhi quella febbre che divorava tutti i maschi che avevano avuto a che fare con lei: al contrario era sereno, premuroso con la moglie e amorevole con Jessica e Vincenzo, non dava nemmeno lontanamente l'idea di uno con la doppia vita; cominciai a pensare che lui ed Emma non fossero più amanti, che magari lei aveva cominciato a scopare qualcun altro, chiunque altro, e Gabriele era in cima alla lista dei candidati, almeno nella mia testa.

                                      ***

Se anche fosse stata gelosa della yankee, Emma si guardava bene dal dimostrarlo, al contrario della signora Caruso che la odiava a morte.
<< Quella stronza dell'americana... Sta sempre a guardare male la mia povera nipotina, come se davvero provasse ancora qualcosa per quel deficiente dell'Altieri piccolo... Meno male che lo avete lasciato perdere tutte quante voi! >> esordiva le ultime volte che tornavo nel Quartiere e andavo a salutarla.
Ma i racconti peggiori li avevo da Viviana e Mario: Shirley per casa non sapeva fare niente a parte rompere il cazzo a chiunque dei presenti, lamentandosi del chiasso dei vicini, degli spazi troppo stretti, dei dirimpettai che ti guardavano dentro alle finestre, delle urla dei bambini piccoli, delle liti furibonde tra genitori adolescenti, del caldo, del freddo, del cibo italiano e di tutte quelle amiche femmine che possedeva il marito, come se stessimo lì ad aspettare che uscisse e desse una bella ripassata ad ognuna; solo a letto si sentiva appagata, e quando lei e Gabriele facevano sesso, nell'intimità della loro camera, urlavano che li sentiva tutto il Quartiere, che neanche i novelli sposi durante la prima notte di nozze suscitavano tutto quest'interesse nel vicinato.
Era una piattola, una palla al piede e loro stringevano i denti finché sarebbe durata: infatti erano sicuri che a breve Gabriele, esasperato dal comportamento della moglie, avrebbe chiesto il divorzio; quel giorno, però, pensai che Shirley dovesse proprio passare il segno, per portare il giovane Altieri a mollare, dopo pochi mesi di matrimonio, una che lo adulava così tanto.

                                      ***

Successe che il segno, Shirley Steward in Altieri, lo passò davvero andando a stuzzicare proprio la già poca pazienza di Emma.
Ci aveva invitato a vedere le sue nuove creazioni floreali, a cui aveva lavorato giorno e notte ricevendo perfino l'approvazione di suo padre senza la minima obiezione: nello spiazzo davanti al banco aveva organizzato una mostra delle sue composizioni, che erano davvero degne di essere esportate in giro per il mondo.
Di una cosa però non avevamo la minima idea: che la yankee fosse allergica alle piante, ai fiori e al polline; cosicché le venne da starnutire e tossire in mezzo alla folla.
<< Shirley, my darling, che ti succede? >> domandò subito Gabriele.
<< That's a damned forest, troppe piante tutte insieme! >> esclamò lei tra uno starnuto e un colpo di tosse.
<< Perché non l'ha detto che era allergica? >> domandò Mario.
<< Non l'ha confidato nemmeno a me... >> si giustificò Gabriele. Era plausibile, l'aveva sposata quasi senza conoscerla.
<< Porta via tutto questo, please! >> si lamentò Shirley rivolgendosi ad Emma.
Non aveva ancora ben capito con chi avesse a che fare.
<< Col cazzo che levo il frutto del mio lavoro. Semmai ti sposti tu! >> ribatté in un tono che non ammetteva repliche.
<< Ho detto leva tutta questa shit! >> ordinò l'americana, non sapendo di aver fatto un grave errore: aveva definito "merda" le creazioni di Emma davanti a tutti; ci guardammo l'un l'altro, consci che di lì a breve sarebbe scoppiato qualcosa come la Terza Guerra Mondiale.
Emma infatti si rabbuiò in viso, brandendo le cesoie e avvicinandosi pericolosamente a Shirley; Carmine tentò di trattenerla, ma lei lo scansò.
<< Emma, ti prego... >> la supplicò, ma la moglie era diretta verso la Steward, intenzionata a farle chissà cosa.
Appena capì di essere il bersaglio, Shirley trasalì: trasalimmo anche noi, temendo che con quelle cesoie Emma potesse sfregiarla; invece si limitò a puntargliele in faccia.
<< Guarda yankee, che se dici un'altra parola, io quant'è vero Iddio ti taglio la lingua con queste cesoie, understand? >> la minacciò.
<< I... I'll go to home >> disse solamente Shirley, prima di voltare le spalle a tutti.
<< Ecco brava, vattenne va'! >> la incalzò Emma, incitandola a girare a largo in napoletano, come faceva tutte le volte che era arrabbiata o concitata.
Rimanemmo tutti a fissarla, in silenzio.
<< Che c'è? Guardate che la mostra non è mica finita... >> continuò poi, come se nulla fosse successo.
L'assecondammo per evitare di stuzzicarla di nuovo.

                                      ***

Quando la mostra fu finita mi offrii di aiutarla a rimettere tutto nel retrobottega del banco di fiori: era l'occasione giusta per chiederle cosa le fosse passato per la testa.
<< Ma si può sapere che cazzo ti è venuto in mente, Emma? La volevi prendere a forbiciate, Shirley? >> esordii alterata.
<< Se l'è meritato, quella stronza! Non ha mai mosso un dito in vita sua, non sa fare un cazzo e si permette di dare della merda alle mie composizioni, al frutto del mio lavoro! Ringraziasse che non gli ho tagliato davvero la lingua con le cesoie... >> commentò seccata lei.
<< A me sembra una scusa, quella delle composizioni. A te la yankee sta sul cazzo da quand'è arrivata per il semplice fatto che è la moglie di Gabriele! >> le rinfacciai, sputandole in faccia tutto il risentimento accumulato in anni, giorni, ore, mettendola di fronte ad una verità che risultava essere il segreto di Pulcinella.
La sua sua risposta fu apparentemente il silenzio. Sapevo che era preliminare a una stoccata delle sue, la conoscevo troppo bene.
<< Stai dicendo una cazzata in cui non credi nemmeno tu, anzi, una verità rigirabile direttamente a te! Non è che sei tu quella gelosa, Leti? Che il viso glielo sfregeresti volentieri, alla yankee, con uno dei cocci che tenete all'università? >> mi provocò, rigirando la frittata in suo favore.
Non risposi subito, trovavo quella frase tanto offensiva quanto vera, il punto era che mai sarei riuscita ad ammetterla, almeno con me stessa.
<< Vaffanculo, Emma. Sono quattro piantine le tue, e quella poraccia si stava intossicando, ma tu volevi avere ragione per forza, che vuoi sempre avere ragione per forza! >> sbottai allora. Adesso ero io a tirarle una controstoccata che potesse lasciarla senza fiato.
Sperai che si sentisse almeno un minimo colpita.
<< Non cambi mai, nascondi sempre un'anima da serial killer dietro una faccia da brava bambina... >> sentenziò, per nulla turbata.
<< Ho da fare >> tagliai corto, girandole le spalle e uscendo dal retrobottega senza nemmeno salutarla. Era la mia migliore amica, ma era al tempo stesso una grandissima stronza, per cui avevo bisogno di non vederla per un po' di tempo, avevo proprio bisogno di prendere un attimo le distanze dal Quartiere.
Ma proprio mentre mi stavo avviando alla macchina, vidi una figura femminile che mi veniva incontro e che riconobbi a fatica: era dimagrita e vestita a lutto, ma era sempre lei, Caterina Esposito. Non la vedevo da un po' di tempo.
<< Leti! >> mi salutò.
<< Cate... >> risposi.
<< Ti trovo bene >> constatò.
<< Grazie. Anche tu, pure se sei dimagrita >> osservai.
<< Non ho avuto molto appetito. Mio padre è morto da poco >> confessò.
La notizia mi spiazzò: Don Domenico Esposito, l'uomo il cui nome faceva tremare il Quartiere anche da lontano, colui il quale si scopava la Zingaredda nel segreto del suo "studio magico", si trovava sottoterra e da lì non avrebbe fatto ritorno.
<< Ah, mi dispiace. Condoglianze vivissime >> dissi, esprimendo il mio cordoglio.
<< Sono venuta a invitare al suo funerale te e Tancredi, se volete venire mi fa piacere >> ribatté.
<< Glielo dirò. Ancora condoglianze, davvero >> replicai stringendole le mani. Non eravamo mai state grandi amiche, ma ero sempre stata pronta a raccogliere i suoi cocci quando le era capitato di frantumarsi, prima con Mario, poi scoprendo la tresca tra suo padre e la Zingaredda.
Sicuramente non sarei mancata.

                                     ***

Qualche giorno dopo il funerale arrivò un ragazzo che si stabilì nell'appartamento di fronte a quello di Emma e Carmine: mia madre mi comunicò che si chiamava Valerio e che era il figlio minore di Corrado Invernizzi, un pezzo grosso dell'industria romana, che era uno scapestrato ed era per questo che il padre gli aveva affittato un appartamento nel Quartiere, perché capisse cos'era la vita, partendo dal basso come c'era partito lui.
Era nato nel 1980 come mia sorella e come Gilda, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri e quando lo vidi per la prima volta constatai che era anche più bello di Gabriele e di Mario.
Viviana, Diana e Gilda ipotizzavano che Emma non se lo sarebbe lasciato scappare, mi dissero che la mia amica s'era ringalluzzita come non le capitava più da quando aveva smesso di scoparsi Orlando in officina.
<< Dite che davvero medita di portarselo a letto? >> domandai loro.
<< E come no? Gli ha messo gli occhi addosso come se volesse mangiarselo... >> rispose Viviana.
<< A meno che non hanno già cominciato a consumare senza che noi ce ne accorgessimo... >> immaginò Diana.
<< A dire la verità da quando Emma s'è sposata qui in piazza si fanno le scommesse su quanto durerà il suo matrimonio... >> ammise Gilda.
<< Povero Carmine, ma come cazzo fa a sopportare tutto questo? >> chiesi sospirando. Era una vittima quel ragazzo, una vittima nelle mani di quella psicopatica da internare che era la mia amica.
<< È innamorato e coglione. E gli uomini innamorati e coglioni nello stesso momento sopportano tutto, anche le corna >> sentenziò la figlia dei Durante, ricostruendo il ritratto perfetto del giovane Floris.

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